[bws_pdfprint]
I SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Oggi ha inizio il Tempo Ordinario dell’anno liturgico. Il primo invito che ascoltiamo dalla parola di Dio riguarda l’attenzione alla voce del Figlio: in Lui Dio ci ha parlato e ci parla. Nel Tempo Ordinario siamo chiamati a prestare ascolto attento alla parola di Gesù per fare della nostra vita quotidiana un capolavoro nella logica del Vangelo. Nella pagina dell’evangelista Marco, il Signore invita alcuni giovani a seguirlo. Anche noi, giorno dopo giorno, accompagnati dalla Chiesa che ci dona la Sua parola, seguiamo con prontezza e con gioia Gesù. Questo sarà il nostro straordinario ordinario.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Avendo sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa”. Il testo parla di Gesù, al quale Dio ha sottomesso ogni cosa, dal momento che in Lui ogni cosa trova il suo pieno significato, ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lui e ogni cosa è stata salvata in Lui e da Lui. Senza Gesù, risorto da morte, pertanto, nulla è comprensibile, tutto rimane un enigma. Ma in Lui tutto si illumina, prende forma nel piano di Dio, può essere contemplato trovandovi il disegno del suo amore infinito e provvidenziale. Solo nella fede e nella speranza, però, questo può avvenire, adesso. Infatti, è alla fine del tempo che la verità di Cristo Signore del tempo e della storia, Re dell’Universo e di ogni cuore, senso compiuto di tutto, si svelerà in pienezza ai nostri occhi. Tutto, allora, sarà ricapitolato in Lui e l’opera della salvezza apparirà in tutto il suo infinito splendore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita”. Siamo condotti al cuore dell’annuncio evangelico e della missione di Gesù. Egli, infatti, è venuto tra noi come il Salvatore, assumendo la nostra umanità, al fine di liberarla da ogni forma di schiavitù che la teneva prigioniera. La schiavitù principale, che è all’origine di ogni altra schiavitù è quella derivante dal peccato che porta alla morte. Gesù, risorto da morte, è il nostro liberatore da questa schiavitù. Per questo è il vero Salvatore dell’umanità. Ed è questa splendida notizia che siamo chiamati ad annunciare e a testimoniare sempre e a tutti, con gioia contagiosa e amore coinvolgente.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere”. Il testo biblico, citando un passo dell’Antico Testamento, mette in luce una tentazione ricorrente nel popolo d’Israele come anche nella vita di ciascuno di noi. La tentazione di non prestare ascolto alla voce di Dio e di voler camminare secondo i propri progetti e la propria volontà. La Scrittura chiama questo atteggiamento spirituale “cuore indurito”. Tutti, forse, facciamo l’esperienza del cuore indurito: sia quando siamo distratti e non ascoltiamo la parola del Signore, sia quando viviamo in contraddizione con quella stessa Parola. Chiediamo la grazia di avere sempre un cuore docile, proteso all’ascolto della Parola di Dio e pronto a viverla con fedeltà gioiosa.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, dovremmo avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso”. Il timore a cui richiama il testo biblico è un timore del tutto salutare. Non entrare, infatti, nel riposo di Dio significa non poter fare l’esperienza della Sua grazia, in questa vita, e della gioia eterna nell’altra. Il riposo di Dio, infatti, coincide con l’abitare nella casa di Dio, nel Suo cuore e nel Suo amore. In questo senso il riposo di Dio è anche il nostro vero riposo. Altri riposi non hanno la capacità di rispondere alle attese di pace e di gioia autentica presenti nella profondità del nostro cuore. Come dice il salmo: “Solo in Dio riposa la mia anima”. Chiediamo, pertanto, la grazia del riposo in Dio. E, per parte nostra, cerchiamolo ogni giorno: coltivando l’amicizia con il Signore e rimanendo nel Suo amore.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”. In questo brano della lettera agli Ebrei è illustrata la forza santificante della parola di Dio. Ascoltarla, meditarla, custodirla nel cuore significa mettere sicure fondamenta per una vera conversione. Domandiamoci: “Sono fedele nell’ascolto quotidiano della parola di Dio? Mi applico con fiducia perché la parola ascoltata rimanga nel mio cuore e divenga ispiratrice di vita? Oggi, nel Vangelo, risuona l’invito di Gesù ai primi discepoli: “Seguimi”. Proviamo ad ascoltare, custodire, vivere questa parola: “Seguimi”. Ripetiamola spesso nel segreto del cuore. Faremo esperienza della sua vitalità e della sua efficacia.
II SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”. Il testo parla di Gesù e del Suo sacerdozio, in virtù del quale Egli ha offerto al Padre il sacrificio della salvezza. A questo si riferisce l’autore della lettera quando afferma: “…egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime”. Gesù vive la propria Passione e Morte per amore nostro e, in modo del tutto speciale, nell’abbandono fiducioso alla volontà del Padre. Siamo invitati a guardare il sacerdozio di Gesù, in modo che anche la nostra vita sia offerta tutta in obbedienza fiduciosa alla volontà del Padre, nell’amore a Lui e al prossimo. Il sacerdozio che è donato a noi nel battesimo ci rende collaboratori nell’opera della salvezza, collocandoci così al centro della storia del mondo. Anche se nessuno ci conosce e viviamo nel più completo nascondimento.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “In essa infatti abbiamo come un’ancora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario”. L’ancora a cui si riferisce l’autore della Lettera è la promessa di Dio, l’alleanza eterna con cui Egli si è donato e legato a noi, Suo popolo. Questo brano della Lettera è stato indirizzato, con molta probabilità, a una comunità cristiana che stava subendo persecuzione e per la quale non era facile vivere la fede, rimanere salda nella fedeltà al Signore. Questo brano conforta e consola anche noi, soprattutto quando siamo chiamati ad affrontare la prova o le contraddizioni di un mondo ostile e indifferente a Dio. Facciamo sempre memoria di quell’ancora di salvezza che è la promessa dell’amore di Dio. E’ una promessa che “entra fino al di là del velo”, perché riguarda il tempo presente ma è anche garanzia di una eternità felice.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Anzitutto il suo nome significa “re di giustizia”; poi è anche re di Salem, cioè “re di pace”. Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre”. Il testo biblico si riferisce a Melchisedek, re e sacerdote al tempo di Abramo che, in modo misterioso, prefigura il sacerdote della nuova ed eterna alleanza: il Signore Gesù. In particolare, nella presentazione di Melchisedek, troviamo due tratti che avranno pieno compimento in Cristo. L’antico sacerdote, infatti, è re di giustizia e di pace. Proprio in Gesù si realizzeranno la pienezza della giustizia e della pace, perché solo in Gesù l’umanità sarà giustificata e salvata e ogni cuore umano avrà in dono la pace di Dio, radice della vera pace fraterna e con l’intera creazione. Anche noi, pertanto, con il salmo, ripetiamo: “Tu sei sacerdote per sempre, al modo di Melchisedek”.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, Cristo può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore”. Quanto è consolante la parola della lettera agli Ebrei! Gesù è il nostro mediatore, Colui che sempre intercede a nostro favore. Davanti al Padre Egli chiede la nostra salvezza. Che cosa dobbiamo temere? Egli è il nostro Salvatore che rimane accanto a noi e intercede per noi senza mai stancarsi. Ecco perché la preghiera liturgica termina sempre chiedendo l’intercessione del Signore Gesù: “Per Cristo nostro Signore”. Noi, con la nostra preghiera, entriamo dentro la preghiera di Gesù, che il Padre ascolta ed esaudisce. La preghiera incessante di Gesù è la nostra vera forza. La Sua intercessione d’amore è la nostra autentica speranza. Rimaniamo sempre nella preghiera nel nome di Gesù.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati”. Il testo si riferisce al tempo della Nuova Alleanza, il tempo della venuta del Messia; il tempo, dunque, del Signore Gesù. In Gesù, infatti, finalmente Dio può essere incontrato e conosciuto nella verità, perché Gesù ne è il rivelatore, in quanto ne è il Figlio. In particolare, l’incontro e la conoscenza di Dio avvengono soprattutto nell’esperienza della misericordia e del perdono, perché in questo è la salvezza attesa dall’umanità. Dal peccato, che è alla radice di ogni male e della morte, solo Dio può liberare e salvare. Ed Egli in Gesù si rivela come nostro Salvatore, vero Amore e nostra unica speranza. La passione di Gesù, la Sua morte di croce e la Sua risurrezione sono il “luogo” della piena rivelazione di Dio e della nostra conoscenza di Lui.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna”. Il testo ci porta a considerare la forza redentrice di Cristo, Parola eterna del Padre e sacerdote della nuova Alleanza. Egli è una forza dolce, quella dell’amore e della verità, che trasforma in profondità il cuore e la vita se ci lasciamo raggiungere e toccare da Lui. Quella Parola-Amore sconfigge in noi l’egoismo e l’orgoglio. Quella Parola-Verità sconfigge in noi la menzogna e l’incredulità. Quella Parola-Vita sconfigge in noi il peccato e la morte. Quella Parola-Luce sconfigge in noi ogni tenebra a non senso. Egli è la Parola che salva! Rimaniamo ogni giorno alla presenza del Signore; custodiamo la Sua parola dentro di noi; lasciamoci purificare dal Suo sangue versato per noi.
III SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna”. Il testo sottolinea la forza redentrice del sangue di Gesù, del Suo sacrificio e del Suo sacerdozio. Egli, infatti, è entrato una volta per sempre nel santuario, segno del Cielo e della vita stessa di Dio. In Lui si sono riaperte le porte del Giardino che, a motivo del peccato dell’uomo, erano state chiuse. Gesù, risorto da morte, è il sacerdote eterno, Colui che come Pontefice della nuova ed eterna alleanza, è la Via che mette in comunione la terra e il Cielo, l’uomo e Dio, il tempo e l’Eterno. In Cristo si realizza in modo definitivo l’unione nuziale tra Dio e l’umanità, ovvero la salvezza del mondo.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”. Il testo conduce al cuore del sacrificio redentore di Gesù, “abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo”. In tal modo “mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre”. È proprio questa volontà di amore di Gesù, in tutto conformata alla volontà del Padre, il cuore della salvezza. Così apprendiamo che, nella misura della nostra comunione di amore alla volontà di Dio, diveniamo partecipi del sacrificio di Cristo e collaboratori nel disegno salvifico di Dio. Ogni atto di obbedienza a Dio nell’amore salva noi e salva il mondo intero.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “A noi lo testimonia anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto: «Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente», dice: «e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità»”. A proposito di quanto si è realizzato in Cristo, vero ed eterno sacerdote della nuova alleanza, il testo sottolinea la dimensione profetica dei testi antichi, nei quali lo Spirito Santo ha parlato per bocca di uomini. Ciò che era stato preannunziato, infatti, ora si è compiuto in Gesù e nel Suo sacrificio d’amore. La volontà di Dio non è più scritta sulle tavole di pietra, impossibile da realizzare, ma è scritta nel cuore, reso capace di viverla perché trasformato dalla grazia. Questo è il segno della salvezza: la guarigione del cuore, che ora può vivere nell’amore di Dio, e il perdono di ogni peccato e iniquità.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”. Dopo avere ancora una volta sottolineato il dono della salvezza ricevuto in Gesù, il testo diventa esortativo: colui che ha avuto la grazia di entrare in relazione con il Signore, infatti, è rimasto trasformato ed è divenuto testimone di una vita nuova, la vita secondo il Vangelo. Al cuore di questa vita nuova è la carità. L’autore della lettera agli Ebrei ne sottolinea soprattutto una dimensione, quella del reciproco stimolo al bene. Chi vive nella carità, infatti, avverte l’esigenza di indirizzare al bene tutti, di farsi dono con tutti, di rendere tutti partecipi di quell’amore che solo il Cuore di Gesù può partecipare. Chi vive di Cristo vive della Sua carità e stimola tutti alla carità. Laddove c’è il discepolo di Gesù c’è anche l’amore che sa offrirsi fino al dono della vita, sempre e per chiunque.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Non abbandonate dunque la vostra franchezza”. L’autore del testo chiede ai discepoli di Gesù di essere franchi, ovvero di non avere uno spirito timido nella testimonianza della fede. Il coraggio gioioso dell’annuncio è segno distintivo del discepolo. Un tale coraggio gioioso trova la propria origine nella consapevolezza di fede che il Regno di Dio, secondo le parole di Gesù, assomiglia a un seme che cresce da solo e poi a un seme piccolissimo che diventa grande. Il discepolo di Gesù sa che il Regno è opera Sua ed è il tesoro prezioso che salva la vita. Di conseguenza, egli lo annuncia nella gioia, con coraggio e senza mai perdersi d’animo. Il discepolo è chiamato a essere fedele alla Parola ricevuta, a non temere di annunciarla, a non stancarsi mai di testimoniarla. Poi, ogni risultato è nelle mani di Dio, che rende grande il piccolo, vittorioso il perdente.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava”. L’atto di fede di Abramo, a cui si riferisce il testo, rimane esemplare in ogni tempo della storia e per la vita di ciascuno. Il grande patriarca è chiamato da Dio, dal quale ascolta una parola, una promessa. La parola è esigente anche se la promessa è straordinaria. Abramo, sulla base di quella parola e di quella promessa, lascia tutto e cambia radicalmente vita. Anzi, da quel momento tutta la sua vita sarà in relazione a quella parola e a quella promessa. Abramo si fida di Dio, crede senza condizioni al Suo amore, anche se non capisce fino in fondo il senso di quella parola e la portata di quella promessa. Oggi chiediamo la grazia di vivere la stessa fede di Abramo, con la capacità di fidarci del Signore, a motivo dell’amore che Egli ha per noi. Dio è amore! Pertanto ogni Sua parola e ogni Sua promessa sono degne di totale e pronta fede.
