[bws_pdfprint]
VANGELI
I SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “E subito lasciarono le reti e lo seguirono”. Sono queste le parole con le quali l’evangelista Marco descrive la decisione di Simone e Andrea, dopo aver ascoltato la chiamata del Signore ad andare dietro a lui. I due giovani, accogliendo la parola di Gesù, lasciarono le reti, ovvero tutto quello che avevano per vivere, ciò che dava senso e sicurezza alla loro vita. Quali sono le reti che dobbiamo ancora lasciare per poter seguire con piena libertà di cuore il Signore che ci chiama? Che cosa ancora ci impedisce di vivere con vera fedeltà e prontezza la volontà di Dio sulla nostra vita? Oggi questa domanda susciti in noi decisioni generose secondo il Vangelo.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!»”. Quello spirito impuro che si rivolge contro Gesù è lo stesso che a volte, anche nel nostro cuore, si oppone alla presenza del Signore e alla Sua parola di vita. C’è una voce dentro di noi che afferma: “Che cosa vuoi da me? Sei venuto a rovinarmi?”. In effetti il Signore è venuto a rovinarci, ma a rovinare la menzogna del peccato che è in noi, operando così la nostra guarigione e la nostra salvezza. Lasciamo, allora, che risuoni la parola di Gesù: “Taci! Esci da lui!”. Taccia la tentazione! Esca da noi il male! Sia il Signore ad abitare la nostra vita.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei”. Gli apostoli, con prontezza, presentano a Gesù i problemi di salute da cui è afflitta la suocera di Simon Pietro. È molto bella l’espressione: “E subito gli parlarono di lei”. La loro, in fondo, è una vera e propria preghiera di intercessione. Siamo invitati a prendere esempio. La prima e più grande carità che possiamo fare al nostro prossimo consiste nel parlare al Signore di lui, delle sue fatiche, dei suoi problemi, della sua vita di fede, delle sue malattie. Non sempre possiamo parlare di Dio agli altri, ma sempre possiamo parlare a Dio di loro. Come gli apostoli viviamo ogni giorno la carità della preghiera che chiede e intercede. E viviamola “subito, con fedeltà, perseveranza, generosità e cuore ardente.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse”. Con questi tre verbi l’evangelista ricorda il modo in cui Gesù si è rivolto a un lebbroso che lo supplicava di guarirlo. In questi tre verbi, in realtà, ritroviamo la forma quotidiana del nostro incontro con il Signore. Egli, infatti, ci guarda sempre con compassione d’amore; ci tocca con la Sua mano delicata e potente; ci parla con la Sua parola di vita. Ci si potrebbe, però, domandare: In quale modo il Signore ci tocca? Nei sacramenti, dove Egli è presente e vivo. Nel pane, che è il Suo corpo, Egli ci tocca. Nel vino, che è il Suo Sangue, Egli ci tocca. Egli ci tocca in quegli elementi naturali, come ad esempio l’acqua e l’olio, che diventano in Liturgia segno della Sua presenza di salvezza.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava”. La scena evangelica ci è ben nota. Pur di portare a Gesù un uomo paralizzato perché lo guarisca, alcuni entrano nella casa passando dal tetto e calando da lì il malato. È davvero splendida questa scena! Anche perché ci pone di fronte alla fantasia d’amore di alcuni, che desiderano in ogni modo mettere il paralitico in condizione di incontrare il Signore. Quella stessa fantasia d’amore deve animare tutti noi, per il desiderio che abbiamo di rendere possibile a tutti l’esperienza della salvezza che viene dall’incontro con Gesù. “Donaci, Signore, questa fantasia d’amore!”.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “In quel tempo, Gesù… passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. L’episodio è narrato nel Vangelo di san Luca. Fermiamo l’attenzione su due verbi: “si alzò e lo seguì”. Questo è ciò che fa Levi nel momento in cui Gesù gli rivolge la chiamata. In questi due verbi ritrovano anche l’identità del nostro essere discepoli. Il Signore ci chiama a seguirlo e noi, anzitutto, ci alziamo, ci mettiamo in cammino, iniziano una storia di amore con Lui, percorriamo un cammino di crescita nella santità. E poi Lo seguiamo, aderendo con fiducia alla Sua parola e alla Sua volontà; certi che in quella parola di amore sta il senso, la pienezza e la salvezza della nostra vita.
II SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di San Marco: “Gesù disse loro: Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare”. In questa parola evangelica ci è dato di ricordare il cuore della nostra vita di fede: la sponsalità. Al di fuori della dimensione sponsale la nostra fede rimane priva di ciò che ne costituisce il contenuto più vero e più bello. Noi siamo amati da un Dio che si fa sposo della nostra vita. E noi siamo chiamati a ricambiare con un amore che, a sua volta, ha i tratti della nuzialità. Per questo l’incontro con il Signore rende nuove tutte le cose. È proprio dell’amore rinnovare tutto. “Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi”. Gesù è per noi l’Amore che tutto rinnova, che fa nuova la nostra vita.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni! E diceva loro: Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”. Le parole che Gesù rivolge ai farisei mettono in evidenza una deriva nella quale erano caduti molti tra i Giudei. Per loro, oramai, ciò che contava era solo la lettera della legge. Avevano finito per dimenticare l’Autore della legge. Il Signore dona quella libertà del cuore, che è tipica dell’amore. Se si rimane nell’amore di Dio si vive nella libertà; una libertà che è ben ancorata alla verità. “Ama e fa’ ciò che vuoi, direbbe Sant’Agostino.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata”. Inizia così la pagina evangelica odierna. Ne conosciamo il prosieguo: Gesù invita il malato a porsi nel mezzo, poi gli dice “Tendi la mano!”. E la mano dell’uomo fu guarita. Quella mano paralizzata, chiusa in se stessa, è anche l’immagine del cuore: rinchiuso in se stesso e incapace di donarsi. Spesso viviamo la stessa condizione spirituale: siamo chiusi in noi stessi e paralizzati nell’amore. Gesù, con la Sua grazia, ci apre la mano e il cuore, ci dona la capacità di amare davvero, abita in noi per divenire, in noi, dono senza misura. A noi il primo passo: quello di tendere la mano verso di Lui, perché la possa aprire.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Tu sei il Figlio di Dio!”. È questa l’affermazione degli spiriti impuri di cui ci parla il Vangelo. Il diavolo conosce perfettamente l’identità vera di Gesù: egli è il Figlio di Dio. Ma pur conoscendone l’identità si rifiuta di ascoltarlo, di seguirlo, di riconoscerlo come Signore della sua vita. Egli è il ribelle per antonomasia. Qualcosa del genere può accadere anche a noi, quando affermiamo con la parola la nostra fede riguardo a Gesù, il Figlio di Dio Salvatore, ma poi tardiamo a seguirlo e ci rifiutiamo di dare adesione pronta e gioiosa alla Sua volontà. Preghiamo a vicenda perché la nostra fede sia fatta sempre di conoscenza e di amore, di luce che vede e di calore che segue.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. In questo miracolo compiuto da Gesù, la guarigione fisica del paralitico è anche il segno di una guarigione del cuore. E questa è la notizia più consolante e straordinaria dell’amore di Dio: il nostro peccato può trovare misericordia e perdono. Perché non sperimentare spesso la bellezza della guarigione del cuore mediante il sacramento della confessione? Lì le parole dell’assoluzione sono l’eco fedele della parola di Gesù: “Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. Sei stato perdonato!
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “È fuori di sé”. Queste parole, riportate nel Vangelo e attribuite ai parenti di Gesù, nell’intenzione originaria di chi le ha pronunciate, stavano a indicare una condizione di difficoltà riscontrata in Gesù. In realtà esse descrivono con grande precisione l’identità più profonda ddl Signore. Egli, infatti, è fuori di sé nel senso che è del tutto proteso verso gli altri con il dono della Sua vita. Allo stesso modo Egli è fuori di sé in quanto è totalmente rivolto con amore al Padre. Così, in Gesù, ritroviamo ciò che dobbiamo essere anche noi: fuori di noi stessi, perché del tutto donati a Dio e ai fratelli, in un amore senza misura.
III SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno”. In queste parole di Gesù sembra esserci un’eccezione alla misericordia di Dio. Tale eccezione prende il nome di bestemmia contro lo Spirito Santo. Di che cosa si tratta? È l’atteggiamento di colui che rifiuta il dono della salvezza, chiudendo il proprio cuore all’amore di Dio e rimanendo ostinato nella sua ribellione. È drammatico, eppure con la nostra libertà possiamo mettere un argine alla bontà del Signore. Chiediamo la grazia di avvertire sempre in noi la necessità della conversione. Chiediamo di sentire sempre l’avversione al peccato. Chiediamo il dono di vivere da mendicanti della salvezza del Signore.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Ma egli rispose loro: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”. Gesù approfitta della presenza dei suoi partenti per condurci al cuore della relazione con Dio. Questo cuore si chiama adesione alla Sua volontà. Ogni altro aspetto non può che essere secondario e derivato da quel cuore. L’atto che ha determinato, alle origini, la lontananza da Dio è stato un atto di disobbedienza. Solo l’obbedienza ci permette di ritrovare la gioia della familiarità con il Signore. Ecco perché, secondo la lettera agli Ebrei, entrando nel mondo Cristo dice: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Ecco, il seminatore uscì a seminare”. Ciò che segue, nella parabola raccontata da Gesù, ci sorprende. La seminagione, infatti, è talmente abbondante che si può parlare di un vero spreco. Molti semi cadono là dove non dovrebbero cadere: lungo la strada, sul terreno sassoso, tra i rovi. Solo una piccola parte di essi cade sul terreno buono. In questa “strana” seminagione siamo chiamati a contemplare, con gratitudine e stupore, la prodigalità con cui Dio fa risuonare per noi la Sua parola. Al termine della parabola, leggiamo che vi sono alcune cattive passioni che, in noi, “soffocano la parola”. Oggi, pertanto, insieme alla contemplazione gioiosa per l’amore sorprendente del Signore, vogliamo anche considerare con attenzione ciò che ci impedisce di ascoltare davvero la Sua voce.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto?”. Con questo interrogativo retorico Gesù indica ai discepoli una dimensione essenziale della loro vocazione e missione: per grazia hanno ricevuto la luce della fede, ora sono chiamati a loro volta a illuminare trasmettendo la luce di Dio. Si potrebbe dire che ogni discepolo è come la luna, capace di illuminare a motivo del sole che le dona la sua luce. Così è per ciascuno di noi. Di qui il rinnovato invito all’ascolto da parte di Gesù. Un ascolto che implica la totale apertura a Dio del cuore e di tutta la vita. È tanto bello essere luminosi! Per questo dobbiamo ogni giorno lasciarci raggiungere da Colui che è la Luce e il Sole della nostra vita.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”. Con alcune parabole, Gesù illustra il mistero del regno di Dio. Nelle parabole del seme siamo invitati a considerare il vero protagonista della sua crescita. Questi non è il seminatore. Ogni seminatore, infatti, dopo aver gettato il seme si limita a constatare con stupore la sua crescita prodigiosa. Così è del regno di Dio. Il vero protagonista della crescita del seme da noi gettato è Dio. A noi il compito di seminare con generosità. A Dio il resto. Ecco perché il discepolo di Gesù è sempre nella pace. L’artefice del frutto è Lui. La ragione dello sviluppo è Lui. L’opera prima nel Regno è la Sua. Vivere alla luce del primato di Dio libera da ogni inutile inquietudine.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “Passiamo all’altra riva”. Sono queste le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli alla sera di una giornata molto intensa. Quelle stesse parole il Signore le rivolge a noi oggi. C’è sempre, infatti, un’altra riva all’inizio di un nuovo giorno. Un’altra riva da raggiungere nella nostra personale vita di fede, perché è ancora lungo il cammino della santità; un’altra riva da raggiungere nell’annuncio del Vangelo, perché ancora tanti devono rimanere affascinati dal nome di Gesù; un’altra riva da raggiungere, perché la nostra vita terrena spera di arrivare alle sponde dell’eternità beata. Dalla nostra riva guardiamo al di là del mare; e lasciamoci prendere da un grande desiderio di attraversarlo.
IV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio”. È questa la reazione dei Geraseni, in seguito a quanto Gesù ha compiuto nel territorio: Egli ha guarito alcuni indemoniati e ha cacciato via i demoni. L’opera è buona. Perché, dunque, Gesù viene invitato ad andarsene? In quella regione ormai si era instaurata una forma di convivenza con gli spiriti cattivi, convivenza alla quale il Signore mette fine. E questo contrastava con le abitudini del luogo. Quante volte anche noi invitiamo Gesù a lasciarci in pace, quando la Sua parola viene per estirpare dal nostro cuore convivenze disordinate con il male! L’episodio evangelico ci invita a una verifica. Possa ciascuno di noi ascoltare con gioia e gratitudine le parole di Gesù: “Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te”.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Andò con lui”. Così riferisce l’evangelista in merito alla decisione presa da Gesù, una volta raggiunto da un uomo di nome Giairo. Era il papà di una bambina gravemente malata. L’uomo, con tanta fede, va da Gesù e gli chiede di andare nella sua casa, invocando la guarigione per la figlia. E Gesù “andò con lui”. Questo, che sembra un semplice dettaglio del racconto, esprime in realtà quanto il Signore fa anche con ciascuno di noi. Egli non ci abbandona lungo la strada. La Sua presenza non viene mai meno. Egli cammina insieme a noi, sempre. E cammina con noi per donarci la salvezza. La figlia di Giairo viene guarita. Anzi, Gesù la riporta alla vita, perché nel frattempo era morta. Gesù riporta alla vita anche noi: quella della grazia e quella dell’eternità.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria?”. Era questo l’interrogativo degli abitanti di Nazaret di fronte a Gesù e alla Sua parola. Ritenevano di conoscerlo bene e che, la sua vita ordinaria, non potesse in alcun modo essere il luogo della rivelazione di Dio. E invece… Dio è sempre al di là dei nostri pensieri, dei nostro criteri e anche delle nostre immagini di Lui. La fede autentica è quella che si lascia sorprendere dalla bellezza straordinaria di Dio, che sempre stupisce e sorprende. Chiediamo la grazia di saper riconoscere la presenza e l’opera del Signore nella nostra giornata, non come la vogliamo noi, ma come la vuole Lui. Rimaniamo abbandonati con fiducia alle sorprese dell’amore di Dio!
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone”. Gesù invia i discepoli ad annunciare il Vangelo. E tra le indicazioni che dona loro vi è quella relativa alla povertà dei mezzi: “né pane, né sacca, né denaro nella cintura”. Una tale povertà di mezzi intende soprattutto sottolineare il primato di Dio e della Sua grazia nell’opera dell’evangelizzazione. Non saranno i potenti strumenti usati, né le grandi capacità umane a rendere fecondo l’annuncio, ma l’opera di Dio e, pertanto, la preghiera e la santità dei discepoli. Preghiamo per non cedere alla tentazione di usare criteri mondani nella missione quotidiana che ci è affidata. Allora sarà vero anche per noi quanto afferma il Vangelo: “Scacciavano molto demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi. Altri invece dicevano: È Elìa. Altri ancora dicevano: È un profeta, come uno dei profeti. Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!”. Segue il racconto drammatico del martirio di Giovanni Battista, mandato a morte da Erode. Nonostante che il Battista sia morto, la sua presenza e la sua parola continuano a tormentare Erode. Il male che egli ha compiuto l’ha reso schiavo e gli provoca turbamento. Il peccato fa male e lascia traccia di se’ nel nostro cuore. In questo senso il peccato è sempre un’esperienza drammatica nella vita umana. Ecco perché nel Padre nostro non ci stanchiamo di chiedere a Dio: “Liberaci dal male”.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato”. Il racconto evangelico mostra un tratto umanissimo degli apostoli: sono andati in missione e ora tornano entusiasti per ciò che hanno vissuto e per le meraviglie di grazia che hanno visto. Sono anche esausti, per questo Gesù li invita a riposare in un luogo deserto. Entusiasti ed esausti, con Gesù. Questa dovrebbe essere sempre la condizione dei discepoli del Signore: entusiasti, per le opere che Dio compie anche attraverso la loro parola e la loro vita; esausti, per aver donato senza riserve se stessi nella testimonianza della salvezza; con Gesù, per riposare con lui nella preghiera di rendimento di grazia e nell’intimità del Suo amore. Che possa essere così anche per noi.
V SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Quanti lo toccavano venivano salvati”, annota l’evangelista Marco a proposito di tutti coloro che accorrevano da Gesù, afflitti da malattie e sofferenze. Toccare Gesù significava per costoro fare l’esperienza della grazia risanatrice di Dio. E noi? Possiamo anche noi toccare Gesù ed essere guariti dalle nostre infermità spirituali? Sì, certamente! Perché Gesù noi lo possiamo toccare quando ne ascoltiamo la parola, quando lo adoriamo o lo riceviamo nell’Eucaristia, quando celebriamo i sacramenti, quando nella preghiera entriamo in dialogo con Lui. Nella fede, Gesù si lascia toccare da noi. E noi sperimentiamo la potenza della Sua grazia che ci salva, del Suo amore che ci rinnova.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me”. Gesù riprende una parola dell’Antico Testamento per muovere rimprovero ai farisei, molto attenti alle tradizioni umane, ma meno attenti a custodire una vera purezza di cuore. Le parole del Signore ci interpellano. Il “cuore lontano da Dio”, infatti, può riguardare anche la nostra vita di fede, fatta più di parole che di appartenenza vera, più di sentimenti e di emozioni che di fedeltà nell’amore. Il cuore deve essere sempre custodito dall’ipocrisia, malattia spirituale per la quale non si vive davvero ciò che si dice di credere. Chiediamo la grazia di una vita abitata dall’amore vero: quello che desidera sempre e in tutto la volontà dell’Amato.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: Gesù: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male”. Questa parola ci invita alla vigilanza sul cuore; una vigilanza che deve essere quotidiana e che ci deve condurre a scoprire quei propositi di male che rendono impuri davanti a Dio. I maestri di spirito, al riguardo, invitano all’esame della coscienza oltre che all’esame di coscienza. Prima di verificare i nostri atti, infatti, dobbiamo verificare il cuore che ne e’ la radice. L’esame della coscienza, allora, e’ come un “monitoraggio” spirituale, che consente di verificare se il cuore è puro, ovvero abitato dalla parola del Signore e dalla Sua volontà. Solo quando il cuore è così abitato abbiamo la luce per verificarne l’effettivo purezza dei propositi, dei desideri e delle decisioni.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini. Ma lei gli replicò: Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. Allora le disse: Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia”. La donna che si rivolge a Gesù è di lingua greca e di origine siro-fenicia. Non appartiene, pertanto, al popolo di Israele. Per questo, senza nessuna intenzione offensiva, Gesù le si rivolge attribuendole il titolo di “cagnolino”. “Cani” erano infatti chiamati tutti coloro che non appartenevano al popolo eletto. Questa donna, tuttavia, dimostra una grande fede, rivolgendo a Gesù la sua supplica. E ottiene la guarigione della figlia. Quale fede abbiamo noi? Con quale fiducia preghiamo? Siamo davvero disposti ad affidare in tutto la nostra vita al Signore?
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!»”. La pagina evangelica ci riconduce al rito battesimale. Il giorno del nostro Battesimo, infatti, siamo stati “toccati” sugli occhi e sulle labbra, a significare che la grazia ricevuta ci aveva donato la capacità di guardare la vita con gli occhi della fede e di parlare a tutti con le parole della fede. Anche a noi, dunque, è stata detta la parola “apriti”. E questa parola la riascoltiamo ad ogni incontro con il Signore. È Lui che sempre apre i nostri occhi alla fede. È Lui che sempre apre la nostra bocca all’annuncio della fede.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare”. Con queste parole Gesù si rivolge ai Suoi discepoli, esprimendo il desiderio di venire in soccorso della folla, ormai oppressa dal digiuno. È interessante l’annotazione dei tre giorni, che rimanda alla risurrezione. Dopo tre giorni la gente viene finalmente sfamata e sfugge alla morte. Il pane moltiplicato è il segno dell’Eucaristia: il pane che nutre la vita terrena diviene così segno del Pane eucaristico, che nutre l’anima e dona la vita eterna. Chi mangia di quel Pane non muore più, perché quel Pane è lo stesso Signore nel Suo Corpo e nel Suo Sangue che trasforma in Lui la nostra esistenza. L’Eucaristia è l’alimento nuovo che introduce e anticipa la risurrezione; è il Pane di vita nuova che dona l’eternità.
VI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova”. L’atteggiamento dei farisei ci infastidisce. Avevano visto con i loro occhi tanti miracoli, avevano constatato di persona opere prodigiose… eppure continuano a chiedere a Gesù un segno. Non lo chiedono con il cuore aperto di chi si rende disponibile alla fede. Lo chiedono con il cuore indurito, incapace di arrendersi all’evidenza dei fatti. E noi ci infastidiamo, forse. Eppure anche noi siamo spesso come quei farisei. Nonostante, infatti, le tante prove che abbiamo ricevuto dal Signore della Sua bontà, del Suo amore, della Sua provvidenza non ci accontentiamo mai. Cerchiamo sempre nuovi segni. In realtà è tanto povera la nostra fede. Chiediamo un cuore più puro. Chiediamo una fede più vera.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchie e non udite?”. Queste parole di Gesù vengono rivolte ai discepoli subito dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. Di quel miracolo i discepoli non hanno capito la bellezza e la novità del contenuto. Continuano a interessarsi del pane materiale. Quel Pane, invece, era solo il segno di un altro Pane, Gesù cibo e bevanda di vera salvezza. Come i discepoli, spesso anche noi abbiamo il cuore indurito e non riusciamo a capire che con Gesù abbiamo tutto. Stoltamente continuiamo ad attardarci su ciò che non sazia e perdiamo di vista l’unico necessario. Chiediamo la grazia di avere un cuore capace di rimanere fisso in Gesù, Pane vivo disceso dal Cielo, vera Vita della nostra vita.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa”. Gesù ridona la vista a un cieco, che torna a vedere distintamente ogni cosa. Un grande miracolo si compie. Questo miracolo è anche il segno di una guarigione spirituale, quella per la quale l’uomo cieco riesce a vedere in virtù della fede. Nella spiritualità cristiana si parla spesso di cecità a proposito della mancanza di fede. Senza la fede, infatti, non si può vedere la vita in tutta la sua verità e bellezza nel disegno di Dio. Con la fede, invece, diventiamo capaci di guardare tutto in modo nuovo, scorgendovi la verità e la bellezza del piano amorevole di Dio. Chiediamo, pertanto, nella preghiera, il dono della vista. Chiediamo il dono della fede!
Giovedì.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Il rimprovero di Gesù è molto forte. Pietro, poco prima, ha fatto la sua professione di fede, riconoscendo in Gesù il Messia atteso, il Figlio di Dio. Ora, però, dopo che Gesù ha parlato di ciò che lo attende a Gerusalemme, nei giorni della Passione, Pietro si ribella e addirittura lo rimprovera. Così arriva la parola dura del Signore. Pietro deve ancora imparare a essere discepolo, ovvero ad andare dietro. Pretendeva, infatti, di andare avanti e di indicare la strada al Signore. Anche noi, ogni giorno, dobbiamo imparare ad andare dietro a Gesù, aderendo alla Sua volontà sulla nostra vita.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Siamo al cuore del Vangelo, in ascolto dell’annuncio che scuote in profondità la nostra esistenza: per salvare la propria vita è necessario perderla a motivo di Cristo. Perché solo in Lui è la vera vita, la pienezza della vita. Ecco il motivo per cui Gesù insiste sul camminare dietro a Lui. Solo stando dietro, solo abbracciando la Sua volontà si approda alla Vita. E in questo consiste la croce: dimenticare se stessi per accogliere il Signore, perdere se stessi per ritrovarsi in Lui. È la croce vittoriosa, la croce da cui si risorge a nuova vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli”. Ancora oggi il Signore ci vuole portare con sé su un alto monte, così che sia possibile anche a noi, come agli apostoli, fare esperienza della gioia di stare alla Sua presenza. In virtù dell’incontro con Gesù trasfigurato, gli apostoli ebbero la forza di continuare il cammino verso Gerusalemme e di affrontare i giorni della Passione e Morte del Signore. Anche nella nostra vita le soste di preghiera donano luce, gioia e coraggio per vivere tutto alla luce del Vangelo. Quanto hanno vissuto gli apostoli ci ricordi la necessità di tempi frequenti e prolungati di preghiera nella nostra giornata. Solo così la nostra potrà essere una storia di santità.
VII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”. Ai discepoli, che non sono riusciti a scacciare uno spirito cattivo da un ragazzo gravemente posseduto, Gesù dice queste parole. Veniamo così confermati in una certezza: la forza della preghiera! Per questo san Giovanni Crisostomo poteva affermare: “Chi prega ha le mani sul timone della storia”. Domandiamoci, allora: Siamo uomini e donne di preghiera? Siamo uomini e donne che credono nella potenza della preghiera? Siamo uomini e donne che danno tempo alla preghiera? Siamo uomini e donne che, come si diceva di san Francesco, vivono di preghiera e sono diventati essi stessi preghiera?
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Gesù si rivolge con queste parole agli apostoli, che poco prima, di nascosto, discutevano tra loro chi fosse il più grande. Gesù non nega che vi possa essere il desiderio di un primato. Ma, allo stesso tempo, trasforma radicalmente il motivo del primato. È primo, agli occhi di Dio, colui che si fa volontariamente piccolo, ultimo e servitore. Poco prima, l’evangelista aveva annotato, sempre a proposito degli apostoli: “Essi però non capivano queste parole e avevano paura a interrogarlo”. Anche noi, spesso, non capiamo la parola del Signore. Non dobbiamo, però, averne paura. Quella Parola è per noi, ci è amica. Rimaniamo ad ascoltarla con fedeltà fino a quando si svelerà a noi in tutta la sua verità, bellezza e amore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo Giovanni disse a Gesù: Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva. Ma Gesù disse: Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi e per noi”. A commento di questa pagina evangelica si può ricordare quanto affermava il grande teologo san Tommaso d’Aquino: “La verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo”. Vi si sente l’eco delle parole di Gesù. In effetti, tutto ciò che è vero, buono, bello viene da Dio. Ed è per questo che deve essere accolto e valorizzato, con il desiderio che possa, progressivamente, essere vissuto nell’accoglienza di Gesù, unico Salvatore. E questo è il compito dell’annuncio del Vangelo. Si tratta di accogliere ciò che è umanamente buono, annunciandone il compimento nella persona di Cristo Redentore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile”. Gesù, con queste parole, mette in guardia dal compromesso, al quale spesso ci pieghiamo, quale modo di vivere più comodo, ma certamente non veramente felice. Il Signore ci invita, invece, alla radicalità; quella radicalità evangelica per la quale non permettiamo al male e al peccato, in ogni sua forma, di prendere dimora nella nostra vita. Domandiamoci oggi: quale mano devo tagliare? Ovvero, quale pensiero, comportamento, abitudine negativi devo recidere dalla mia vita? E tutto questo per aderire con più grande pienezza alla volontà di Dio ed essere veramente nella gioia
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “In quel tempo, Gesù, partito da cafarnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare”. L’evangelista sottolinea molto spesso, attraverso il verbo insegnare, l’intento formativo di Gesù nei confronti dei suoi discepoli e, in specie, degli apostoli. Gesù, nel suo Spirito, continua a insegnare pure a noi, senza mai stancarsi. Anche per questo è importante rivolgersi al Signore con la preghiera con cui la Chiesa prega in questi giorni: “Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere”. Sarebbe bello ripetere più volte questa splendida preghiera, nel corso della nostra giornata. Ancora più bello sarebbe realizzare quanto la preghiera ci fa domandare: l’attenzione perseverante alla voce dello Spirito Santo, che muove il nostro cuore verso tutto ciò che è santo; l’adesione pronta alla volontà di Dio, bene sommo e gioia vera della nostra vita; il desiderio ardente di tradurre questa volontà sia nelle nostre parole che nelle nostre opere.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. Ai discepoli, che sgridano coloro che gli presentano dei bambini, Gesù rivolge le splendide parole che abbiamo appena letto. I bambini divengono coloro a cui guardare per capire come si fa a entrare nel Regno di Dio. Il bambino, infatti, si rivolge con fiducia a chi è grande richiedendone l’abbraccio. Così deve essere anche per noi nella vita della fede: viviamo con il desiderio di essere presi fra le braccia dal Signore, a cui ci rivolgiamo con fiducia filiale. Egli ci è Padre e altro non vuole che prenderci fra le Sue braccia. In questa giornata, con cuore bambino, lasciamoci abbracciare dal Signore.
VIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Quando il Signore chiama qualcuno a seguirlo, chiedendogli il distacco da altre realtà della vita, sempre lo guarda anzitutto con uno sguardo di amore. È all’interno di questo amore che si realizza la sequela. E questo non avviene solo nel caso di speciali vocazioni, ma si verifica al momento della chiamata fondamentale alla fede e in ogni giorno della nostra vita. Anche al mattino, infatti, quando ci svegliamo siamo raggiunti dagli occhi amanti di Gesù, che ci invita a seguirlo e a lasciare le cose del mondo, quando queste ci ostacolano nel cammino della santità. Siamo amati per seguire l’Amore.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. In queste parole dell’apostolo ci viene ricordata una grande verità. Come per Pietro, così anche per noi la vita di fede è, anzitutto, una relazione di amore che fa seguito a un incontro di amore. Abbiamo avuto la grazia e la gioia di incontrare Gesù, Egli ci ha conquistato il cuore e abbiamo iniziato a seguirlo, cercando di aderire giorno dopo giorno alla Sua volontà. Può capitare, però, di perdere di vista, lungo il cammino, questa splendida realtà della fede, scambiandola per una semplice adesione a delle norme o a un ideale di vita. La fede è anche questo, ma non solo: è soprattutto un’avventura di amore con il Signore, dal quale riceviamo tutto e al quale desideriamo dare tutto.
Mercoledì
Le parole di Gesù, che ascoltiamo oggi dal Vangelo di san Marco, ci colpiscono al cuore: “Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Così il Signore risponde a Giacomo e Giovanni, i due apostoli figli di Zebedeo, che si era fatti avanti nel chiedere un posto di preminenza nel regno di Dio. La richiesta non ci scandalizza, anche perché in quella domanda ritroviamo il nostro stesso desiderio di primeggiare. Davanti al Signore, però, tutto cambia: i primi sono coloro che si fanno servitori, che amano fino a dare la vita. È una conversione radicale che dobbiamo chiedere al Signore come grazia. Servire significa imitare Gesù, nostra salvezza e nostra gioia.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare a dire: Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. La supplica di Bartimeo è accorata e bellissima. Tanto che attira l’attenzione del Signore e, nella storia, diventerà una forma della preghiera del cuore, quella preghiera che sale dal cuore dell’uomo a Dio senza interruzione. Gesù, davanti all’implorazione del cieco, risponde con il dono della vista. Si tratta della vista degli occhi, ma anche della vista dell’anima, dal momento che la pagina evangelica termina così: “E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”. Bartimeo ha ritrovato la vista. Ma oltre alla vista a trovato la via della sequela di Gesù, la via della Vita. Possa essere così anche per noi.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infetti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero disse: Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!”. Nella tradizione ebraica il fico rappresenta la conoscenza di Dio acquisita nel tempo dedicato alla lettura orante della Scrittura. Se mettiamo la vicenda del fico in relazione a quanto subito dopo Gesù dirà a proposito del tempio, diviene chiaro il significato delle parole del Signore. Il tempio è diventato “un covo di ladri”, il fico è sterile. E’ Israele a essere rappresentato nella sua stagione arida, nel momento in cui si rifiuta di accogliere il Messia atteso, condannandosi così alla mancanza di frutti. Il rifiuto di Dio nella vita è sempre una condanna alla sterilità. La Scrittura e il Tempio prendono vita solo se vi è un’accoglienza vera della Parola di Dio e della Sua presenza d’amore e di salvezza.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: “Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?”. A questa domanda, insidiosa e ingannevole, Gesù non risponde. La sua parola intende semplicemente mettere in luce la malizia presente nell’animo di chi lo interroga. Quando il cuore di chi chiede non è puro, la risposta dal Signore non arriva. Quando, invece, il cuore del richiedente è un cuore puro e innocente, subito gli è donata la risposta. Siamo chiamati a verifica: come interroghiamo Dio? Chiediamo la grazia di vivere nella semplicità del bambino, che porge la domanda con innocenza, senza la volontà di ingannare o la pretesa di ottenere. Chiediamo la grazia di essere anime semplici che supplicano con fiducia, certi della bontà paterna di Dio.
IX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “Non avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è di diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?”. Con queste parole Gesù conclude il racconto della parabola il cui oggetto è la vigna, prima affidata ad alcuni e, poi, data ad altri. Il riferimento è chiaro e indica il passaggio dall’antico popolo al nuovo popolo. Ma è importante anche la sottolineatura della meraviglia che provoca il modo di agire di Dio: ciò che è scartato dagli uomini diventa fondamentale davanti a Dio e nel Suo disegno di salvezza. In questa meraviglia siamo chiamati a vivere. In questa meraviglia siamo chiamati a giudicare ciò che conta e ciò che non conta. In questa meraviglia siamo chiamati a scoprire chi e che cosa è davvero grande davanti al Signore.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “Allora disse loro: Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono? Gli risposero: Di Cesare. Gesù disse loro: Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio”. Con queste parole Gesù risponde ad alcuni farisei ed erodiani che, per metterlo alla prova, gli chiedono se sia lecito o no pagare il tributo a Cesare. Con la Sua risposta il Signore pone le basi per il corretto rapporto tra sfera religiosa e politica, tra compiti dello Stato e della Chiesa. Un rapporto che vive in modo sano nella distinzione, nel rispetto, nella libertà e nella collaborazione quando si tratti di servire il bene dell’uomo. Tutto è da Dio. Quando, dunque, i diversi ambiti della vita sono vissuti davanti a Dio al fine di perseguire il vero, il buono e il bello non vi può che essere pacifica e feconda convivenza.
