Conferenze spirituali ai seminaristi del corso teologico interdiocesano
Genova, seminario arcivescovile
- La necessità di vigilare
Un prezioso avvertimento rivolto da Paolo al vescovo Timoteo: “Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito…con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri. Abbi premura di queste cose, dedicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano” (1 Tm 4, 14-16).Alcuni termini chiave riconducibili alla condizione del seminarista:
– dono spirituale
– avere premura
– dedicarsi interamente
– il nostro progresso
– salvezza, nostra e altrui
– vigilanza e perseveranzaC’è, dunque, una prima cura che riguarda noi e non gli altri.
Lo si studia in filosofia: “Nemo dat quod non habet”
Sentiamo San Carlo: “Ascolta ciò che ti dico. Se già qualche scintilla del divino amore è stata accesa in te, non cacciarla via, non esporla al vento. Tieni chiuso il focolare del tuo cuore, perché non si raffreddi e non perda calore. Fuggi, cioè, le distrazioni per quanto puoi…Eserciti la cura d’anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso. Comprendete, fratelli, che niente è così necessario a tutte le persone ecclesiastiche quanto la meditazione che precede accompagna e segue tutte le nostre azioni…Se così faremo avremo la forza per generare Cristo in noi e negli altri” (Discorso nell’ultimo Sinodo). - Come vigilare?
Ma come realizzare tutto questo?
San Tommaso parlerebbe della necessità di “tenersi in mano”: tenere in mano le nostre attività, i nostri pensieri, i sentimenti, le decisioni, i comportamenti,…se stessi.Passare dal lasciarsi vivere al vivere: la vita è un cammino o è una rete.
– Si tratta di tenere anche in mano il nostro tempo.Non è l’uomo per il tempo, ma il tempo per l’uomo. Il tempo non va idolatrato, come un idolo al quale sacrificare tutto; il tempo non va vanificato, lasciandolo fuggire e cadere nel vuoto.
Si tratta di ordinarlo al proprio servizio, per il compimento di doveri e attività, nel rispetto della loro importanza secondo una gerarchia di valori e priorità. Si rischia di livellare tutto, come se tutto avesse la medesima importanza; o di scegliere con criteri discutibili, quali la comodità o l’interesse; o di tralasciare senza grandi problemi di coscienza.
Il Card. Canestri: “Tu devi sapere dove vuoi andare e che cosa vuoi fare alzandoti al mattino!”.
“Vigilate attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi, riscattando il tempo presente” (Ef 5, 15-16).Riscattare il tempo: viverlo secondo il disegno di Dio.
– Si tratta di mettere ordine nella propria vita: un ordine interiore che trova espressione anche nell’ordine esteriore. Vi è una reciproca custodia.Che cosa mi dice il disordine della camera? E il disordine del vestire? E il perenne ritardo? E la mancanza di pulizia della mia persona?
– Perché tutto questo diventi realtà è necessario avere il coraggio e la saggezza di darsi una regola di vita. - L’importanza della regola di vita
I Vescovi, nel 1993, si sono espressi così in merito alla regola di vita. “La complessità propria della vita contemporanea rende ancora più acuta la necessità che ogni presbitero scelga e segua, come condizione e frutto di maturità spirituale, una regola di vita, non formalistica ma sapienziale, operativa e concreta. Irrinunciabile appare, anche sotto questo aspetto, il ruolo della responsabilità personale. Tocca a ogni presbitero prendersi cura del dono della propria esistenza: non solo la vita spirituale e la preghiera, la meditazione, l’apostolato, ma anche gli aspetti più concreti dell’economia personale, della salute, del riposo, del tempo libero… (Lettera dell’Episcopato italiano ai presbiteri, 22 febbraio 1993).Papa Giovanni Paolo II: “Non si deve dimenticare, infine, che lo stesso candidato al sacerdozio deve dirsi protagonista necessario e insostituibile della sua formazione: ogni formazione, anche quella sacerdotale è ultimamente un’autoformazione” (Pastores dabo vobis, 69).
Il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri: “…è auspicabile che ogni presbitero, magari in concomitanza ai periodici esercizi spirituali, elabori un concreto progetto di vita personale, concordato possibilmente con il proprio direttore spirituale, per il quale si segnalano alcuni punti:
1. meditazione quotidiana sulla Parola di Dio o su un mistero della fede;
2. quotidiano incontro personale con Gesù nell’Eucaristia, oltre alla devota celebrazione della Santa Messa;
3. devozione mariana (rosario, consacrazione o affidamento, intimo colloquio);
4. momento formativo dottrinale e agiografico;
5. doveroso riposo;
6. rinnovato impegno sulla messa in pratica degli indirizzi del proprio vescovo e di verifica della propria convinta adesione al magistero e alla disciplina ecclesiastica;
7. cura della comunione e dell’amicizia sacerdotale.Il documento della CEI “La formazione per il ministero presbiterale nella Chiesa italiana” indica il punto della “elaborazione e pratica fedele di una regola di vita” come criterio per il discernimento della maturità spirituale per l’ammissione tra i candidati agli Ordini e per l’ammissione agli ordini.