IV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuèle e dei profeti; per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri”. L’autore del testo riporta alla memoria alcuni grandi protagonisti della storia della salvezza, tra loro accomunati dalla fede con la quale hanno vissuto una molteplicità di esperienze. Ciò che li rende grandi non è l’oggetto del loro operato, ma la fede con la quale hanno vissuto. Si sono fidati di Dio, di ogni Sua parola; e sul fondamento di questa fiducia hanno saputo attraversare la loro vita. Possa essere così anche per noi! Ricordiamo: nella fede è la nostra vera grandezza.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fissò lo sguardo su Gesù”. Nel testo rileviamo tre elementi: la presenza dei testimoni della fede, la perseveranza nella corsa e lo sguardo puntato su Gesù. I tre elementi si richiamano e si sostengono a vicenda. Nella vita spirituale, infatti, è possibile correre se si è circondati dai testimoni, i santi che ci hanno preceduto nel cammino, vivendo il Vangelo in pienezza. La vita spirituale, inoltre, altro non è che uno sguardo fisso su Gesù, meta felice e sperata della nostra vita. Corriamo, dunque, accompagnati e sostenuti dalla preghiera e dall’esempio dei santi. Corriamo, senza perdere tempo, verso il Signore Gesù, tenendo fisso lo sguardo su di Lui.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati”. Il testo ci aiuta a non dimenticare che la correzione è espressione di vero amore. Come un padre, amando, corregge il figlio in vista di un bene, che il figlio al momento non vede e non capisce, così Dio fa con noi. A volte non capiamo il motivo di certi avvenimenti della vita. Eppure, guardando con gli occhi della fede, possiamo affermare che tutto è grazia. E che, anche quando siamo afflitti e addolorati per quanto ci capita, l’amore di Dio è all’opera a nostro favore. Spesso sono proprio alcuni imprevisti dolorosi della vita a essere vere correzioni d’amore da parte di Dio. Subito non le capiamo e siamo tentati dalla ribellione. In realtà, però, sono un dono prezioso per il nostro vero bene in Dio.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele”. Il testo si presenta come un annuncio. Un annuncio di gioia colma di stupore. La relazione con Dio in Gesù, infatti, ha le caratteristiche di una relazione filiale, nella quale siamo animati non più da uno spirito da schiavi ma da uno Spirito da figli. È la nuova ed eterna alleanza nel segno della paternità di Dio, ricco di misericordia. E questo in virtù del Sangue di Gesù. In quel Sangue, infatti, ci e dato di contemplare e gustare la passione di amore che abita il Cuore della Trinità. In questo Cuore noi siamo accolti, custoditi e amati.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede”. Il testo ispirato ci invita a rivolgere lo sguardo a coloro che hanno vissuto in pienezza la chiamata alla santità, annunciando la parola di Dio. Di questi non si dice di imitare alcuni aspetti della loro vita, ma di imitarne la fede. Quale è, in effetti, la radice dell’esito splendido della loro vita? Non il modo particolare con il quale hanno seguito il Signore, ma la grande fede che è stata alla radice di quella sequela. Ogni santo va imitato anzitutto nella fede: quelli di ieri come quelli di oggi. In un tempo nel quale è proprio la fede a essere in crisi, domandiamo la grazia di rimanere saldi in essa e di crescere in essa ogni giorno di più.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen”. Questa è la conclusione della lettera agli Ebrei, interamente dedicata alla contemplazione della forza salvifica del sacerdozio di Cristo, mediatore della nuova ed eterna alleanza. Qui, nella parte conclusiva, è in un certo senso ancora ribadita e solennemente proclamata la via della salvezza: “Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli”. Il testo, pertanto, diventa anche un invito potente a seguire Gesù sempre e con assoluta fiducia, a lasciarsi da Lui trasformare, in modo tale che la nostra vita sia tutta e solo nella volontà di Dio.
V SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu”. Il racconto della creazione, nella sua semplicità, è bellissimo. Ci troviamo davanti a una sequenza fatta di parole e di eventi. Ogni volta che Dio parla qualcosa di nuovo prende forma. Dio dice “luce” e la luce subito diviene realtà. Siamo, pertanto, invitati a meditare sulla forza creatrice della parola di Dio. La Sua è sempre una parola che dona vita. Noi siamo vivi a motivo di quella Parola di amore che non smette di risuonare sulle labbra del Signore. Se solo per un istante quella Parola smettesse di essere pronunciata, la nostra vita svanirebbe. Come tutto fu fatto per mezzo della Parola, così ora e sempre tutto vive a motivo di quella Parola di verità e di amore. Non dimentichiamo: in ogni stante, Dio pronuncia il mio nome con amore. Per questo io sono e vivo.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere”. Con queste parole si conclude il racconto della creazione: tutto ha origine in Dio e nel Suo amore che si diffonde su ogni creatura. Contemplare la creazione significa posare lo sguardo sulla bellezza, la sapienza e la bontà del Signore di cui tutto porta l’impronta inconfondibile. Con il ritornello del salmo responsoriale coltiviamo lo spirito contemplativo: “O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!”. Custodiamo nel cuore questa bella invocazione e ripetiamola durante la giornata, osservando con gratitudine la realtà che ci circonda. Lì ritroviamo le tracce di Dio, lì ci incontriamo con il Suo volto, lì ascoltiamo il Suo nome. Chiediamo la grazia di saper sempre incontrare il Creatore in ognuna delle Sue creature.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire”. Nel giardino di Eden, dove l’uomo viene collocato da Dio, è stato piantato un albero, quello della “conoscenza del bene e del male”. Con questa espressione l’autore ispirato intende identificare la conoscenza di tutte le cose, che è propria di Dio. L’uomo riceve un comando: di non mangiare di quell’albero, pena la morte. Pretendere di farsi uguali a Dio, infatti, significa morire. Non riconoscere nella gioia e nella gratitudine la propria relazione creaturale con Dio conduce alla perdita del senso della vita. Solo nel legame con il Creatore, che è legame di verità e di amore, l’uomo trova veramente se stesso.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Questa volta è osso delle mie ossa, carne della mia carne”. È questa l’esclamazione, gioiosa e stupita, di Adamo quando contempla davanti a sé la donna uscita, come lui, dalle mani di Dio. In quelle parole ritroviamo la meraviglia per la bellezza della santa alleanza che, fin dalle origini, è nel disegno provvidente di Dio. La Santa alleanza per la quale l’uomo e la donna, sempre, sono chiamati a sostenersi nel cammino verso Dio, nel pellegrinaggio terreno della santità. L’uno per l’altra e l’uno con l’altra. Donandosi la reciproca ricchezza, perdonandosi la reciproca povertà. Riconoscendo nel Signore la radice vera della loro comunione e la meta cui tendere insieme con cuore ardente.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. A fronte del comando di Dio, il serpente antico, il diavolo, inganna l’uomo, facendogli credere che la parola ascoltata dal Signore gli sia contraria e lo porti all’infelicità. Quel primo inganno si rinnova nella nostra vita, quando pensiamo che la volontà di Dio sia in contraddizione con il desiderio di pienezza di senso, di pace e di gioia che abita nel nostro cuore. Eppure Dio non è il concorrente delle più profonde aspirazioni del nostro cuore; ne è, invece, il primo e autentico alleato. Vivere nella Sua volontà significa avere la vera Vita. Il sì a Dio è sempre anche un sì a sé stessi. Diversamente si aprono davanti scenari di inquietudine, di insoddisfazione, di smarrimento, di morte.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Dio riprese: Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? Rispose l’uomo: la donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. È stato compiuto il primo peccato: l’uomo si è ribellato alla voce di Dio, dando credito alla voce astuta e subdola del diavolo. La gioia del “riconoscersi” l’uno per l’altra cede il passo alla reciproca accusa. Non è più l’alleanza a caratterizzare la relazione tra l’uomo e la donna ma il sospetto, il parlare addossandosi a vicenda la colpa. La rivolta contro Dio ha introdotto il disordine anche nelle relazioni tra maschio e femmina, nel cuore delle relazioni umane. L’umanità risulta essere drammaticamente divisa. Così, capiamo: Il peccato è la nostra vera tragedia. Solo in Gesù, il male risulta sconfitto, il peccato viene estirpato dal nostro cuore, uomo e donna si ritrovano “uno”, l’umanità è riconciliata. Solo in Gesù è la possibilità di una nuova comunione di amore.
VI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Con queste parole Caino risponde al Signore, che lo interpella in merito al fratello Abele, che lui ha da poco ucciso. In quelle parole si avverte l’eco di un dramma che sta agli albori della storia umana, ma che anche la percorre tutta, dall’inizio alla fine: la rottura dell’alleanza con Dio ha causato anche la rottura nelle relazioni familiari e umane. Laddove, infatti, viene meno il legame con il Creatore diviene impossibile e disumana la relazione fra le creature. Questo dramma lo viviamo ogni giorno nella nostra vita, sperimentando la fatica dell’amore reciproco proprio a motivo della nostra lontananza dal Signore. Solo il Signore è la nostra vera Pace. Ogni autentico percorso di pace nelle relazioni umane scaturisce dal ritrovare Dio e il Suo primato nella nostra vita.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore”. Il male che si moltiplica nel mondo, dopo il peccato di origine compiuto da Adamo, suscita il pentimento di Dio in ordine alla creazione. Con un linguaggio a noi comprensibile, l’autore ispirato presenta il misterioso dramma della ribellione contro Dio. La storia sembra giunta alla fine. Il pentimento di Dio ne è segno eloquente. Eppure, agli occhi di Dio, trova grazia un uomo Noè, colui che sarà a capo di un “piccolo resto”, nel quale potrà trovare un futuro la vicenda umana e l’alleanza tra Dio e l’umanità. La storia della salvezza è sempre abitata da un “piccolo resto”, grazie al quale l’opera dell’amore di Dio non viene meno. Anche oggi. Sarà forse un “piccolo resto” a conservare nel mondo la memoria di Dio e del Suo amore per noi, a testimoniare ancora che tutto trova senso e compimento in Gesù Cristo, morto e risorto.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando, finché si prosciugarono le acque sulla terra”. Il testo biblico è ricco di segni che, alla luce del mistero di Cristo, potranno essere riletti in chiave pasquale. Si pensi ai quaranta giorni, richiamo ai quaranta anni passati dal popolo nel deserto e ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto delle tentazioni. Si pensi anche alla colomba, richiamo alla colomba del Vangelo in cui è segno dello Spirito Santo. Si pensi alle acque del diluvio, richiamo alle acque battesimali che fanno passare dalla morte del peccato alla vita nuova in Dio. La vicenda di Noè, pertanto, è anticipazione del mistero di morte e di risurrezione che dona salvezza al mondo intero, mistero di quel passaggio pasquale che, in Cristo, è la redenzione del genere umano.