Mercoledì
Ascoltiamo dal Vangelo di san Marco: “Non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi!”. Con queste parole Gesù risponde a quei sadducei che volevano metterlo alla prova con le loro domande. E li conduce a una questione decisiva della fede: Dio ha a che vedere con la vostra esistenza o no? Dio è davvero vivo per voi o no? Avete con Dio una relazione di amore che coinvolge sempre e in tutto la vostra vita? Sono domande dalle quali siamo interpellati tutti noi. Può essere che, a volte, infatti, Dio non sia per noi il Vivente e che non lo trattiamo da Vivo. Vengano a noi, allora, tanto salutari le parole del Signore: “Non è Dio dei morti, ma dei viventi!”.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “Lo scriba gli disse: Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: Non sei lontano dal regno di Dio”. Lo scriba riprende quanto poco prima è stato affermato da Gesù, in relazione al primo di tutti i comandamenti: l’amore di Dio e del prossimo. E il Signore sottolinea la bontà delle parole dello scriba. Eppure, nonostante questo, egli non è ancora entrato nel regno dei cieli. Perché? Manca ancora qualcosa, ovvero la comunione di vita con Gesù, l’accoglienza della Sua vita che rende possibile amare come Egli ci ha amato e ci ama. Questa è la grazia del regno dei cieli. E questa è la vera carità.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo, Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi. Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio? “. Le parole di Gesù fanno parte di una serie di discussioni che Egli deve intavolare con scribi e farisei, dopo aver scacciato i mercanti dal tempio. Al cuore di quelle parole vi è una verità importante, ora per noi come allora per i Giudei. Il Messia atteso non può essere ingabbiato nelle nostre attese umane. Dio è sempre sorprendente nel dare risposta alle grandi domande del cuore umano. Accogliere con fede l’opera di Dio significa entrare nell’esperienza della salvezza.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Marco: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei, invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Le parole di Gesù fanno seguito a ciò che accade nel tempio, dove i ricchi gettano molte monete nel tesoro. Ancora prima Gesù aveva avuto da ridire nei confronti di scribi e farisei che “divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere”. Il contesto, dunque, è quello dell’apparenza che ha la meglio sulla verità. In questo, scribi e farisei, ricchi nel tempio, sono maestri. La povera vedova, invece, vive all’insegna della verità: in lei non vi è apparenza. Il testo evangelico aiuti tutti noi a non rimanere mai chiavi delle apparenze, ma a vivere con libertà nella verità.
X SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Nel Vangelo di Matteo, le beatitudini costituiscono il primo di cinque grandi discorsi di Gesù, che intendono portare a compimento il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia contenenti l’antica legge. Quella proclamata da Gesù sul monte è la nuova legge, legge dell’amore scritta nel cuore dell’uomo finalmente salvato. La nuova legge è il fondamento della vera beatitudine, della felicità. Perché? Perché la nuova legge è dono e non anzitutto impegno; è grazia che salva e non peso che opprime; è assicurazione della cura paterna di Dio, sempre; è la certezza di un’alleanza eterna e di amore che dona senso ai giorni dell’uomo.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”. Con queste immagini Gesù rivela ciò che siamo per grazia, in virtù del dono della vita nuova, che abbiamo ricevuto in Lui. Nel mondo e per il mondo siamo sale che porta il sapore gustoso del Vangelo di salvezza. Nel mondo e per il mondo siamo luce, che porta la bellezza e la gioia dell’amore di Dio. Rendiamo grazie, pertanto, e rallegriamoci per ciò che il Signore ci ha fatto diventare. Preghiamo perché non venga mai meno in noi questa identità e questa missione.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento”. Il termine “compimento” è decisivo per capire la relazione tra antica e nuova legge. Gesù, Parola ultima e definitiva del Padre, comprende in sé tutte le parole della legge antica, ma le conduce al loro significato autentico. Esse conservano la loro importanza e necessità, ma divengono espressione compiuta dell’amore di Dio e del prossimo. Ed ecco la buona notizia della Vangelo: quello che da solo l’uomo non poteva vivere ora può viverlo perché il suo cuore è stato cambiato e salvato. I Comandamenti non sono più solo indicazione di un “dovere” ma soprattutto indice di un “potere” che in Cristo abbiamo ricevuto. Con Lui possiamo vivere nella pienezza dell’amore e, dunque, della gioia.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”. Le parole di Gesù sono chiare: a nulla vale l’offerta fatta a Dio se il cuore non vive nella pace con i propri fratelli. La radicalità della parola evangelica, in questo contesto, la troviamo là dove Gesù non parla di “qualche cosa” che l’offerente ha con il fratello, ma di “qualche cosa” che il fratello ha con l’offerente. Davanti a Dio l’assenza di pace con l’altro è da considerare anche quando non vi sia apparente colpa personale. Ma chi può dire con certezza che, dove non vi è pace tra i cuori, non vi è sempre anche qualche colpa personale, in pensieri, parole, opere o omissioni?
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna”. Le parole di Gesù appaiono dure e molto radicali. In realtà sono volte a tutelare l’integrità e la bellezza di un’appartenenza d’amore. Non per nulla Egli le dice in relazione al matrimonio. Un tale tesoro di grazia ha bisogno di totalità di impegno per essere vissuto in pienezza. Questa stessa totalità riguarda anche e ancor più l’alleanza di amore con Dio. Bisogna, pertanto, dare tutto ed essere radicali nel no, riguardo a ciò che non è amore, per poter affermare un si più vero, più grande, più luminoso nell’amore.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re”. Anche queste parole fanno parte del grande discorso con il quale Gesù segna il passaggio dall’antica alla nuova legge, dall’osservanza esteriore alla partecipazione del cuore. Chi ha incontrato la Verità, e Cristo è la Verità, non ha più bisogno di giurare. Ormai, infatti, egli è discepolo fedele della verità e il suo parlare non sopporta menzogna e falsità. La vita nuova di chi ha incontrato Gesù, e da Lui e stato salvato, si riconosce anche da questo: il culto della verità, a qualunque costo, anche a costo di sofferenza, incomprensione e persecuzione. Perché la Verità ha il volto di Dio.
XI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due”. Le parole di Gesù, come spesso accade, sembrano molto esigenti; qualche volta siamo tentati di definirle troppo esigenti perché sia possibile viverle. In realtà, con le nostre sole forze davvero siamo davanti all’impossibilità. Ma per il cuore rinnovato dalla grazia di Dio nell’incontro con Cristo l’impossibilità diventa possibile e l’amore stesso di Dio diviene il suo amore. E la vita conosce una pienezza impensata e impensabile. Si, perché solo nell’amore è la pienezza della vita. Ma non in un amore semplicemente umano bensì in quello di Dio.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. La profondità nuova dell’amore che risuona nelle parole di Gesù trova la propria sorgente nel volto del Padre, Padre dell’amore. Nella misura in cui si è figli del Padre e, pertanto, si respira ogni giorno l’aria paterna, l’amore del Padre diviene regola e norma di vita. Nel vivere la straordinaria profondità dell’amore rivelato dalla parola di Gesù, ciascuno di noi si presenta al mondo quale figlio del Padre che è nei cieli e ne rivela la sfolgorante bellezza. In tal modo l’amore evangelico è il primo e più importante annuncio della fede.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli”. Con queste parole il Signore introduce l’insegnamento sul digiuno, sull’elemosina e la preghiera. I grandi maestri spirituali, facendo riferimento a questo testo, suggeriscono che ciascuno formuli un proprio programma di vita spirituale, che abbia come campi di impegno: il rapporto con Dio, con gli altri e con se stessi. Sono i tre rapporti che traducono i termini evangelici di preghiera, elemosina e digiuno. Domandiamoci, anzitutto, se abbiamo un nostro programma di vita cristiana. E poi domandiamoci se, nella nostra vita di fede, abbiamo a cuore sempre e soltanto ciò che Dio vede di noi. Anche in noi, purtroppo, può farsi strada l’ipocrisia, a motivo della quale criterio di valutazione diventa l’apparenza e non la verità.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro”. L’invito di Gesù a non sprecare parole nella preghiera viene completato dall’inizio della preghiera da Lui insegnata. La parola “Padre”, infatti, racchiude tutto, comprende ogni parola che possa risuonare sulle nostre labbra e ogni pensiero che possa essere racchiuso nel nostro cuore. Quando si dice “Padre” si afferma la propria fiducia nella paternità di Dio e, di conseguenza, la certezza di essere conosciuti nel più intimo, di essere ascoltati ed esauditi per il nostro bene più grande. Quando diciamo “Padre” con il cuore preghiamo davvero.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”. Qual è il tesoro della nostra vita? La risposta a questa domanda, seguendo l’indicazione evangelica, la possiamo dare considerando dove riposa il nostro cuore. Il cuore, infatti, può attaccarsi a molte cose. Spesso si attacca a realtà fugaci e superficiali che appaiono importanti e decisive. È importante fare un “monitoraggio” periodico del cuore, per capire a quale tesoro si sta attaccando. L’unico tesoro al quale vale la pena attaccare il cuore è Dio. In Dio, infatti, ritroviamo ogni altra cosa. E la ritroviamo nella sua verità, bellezza e bontà. Ma al di fuori di Dio tutto è destinato al nulla.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”. Nelle parole di Gesù ritroviamo indicati due importanti elementi della vita cristiana. Il primo riguarda la nostra relazione con Dio. Egli è Padre ammirevole e provvidente: quando cerchiamo il Signore non abbiamo da temere nulla perché Egli ha cura di noi. Il secondo riguarda la nostra relazione con il tempo. È l’oggi a essere decisivo per la nostra risposta alla chiamata di Dio. È adesso che dobbiamo vivere in pienezza l’esperienza della fede. Viviamo, pertanto, questa giornata alla presenza di Dio che è Padre e santificando il tempo presente.
XII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi”. È una parola che, in genere, riferiamo ai rapporti fraterni, nell’ambito della vita di carità. Può essere, però, anche considerata in relazione al rapporto con Dio. Santa Teresa d’Avila direbbe che Dio non si dona totalmente a chi non gli apre totalmente il cuore. Come a dire che la misura del dono che Dio fa di sé stesso a noi e’ relativa alla misura della nostra disponibilità ad accoglierlo. Non abbiamo paura! Non rimandiamo ancora! Apriamo le porte del cuore e della vita al Signore!
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti”. In queste parole di Gesù viene illustrata la cosiddetta “regola d’oro” della vita. Ogni decisione risulta ancorata a se stessi, alle proprie esigenze e ai propri bisogni. Così diventa semplice capire ciò che siamo chiamati a fare nei riguardi del prossimo: basta considerare che cosa vorremmo fosse fatto a noi, in quella stessa situazione. La regola d’oro diviene pertanto la regola della carità che, con altre parole, suona così: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Proviamo, in questa giornata, ad agire sulla base di questa regola. Proviamo ad amare il nostro prossimo trovando ispirazione nell’amore che abbiamo per noi stessi.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete”. Le parole di Gesù ci aiutano a valutare, nel segno del sano discernimento, la verità o la falsità di coloro che intendono insegnare nel nome di Dio. Il criterio fondamentale è costituito dai “frutti”. Ma che cosa si intende per frutti? Certamente si possono intendere le opere compiute da coloro che insegnano nel nome di Dio. Una vita che risulti essere in sintonia con la parola è un segno favorevole alla bontà del profeta. Ma con i “frutti” si può anche intendere la verità di quanto viene insegnato e la sua piena armonia con il deposto della fede custodito dalla Chiesa. I “frutti buoni”, pertanto, riguardano sia le opere che il pensiero. E il vero profeta, che non è lupo rapace, lo si riconosce per la compresenza e delle opere buone e del pensiero buono.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Con queste parole Gesù ci conduce al cuore della vita cristiana. Questa, infatti, non può esaurirsi nella semplice affermazione “Signore, Signore”. E neppure trova la sua compiuta espressione nell’esercizio di alcuni carismi, come il compimento di prodigi, lo scacciare i demoni e la capacità di profezia. Infine, neanche l’ascolto prolungato della parola di Dio, da solo, dice ancora la maturità della fede. Si ha vita di fede autentica quando si porta nel cuore un grande desiderio di adorazione e di adesione; quando Dio è il Tutto della vita e la Sua volontà diviene il pane quotidiano di cui nutrirsi. Ecco il cuore della vita cristiana: “Colui che fa la volontà del Padre mio”.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. Chi pronuncia queste parole è un lebbroso, che si rivolge a Gesù con la fiducia di essere ascoltato ed esaudito. La sua è come una preghiera, che desideriamo fare nostra. Anche noi ci rivolgiamo al Signore, supplicandolo di purificarci da quella terribile lebbra che è il peccato. Come il lebbroso del Vangelo ci prostriamo davanti a Gesù con tanta fede, portandogli quel particolare male spirituale dal quale non riusciamo a liberarci, e diciamo: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. Vinciamo la tentazione di fare da soli, liberiamoci dalla pretesa di vincere il male con le nostre sole forze. Andiamo, invece, davanti al Signore e con fede supplichiamolo di guarirci dai mali della vita. Allora faremo esperienza dell’opera liberante e salvifica della grazia del Signore.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente. Gli disse: Verrò e lo guarirò. Ma il centurione rispose: Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Quanto è bella la supplica del centurione! Tanto bella che la Chiesa l’ha fatta propria e, ad ogni Messa, la ripetiamo prima di accostarci alla Santa Comunione. In quella supplica c’è, anzitutto, tanta fede. E poi, in quella stessa supplica, trova espressione un cuore che si fa carico della malattia di un fratello, quasi fosse la propria. Dal centurione del Vangelo abbiamo tutti molto da imparare. Ripetere la sua supplica possa aiutarci ad avere nel nostro cuore la sua stessa fede e la sua stessa carità.
XIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»”. In questa risposta di Gesù ci è possibile capire la serietà della sequela. Seguire il Signore, infatti, non può essere semplicemente un fatto emotivo e passeggero. Essere discepoli non significa lasciarsi trasportare da un momento di entusiasmo senza fondamenta. Rispondere al Signore che chiama comporta una decisione precisa e ferma: di vivere abbandonati alla Sua volontà, in ascolto quotidiano della Sua parola, con il desiderio di compiere scelte e prendere decisioni che siano conformi al Vangelo. Questo significa appartenere al Signore. E questa è la vera gioia della vita.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia”. Il testo evangelico mette a confronto la fede e la paura. Anzi, in realtà il testo suggerisce che laddove vi è la fede, la paura non ha ragione d’essere. La paura insorge nel non momento in cui i discepoli smarriscono la fiducia in Gesù. Se la loro fiducia fosse stata salda non avrebbero avuto paura. Noi somigliamo molto ai discepoli. Che cosa vuol dire questo? Che la nostra fede è povera, che la fiducia in Gesù non è totale. Allora invochiamo: “Salvaci, Signore!”. Salvaci dalla poca fede, salvaci da ogni paura.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo secondo san Matteo: “Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio”. Chi si rivolge così a Gesù e’ la popolazione di un luogo dal quale il Signore ha scacciato una legione di demoni. Perché lo pregano di andarsene? Quella gente, ormai, aveva fatto l’abitudine alla presenza demoniaca nella loro terra; convivevano con il male. Quante volte anche noi conviviamo con il peccato! E per non dover porre fine a questa cattiva convivenza lasciamo ai margini della nostra vita Gesù. Apriamo le porte della nostra vita al Signore! Senza timore! Egli ci aiuterà a sconfiggere ogni forma di male presente nel nostro cuore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. Sono queste le parole che Gesù rivolge a un paralitico, come racconta il Vangelo di san Matteo. Il Signore, poi, donerà anche la guarigione fisica al malato: sarà il segno della guarigione del cuore. La domanda che ci poniamo, ascoltando questa pagina evangelica, è la seguente: conosco la vera radice dei miei mali? Spesso andiamo a cercare le motivazioni della mancanza di pace del cuore, delle tristezze, dei rancori, della pesantezza del quotidiano, delle amarezze e del “male di vivere” laddove non troviamo la ragione vera. Perché la ragione vera di tutto questo è sempre nel peccato che abita la nostra vita. Per guarire abbiamo bisogno anzitutto di essere perdonati. Il perdono del Signore che riceviamo nella confessione è la radice di ogni vera guarigione.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. La scena evangelica induce a considerare, nella luce della chiamata di Matteo, ogni nostra giornata e questo preciso momento della nostra vita. Oggi, infatti, il Signore passa accanto, vede, chiama e invita a seguirlo, liberando da ogni forma di esistenza cattiva e triste. Oggi, la mia vita, come quella di Matteo, invischiata nel peccato e succube del male, è invitata dal Signore al riscatto dell’alzarsi e cambiare prontamente direzione. Ogni passaggio di Gesù è occasione di grazia e di salvezza. Anche ora! Lasciamoci trovare dal Suo sguardo, lasciamoci raggiungere dalla Sua voce, lasciamoci trasformare il cuore dal Suo amore. Lasciamoci rialzare a vita nuova!
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti”. Con queste parole Gesù sottolinea una dimensione decisiva della vita cristiana. L’incontro con Lui, infatti, non è all’origine di qualche semplice cambiamento di superficie. Quando Gesù entra nella nostra vita cambia tutto. Egli, infatti, diviene il principio di vita nuova che tutto ispira. Cambia il modo di guardare sé stessi, gli altri, il mondo, la storia. Cambia il modo di pensare e di giudicare. In una parola, cambia il cuore. E questa è la vera conversione. Solo quando “Cristo è tutto per noi”, siamo davvero cristiani.