Giovedì.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra”. Così termina il racconto che ha come protagonista Noè, all’indomani del diluvio. Dio si dichiara solennemente alleato dell’umanità. Segno di questa alleanza è l’arcobaleno che appare nel cielo. Tra Dio e l’uomo vi è alleanza. Il termine alleanza, che ritroviamo in tutta la rivelazione biblica e che trova il definitivo sigillo in Gesù, esprime la relazione di amore fedele tra Dio e l’umanità. Ciascuno di noi può affermare con gioia e stupore: Dio mi ama ed è mio alleato nel cammino della vita. Sarebbe proprio bello, vedendo l’arcobaleno nel cielo, andare con il pensiero a questa alleanza, che sta a fondamento della bellezza della nostra esistenza.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”. In tal modo l’autore sacro descrive la situazione dell’umanità, dopo il tentativo fallito di costruire una torre che arrivasse fino al cielo. Quella torre era il segno del desiderio folle dell’uomo di farsi Dio, rendendosi autonomo da Lui. Il rifiuto di Dio produce una grave ferita nelle relazioni umane, sempre. Laddove Dio è rifiutato anche la fraternità diventa impossibile. Ogniqualvolta ci allontaniamo da Dio, diventiamo incapaci di vero amore per il prossimo. Se, invece, adoriamo Dio il nostro cuore si dilata in un amore senza confini.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera agli Ebrei: “Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati provati da Dio. Per fede…”. Il testo si presenta come una breve sintesi della storia degli antenati biblici sotto il punto di vista della fede. La fede, infatti, è stata la loro caratteristica spirituale fondamentale riguardo alla loro relazione con Dio. Abele, Enoch, Noè hanno vissuto nella fede la loro vita e le prove che sono stato chiamati ad affrontare. La fede ha fondato la loro speranza. La fede è stata prova di quanto non vedevano. In questa fede si sono abbandonati alla parola di Dio, anche quando tutto sembrava affermare il contrario. Guardiamo, dunque, a questi antenati! E guardiamo, in genere, ai santi: imitiamo la loro fede e abbandoniamoci senza paura alla parola di Dio e alla Sua volontà. Speriamo a partire da quella Parola. Guardiamo la vita nella luce di quella Parola.
VII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Il Signore stesso ha creato la sapienza; l’ha vista e l’ha misurata, l’ha diffusa su tutte le sue opere, su ogni mortale, secondo la sua generosità, l’ha elargita a quanti lo amano”. In questo brano biblico siamo invitati a contemplare la sapienza, sia in quanto prerogativa di Dio che l’ha creata, sia in quanto virtù dell’uomo a cui è stata donata. Dio riempie di sapienza tutta la realtà; la creazione è tutta abitata dalla sapienza di Dio. L’uomo, a sua volta, la riceve in dono dal Signore, potendo cominciare a guardare tutte le cose dal Suo punto di vista. Chi è, dunque, il sapiente? Colui che riceve la capacità di pensare come Dio stessa pensa. Chiediamo la grazia di avere il pensiero del Signore. E, allo stesso tempo, coltiviamo questo pensiero rimanendo ogni giorno a lungo in preghiera e in ascolto della Sua parola.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Affidati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue viene spera in lui, persistiti nel suo timore e invecchia in esso. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere”. Il testo biblico invita alla fiducia in Dio in ogni circostanza della vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nel tempo della pace e nel tempo della prova. Dio è amore provvidente e non lascia mai mancare il Suo aiuto e la Sua luce a chi confida in Lui. Con il ritornello del salmo responsoriale, pertanto, ripetiamo: “Affida al Signore la tua via”. In questo affidamento fiducioso è necessario perseverare. La perseveranza, anche nel momento dell’oscurità e del buio, anche quando Dio sembra assente e silenzioso, sarà il segno della nostra fiducia e del nostro credere fermamente all’amore di Dio. “Chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso?”.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano”. Quando l’uomo accoglie la sapienza nella propria vita si apre per lui una magnifica esperienza, evocata nel testo ispirato con le seguenti parole: vita, gioia, gloria, equità nel giudizio, tranquillità. La sapienza, in altre parole, dona all’uomo che la fa propria una splendida pienezza di cuore. Dal momento che la sapienza, nella rivelazione biblica, rimanda a Dio, nelle parole del Siracide contempliamo la cura che Dio ha per i Suoi figli. Dio, pertanto, è la pienezza del cuore umano! Accogliere il Signore nella propria vita significa lasciare che Egli si prenda cura di noi. Per questo oggi la nostra preghiera può esprimersi anche così: “Vieni a me, sapienza di Dio! Vieni a me, mio Signore! E abbi cura della mia vita”.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: basto a me stesso”. Queste parole introducono un brano biblico nel quale per ben 10 volte risuona l’invito “non”. Questo modo di procedere potrebbe apparire semplicemente negativo. In verità, l’intenzione dell’autore ispirato è quella di mettere in guardia da ciò che rovina la vita, in modo tale che l’uomo possa abbracciare ciò che, invece, le dona senso e la riempie di gioia. I dieci “non” identificano colui che presume di se stesso e non accoglie la dipendenza da Dio. L’atteggiamento inverso è quello di chi, nella pace, vive la propria dipendenza dal Signore, una dipendenza che sa essere tutta segnata dall’amore. Viviamo la grazia e la gioia della nostra dipendenza d’amore da Dio. Riconosciamo la bellezza di essere Suoi e di vivere in Lui e per Lui.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Una bocca amabile moltiplica gli amici, una lingua affabile le buone relazioni”. La riflessione dell’autore ispirato intende indicare la via per vivere insieme nella comunione. In tal senso l’uso della parola ha un ruolo decisivo. Lo sappiamo: anche nella nostra vita le parole sono state e sono motivo di incontro o strumento di scontro. Non è possibile una vera vita di carità senza la carità delle parole. La nostra meditazione, però, si arricchisce di un altro dato fondamentale: Gesù è la Parola – Amore fatta carne. Ogni nostra parola, pertanto, dovrebbe essere l’eco di quella Parola, sorgente di autentica comunione. È, dunque, possibile essere discepoli del Signore e poi usare la parola come “arma” che divide, mortifica, umilia? Rimaniamo con fedeltà in ascolto della parola di Dio. E ogni nostra parola ne divenga eco in cui risuona sempre e solo Amore.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa”. Il testo biblico sottolinea la grandezza dell’uomo, in ragione di come Dio lo ha creato e dei doni che Egli ha riversato in lui. Tra i doni eccelle quello dell’alleanza, chiamata a entrare in una relazione di amore fedele con Dio. In virtù di questa alleanza, l’uomo diviene capace di ascoltare la voce del Signore che a lui si rivolge e di vedere le opere con le quali Egli accompagna il cammino della sua vita. Parole e gesti sono il mezzo attraverso il quale il Signore entra in relazione con noi e vive con noi l’alleanza d’amore, aprendoci la Sua intimità e il Suo mistero. Ogni Sua parola, infatti, è parola di amore; ogni Suo gesto è gesto di amore. Ecco la grandezza dell’uomo: chiamato da Dio amore per vivere con Lui una relazione di amore.
VIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Volgiti all’Altissimo e allontanati dall’ingiustizia; devi odiare fortemente ciò che lui detesta”. L’invito che ascoltiamo nel testo biblico è, anzitutto, quello a volgersi verso Dio. Spesso la nostra vita è rivolta altrove e Dio rimane su uno sfondo sbiadito, senza significativa presenza nel nostro cammino quotidiano. Ma, senza Dio, il cammino quotidiano perde significato e risulta senza meta. Vogliamoci al Signore! In secondo luogo il testo biblico invita a detestare ciò che Dio detesta. È, questo, un atto tipico dell’amore. Chi ama è portato ad amare quanto ama l’amato e a rigettare quanto all’amato non è gradito. Così deve essere anche nella nostra relazione con il Signore. Una relazione che è di amore, e nella quale, pertanto, ciò che Dio ama è anche da noi amato e ciò che Dio detesta è anche da noi detestato. Da odiare, quindi, è il peccato. Sempre!
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Glorifica il Signore con occhio contento, non essere avaro nelle primizie delle tue mani. In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia consacra la tua decima. Da’ all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità”. La letizia nello sguardo e la gioia espressa nell’atto del dono sono la caratteristica di amore autentico. L’amore di Dio conosce la bellezza di questa gioia, perché è proprio l’amore che invita al dono sempre più generoso. D’altra parte, anche l’amore per il prossimo conosce la bellezza di questa gioia che spinge alla progressiva dimenticanza di sé. Chi ama perde la propria vita: senza rammarico, senza tristezza, senza recriminazioni ma nella gioia dell’amore. L’amore, infatti, è gioia a se stesso. Dio è eterna e infinta gioia perché è eterno e infinito Amore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Riempi Sion della celebrazione delle tue imprese e il tuo popolo della tua gloria. Rendi testimonianza alle creature che sono tue fin dal principio, risveglia le profezie fatte nel tuo nome”. La preghiera qui rivolta a Dio è bellissima. Ecco le due richieste che vi sono consentite. Anzitutto, “riempi Sion delle tue imprese e il tuo popolo della tua gloria”. Come a dire: fai in modo che nella vita di coloro che sono tuoi e hanno la fede, si possa vedere la tua presenza di amore, la tua opera di salvezza, il fascino della verità e della bellezza che sono da Te. In secondo luogo, “risveglia le profezie fatte nel tuo nome”. Come a dire: rendi la nostra parola umana un’eco fedele della Tua parola, il nostro annuncio del Vangelo la buona notizia che porta salvezza nella gioia, la nostra esistenza quotidiana un richiamo delle realtà del Cielo. Oggi, ispirati dalla parola di Dio, rivolgiamo al Signore queste due grandi domande.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l’Onnipotente, ha stabilito perché l’universo stesse saldo nella sua gloria”. L’autore ispirato contempla la grandezza e la bellezza del creato. In esso vi scorge, anzitutto, la potenza e la gloria del Signore. Dalla creazione è dato a noi tutti di giungere a Dio Onnipotente e Infinito. L’autore ispirato, però, vi contempla anche una parola che dona significato a tutto e a motivo della quale tutto è stato fatto. Dalla creazione è dato a noi tutti di salire a Dio quale Ragione di tutte le cose. La realtà creata, infatti, rivela un’origine, un disegno e un fine. In Cristo, Parola eterna del Padre fatta carne per la nostra salvezza, origine, disegno e fine assumono un nome: Amore.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati secondo le loro generazioni”. La Scrittura, con l’elogio degli uomini illustri, dona una chiave di lettura della vita umana dal punto di vista di Dio e, pertanto, della verità. Illustri non sono coloro che la sola storia considera tali, da un punto di vista mondano. Apparentemente illustri perché potenti, ricchi, belli, operanti visibilmente nella storia raccontata in via ufficiale. Illustri, invece, sono coloro che sono grandi agli occhi di Dio, che hanno aderito alla Sua volontà, che hanno dominato la vita all’Amore e per amore. Spesso il mondo li ignora o li dimentica. In realtà sono proprio loro che fanno la storia, quella vera, che solo nell’eternità di Dio conosceremo in pienezza. Chiediamo la grazia di appartenere a coloro che sono illustri davanti a Dio, abbandonando il falso richiamo di ciò che vanamente luccica ed è illustre agli occhi del mondo.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Siracide: “Ti ringrazierò e ti loderò, benedirò il nome del Signore. Quando ero ancora giovane, prima di viaggiare, ricercai assiduamente la sapienza nella preghiera. Davanti al santuario pregando la domandavo, e sino alla fine la ricercherò”. Il protagonista del testo biblico, fin dalla giovinezza, ha invocato il Signore per avere in dono la sapienza, e per tutta la vita l’ha ricercata, impegnandosi a vivere nella luce di essa. Questa è stata la luce, la forza e la gioia della sua vita. Anche noi siamo chiamati a domandare il dono della sapienza e a vivere nella sua luce. A noi è dato di sapere che Gesù Cristo è la vera e definitiva Sapienza, Colui nel quale tutto trova il suo pieno e autentico significato. Egli è la Parola che illumina il mistero di Dio e il mistero dell’uomo, la vita e la morte, ogni realtà creata e il destino che tutti ci attende.
IX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Tobia: “Io, Tobi, passavo tutti i giorni della mia vita seguendo le vie della verità e della giustizia”. Tobi, nel testo biblico, appare come uomo esemplare, che segue la via di Dio, nella ricerca fedele della verità e della giustizia, anche a costo di essere incompreso e deriso. È il caso di quando Tobi, mosso a pietà, piange per un uomo che è stato ucciso e che giace a terra privo di sepoltura. Al calare del sole di casa e provvede a seppellirlo, compiendo un’opera che noi definiamo di misericordia corporale. L’esempio di Tobi ci aiuta a vivere con fedeltà nella via del Signore, senza cedimenti alla paura e al compromesso. Nello stesso tempo, il suo esempio ci permette di non perdere di vista le opere di misericordia, via concreta per essere in mezzo al mondo segno della misericordia infinita di Dio, riflesso della Sua infinita bontà che si china su ogni debolezza umana.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Tobia: “Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a belare. Chiamai allora mia moglie e le dissi: «Da dove viene questo capretto? Non sarà stato rubato? Restituiscilo ai padroni, poiché non abbiamo nessun diritto di mangiare una cosa rubata». Ella mi disse: «Mi è stato dato in più del salario». Ma io non le credevo e le ripetevo di restituirlo ai padroni e per questo mi vergognavo di lei”. Tobi continua a essere presentato come uomo giusto, dedito alla verità e alla giustizia. Tutto questo egli lo vive a motivo della Sua fede. Dio, ben presente al suo cuore, è principio di uno stile di vita improntato al bene, costi quello che costi, nella fedeltà anche davanti all’incomprensione degli altri e della stessa moglie. Dio e la Sua volontà sono un punto fermo nella vita di Tobi. Ed è questo punto fermo a rendere luminosa e singolarmente attraente la sua vita.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Tobia: “In quel medesimo momento la preghiera di ambedue fu accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire tutti e due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio, e a dare Sara, figlia di Raguèle, in sposa a Tobìa, figlio di Tobi, e così scacciare da lei il cattivo demonio Asmodèo”. I due protagonisti del racconto, Tobi e Sara, innalzano al Signore la loro preghiera accorata. E la loro preghiera viene esaudita, nello stesso momento. Il testo ci aiuta a rinnovare la fede, al pensiero che la nostra preghiera è sempre ascoltata ed esaudita in vista del nostro vero bene. Inoltre, l’intreccio delle due preghiere e il contemporaneo esaudimento ci ricorda la bellezza consolante della comunione dei santi: in Dio siamo un corpo solo e le nostre preghiere si sostengono a vicenda, a beneficio nostro e di tutti.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Tobia: “Tobìa si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza». Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza”. La vicenda di Tobia e Sara si presenta con esemplare per la vita di tanti fidanzati, sposi e famiglie. La roccia, infatti, su cui essi edificano fin da subito la loro storia di amore è Dio e la Sua volontà. E una tale quotidiana edificazione si realizza per il tramite della preghiera. Una preghiera che è personale, ma anche comune. Colpisce il contenuto della preghiera, con la quale i due chiedono grazia e salvezza. In effetti, sono proprio questi i due doni fondamentali da richiedere con fede e perseveranza in ogni storia di amore. L’amore ha bisogno della grazia, per essere fedele e fecondo. L’amore ha bisogno della salvezza, per essere ogni giorno custodito dalla tentazione dell’egoismo e della divisione.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Tobia: “E aggiunse: «Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli santi! Sia il suo santo nome su di noi e siano benedetti i suoi angeli per tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito, ma ora io contemplo mio figlio Tobìa»”. Tobi riacquista la vista e può vedere con i propri occhi il figlio Tobia. La guarigione ispira a Tobi parole di benedizione nei confronti di Dio. Tobi, in realtà, non ha mai smesso di benedire Dio, anche durante i giorni della sofferenza. In tal modo il protagonista del testo biblico offre a noi un esempio molto bello. Dio è sempre da benedire, perché Dio è provvidenza d’amore e, qualunque cosa accada nella vita, sappiamo di essere nelle Sue mani, che ci custodiscono e ci conducono verso il nostro vero bene. Impariamo, pertanto, a benedire il Signore: nella gioia e nel dolore, quando la vita ci sorride e quando sembra che oscure nuvole abbiano il sopravvento, quando capiamo l’agire di Dio e quando facciamo più fatica a capire. Sempre benediciamo il Signore!
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Tobia: “Allora Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e disse loro: Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non esitate a ringraziarlo. È bene tenere nascosto il segreto del re, ma è motivo di onore manifestare e lodare le opere di Dio”. Raffaele si rivela come l’Angelo del Signore, che ha accompagnato i passi della vita di Tobi e della sua famiglia. Ora, prima di tornare a Dio che lo aveva inviato, lascia a Tobi e a Tobia la grande raccomandazione: “manifestare e lodare le opere di Dio”. Questo, d’ora in avanti, sarà il compito dei due, la loro missione. Quanto hanno vissuto sono chiamati a raccontarlo e a testimoniarlo, perché Dio sia glorificato e conosciuto nel Suo amore provvidente. Tutti noi abbiamo questo compito e questa missione.
X SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi: “Sia Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione!”. Così l’apostolo inizia la sua seconda lettera rivolta ai cristiani di Corinto. Egli ci ricorda che Dio è la sorgente di ogni consolazione nelle tribolazioni, nelle sofferenze, nelle afflizioni della vita. Guardare il volto di Dio, rimanere nel Suo Cuore, ascoltare la Sua Parola e stare alla Sua presenza nell’Eucaristia dona la vera consolazione. Ma una tale consolazione non è solo per noi. Ci è donata perché a nostra volta la offriamo a coloro che, tribolati o sofferenti o afflitti, sono senza speranza, perché sono senza Dio. Doniamo a tutti consolazione! Doniamo a tutti Dio!