XIV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà”. Il brano evangelico odierno parla di tre incontri avuti da Gesù. Nel primo, appena descritto, uno dei capi chiede di imporre la mano sulla figlia morta perché riabbia la vita. Nel secondo, che riguarda una donna malata di perdite di sangue, si dice che ella toccò il lembo del mantello di Gesù e guarì. Nel terzo Gesù entra nella casa del capo, prende per mano la bambina morta e le ridona la vita. Nei tre incontri ritorna sempre l’azione del “toccare”. Oggi anche noi possiamo toccare Gesù. Lo tocchiamo nella Sua Chiesa, Lo tocchiamo nella Sua parola, Lo tocchiamo nei sacramenti, Lo tocchiamo nel prossimo. Ogni volta che Lo tocchiamo o ci lasciamo toccare con fede abbiamo la Vita.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare”. L’opera del demonio riguarda certamente anche la comunicazione tra gli uomini. Dove manca la capacità di comunicare, in un donarsi e ascoltarsi reciproco, viene meno la comunione. E là dove non c’ è comunione vi è divisione. E il diavolo è il grande divisore. Gesù ridona la parola all’uomo muto del Vangelo, liberando dal demonio, rendendolo di nuovo capace di comunicare e di realizzare comunione. Viviamo questa giornata chiedendo al Signore la grazia di essere liberati da tutto ciò che nella nostra vita contraddice la comunione. Chiediamo la grazia di saperci donare. Chiediamo la grazia di saper ascoltare. Chiediamo la grazia di essere un riflesso della bellezza di Dio, mistero di comunione nel mondo.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli…”. La chiamata dei Dodici da parte di Gesù viene descritta dall’evangelista con alcuni dettagli importanti. Anzitutto, il Signore chiama. All’inizio di ogni vita di fede c’è la voce di Dio che interpella e invita a prendere casa nel Suo Cuore. Poi, nella descrizione di san Matteo, si sottolinea che il Signore chiama a se’. Stare con Gesù è il fondamento di ogni vita di fede. Dal quel fondamento non bisogna mai allontanarsi. Ecco la priorità della preghiera. Quindi risuonano i nomi. Davanti a Dio siamo unici. Il Suo sguardo si posa su ciascuno con la dolcezza del Suo amore infinito. La fede è una relazione di appartenenza d’amore. Infine i Dodici vengono inviati ad annunciare il Regno di Dio. Ogni chiamata è in vista della missione. Non può esserci vita di fede senza lo slancio per l’annuncio del Vangelo.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Gesù invia gli apostoli in missione, facendo loro alcune raccomandazioni. L’annuncio del Vangelo dovrà’ avvenire lungo la strada, per il tramite della parola e della testimonianza della vita. L’evangelizzazione non è un programma studiato a tavolino e realizzato in condizioni particolari, ma e’ una comunicazione da cuore a cuore nelle circostanze abituali della vita quotidiana. In secondo luogo, l’annuncio del Vangelo dovrà avere il carattere della gratuità. L’evangelizzazione non fa calcoli, dona con abbondanza il tesoro della parola di Dio, spreca in amore senza condizioni.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”. La promessa di Gesù ai discepoli è duplice. La fede sarà soggetta a persecuzione. Ma nel tempo della persecuzione lo Spirito Santo avrà un ruolo del tutto singolare. In effetti, quando ricordiamo la vita dei santi martiri, ci accorgiamo che nel momento della persecuzione lo Spirito ha parlato singolarmente in loro e che lo stesso Spirito ha suggerito e sostenuto gesti e opere di carità eroica. Non ci sorprendano, pertanto, le persecuzioni del mondo. Ma, nelle persecuzioni, non perdiamo fiducia: lo Spirito opera in noi, aiutandoci a vivere nella fedeltà al Vangelo anche quel tempo specialissimo della nostra testimonianza.
Sabato
Ascoltiamo, oggi, nel Vangelo di san Matteo: “Abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l’anima e il corpo”. Gesù si riferisce all’unico vero timore che dobbiamo avere: quello di Satana e del peccato a cui egli ci induce. La più triste e terribile realtà della vita è proprio il peccato, perché separa da Dio e ci mette nella condizione di perdere per sempre il Suo amore. Per questo i santi amavano e amano affermare: “Piuttosto la morte ma non il peccato”. Diciamolo anche noi, alla luce della parola evangelica: non sono con le labbra, ma anche e soprattutto con la vita.
XV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada”. Le parole di Gesù potrebbero sorprenderci: il Principe della Pace parla di una spada che Egli è venuto a portare sulla terra. In realtà quelle parole ci sorprendono se non intendiamo bene i due termini “pace e spada”. La pace di cui parla Gesù, infatti, non è una sorta di stagnazione nel male e nella mediocrità. Quella di Gesù è la pace che deriva da un cambiamento radicale della vita nella logica del Vangelo. È la pace che scaturisce dalla salvezza. Ecco perché Egli parla di spada. La Sua è la spada che estirpa il male della cuore dell’uomo, è la spada che interviene a recidere ogni compromesso con il peccato.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite”. Le parole severe rivolte da Gesù ad alcune città, dove Egli aveva compiuto prodigi senza ottenerne una vera conversione, riguardano anche noi. Quanti “prodigi di grazia” il Signore ha fatto per noi! Ciascuno, certamente, nel segreto del cuore può elencarli. Pensiamo al dono della fede, al dono della Sua Parola, dei Sacramenti, dell’Eucaristia, al dono della Chiesa, alle tante ispirazioni al bene ascoltate nel silenzio… Che cosa ne abbiamo fatto di questi “prodigi di grazia”? Vi abbiamo trovato occasione di autentica conversione.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Quando si va a Betlemme a visitare il luogo della nascita di Gesù, per entrare nella basilica della Natività bisogna passare per una porta stretta e bassa. Si entra solo se ci si fa piccoli. In tal modo al pellegrino torna alla mente la parola del Signore che ascoltiamo oggi. Solo ai piccoli è rivelato il mistero del Regno dei cieli. Perché solo i piccoli sanno che non possono salvarsi da soli e che hanno bisogno di un Salvatore. Coloro che sono grandi si illudono d pensano di potersi salvare da soli. Si entra nello splendore del mistero cristiano solo se prima ci si è fatto piccoli, consapevoli del bisogno di un Salvatore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». L’ascolto di queste parole di Gesù riempie il cuore di tanta consolazione. Egli, infatti, è venuto non per caricare sulle nostre spalle un peso ma per liberarci da ogni peso. Una tale liberazione avviene nella misura in cui accogliamo Gesù nella nostra vita, lo seguiamo con fedeltà, lasciamo che il Suo amore avvolga ogni passo del nostro cammino. Spesso ci siamo abituati a pensare al Signore come a Colui che ci indica una strada ardua e faticosa. In realtà, Egli ci indica una strada splendida, sulla quale la Sua presenza e la Sua grazia ci liberano dalla fatica, ce la fanno amare, ce la fanno vivere nella pace della Sua volontà. Essere di Cristo è bello!
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ma egli rispose loro: Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti”. Con queste parole Gesù risponde ai farisei che indicavano come illecito il comportamento dei discepoli. Essi, infatti, avevano colto le spighe nei campi di grano, e le mangiavano, in giorno di sabato. La risposta di Gesù riconduce al cuore della relazione con Dio. La legge è un mezzo, il fine è l’amore di Dio e del prossimo. Nella misura in cui si ama davvero, tutto è lecito, perché l’amore vero è sempre da Dio e porta a Dio. Sant’Agostino direbbe: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Non perdiamo mai di vista il cuore del Vangelo. Non perdiamo mai di vita la legge suprema dell’amore. Se rimaniamo nell’Amore siamo certi di rimanere in Dio e nella Sua volontà.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni”. L’evangelista riporta queste parole del profeta Isaia attribuendone il contenuto a Gesù. Egli è il Messia atteso e in Lui si compiono le antiche profezie. In quelle parole troviamo tanta consolazione. Il Signore, infatti, è Colui che non spezza una canna incrinata e non spegne una fiamma smorta. Noi, spesso, siamo una canna incrinata e una fiamma smorta. Gesù si avvicina a noi con dolcezza, raddrizza la nostra vita, ridona fuoco al nostro cuore. Lasciamoci avvicinare da Gesù! Lasciamoci amare da Gesù!
XVI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Maestro, da te vogliamo vedere un segno”. Chi parla così sono i farisei. Essi chiedono a Gesù un segno, in forza del quale poter credere alla Sua parola. La fede, però, esige un diverso atteggiamento del cuore. Infatti, prima si crede e poi si vede. Quante volte Gesù opera i miracoli proprio in virtù della fede! Pensiamo alle porte scorrevoli di tanti nostri ambienti: si entra per quelle porte solo se ci si va contro. Altrimenti le porte non si aprono. Così è per il nostro rapporto con il Signore: in virtù della fede seguiamo la Sua parola e, proprio perché la seguiamo fidandoci, possiamo vedere i segni della potenza e dell’amore di Dio. Non vedere per credere, dunque; ma credere per vedere! “Venite e vedete”.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. Con questa parola, Gesù sembra dimostrarsi poco delicato nei confronti della Madonna. In realtà, proprio in questo testo evangelico, Maria è dichiarata madre in sommo grado. Nessuno come lei e più di lei, infatti, ha fatto la volontà di Dio. Nessuno come lei e più di lei si è abbandonata nella fede alla parola del Signore. In Maria, pertanto, è l’esempio più alto di ascolto e obbedienza della Parola di Dio. In lei, inoltre, vi è l’esperienza di una duplice maternità, in relazione al Figlio di Dio fatto uomo: quella fisica e quella spirituale. Davvero straordinario è il posto della Madonna nella storia della salvezza.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia”. In questo modo l’evangelista introduce il racconto della parabola del seminatore. Gesù vede tanta folla radunarsi. Senz’altro quella folla è animata da entusiasmo. Il Signore, però, sa che l’entusiasmo di un momento non basta per vivere realmente la chiamata a seguirlo. È necessaria la perseveranza fedele di ogni giorno, l’ascolto attento e quotidiano della Sua parola. Per questo racconta la parabola del seminatore e il destino del seme che cade nel terreno. Anche noi, oggi, siamo chiamati a essere quel terreno buono, che rimane con fedeltà alla presenza del Signore e nell’ascolto della Sua voce. Allora davvero saremo Suoi discepoli.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano”. Nelle parole di Gesù è proclamata la beatitudine di coloro che finalmente possono vedere e ascoltare il Salvatore desiderato. È finito il tempo dell’attesa, è iniziato il tempo del compimento. Questo tempo è il nostro, questa è la pienezza dei tempi. Pertanto siamo davvero beati: perché possiamo vedere e ascoltare il Signore. Una tale beatitudine, però, è solo inizio e anticipo di quella beatitudine che avremo in paradiso, quando la fede lascerà il posto alla visione. Siamo fatti per il paradiso! Non dobbiamo mai dimenticarlo. Santi Gioacchino e Anna, pregate per noi
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore”. Conosciamo il seguito. Il Signore elenca diversi tipi di terreno. Molti di questi non sono in grado di far fruttare bene e a lungo il seme che è stato gettato: la strada, il terreno sassoso, i rovi. Finalmente vi è anche un terreno buono, nel quale il seme caduto porta frutto abbondante. Ciascuno di noi è chiamato a verificare quale tipo di terreno lo caratterizza di più, in relazione alla Parola che Dio ci rivolge e al dono della fede che Egli ci dona. La parabola, infatti, ci parla di una responsabilità che ciascuno di noi ha: perché la Parola di Dio che ascoltiamo trasformi la nostra vita e perché la Fede che ci è donata cresca sempre di più e sia il nostro nuovo modo di pensare.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: IL regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania”. Le parole di Gesù sottolineano la realtà di questo mondo, teatro di una lotta tra bene e male, tra ciò che è da Dio e ciò che non è da Dio. Così è fin dalle origini, dal momento dell’ingresso del peccato nella vita umana. Da allora un combattimento è sempre all’ordine del giorno. Si tratta di un combattimento che avviene fuori dall’uomo dove si fronteggiano le forze del bene e quelle del male, ma anche e ancor prima di un combattimento che avviene nel cuore dell’uomo. Lì, infatti, crescono insieme il buon seme e la zizzania. Sappiamo, nella fede, che il combattimento è già vinto nel Signore Gesù morto e risorto per la nostra salvezza. Ma ciascuno di noi è chiamato a entrare in comunione con la Sua vita per fare propria anche la sua vittoria.
XVII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Matteo: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero”. Nella parabola raccontata dal Signore osserviamo l’accostamento tra ciò che è molto piccolo e ciò che è molto grande. Ma è proprio il molto piccolo che diviene molto grande. Così è nel Regno di Dio. La sua grandezza viene edificata attraverso il nostro piccolo quotidiano vissuto nella volontà del Signore. Allora, questo piccolo diventa artefice della crescita del Regno de Signore nella storia. Anche oggi, ogni piccola cosa della nostra giornata sarà grande, se vissuta con il Signore e per il Signore.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. IL Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che hanno commesso iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro”. Il termine “risplendere” ha la capacità di comunicare qualcosa di ciò che sarà al di là di questo tempo nell’eternità di Dio. L’eredità dei giusti, infatti, consisterà nella contemplazione della luce infinita dell’amore di Dio, capace di saziare senza fine il cuore umano. Quella luce si rifletterà sul volto dei giusti, che risplenderanno della vita stessa di Dio e del suo amore. Come ascoltiamo nel libro dell’Apocalisse: “Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né d luce di sole perché il Signore Dio li illuminerà”.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. In questa breve parabola Gesù illustra una dimensione centrale del regno di Dio. Anzitutto il regno di Dio è un “tesoro”. E lo è perché si presenta a noi come il tesoro vero della vita, quello a motivo del quale la vita è salvata e ha un significato nel disegno dell’amore di Dio. In secondo luogo, il regno di Dio è ciò per cui vale la pena lasciare ogni altra cosa per potervi entrare e sperimentare la vera gioia. Ma ora si pone una domanda: il regno dei cieli di cui parla il Signore ha una dimensione personale? La risposta è sì. Il regno dei cieli, infatti, è Gesù stesso, il Figlio di Dio fatto uomo per noi e per la nostra salvezza, rivelazione definitiva del volto del Padre. È lui, Gesù, il vero tesoro della vita! È lui, Gesù, colui per il quale vale la pena lasciare tutto con gioia per entrare nella vera gioia.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: In quel tempo, Gesù disse alla folla: Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo”. La parabola raccontata da Gesù sottolinea, anzitutto, come la salvezza sia donata a tutti, senza riserve. La rete gettata nel mare raccoglie, infatti, ogni genere di pesci. Ma la salvezza è un dono inestimabile che chiede di essere accolto. L’abbraccio di Dio comporta la decisione sincera dell’uomo di rigettare il male e fare il bene. Questa “separazione” anticipa nel tempo ciò che sarà alla fine del tempo, quando della nostra vita rimarrà ciò che abbiamo vissuto in Dio, con Lui e per Lui. Speriamo il Paradiso! E intanto operiamo, con la grazia di Dio, per vivere da prossimi abitanti del Paradiso.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname?”. Il termine patria, che troviamo all’inizio del brano, lo ritroviamo anche alla fine dello stesso brano. Gesù, infatti, parla così: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. Nelle parole di Gesù, a “patria” si aggiunge la “propria casa”, a sottolineare una relazione di grande vicinanza. In effetti, può capitare che la vicinanza al Signore divenga motivo di scandalo e incredulità. Non capita, forse, anche noi di non stupirci più della parola e della presenza del Signore nella nostra vita? Non capita anche a noi di non riconoscere il Signore che, risorto, vive e opera accanto a noi? Chiediamo la grazia di conservare e accrescere lo sguardo limpido della fede.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: Non ti è lecito tenerla con te!”. Il Battista si presenta a noi, anche in questa pagina evangelica, come il vero profeta. Egli, infatti, parla con coraggio facendo risuonare, per il tramite della sua voce, la parola di Dio. E non si tira indietro, neppure di fronte ai potenti, neppure quando a rischio è la sua stessa vita. Giovanni, considerando ogni cosa dal punto di vista di Dio, emette un giudizio, non per condannare ma per salvare. La sua parola, che pare dura e forte, in realtà in quanto vera, è una parola di autentico amore, che indica la via della vita e non della morte, della verità che riempie il cuore e non della menzogna che deruba il cuore della pace e della gioia. Il Signore ci doni la grazia di essere veri profeti.
XVIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Dopo che la fola ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo”. Spesso i vangeli raccontano che Gesù passava lungo tempo raccolto in preghiera. Di notte o di giorno, ascoltiamo che il Signore si appartava in luoghi per sostare alla presenza del Padre e in dialogo con Lui. Al di là di altre possibili considerazioni, il comportamento di Gesù è per tutti noi esemplare. Ci ricorda che la preghiera è il cuore della vita di fede. Ne è il cuore in quanto dialogo di noi con Dio, tempo forte del nostro rimanere alla presenza del Signore, spazio necessario perché tutta la vita possa essere un cammino di corrispondenza sempre più integrale e fedele alla volontà di Dio. Domandiamoci: “Quali sono i tempi della giornata nei quali mi dedico alla preghiera?”.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Ed egli rispose: Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare!”. Al termine di un serrato dialogo con farisei e scribi, in merito al tema del puro e dell’impuro, Gesù si rivolge così ai discepoli, con l’intento di istruirli. Tutto ciò che non viene da Dio è destinato a perire. La parola di Gesù, nel merito, riguarda le distinzioni artificiose tra il puro e l’impuro fatte da scribi e farisei; ma, più in generale, riguarda tutto ciò che è solo prodotto umano senza alcun riferimento a Dio. Solo ciò che è da Dio rimane ed è importante davvero. Tutto il resto è destinato alla rovina. E’ importante ricordare queste parole evangeliche, soprattutto quando anche noi siamo tentati di dare tanto peso a ciò che, invece, non ne ha; quando corriamo il rischio di vivere per ciò che non è Dio e non viene da Lui, sprecando la vita in realtà che, se non sono in opposizione alla volontà di Dio, perlomeno sono dl tutto secondarie e caduche. Domandiamoci, di tanto in tanto, per che cosa e per chi spendiamo la vita l’esistenza e ogni nostra giornata.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola”. L’atteggiamento di Gesù ci sorprende. Perché non rivolge la parola a quella donna cananea che, con tanta fiducia, gli chiede di intervenire a favore della figlia? La risposta la abbiamo nel prosieguo del racconto. La donna, infatti, continua a rivolgersi al Signore, dimostrando così una fede ancora più grande. Ed è proprio questa fede che Gesù ammira e a motivo della quale opera la guarigione della figlia. In tal modo siamo invitati a guardare alla donna del Vangelo per imitarne la fede, rinnovando la nostra certezza nell’amore del Signore, che mai ci abbandona nel cammino della vita.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»”. Pietro risponde a Gesù proclamando, a nome anche degli altri apostoli, la propria fede. La sua parola appare ineccepibile. Eppure, in Pietro, a ciò che viene espresso con le labbra non fa ancora seguito un’effettiva conoscenza del Signore. Egli pensa di conoscere Gesù, ma ancora non lo conosce davvero. E così, ecco la conclusione del dialogo: “Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»”. Gesù si rivolge con queste Parola a Pietro, in quanto l’apostolo non accetta che il Messia possa conoscere la passione e la morte, non ha ancora capito il mistero dell’amore di Dio. Quante volte anche noi non conosciamo davvero il Signore?
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuol salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia la troverà”. In questo apparente paradosso sta una grande verità della vita. È solo nel dono che l’uomo trova pienamente se stesso. Dio è Amore. E l’uomo, creato a Sua immagine, ha scolpito nel cuore l’amore come legge della sua esistenza. Cercare sé stessi e vivere nell’egoismo significa andare contro questa legge scritta nel cuore e, pertanto, perdere sé stessi. Donandosi, invece, l’uomo risponde al grido più profondo che risuona nella propria intimità: un grido la cui parola è amore, dimenticanza di sé, offerta della propria vita. In Gesù tutto questo si rende visibile al massimo grado. Vivere di Gesù è vivere nell’amore e di amore, è salvare e trovare la propria vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo? Ed egli rispose loro: Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avete fede pari a un granellino di senape, direte a questo monte: Spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile”. La parola rivota da Gesù ai discepoli ci interpella molto, come deve aver interpellato molto gli stessi discepoli. Basterebbe la fede grande quanto un granellino di senape per rendere possibile l’impossibile. La domanda sorge spontanea: qual è la mia fede? E, soprattutto, quanto è grande la mia fede. La fede in quanto contenuto e la fede in quanto affidamento al Signore; la fede in quanto conoscenza delle cose di Dio e la fede in quanto fiducia incondizionata all’amore del Signore. Ricordiamo la parola di Gesù: “Nulla vi sarà impossibile”. Allora preghiamo perché aumenti la nostra fede.
XIX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “E Gesù replicò: Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te”. Le parole di Gesù concludono il dialogo con Pietro, a seguito della richiesta del pagamento della tassa per il tempio da parte di alcuni incaricati della riscossione. L’assoggettarsi del Signore a quanto richiesto avviene dopo che Egli ha preannunciato i giorni della Sua Passione, Morte e Risurrezione. Quelle parole, pertanto, sono da capire alla luce di tale predizione. In Gesù, Dio entra davvero nella storia umana, nella nostra storia, la vive e la fa Sua perché tutto, di questa storia, possa essere riscattato dal non senso e reso santo e santificante.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?”. La domanda di Gesù nasconde un paradosso. Quale pastore accorto, infatti, lascerebbe un intero gregge per andare alla ricerca dell’unica pecora che si è smarrita, con il rischio di perdere le altre 99? Alla domanda del Signore, in effetti, bisognerebbe rispondere di no, stando alla logica umana. Ma l’immagine evangelica intende trasmettere tutta la bellezza del volto di Dio, per il quale ciascuno è tutto l’interesse del Suo Cuore. Egli, davvero, ama ciascuno come fosse l’unico. Questo è l’amore stupendo che avvolge la nostra vita. Dio è tutto per me! Solo a dirlo e a pensarlo si rimane meravigliati. Ma la notizia stupenda è che questa è la verità della nostra fede.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello”. Le parole di Gesù entrano nel concreto della nostra vita e delle nostre relazioni. E lo fanno nel segno della carità più grande. Come cambierebbe il clima dei nostri rapporti, sia quelli personali che familiari o comunitari, se davvero avessimo a cuore il bene dell’altro al punto da richiamarlo con amore a motivo dello sbaglio che ci pare egli abbia compiuto. Spesso, purtroppo, saltiamo questo passaggio di carità, coltivando inimicizia nel cuore o mettendo in evidenza con altri la colpa osservata o patita. La preghiera, nella quale ascoltiamo la parola di Gesù e assimilano i sentimenti del Suo Cuore, ci aiuti a vivere con gioia un amore più grande, l’amore stesso di Dio.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. A questa domanda di Pietro, Gesù risponde: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”. Con questa risposta il Signore indica a Pietro e a tutti noi la via di un perdono incondizionato, segno di un cuore che si fa simile al Suo stesso Cuore divino. Chi perdona, infatti, senza riserve e’ anzitutto Dio. E noi siamo il termine di un tale perdono; tanto che la nostra più vera identità è proprio quella di essere perdonati. È a partire da questa personale esperienza che diventiamo capaci di perdonare con il cuore in mano. Forse anche ora portiamo il peso di qualche perdono non offerto. La parola di Gesù ci sia di aiuto; e la Sua grazia spalanchi il nostro cuore a una parola o a un gesto di perdono e di misericordia.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Gesù replica così ad alcuni farisei che lo interrogano in merito al matrimonio e alla possibilità di ripudio da parte del marito nei confronti della moglie. Nelle parole di Gesù, considerate nell’intera pagina evangelica, traspare la bellezza della verità insieme alla amabilità della comprensione. Gesù non diminuisce in nulla la verità sull’amore umano, ma anche mostra la capacità di accompagnamento paziente tipica del Cuore di Dio. Non vi e’ una gradualità della legge ma vi è una legge della gradualità, mediante la quale l’uomo è preso per mano e condotto verso le altezze del vero bene e dell’autentica libertà felice. Così il Signore fa con noi ogni giorno della nostra vita. Così noi siamo chiamati a fare con i nostri fratelli nell’annuncio del Vangelo.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal vangelo di san Matteo: “In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono”. Anche in questa pagina evangelica i discepoli appaiono ancora in cammino nella comprensione del mistero del Signore e della vita nuova in Lui. I bambini, ai loro occhi, non devono avvicinare il Signore, quasi che la loro presenza sia insignificante e possa fare perdere tempo al Maestro. In realtà, proprio quei bambini sono al centro dell’attenzione del Signore: sia perché sono piccoli, sia perché rappresentano al vivo la condizione di coloro a cui appartiene il regno dei cieli. Anche noi, come i discepoli, siamo ancora in cammino nella comprensione sempre più piena dell’annuncio evangelico. I nostri occhi e il nostro cuore devono ancora aprirsi all’accoglienza dei piccoli, in quanto presenza di Gesù in mezzo a noi, e alla contemplazione dei piccoli al fine di tenere viva la memoria di ciò a cui tutti siamo chiamati per essere nel Cuore di Dio.
XX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?”. Un tale, di cui ci parla il Vangelo di Matteo, pone al Signore questa domanda. Alla richiesta del Signore di seguirlo, lasciando dietro di sé tutto ciò che aveva, quel tale si tirò indietro. E fu triste. Ma la domanda iniziale è molto bella. Essa dovrebbe risuonare sulle nostre labbra all’inizio di ogni giornata. Sarebbe il modo migliore per disporre la nostra vita secondo la volontà di Dio. Proviamo, ad ogni nostro risveglio, a presentare al Signore la domanda evangelica: “Oggi, Signore, che cosa devo fare per avere la vita eterna? Che cosa devo fare per seguirti ad ogni passo, in ogni decisione?”. Questa domanda ci aiuterà a ricercare sempre e in tutto la piena conformità della nostra vita al Cuore di Gesù.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Matteo: “Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. La parola del Signore è molto forte. Ci chiediamo: chi è ricco? Siamo subito tentati di pensare che il ricco sia colui che ha molto beni. A volte è così. La povertà a cui si riferisce Gesù, però, è anzitutto quella che è tipica di chi non avverte di essere bisognoso, di dipendere da Dio e dagli altri. Questa cattiva ricchezza del cuore impedisce l’ingresso nel Regno di Dio, perché impedisce di dire al Signore: “Io ho bisogno di Te”. Vivere il distacco dalle cose materiali, spesso aiuta ad avvertire il bisogno come dimensione fondamentale della vita. Ecco, pertanto, l’importanza dell’esercizio del distacco dai beni, della penitenza, del digiuno: ci fanno vivere quella povertà spirituale che è prerogativa necessaria per l’ingresso nel Regno dei Cieli.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangeli di san Matteo: “Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”. Sono queste le parole con le quali Gesù conclude il racconto della parabola del padrone della vigna, che chiama gli operai alle diverse ore della giornata. Queste parole ci introducono in un criterio diverso di giudicare la vita e le vicende umane. Agli occhi di Dio, infatti, spesso ciò che appare primo per il mondo, in verità è ultimo. E ciò che appare ultimo, in verità è primo. La fede è esattamente anche questa capacità nuova di vedere tutte le cose: non come le vede il mondo, ma come le vede Dio. A cominciare da quelle che riguardano noi e la nostra vita, per continuare con quelle che riguardano gli altri e la loro vita. Certo, in Paradiso avremo tante sorprese! Perché non sperimentare già da ora la gioia dello sguardo del Paradiso?
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal Vangelo di san Matteo: “Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Gesù racconta una parabola per illustrare il mistero del regno dei cieli. Il paragone usato è quello del banchetto di nozze, a cui molti sono invitati. C’è una grande festa ad attenderli; eppure, gli invitati rifiutano di andare al banchetto. Quel rifiuto assomiglia tanto ai nostri rifiuti, piccoli e grandi, che opponiamo al Signore che ci invita a seguirlo e a stare con Lui. Questo, forse, capita perché non viviamo la fede per quello che è: non un dovere che pesa sulle nostre spalle, ma un dono che riempie il cuore di gioia. La fede è proprio la festa di nozze dell’amore di Dio che si dona a noi. Perché rimandare? Perché rifiutare? Rispondere sì al Signore che invita significa trovare la Vita.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangeli di san Matteo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Gesù, rispondendo al fariseo che lo interroga in merito al grande Comandamento della Legge, conclude la Sua risposta mettendo in luce l’amore del prossimo come necessario completamento dell’amore di Dio. Ciò che richiama l’attenzione e’ il fatto che l’amore del prossimo viene ancorato all’amore per se stessi. In questo senso, nel vivere il comandamento dell’amore, siamo chiamati a interrogarci sempre su che cosa vorremmo fosse fatto a noi. L’amore per se stessi diviene, così, la misura dell’amore per il prossimo. Durante la giornata proviamo ad adottare con fedeltà questa misura nelle relazioni reciproche, ascoltando la voce di Gesù che ci dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno”. La parola di Gesù riguarda gli scribi e i farisei della Sua epoca. Ma ancora oggi sono attualissime. Non soltanto in quanto rivolte ai pastori, ma anche in quanto rivolte a tutti noi che siamo cristiani. Tante volte, infatti, diciamo con la parola ma non agiamo di conseguenza. In tante occasioni proclamiamo la nostra fede, senza poi vivere con coerenza o perlomeno con l’impegno a essere coerenti. Vale la pena ricordare ciò che affermava il santo Papa Paolo VI: “La gente ha certo bisogno di maestri, ma ancor più di maestri che siano anche testimoni”. Chiediamo la grazia di essere autentici testimoni del Signore e del Suo Vangelo. Chiediamo la grazia di essere maestri che insegnano prima di tutto con la vita.
XXI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”. La parola di Gesù è dura. Scribi e farisei, infatti, avevano piegato la legge di Mosè al loro egoismo e al loro attaccamento al denaro. Erano, ormai, entrati nella logica di un compromesso tra le esigenze della legge di Dio e i criteri tipici della mondanità. In questo compromesso, che è anche una grande mediocrità, consisteva la loro ipocrisia. Non riconoscevano come malata la loro condizione spirituale e, anzi, cercavano di giustificarla in ogni modo. L’esperienza di scribi e farisei dell’epoca di Gesù attraversa ogni epoca della storia, infettando l’autenticità vita di fede. Ecco il motivo per cui siamo invitati a fare un esame di coscienza. Viviamo anche noi una sorta di compromesso tra le esigenze del Vangelo e lo spirito del mondo? Cerchiamo anche noi di giustificare la nostra mediocrità invece di chiedere con umiltà perdono al Signore?
Martedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Matteo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!”. Queste parole del Signore ci raggiungono come una sferzata dolorosa. La possibilità dell’ipocrisia, infatti, è sempre in agguato nella nostra vita. Tanto abbiamo a cuore l’apparenza e il giudizio altrui che, a volte, rischia di venire meno l’attenzione intorno alla verità della nostra vita, quella scritta nel cuore, nei pensieri nascosti, nelle intenzioni coltivate, nei progetti pensati. Dio vede a quella profondità. Ed è a quella profondità che dobbiamo sopratutto fare attenzione. Ripetiamoci spesso la domanda: “Che cosa Dio dice di me?”. Ci aiuterà a superare la tentazione di vivere adagiati su quell’apparenza che tante volte inganna.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità”. Le parole usate da Gesù sono dure. Mettono in evidenza una piaga presente tra gli scribi e i farisei, ma anche purtroppo sempre ricorrente come possibilità nella vita di tutti. Anche per noi, infatti, si ripropone la tentazione della doppia appartenenza: una esteriore e l’altra interiore. La prima apparentemente autentica; la seconda del tutto o in parte non corrispondente a quanto appare. Può capitare di vivere come due vite parallele, apparendo di Cristo senza esserlo veramente nella realtà concreta dell’esistenza. Chiediamo la grazia di un’adesione vera e integrale al Signore Gesù.
Giovedì
“Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Matteo: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. L’invito del Signore a essere vigilanti, certamente riguarda la Sua visita alla fine della vita. Ma il richiamo evangelico alla vigilanza riguarda anche la vita quotidiana, perché la visita del Signore è per noi esperienza di ogni giorno. Nel Suo amore senza limiti, infatti, Gesù non si stanca di visitarci. È una Sua visita la Parola di Dio che ascoltiamo! È una Sua visita l’Eucaristia che celebriamo e adoriamo! È una Sua visita il fratello e la sorella che incontriamo! È una Sua visita l’ispirazione interiore che ci muove al bene! È una Sua visita la vita stessa, con tutto ciò che essa ci riserva. Se vigiliamo e accogliamo ogni giorno la visita del Signore, saremo anche pronti a entrare nell’abbraccio eterno di Dio alla fine della nostra vicenda terrena.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi”. In queste parole di Gesù riconosciamo la parabola delle vergini sagge e stolte che attendono l’arrivo dello sposo. Anzitutto, ci viene ricordato che il Regno dei cieli trova una simbologia significativa nella relazione sponsale: la vita cristiana, infatti, è anzitutto un rapporto di amore con il Signore, un “tu a Tu” che coinvolge per intero la vita. Ma nella parabola ci è anche ricordata la necessità di custodire l’olio nei piccoli vasi che siamo noi. Quest’olio è la fede resa operosa dalla carità. Quando custodiamo con cura quest’olio allora siamo vigilanti e valgono per noi le stupende parole evangeliche: “Le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze”.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra”. Con queste parole, uno dei servi risponde al padrone che, nella parabola raccontata da Gesù, torna a casa da un lungo viaggio e chiede conto ai suoi servi dei talenti che aveva loro consegnato prima di partire. In quel talento dobbiamo vedere ciò che di più prezioso Dio ci ha donato: la fede. Di conseguenza, nascondere il talento significa, per pigrizia, non crescere nella fede e, per paura, non esserne testimoni appassionati nel mondo. Coltivare il talento della fede significa, invece, correre nella via della santità con crescente gioia e determinazione. Allo stesso tempo, significa stare nel mondo come annunciatori coraggiosi di Gesù e del Suo Vangelo.
XXII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Da poco Gesù ha terminato la lettura del testo della Legge. Coloro che hanno ascoltato guardano verso di lui con straordinaria attenzione e intensità. Vi è come l’attesa di ciò che Gesù dirà, di ciò che sta per accadere. Quanto avviene nella sinagoga di Nazaret deve essere un richiamo per noi: la stessa attenzione intensa possa caratterizzare anche il nostro ascolto quotidiano della parola di Dio. I nostri occhi siano sempre fissi su Gesù, per entrare nella Sua intimità, per essere pronti a ogni Suo cenno, per vivere così una relazione autentica di amore ricco di entusiasmo. Rimaniamo per tutto il giorno con gli occhi fissi su Gesù! Quale altro interesse può distoglierci da quel Volto divino che ama e che salva?
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?”. La voce che esce dall’uomo posseduto e che si indirizza con violenza contro Gesù è l’eco di una voce che risuona a volte anche nel nostro cuore. È una voce cattiva e nemica della nostra vita e della nostra vera gioia. Vuole farci credere che Gesù sia di peso e di intralcio nel nostro cammino. Vuole farci intendere che il Signore sia un ingombro nella ricerca della nostra realizzazione. Il menzognero si fa voce menzognera dentro di noi e tenta di sviarci. In quei momenti lasciamo che risuoni in noi la parola di Gesù: “Taci! Esci!”. Faremo l’esperienza della forza e della grazia di quella Parola, che mette a tacere la voce menzognera e ci riconduce alla verità dell’amore del Signore per noi.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.”. Quanto ci è raccontato dell’evangelista avviene nella casa di Pietro. Appena prima, Gesù ne ha visitato la suocera in preda alla febbre, ridonandole la salute. Il Signore non passa mai oltre! È questo che siamo chiamati oggi a considerare. Anche perché quel Gesù che non passa mai oltre le miserie umane vuole continuare in noi a non passare oltre, prolungando nell’oggi il Suo dono d’amore senza riserve e crocifisso. Non passare oltre i bisogni umani, spirituali, morali e materiali, è per noi esigenza di conformazione a Cristo. Essere di Cristo significa questo: lasciare che Egli viva in noi e attraverso di noi il Suo amore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda”. La parola evangelica ci invita a entrare dentro lo sguardo del Signore. Uno sguardo unico, straordinario, divino. Perché va oltre l’immediato e il visibile e squarcia il velo che separa della piena verità secondo Dio. Siamo chiamati a vivere alla luce di quello sguardo di verità, sempre! Siamo chiamati a vivere alla luce di quello sguardo, che è sguardo di amore di misericordia infinita. Gesù vede due barche. Ma nelle barche già contempla il mistero della Chiesa. Gesù vede la nostra vita, e già vi contempla il capolavoro di santità che Dio desidera per ciascuno di noi. Lasciamoci guardare da Gesù! Lasciamoci trasformare in profondità dallo sguardo di Gesù! Leggiamo la nostra vita nella bellezza di quello sguardo.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?”. Gesù risponde così a quegli scribi e farisei che avevano da ridire sul fatto che i Suoi discepoli non digiunassero. In tal modo Gesù non nega l’importanza del digiuno, ma lo pone in relazione a ciò che costituisce il cuore della vita di fede: Lui, lo Sposo! Su questo è necessario interrogarsi. È proprio vero che al centro della mia vita sta Gesù? Posso dire che la mia fede è anzitutto adesione personale di amore a Gesù? Si vede che la presenza di Gesù risorto è ciò che dona senso alle mie giornate? Può accadere di vivere una fede cristiana senza Cristo. Può capitare di confondere la fede con un ideale, un insieme di norme, un programma di vita. Tutto questo è vero, ma sempre e solo come conseguenza di un incontro di amore che cambia la vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?”. La domanda dei farisei rivela una loro grande mancanza: sono attirati più dal comportamento dei discepoli che dalla persona del Signore. È quanto capita anche a noi quando siamo attratti dal peccato degli uomini di Chiesa a tal punto da smarrire l’attenzione e la centralità del Signore nella nostra vita. Anzi, a volte il peccato degli uomini rischia di diventare un alibi per rimanere noi stessi disimpegnati nel cammino della santità. In realtà ciò deve conquistare tutta la nostra attenzione è Gesù. Guardando Lui ci sarà più facile anche compatire e perdonare la debolezza e la caduta dei Suoi discepoli. Che poi sono anche le nostre.
XXIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal Vangelo di san Luca: “C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata”. Gesù, di sabato, entra nella sinagoga e si accorge di quest’uomo che ha la mano paralizzata. Sono due gli elementi per la nostra riflessione. Anzitutto, il Signore si accorge e mette al centro dell’attenzione di tutti il malato. In secondo luogo, Gesù opera la guarigione della mano paralizzata, aprendola. Guardando all’agire del Signore siamo invitati anche a noi ad accorgerci con attenzione di amore alle tante infermità spirituali e materiali che ci circondano, ponendole al centro del nostro cuore e del nostro impegno. Inoltre, siamo invitati a considerare con gioia ciò che opera il Signore nella vita di noi tutti: da paralizzati ci rende abili a vivere, non più chiusi in noi stessi, ma protesi nel dono.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio”. In questo modo l’evangelista Luca descrive la notte di Gesù, precedente alla chiamata dei Dodici apostoli. Sceso dal monte, infatti, il Signore scelse tra i discepoli coloro che sarebbero divenuti i suoi più immediati collaboratori nell’annuncio ddl Vangelo. Gesù trascorre una notte in solitudine e in preghiera. Spesso, nei vangeli, ci viene descritto questo aspetto abituale della Sua giornata. Per noi è un richiamo al primato della preghiera. Tutto deve sempre cominciare da Dio, tutto deve trovare ispirazione nel dialogo con il Signore. E la preghiera è così decisiva per la nostra vita che dobbiamo essere anche disposti a lasciare altro, a dedicare le ore della notte, a faticare un po’ perché mai venga meno la gioia dello “stare da soli con Dio”.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo”. Considerare le beatitudini significa ritrovare l’identità più vera del discepolo di Gesù. Chi sono, dunque, i discepoli, beati a cui appartiene il Regno di Dio? Coloro che, in quanto, privi di ricchezze, sanno riconoscere in Dio il vero tesoro. Coloro che, in quanto bisognosi di cibo, sanno riconoscere in Dio il nutrimento che dona sazietà. Coloro che, in quanto rattristati dalle cose della terra, sanno riconoscere in Dio l’autentica gioia. Coloro che, in quanto odiati, sanno riconoscere in Dio l’eterno amore. Coloro che, in quanto perseguitati, sanno riconoscere nella fede la vera bellezza della vita.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male… Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. Il testo evangelico non ha bisogno di particolare commento. Va preso alla lettera, anche perché vi troviamo indicazioni molto concrete di vita, in virtù delle quali poter vivere la radicalità dell’amore fraterno. Di tutto questo, però, vi è una radice: Dio stesso. È al Padre che dobbiamo guardare. Anzi, e’ la Sua stessa vita che siamo chiamati ad accogliere in noi, così che le nostre decisioni di ogni giorno ne possano essere un riflesso fedele. Dio ci chiama a tanto: vivere in Gesù la Sua stessa vita. Questa è la straordinaria e bellissima avventura della fede.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. Questa pagina evangelica può forse essere ancor meglio compresa ricordando un episodio della vita di santa Madre Teresa di Calcutta. Una volta me fu chiesto: “Madre, come può sentirsi a casa in una Chiesa con tanti scandali e peccati?”. La sua risposta fu semplice e disarmante: “Perché io sono lo scandalo è il peccato nella Chiesa, iniziamo io e lei a convertirci”. Ecco, da queste parole, che fanno eco al Vangelo, impariamo a ripartire sempre da noi stessi e dalla nostra conversione, nel cammino della fede.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. Il testo evangelico ci ricorda il primato del cuore nella vita della fede. Nel cuore, infatti, ovvero nel centro più intimo della nostra vita, risiede la radice del bene come anche del male. La bocca parla a partire dal cuore. Ogni nostro gesto esprime la realtà presente nel nostro cuore. L’opera della conversione, pertanto, consiste soprattutto nella purificazione del cuore, perché sempre più il Signore vi trovi la Sua dimora. Il cuore, dunque, va coltivato con cura e alimentato, nell’ascolto della parola di Dio e della Chiesa, vivendo alla presenza del Signore, Sole che illumina le profondità del nostro animo. La confessione frequente sarà mezzo prezioso per conservare il buon tesoro del cuore.
XXIV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito”. Sono queste le parole che il centurione romano rivolge a Gesù, dopo avergli chiesto aiuto a favore di un servo malato, prossimo alla morte. Il centurione esprime in tal modo una fede bellissima ed esemplare. Fede, infatti, significa per lui abbracciare la parola di Gesù con fiducia assoluta. Da quella Parola egli si lascia afferrare e condurre, senza alcun tentennamento. L’uomo del vangelo si presenta a noi come richiamo a una fede autentica: siamo chiamati ad abbracciare la parola di Dio con confidenza totale, lasciandoci portare da essa, certi della sua promessa di Vita.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla”. La città di Nain è in lutto: da poco è morto un ragazzo, figlio unico di madre vedova. Stanno trasportando la sua bara in un clima di grande tristezza. Gesù entra in città e osserva la scena. Vede anche la povera mamma. Prova grande compassione. Si avvicina al ragazzo e pronuncia la parola della risurrezione: “Ragazzo, dico a te, alzati!”. Il morto torna alla vita. Il racconto evangelico ci conquista. E ci ricorda che la presenza del Signore nella nostra vita, nella nostra famiglia, nella nostra città e nel nostro mondo è sempre portatrice di Vita. Laddove, invece, la Sua presenza viene meno non può che trionfare una cultura di morte, triste e senza speranza.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. Queste parole di Gesù sottolineano, da parte di coloro che ascoltano la voce del Signore, la resistenza ad accoglierne la parola e a viverla. Essi trovano sempre una scusa per sottrarsi alla volontà di Dio. Tra costoro vi siamo anche noi, spesso pronti di rimandare l’accoglienza della parola evangelica e capaci di impoverirne la ricchezza per il timore che possa esigere troppo da noi. Viviamo come in mezzo a un guado: divisi tra Dio e il mondo. Chiediamo la grazia di attraversare il guado per approdare alla sponda di Dio.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo”. Soffermarsi sui gesti della donna peccatrice del Vangelo diventa per noi una vera e propria sfida spirituale. Quella donna è stata accolta, perdonata e amata da Gesù. Perché? Perché ha vissuto un eccesso di amore per Lui. Non ha fatto calcoli, non è stata misurata, non ha avuto timore di nulla e di nessuno pur di manifestare il proprio amore per il Signore. Quanto calcoli, invece, nel nostro amore! Chiediamo la grazia di vivere sempre l’eccesso dell’amore.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio”. Le parole dell’evangelista fanno parte di un breve sommario, collocato all’interno del racconto della vita del Signore. Nel Vangelo ve ne sono diversi. E tutti sono importanti. In quello odierno risalta, tra l’altro, la dimensione feriale della predicazione di Gesù e dell’annuncio della buona notizia del regno di Dio. È lungo la strada che si realizzano incontri di salvezza. Questo, da una parte, ci ricorda che il Signore opera così anche con noi: la vita quotidiana è luogo del nostro incontro con la Sua presenza d’amore. D’altra parte, ci viene anche ricordato che lungo il cammino di ogni nostra giornata, in ogni relazione che viviamo siamo chiamati a rendere testimonianza della risurrezione di Gesù.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Il seminatore uscì a seminare”. Inizia così la parabola raccontata da Gesù. Spesso la nostra attenzione indugia sui diversi tipi di terreno sui quali cade il seme. Ma è anche bello soffermarsi a considerare l’atto del seminare. Il seminatore, infatti, non teme di sprecare i semi che ha a disposizione. Li getta sul terreno, anche se troveranno un terreno non ben disposto ad accoglierli. Così il seminatore è il segno della prodigalità di Dio, che non si risparmia nel donarci ogni cosa e, sopratutto, sé stesso. D’altra parte, nel seminatore dobbiamo anche ritrovare ciò che siamo chiamati a vivere noi: la realtà di un dono d’amore che non si risparmia, a immagine del nostro Signore e Salvatore. Contempliamo, dunque, la bellezza del volto di Dio! E consideriamo la nostra chiamata a essere riflesso della Sua bellezza d’amore.
XXV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce”. Queste parole di Gesù, che ascoltiamo nel Vangelo di san Luca, richiamano una grazia e una responsabilità tipiche della vita cristiana. Cristiano, infatti, è colui che ha incontrato Gesù, la Luce del mondo, ricevendo la grazia e la responsabilità di divenire riflesso di quella Luce in mezzo ai fratelli. È anzitutto una grazia, per la quale essere nella gioia: abbiamo con noi la Luce e possiamo donarla. È, poi, anche una responsabilità, in quanto il Signore affida a noi questo compito, che nessun altro può adempiere. Illuminati, dunque, illuminiamo, con la parola e con la vita! Resi luminosi dal Signore Gesù, portiamo la Sua luce in oggi angolo della nostra terra!
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. Con queste parole Gesù inaugura una nuova storia nelle relazioni tra l’uomo e Dio. La via della vera familiarità con Lui, infatti, consiste nell’ascolto attento della Sua parola e nella pratica fedele e generosa di questa stessa parola. L’intimità di vita con il Signore si realizza a partire da qui, perché questa intimità è una comunione di cuori e di volontà, una progressiva crescita nell’appartenenza d’amore. Disponiamoci, pertanto, all’ascolto quotidiano e ripetuto della parola di Gesù; accresciamo il desiderio di vivere con coerenza quanto abbiamo ascoltato con fede; chiediamo la grazia di saper sempre rimanere ancorati saldamente a questa parola di salvezza, autentica “bussola della vita”.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi”. Il mandato di Gesù agli apostoli riguarda la guarigione dal peccato e la salute dalle infermità. L’annuncio del Vangelo comporta anche sempre una promozione integrale della nostra umanità. In effetti, laddove è accolto il Signore trova pienezza di senso tutta intera la nostra vita. Il primo grande dono, pertanto, che siamo chiamati a fare ai nostri fratelli è proprio l’annuncio del Vangelo, che è salvezza e pienezza di vita. Il gesto della carità si accompagnerà sempre all’annuncio di Gesù Salvatore, ma mai dovrà sostituirlo. “Guai a me – direbbe San Paolo – se non predicassi il Vangelo”.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare”. A Erode parlano di Gesù come di un Giovanni risorto, o di un nuovo Elia, o di un antico profeta ritornato alla vita. E non sa che cosa pensare, è confuso. La confusione di Erode esprime bene l’incapacità a capire la vita e i fatti della vita, tipico di chi non ha la fede. La fede, infatti, è una capacità nuova di pensare, un criterio nuovo di giudizio che mette in sintonia con il pensiero e il giudizio di Dio. E per questo offre la luce per entrare nel significato vero della vita e di ogni suo avvenimento. Altrimenti, come dice Qoelet: “Vanità delle vanità: tutto è vanità”. Altro, senza la fede, non è possibile dire. Grazie a Dio per il dono della fede! E operiamo per annunciare la bellezza della fede a tutti.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio”. Il dialogo tra Gesù e Pietro ci conduce al cuore della fede. Già l’interrogativo si presenta come decisivo. Il Signore, infatti, non si accontenta di risposte vaghe ed evasive. Interpella direttamente gli interlocutori perché prendano posizione verso di Lui. Davanti a Gesù non si può rimanere neutrali o distaccati: è necessario decidere. Pietro lo fa e pronuncia la splendida professione di fede che è anche la nostra. Meditiamola a lungo. Gesù è il Messia, l’atteso e il Salvatore. Riconoscerlo come tale significa donargli la vita senza riserve. Possa essere il nostro rapporto con lui ispirato da un amore che coinvolge del tutto la nostra esistenza. Perché Cristo è la nostra Vita, Cristo è tutto per noi, Cristo è il senso di ogni cosa.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini»”. È interessante sottolineare il fatto che Gesù parli della Passione che lo attende proprio nel momento in cui tutti lo ammirano. Poco prima Pietro ha confessato con prontezza la propria fede: “Gesù è il Cristo”, l’Atteso. Ma a seguito di questa professione, il Signore mette in chiaro la propria vera identità di Messia e Salvatore. Egli è Salvatore per vie inattese e sorprendenti. La Sua non sarà un’opera di potenza umana, ma di potenza che stupisce, perché è potenza della Croce, potenza dell’amore senza misura. Come i discepoli di allora, anche noi oggi siamo invitati nel metterci bene a mente questa verità su Dio e a vivere di conseguenza.
XXVI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande»”. Gesù sconvolge i criteri abituali per definire la vera grandezza. Diviene grande agli occhi di Dio ciò che appare piccolo agli occhi del mondo. Ecco perché Egli si serve dell’immagine del bambino. A questa immagine dobbiamo tutti rimanere ben ancorati, se non vogliamo perdere di vista il pensiero di Dio. Anche noi, a volte, come i discepoli, facciamo fatica ad accogliere questo pensiero. È il cammino della conversione, nel quale la parola del Signore opera una radicale trasformazione della mente e del cuore.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé”. Gesù è deciso e si incammina verso Gerusalemme. La Sua decisione irremovibile ha a che fare con l’adesione alla volontà del Padre: il disegno di salvezza deve compiersi quanto prima. Dalla ferma decisione di Gesù ci sentiamo interpellati. Anche noi, infatti, siamo chiamati a essere fermi nella volontà di aderire con prontezza ai disegni di Dio sulla nostra vita. Al mattino il nostro volto dovrebbe esprimere la fermezza della nostra decisione, espressa dalla nostra preghiera: “Eccomi, Signore, per fare in tutto la tua volontà”. Anche noi mettiamoci in cammino con Gesù verso Gerusalemme! Anche noi rimaniamo sempre fedeli alla volontà di Dio.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»”. Questo dialogo vocazionale è il primo di una sequenza che ne comprende altri due. Tutti e tre hanno la stessa dinamica: alla richiesta di sequela, Gesù risponde invitando a lasciare tutto senza mettere condizioni. Siamo interpellati, perché l’assenza di condizioni implica un affidarsi fiducioso al Signore e al Suo amore. E questo affidarsi è l’unico atteggiamento che sai degno di Dio e della Sua parola. Quando Dio parla, infatti, tutto il resto diviene superfluo. Possa la nostra vita di fede conoscere l’abitudine a seguire il Signore sempre, subito, senza voltarsi indietro, senza ritardi, con lo slancio di un cuore che ama.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Il numero settantadue ha un significato particolare: nella Genesi designa l’insieme delle nazioni nate dalla discendenza dei figli di Noè, segno dell’umanità generata dopo il diluvio universale. Qui, pertanto, sta a indicare la volontà di Gesù che l’annuncio del Vangelo possa raggiungere l’intera umanità. Interessante è anche il numero due, relativo ai discepoli inviati in missione. L’annuncio può fare breccia nel cuore degli uomini se coloro che sono annunciatori danno testimonianza della comunione dei cuori. La missione, pertanto, è accompagnata da due grandi pilastri: l’apertura universale, la comunione dei discepoli. Possa avere queste caratteristiche anche il nostro impegno missionario quotidiano.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù disse: Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite”. Le parole forti del Signore non hanno come interlocutore solo quelle antiche città, che rimasero sorde alla Sua parola di vita. Quelle città, infatti, sono anche il simbolo di noi, che riceviamo ogni giorno in dono l’abbondanza della parola di salvezza, rimanendo spesso chiusi alla sua chiamata e alla sua forza trasformante. Anche noi, dunque, siamo Corazin! Anche noi siamo Betsaida! E le parole di Gesù ci raggiungono come invito pressante al ravvedimento e alla conversione. Quel “guai” divino possa fare breccia nel nostro cuore, rendendoci attenti e pronti al passaggio di Dio nella nostra giornata e nella nostra vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli»”. I discepoli, al ritorno dalla missione, esprimono con esultanza la loro gioia: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. È una gioia che deriva da quanto hanno vissuto e operato. Ed è una gioia buona. Ma Gesù li invita a trovare altrove il motivo di una gioia ancora più vera e profonda: i loro nomi sono scritti nei cieli. Questa è la ragione vera della nostra gioia: il nostro nome è scritto nel cielo, ovvero nel Signore e nel Suo Cuore. E con il nome, in Lui è scritta per l’eternità la nostra vita, tutto ciò che siamo. Egli è la nostra casa!
XXVII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Hai risposto bene; fa’ questo è vivrai”. Con queste parole Gesù risponde al dottore della legge che gli chiedeva che cosa fare per avere la vita eterna, ricordando subito dopo il grande comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Gesù invita a mettere in atto quanto affermato con la voce. Nella nostra vita, spesso, vi è distanza tra quanto affermato a parole e quanto vissuto nei fatti. Le motivazioni che presentiamo per giustificare noi stessi sono molte. Ma la parola di Dio ci incalza: “Hai risposto bene; fa’ questo è vivrai”. Raccogliamo l’invito a far seguire alla parola i fatti, ai proclami le opere, agli intenti la volontà ferma di vivere nella volontà di Dio. C’è sempre un “lo voglio” deciso e gioioso all’inizio di una storia di santità. Solo così Dio può compiere la Sua opera in noi.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Con queste parole Gesù si rivolge a Marta, che aveva mosso un rimprovero alla sorella Maria, che ascoltava la parola del Signore, incurante di lei, presa da molti servizi. L’affanno e l’agitazione di cui parla Gesù fotografano molto bene anche la nostra vita. Siamo spesso agitati e affannati, senza neppure sapere perché. Stiamo dando tanto spazio alle urgenze e dimentichiamo ciò che è essenziale. Saper distinguere tra urgente ed essenziale è decisivo per la nostra vita di fede. Essenziale è il Signore. Se non distogliamo gli occhi da Lui, come Maria, allora potremo svolgere bene e con gioia anche i molti servizi, dedicandoci con frutto e nella pace alle urgenze.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Quando pregate, dite: Padre”. Così ha inizio l’insegnamento di Gesù sulla preghiera, in seguito alla richiesta accorata dei discepoli: “Signore, insegnaci a pregare”. Nella parola “Padre” è sintetizzata l’intera preghiera cristiana. Pregare, infatti, significa stare davanti a Dio che è Padre e avvertire la fortezza dolce di questo amore paterno che avvolge per intero la vita. Dire “Padre” con le labbra diviene così l’espressione di un cuore che si sente amato e che crede all’Amore. La preghiera, però, non è opera nostra. La preghiera è opera dello Spirito Santo in noi. È lo Spirito, infatti, che grida nel nostro cuore “Abba’, Padre”. Siamo, quindi, invitati a lasciare che lo Spirito preghi in noi, facendoci sentire figli amati e custoditi, portandoci all’esperienza dell’infanzia spirituale. Vieni, Santo Spirito! Aiutaci a dire “Padre”! Aiutaci a essere figli e a vivere da figli!
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. Con queste parole Gesù invita a una preghiera fiduciosa, coraggiosa e perseverante. Le nostre suppliche non cadono nel vuoto, ma sono ascoltate da un Dio che ci è Padre e che ha a cuore la nostra vita. Fa molto pensare un’altra parola del Signore: quella nella quale Egli dice che avessimo la fede grande quanto un granellino di senapa potremmo spostare le montagne. Questa parola rivela la povertà della nostra fede, la nostra poca fiducia nell’amore di Dio, la realtà di una preghiera che non sgorga da un cuore filiale. Chiediamo la grazia di una fede più grande. Chiediamo la grazia di contemplare con gioia il volto di Dio Padre. Chiediamo la grazia di una preghiera davvero filiale.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde”. In queste parole di Gesù, riportate nel Vangelo. Di san Luca, veniamo sfidati: la nostra appartenenza al Signore non può avere mezze misure o falsi accomodamenti. Quando si accoglie Gesù nella vita, l’accoglienza non può che essere decisa e piena. La mediocrità non è la misura della fede. È sempre una misura alta quella alla quale si è chiamati quando ci si pone alla sequela del Signore. L’orizzonte della nostra vita è solo la santità! Siamo fatti per questo. Riascoltiamo, pertanto, le parole evangeliche e lasciamoci interpellare. Rimettiamoci in cammino con il desiderio di essere integralmente del Signore. E di esserlo davvero, senza tentennamenti, con tutto il nostro cuore. Preghiamo così: “Gesù, per sempre, tuo”.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”. Così risponde il Signore alla donna che, gridando, aveva affermato: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Nelle parole di Gesù la beatitudine di Maria consiste, anzitutto, nell’aver ascoltato con fede la voce del Signore e nel vivere con fedeltà alla luce di quella voce. Certo, la Sua divina maternità è un dono straordinario, ma la grandezza della Madonna sta nella Sua adesione incondizionata, di mente e di cuore, alla parola del Signore, all’accoglienza della volontà di Dio nella Sua vita. Anche per noi questo è il segreto della vera grandezza e beatitudine: l’ascolto della parola del Signore e l’osservanza amante, piena di fede e senza compromessi di quella stessa Parola.
XXVIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone”. La vicenda della regina del sud ci interpella. Quella donna, pur di poter ascoltare la sapienza di Salomone, intraprese un viaggio lungo, faticoso, pericoloso. E noi? Per il Signore che cosa siamo disposti a fare? La pagina evangelica sfida la nostra pigrizia, quella pigrizia spirituale che prende il nome di accidia. In questo vizio ritroviamo la pesantezza, la noia, l’indifferenza per le cose di Dio. Dunque, in realtà, la nostra mancanza di amore per Gesù e di passione del cuore per il Vangelo. Chiediamo la grazia di vincere il vizio dell’accidia, la grazia di essere davvero appassionati nell’amore per il Signore! Perché oggi non fare qualche cosa di speciale per Lui?
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola”. Questa annotazione iniziale, nella pagina evangelica di oggi, è ricca di significato. Ci ricorda, infatti, la metodologia usata da Gesù per annunciare il Regno di Dio. Egli approfitta di ogni circostanza della semplice quotidianità per proclamare la parola della salvezza. Anche noi, come Gesù, siamo chiamati ad annunciare il Vangelo nella quotidianità della nostra vita. Ogni occasione è buona per parlare di Gesù, per comunicare la notizia bella della salvezza, per trasmettere la gioia dell’incontro con il Signore, per annunciare l’amore di Dio.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle”. Le parole di Gesù sono molto dure. Ma la loro durezza è espressione di amore e di misericordia. Egli, infatti, intende mettere in guardia da una grave malattia dello spirito che, se riguardava alcune categorie religiose del Suo tempo, riguarda l’umanità di ogni tempo. Si tratta di quella malattia spirituale per la quale diviene preponderante l’osservanza scrupolosa della legge rispetto a una vera appartenenza d’amore. Non è la legge a salvare ma l’amore di Dio in Gesù, che ci conquista, ci rinnova il cuore e rende possibile una vita nuova di santità, secondo la legge dello Spirito. Salvati dall’Amore cantiamo un canto nuovo!
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca”. Scribi e farisei tramano contro Gesù nel momento in cui Egli ha concluso una dura requisitoria contro di loro. La parola del Signore è stata sferzante, dura al fine di condurre quegli uomini al ravvedimento e alla trasformazione della vita. Ma scribi e farisei preferiscono difendersi che convertirsi. È quanto accade anche a noi, quando ascoltando la parola di Gesù preferiamo difenderci che cambiare vita, passare oltre fingendo di non sentire piuttosto che prendere atto della necessità di rivedere in Dio la nostra esistenza. Chiediamo la grazia della disponibilità a lasciarsi correggere dal Signore in vista di un vero cammino di santità.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri”. Con queste parole il Signore ci ricorda quanto siamo presenti al cuore di Dio. La Provvidenza avvolge la nostra vita, la paternità divina veglia su di noi. Per questo non dobbiamo mai avere paura. San Paolo, nella lettera agli Efesini, afferma: “Avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo”. Questo stupendo e indelebile sigillo è quello per il quale siamo divenuti figli. A motivo di questa identità che ci è stata donata di nulla dobbiamo avere paura. Dio, che ci è Padre, ci ama e custodisce ogni passo della nostra vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini”. Riconoscere significa testimoniare, senza timori né rispetto umano. A partire da ciò che è la nostra esperienza di fede: un incontro che ha cambiato la nostra vita e ci ha donato salvezza. Scrive San Paolo agli Efesini: “Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo”. I nostri occhi sono illuminati e questa magnifica realtà è quella che viviamo ogni giorno in virtù della fede. Con gioia e gratitudine la riconosciamo davanti gli uomini, perché la vita nuova in Cristo possa diventare anche la loro.
XXIX SETTIMANA
Lunedì.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”. Con queste parole Gesù conclude il racconto di una breve parabola. Si narra di un uomo molto ricco che ha messo da parte con cura i suoi beni e che, improvvisamente, muore senza poterne godere. Il racconto invita ad avere uno sguardo diverso e più saggio sulla vita. Che cosa davvero conta? Che cosa davvero rimane? Ascoltiamo San Paolo: “Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo”. Questo rivivere in Cristo non passa ed e’ davvero importante. Spendiamo, dunque, la vita nel rivivere con Cristo la vita nuova e bella dei salvati.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito”. Le parole di Gesù sono un invito alla vigilanza. Coloro che attendono il padrone sono all’erta, neppure vanno a dormire. Sono in fermento e in attesa del ritorno del padrone di casa. Quel fermento è il segno di un cuore vigilante. Ci possiamo domandare: come vivere anche noi quella vigilanza, quell’attesa, quel fermento di vita? Anzitutto considerando che ci prepariamo al ritorno del Signore nella misura dell’intensità evangelica con cui viviamo il tempo presente. Quando tutto, nella nostra vita, dalle cose piccole a quelle grandi, lo viviamo in Gesù, con Gesù e per Gesù, allora siamo davvero vigilanti e pronti.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Gesù raccomanda la vigilanza con l’immagine del ladro che va a scassinare una casa. Vigilare significa tenere desto il cuore nell’attesa della venuta del Signore. La vigilanza evangelica riguarda certamente il giorno del nostro passaggio da questo mondo a Dio, quando Egli verrà a chiamarci a Sé. Ma la vigilanza evangelica riguarda anche la nostra attenzione quotidiana al passaggio del Signore, che viene a visitarci in tanti e sorprendenti modi. L’attesa finale la prepariamo con l’attesa di ogni giorno. Un’attesa che esprime l’amore e il desiderio dell’incontro con l’Amore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso”. In queste parole accorate del Signore contempliamo il Suo desiderio di portare a compimento il disegno del Padre per la vita del mondo. La Sua morte e risurrezione, con il dono dello Spirito Santo, sono il fuoco dell’amore che Egli è venuto a gettare sulla terra e che ora, ormai per sempre, è stato acceso nel cuore di coloro che lo accolgono. Dice San Paolo: “Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”. Ecco il fuoco gettato sulla terra! Questo fuoco possa ardere sempre nel nostro cuore!
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù diceva alle folle: “Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Arriva la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Farà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?”. Le parole del Signore costituiscono un invito a penetrare il mistero di Dio con la luce della nostra intelligenza. La fede, infatti, non mortifica la nostra capacità di capire; la richiede e la supera portandola a compimento. Come dicevano gli antichi: “Si capisce per credere, si crede per capire”. L’intelligenza conduce alla fede e la fede apre gli orizzonti dell’intelligenza. In questo senso l’atto del credere è l’atto umano più ragionevole e la ragionevolezza è elemento fondamentale della fede. Ecco perché in Gesù si rivela in pienezza il mistero dell’uomo.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”. Nella breve parabola raccontata dal Signore, il vignaiolo riesce a convincere il padrone della vigna a rimandare ancora il momento nel quale sarà tagliato l’albero di fichi, che non ha portato frutti. Il racconto evangelico intende trasmettere, in modo simbolico, un tratto dello stile che Dio ha con noi: la pazienza. Egli, infatti, non si stanca di aspettarci, di attendere il tempo della nostra conversione. Quante nuove occasioni sempre ci dona? Anche la pazienza è il segno dell’amore di Dio per noi. Contempliamola, pertanto, nella nostra vita. E rendiamo grazie nella gioia. Ma anche decidiamoci, una buona volta, a donarci al Signore senza più tardare.
XXX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “C’era una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a se’ e le disse: Donna, sei liberata dalla tua malattia. Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio”. La donna malata, nel suo essere curva, è anche il simbolo di chi, oppresso dal peso del peccato, non può vivere proteso verso Dio e il prossimo. Il peccato, infatti, lo ha reso ricurvo su se stesso. La parola di Gesù ridona alla donna la giusta postura fisica e anche la capacità di donare la vita a Dio e agli altri. La posizione in piedi, nell’antichità cristiana, indicava la situazione spirituale di coloro che erano risorti con Cristo a vita nuova. Egli ci raddrizza sempre perché ci salva. Lasciamoci rimettere in piedi da Gesù ogni giorno.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami»”. Gesù illustra la realtà del Regno di Dio con un paragone significativo. Subito dopo ne aggiunge un altro: “E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata»”. In entrambi i paragoni l’attenzione è posta sull’atto di seminare e di mescolare. Il frutto di questi atti è lasciato alla forza del seme e del lievito. In tal modo ci viene ricordato che siamo chiamati a seminare, sempre e senza stancarci, ma a non darci troppa preoccupazione per il risultato. Quello è nelle mani di Dio, il vero e primo protagonista del Suo Regno.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici! Ma egli vi risponderà: Non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli vi dichiarerà: Voi, non so di dove siete”. Ci rattrista tanto questa dolorosa e drammatica possibilità: essere dichiarati estranei da Colui nel quale abbiamo sperato la nostra salvezza. Per questo è sempre importante ricordare il fondamento della familiarità con il Signore: la ricerca sincera e l’adesione generosa alla Sua volontà. Il resto rischia di essere parola vuota o vano proposito. “Volontà di Dio, Paradiso mio”, dicevano i Santi. Anche perché in quella volontà sta l’intimità dell’amore con Dio, che è già porta spalancata sul Paradiso.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!”. Alcuni farisei si avvicinano a Gesù e lo invitano a lasciare Gerusalemme. Hanno ascoltato la Sua parola e ne hanno avuto paura. Quella di Gesù è una parola che invita a conversione. Quante volte anche noi siamo come la Gerusalemme di quel tempo, che rifiuta di accogliere Gesù al suo interno. Come Gerusalemme temiamo quella Parola che chiede un cambiamento deciso della vita. Invece, proprio con quella Parola altro desiderio Dio non ha se non quello di unirci a Se’, come fa la chioccia che tiene i pulcini sotto le sue ali. Chiediamo la grazia di non aver mai paura della voce del Signore che ci interpella, gustandone sempre la profondità dell’amore.
Venerdì
Ascoltiamo la parla del Signore dal Vangelo di san Luca: “Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò”. Così l’evangelista descrive il comportamento di Gesù nei confronti di un uomo malato. I gesti del Signore esprimono tenerezza e amore: egli si accorge del malato, lo prende per mano e lo guarisce. Poi lo congeda, ovvero lo invita ad andare via per annunciare a tutti ciò che ha ricevuto. Ritroviamo in questo racconto anche la storia della nostra vita con Gesù. Egli, ogni giorno, ci osserva, ci prende per mano e ci guarisce mediante la Sua parola, l’Eucaristia, i sacramenti. E poi ci invia nel mondo ad annunciare quanto abbiamo ricevuto in dono. Annunciamo Gesù, salvezza e gioia dell’umanità!
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Gesù pronuncia queste parole al termine di una parabola nella quale si racconta di alcuni commensali che scelgono i primi posti al banchetto di nozze. L’invito all’umiltà è l’invito a entrare nel mistero dell’incarnazione, per il quale Dio accetta di farsi piccolo per amore. In questo senso è tanto istruttivo ciò che ogni pellegrino è chiamato a fare quando, a Betlemme, entra nel Basilica della Natività. La porta di accesso è molto bassa e per entrarvi è necessario chinarsi e farsi piccoli. È il segno di una realtà spirituale e di fede. Solo facendosi piccoli e rimanendo nell’umiltà è possibile entrare nel mistero di Dio, conoscerlo ed esserne coinvolti, sperimentando l’unica vera esaltazione: quella della salvezza.
XXXI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”. Con queste parole il Signore ci indica la via della gratuità, quale regola aurea dell’amore vicendevole. La regola è aurea dal momento che si radica nell’amore stesso di Dio. Egli, infatti, è assoluta gratuità nel dono di sé stesso, della Sua vita, dei Suoi doni. Nella misura in cui il nostro amore si esprime nella gratuità viviamo la somiglianza di Dio e realizziamo pienamente la nostra identità e la nostra vocazione. Ma un tale amore è grazia! Solo l’azione di Dio in noi può renderci capaci di un amore simile al Suo. Chiediamolo, pertanto, nella nostra preghiera. Tutto parte sempre dalla preghiera, perché tutto ha inizio dal primato di Dio nella nostra vita.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi. Un altro disse: Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Il racconto di Gesù è chiaro nel suo significato: molti, all’invito dell’uomo che rappresenta Dio, trovano il motivo per tirarsi indietro o per rimandare ad altro momento l’adesione. In questo, i diversi personaggi della pagina evangelica ci rappresentano: anche noi, infatti, spesso non siamo pronti a rispondere con immediatezza alla chiamata del Signore. E rimandiamo a un domani generico il cambiamento della nostra vita. Impegniamoci, oggi, ad aderire subito alla parola che il Egli ci rivolge, a quella Parola con cui Egli ci chiama a seguirlo. Oggi, non domani! Subito, non tra poco!
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. La richiesta di Gesù è davvero ardua e radicale. Eppure la si capisce bene nella misura della nostra fede in Gesù, Dio amore e Salvatore. Il “di più” richiesto riguarda l’amore di Dio, un amore che nessun altro legame umano può e deve mettere a repentaglio. Non si tratta, pertanto, di non amare con intensità coloro a cui siamo legati dagli affetti più cari. Si tratta, piuttosto, di mettere Dio sempre al di sopra di tutto e di tutti, nella convinzione che solo quando si ama Dio si può amare nella verità anche il prossimo, anche il prossimo più caro. In realtà il Signore non ci toglie nulla, ma ci dona tutto nella pienezza della verità: anche l’amore umano.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ed egli disse loro questa parabola: Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. La gioia per il ritrovamento dell’unica pecora perduta da parte del pastore è il segno eloquente della gioia di Dio per ogni Suo figlio che, perduto, viene ritrovato. In questa parabola, come in quella successiva della moneta, la gioia scaturisce dal ritrovamento di una sola cosa che era stata perduta. Ci è dato così di contemplare con stupore quanto ciascuno di noi sta a cuore al Signore. Ciascuno di noi, infatti, è la gioia di Dio e l’oggetto della Sua premura d’amore.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. Conosciamo ciò che segue nella parabola: l’amministratore disonesto verrà lodato dal padrone per la sua scaltrezza nel procurarsi amici tra coloro che erano debitori del padrone. La scaltrezza dell’amministratore consiste nel mettere a servizio del bene ciò che fino a poco prima era stato usato male. Questa deve essere anche la nostra scaltrezza spirituale. La esercitiamo quando sappiamo trasformare il male in via di bene, come quando, ad esempio, caduti nel peccato, ci pentiamo sinceramente, facciamo penitenza e ci rialziamo prontamente iniziando a percorrere una via diversa rispetto a quella percorsa fino ad allora.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti”. In effetti chi ama è attento anche al dettaglio. Chi, invece, non ama è distratto rispetto al dettaglio. L’attenzione alle piccole cose dice la capacità di amare che abbiamo, rivela quanto ci sta a cuore qualcosa. La nostra relazione con Dio è realmente abitata dall’amore quando siamo attenti ai dettagli della fede. Così la nostra relazione con il prossimo è davvero abitata dall’amore quando si realizza nella semplice quotidianità. Domandiamoci, pertanto: amiamo davvero? Nella nostra povertà con San Paolo rivolgiamoci a Colui che è solo Amore e diciamo: “Tutto posso in colui che mi da forza”. Dio ci dona la forza dell’Amore!
XXXII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Gli apostoli dissero al Signore: Accresci in noi la fede! Il Signore rispose: Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe”. La supplica degli apostoli segue immediatamente quanto il Signore afferma in merito allo scandalo e al perdono. Circa lo scandalo: “È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono”. Lo scandalo non trova, forse, le proprie radici in una fede povera, incapace di accogliere con generosità la volontà di Dio nella propria vita? Circa il perdono: “Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli”. La difficoltà a perdonare non trova, a sua volta, la propria radice in una carenza di fede, incapace a fare propri i sentimenti del Cuore di Gesù? Anche noi, dunque, preghiamo dicendo: “Accresci in noi la fede!”.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Queste parole di Gesù sembrano ardue da ascoltare e da accogliere. In realtà, sono parole tanto consolanti e capaci di donare grande pace. Siamo servi inutili, non perché poco importanti agli occhi di Dio. Ai Suoi occhi siamo preziosissimi e da Lui siamo infinitamente amati. Siamo servi inutili in quanto non dobbiamo preoccuparci del risultato delle nostre opere, dei prodotti delle nostre fatiche, della fecondità del nostro apostolato, dei frutti della nostra seminagione. A tutto questo provvede Lui, il Signore. A noi, invece, il compito di seminare con coraggio e generosità senza stancarci, donando tutto quello che siamo e che abbiamo, ma nella serenità e nella libertà di chi sa che il fiorire del seme è nelle mani salde e buone del Signore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo”. Gesù ha operato una guarigione miracolosa, rispondendo a una supplica accorata, rivoltagli da dieci uomini malati di lebbra. In verità, tutti vengono guariti; ma uno solo di essi torna sui suoi passi e si prostra davanti al Signore, esprimendo la propria gratitudine e il proprio stupore. Siamo invitati ad andare alla scuola di quell’uomo miracolato, che era un samaritano, per apprendere l’arte della gratitudine nei confronti di Dio. Tutto ci è dato nella vita, nulla è nostro. Rimanere in questa verità, tanto elementare quanto decisiva, ci dona la capacità di uno stupore che mai invecchia, di una gratitudine che mai si inaridisce. A motivo di Dio, che è Amore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Quando verrà il regno di Dio?”. I farisei pongono a Gesù questa domanda. Ma il Signore mette in guardia dal pensare che il regno di Dio sia una realtà distante dalla vita quotidiana. “Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!”. Il regno di Dio, infatti, è la stessa presenza del Signore nella storia. E Lui, nella storia, ormai vi è sempre presente. Nella misura in cui facciamo spazio alla presenza del Signore nella nostra vita, ecco che, allora, il regno di Dio appare in tutta la sua bellezza. Quel regno che è uno spazio di Cielo sulla nostra terra. La nostra vocazione è splendida! Di questo, infatti, si tratta: anzitutto, riconoscere questo Cielo, che è Dio, in mezzo a noi; e poi, riempire di questo Cielo, che è Dio, tutti gli spazi umani in cui viviamo e operiamo ogni giorno.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà”. Le parole di Gesù mettono in evidenza una realtà che spesso ci riguarda da vicino. Che cosa facevano di male quegli uomini e quelle donne di cui parla il Vangelo? In apparenza nulla. Ma tutto facevano senza Dio, come se Dio non esistesse. Ecco ciò che riguarda anche noi. Capita anche a noi, infatti, di vivere senza Dio, come se Egli non esistesse. Ci alziamo, lavoriamo, studiamo, ci divertiamo, progettiamo, gioiamo e soffriamo senza Dio. Iniziamo, oggi, la nostra giornata con il desiderio di vivere tutto in compagnia del Signore e alla Sua presenza.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. L’invito di Gesù suscita qualche interrogativo. È possibile pregare sempre? Che cosa vuol dire pregare sempre? Dalla risposta a questa seconda domanda dipende anche la risposta alla precedente. Pregare sempre, infatti, significa avere un cuore orante, un cuore che ama il Signore e che cerca di compiere tutto alla presenza di Dio e nella Sua volontà. Ma come il cuore diviene orante? Con i tempi dedicati alla preghiera e a una vita di fede vissuta come relazione di amore con il Signore. È possibile, pertanto, pregare sempre! In tal modo rimaniamo sempre in Dio senza stancarci mai. E tutta la nostra vita e’ una preghiera.
XXXIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Signore, che io veda di nuovo!”. Come è bella questa invocazione rivolta a Gesù da un cieco, seduto lungo la strada a mendicare nei pressi di Gerico. Immaginiamo che cosa possa significare tornare a vedere per chi ha perduto la vista o la vista non l’ha mai avuta. Nel miracolo evangelico, la guarigione operata dalla cecità rimanda anche a un’altra incapacità a vedere: quella che deriva dall’assenza della fede. Avere la fede significa vedere Dio, vedere le cose di Dio; vedere in modo nuovo noi stessi, gli altri, il mondo e la storia. Significa vedere il Cielo intrecciato alla terra. Quale dono immenso è la fede! Anche noi, forse, oggi, abbiamo da chiedere al Signore: “Che io veda di nuovo!”. Certamente dobbiamo chiedere: “Che io veda di più!”.
Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Zaccheo pronuncia queste parole dopo aver incontrato Gesù per le vie di Gerico e averlo ricevuto nella propria casa. Incontro e ingresso nella casa sono il segno di una nuova e profonda relazione di amore tra il Signore e quest’uomo, capo dei pubblicani e ricco. Da quella relazione scaturisce un radicale cambiamento nella vita di Zaccheo. Chi incontra davvero Gesù ne rimane sempre trasformato. È così anche per noi? Il nostro incontro quotidiano con Lui nella preghiera è radice di rinnovata vita evangelica? Il desiderio concreto di conversione conferma la verità della nostra relazione di amore con Gesù.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Sono queste le parole iniziali della parabola raccontata da Gesù. Il termine “fruttare” è quello decisivo per entrare nel cuore del racconto evangelico. Ciò che è donato deve portare frutto. Ciascuno di noi ha ricevuto uno straordinario patrimonio dal Signore: il patrimonio della fede. Ma questo patrimonio ci è dato perché lo facciamo fruttare, la fede ci è data perché la facciamo fiorire. Ogni nostro risveglio deve trovarci desiderosi di vivere la giornata portando frutti copiosi di santità, di crescita nell’amore secondo la volontà del Signore. E a sera ci chiederemo: ho fatto progressi, oggi, nella mia vita spirituale? E’ cresciuto il mio amore per Dio e per il prossimo?
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi”. Alle porte di Gerusalemme il Signore non riesce a trattenere lacrimerò commozione, pensando alla città che non ha saputo riconoscere la visita di Dio. Non ci è difficile ritrovare in quella città anche il simbolo della nostra vita, in tante occasioni chiusa alla visita del Signore. Ci rifiutiamo di accoglierlo, quasi che Egli possa essere un antagonista della nostra gioia, un avversario da cui guardarsi. Oggi vogliamo spalancare le porte al Signore! Vogliamo fargli spazio, più spazio, perché dove Egli entra anche la vera Vita.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri”. Il rimprovero del Signore è duro. Riguarda la relazione con la chiesa che è la casa di Dio. Le parole del Vangelo esortano anche noi a essere vigilanti, perché non ci accada di trovarci nella casa di Dio con il cuore altrove, di entrarvi senza il desiderio di cambiare vita ed essere santi. Verifichiamo, anzitutto, con quale attenzione alla presenza di Dio entriamo e stiamo nella Sua casa. E poi domandiamoci: Sono sincere le parole che escono dalle nostre labbra quando preghiamo? Desideriamo con sincerità aderire alla volontà di Dio?
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”. Rispondendo ai Sadducei, che lo interrogano in merito a ciò che attende l’uomo al di là della morte, Gesù risponde riaffermando la verità della risurrezione. Nel Credo, ogni domenica, noi diciamo: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Come è straordinariamente bello questo articolo del Credo! Sì, noi crediamo che Cristo e’ risorto e che, in Lui, anche noi risorgeremo per una vita senza fine. Santa Teresa del Bambino Gesù, in proposito, diceva di aspettarsi meraviglie al di là della morte. Ma poi continuava, affermando di essere certa che il Signore sarebbe stato capace di sorprenderla, nonostante le sue grandi attese.
XXXIV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere”. La vedova povera del Vangelo compie un gesto bellissimo, il gesto dell’amore più vero: dona tutto ciò che ha, tutto ciò che ha per vivere. L’amore, in effetti, e’ autentico quando accetta di donare la stessa vita. Domandiamoci quale è il nostro amore per il Signore: siamo disposti a donare la vita per Lui? Domandiamoci quale è il nostro amore per i fratelli: siamo disposti a donare la vita per loro? Come giustamente e’ stato detto, amare è voce del verbo morire. Di amore si può solo morire.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “Non andate dietro a loro!”. Gli ultimi i tempi, di cui ci parlano i testi evangelici di questo periodo dell’anno liturgico, sono da considerare i tempi della nostra vita. I tempi sono “gli ultimi” perché si sono realizzate le promesse di Dio in Gesù e non vi è altro da attendere: in Lui è la pienezza della Rivelazione. I tempi sono gli ultimi anche perché non ne abbiamo altri a disposizione, oltre quello della nostra vita terrena, per rispondere alla chiamata di Dio. Ecco, dunque, il richiamo alla conversione: il Signore ci ha salvato, è presente e vivo; oggi è il tempo per aderire alla Sua parola e alla Sua volontà. “Non andate dietro a loro”: a ciò che non salva e che si rivela nulla di fronte alla bellezza della vita in Cristo. Chi sono “i loro” nella nostra vita? Con verità rispondiamo; con decisione rivolgiamoci al Signore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza”. Le parole di Gesù riguardano il tempo della Chiesa e, quindi, il nostro tempo. Nella misura in cui siamo testimoni fedeli del Signore risulta normale incontrare incomprensione e persecuzione. Vi è, infatti, un irriducibile contrasto tra Gesu’ e il mondo, inteso come regno del male. Così anche tra i discepoli di Gesù e il mondo. Dobbiamo essere diffidenti quando il mondo dice sempre bene di noi: quello, forse, è il segno che ci siamo mondanizzati: nella parola, nel pensiero, nei comportamenti, negli stili di vita. Chiediamo la grazia di rimanere sempre fedeli al Signore e di sconfiggere il mondo che è fuori di noi e in noi.
Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. La fine della storia coincide con il ritorno del Signore nella gloria e la liberazione definitiva per l’umanità. La fine, pertanto, nella prospettiva della fede, è l’oggetto della speranza gioiosa da parte del cristiano. Nella Messa il celebrante, dopo il Padre nostro, dice a nome di tutta l’assemblea, una preghiera molto bella. Vi si afferma, tra l’altro: “Nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”. Viviamo il tempo del nostro pellegrinaggio terreno orientati alla beata speranza: quella fine che, in realtà, sarà l’inizio della Vita vera e senza fine, in Gesù Salvatore, Signore del tempo e della storia.
Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Gesù ci esorta a osservare la natura per cogliervi un messaggio di Dio. In effetti, tutta la creazione ci parla del Signore, in quanto Sua lettera di amore per noi. Nell’avvicendarsi del tempo e delle stagioni siamo richiamati a ciò che è davvero stabile: la parola di Dio che mai passerà. Contempliamo, pertanto, il creato. E in quella bellezza caduca troviamo la via per orientare tutta la nostra vita alla bellezza eterna che è Dio.
Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso”. Oggi, ultimo giorno dell’anno liturgico, la parola di Gesù ci esorta a stare attenti. Attenti perché il nostro cuore non rimanga appesantito e distratto dal male e da ciò che passa inesorabilmente. Spesso, il nostro quotidiano rapporto con le cose del mondo ci porta a essere “mondani” e a vivere da “mondani”, lasciando che il mondo abbia il sopravvento su di noi, i nostri desideri, le nostre scelte, la nostra mentalità. “Vegliate e pregate in ogni momento”, ci esorta il Signore. La preghiera, infatti, tiene sveglio e attento il cuore, perché rimanga sempre orientato verso Dio e le realtà del Cielo.