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi: “Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu ‘sì’ e ‘no’, ma in Lui vi fu il sì”. Gesù ha detto e dice sempre ‘sì’ a noi, lo ha detto e lo dice per noi! In questo consiste l’amore senza limite del Suo Cuore per noi e per la nostra salvezza. La contemplazione gioiosa e grata di questo ‘sì’ ci induce a fare della nostra vita una risposta di amore vero, con un ‘si’ fedele, perseverante e gioioso al Signore, alla Sua parola e alla Sua volontà. Che questa nostra giornata possa essere un bellissimo ‘sì’ detto al Signore, con le parole e con la vita.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Fratelli, proprio questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio”. Nelle parole dell’apostolo risuona una verità fondamentale della fede cristiana: la nostra capacità viene da Dio. Per questo usiamo il termine “vita di grazia” per definire la vita con Dio. Questa vita è grazia, dono del tutto gratuito. Che cos’è, pertanto, la salvezza dal peccato e dalla morte in Cristo Risorto? È grazia, dono della misericordia infinita del Signore. Noi siamo chiamati ad accogliere il dono. Siamo chiamati ad accogliere Gesù nella nostra vita, lasciandoci portare da Lui, nell’adesione fiduciosa alla Sua volontà. Vivere da cristiani significa lasciarsi amare. È così sperimentare la gioia della salvezza.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore”. Come è bella l’affermazione dell’apostolo! Sul nostro viso si riflette la gloria del Signore e lo Spirito Santo opera perché siamo trasformati sempre più in quella stessa immagine di gloria che risplende su di noi. In altre parole, siamo chiamati progressivamente a essere, nel mondo, un riflesso della gloria di Dio, della Sua infinita ed esaltante bellezza. Questa la nostra sublime vocazione! Questo il motivo della nostra gioia! Non siamo noi a trasformarci. È Dio che ci trasforma nella misura in cui, con fedeltà e perseveranza, rimaniamo nel Suo amore e alla Sua presenza.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi”. L’apostolo non si stanca di ritornare più volte, se pure da punti di vista diversi, sulla verità fondamentale della salvezza in Cristo. Siamo vasi di creta, dunque assai fragili. Ma a noi è stato donato un tesoro preziosissimo: l’amore di Dio che abita e trasforma la nostra vita. Siamo opera Sua ed è proprio nella nostra povertà che si manifesta la forza del Signore che, in noi e nonostante noi, opera meraviglie di grazia. La fede dona esattamente questa esperienza: la potenza di Dio operante nella nostra debolezza, la sapienza di Dio operante nella nostra stoltezza, la grandezza di Dio operante nella nostra piccolezza. Dio in noi, con noi e per noi.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi: “Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”. Con queste parole l’apostolo ci dona una descrizione lapidaria ed esaustiva dell’identità cristiana. Cristiano, infatti, è colui che, rimasto posseduto dall’amore di Gesù, morto e risorto per lui, non vive più per se stesso ma per quel Signore da cui avverte di essere amato “alla follia”. Posseduto dal Colui che è amore, il cristiano diviene capace di riamarLo incondizionatamente e di amare in Lui tutti, oltre ogni capacità a umana. Ecco perché, secondo le parole di San Paolo: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove”.
XI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”. L’esortazione di San Paolo accompagna fin dall’inizio la nostra giornata. Proprio questa giornata si presenta a noi come il momento favorevole e l’ora della salvezza. Oggi il Signore viene a noi, ci chiama e attende la nostra risposta. Oggi, non domani! Impariamo a vivere la grazia del tempo presente, che significa riconoscere l’incessante presenza di Dio nella nostra vita. Proprio a motivo di questa presenza fedele, ogni giornata è colma di significato ed è un dono straordinario. Così come lo è ogni ora e ogni istante di vita. Vinciamo la tentazione di essere sempre proiettati su ciò che deve venire, perdendo così l’appuntamento con quanto ci è donato adesso, in questo momento.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri”. La premura verso gli altri, in un caso molto particolare, nelle parole di Paolo diventa la verifica della sincerità dell’amore. Questo criterio di verifica desideriamo usarlo anche noi in relazione alla verità del nostro amore. Ci aiuta, in questo senso, la pagina evangelica di san Matteo: “Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?”. E ricordiamo: nell’esperienza della nostra debolezza attingiamo forza dal Cuore di Gesù. Solo l’amore di quel Cuore può strappare alla mediocrità l’amore del nostro povero cuore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Fratelli, tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia”. L’apostolo esorta la comunità di Corinto a essere generosa con le comunità della Giudea. Le caratteristiche del vero dono sono due: larghezza e gioia. Il dono abbondante e gioioso porta sempre tanta grazia a chi ne è artefice. Inoltre, dice Paolo -e questo è l’elemento determinante-: “Sarete ricchi per ogni generosità, la quale farà salire a Dio l’inno di ringraziamento per mezzo nostro”. La nostra carità arricchisce noi e poi genera rendimento di grazie a Dio e fede in Lui.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta”. Questo testo dell’apostolo è bellissimo e testimonia, al contempo, l’amore di Paolo per Gesù come anche il suo amore per la Chiesa da lui fondata. Quella Chiesa, infatti, è da Lui considerata come una vergine casta data in sposa al Signore. E l’apostolo, animato da una sorte di santa gelosia, vuole con tutto il cuore che si mantenga casta, libera da falsi amori e seducenti richiami che provengono dal mondo. San Paolo è il difensore della castità spirituale della Chiesa di Corinto e araldo di Cristo Salvatore. Chiediamo la grazia di rimanere casti nell’amore al Signore, di non lasciarci sedurre da falsi profeti che vogliono distoglierci dalla gioia della salvezza in Cristo.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde”. L’apostolo elenca i motivi del suo vanto: Egli ha sofferto per amore del Signore. La debolezza umana che ha vissuto in tante situazioni è come il fiore all’occhiello della sua fede. Paolo è un vero Apostolo perché ha sempre ispirato la vita alla parola predicata. Per Cristo ha dato la vita! Inoltre, si è dedicato senza sosta alle Chiese da lui fondate: “Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese”. Davvero per San Paolo vivere è stato Cristo e la Sua Chiesa! Questo il suo vanto. Possa essere anche il nostro.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla seconda lettera di San Paolo ai Corinzi: “Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte”. L’apostolo, dal Signore e dall’esperienza della vita, apprende che la sua debolezza e la sua povertà umana non sono di ostacolo alla missione che gli è stata affidata. Il suo stesso cammino di santità non viene impedito da ciò che egli considera una vera e propria spina piantata nella carne, in quanto vivo promemoria delle Sue infermità spirituali. La forza di Dio, infatti, si rende presente proprio nelle debolezze dell’uomo. La grazia del Signore risorto si rende manifesta in modo più evidente nelle povertà della nostra vita.
XII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “In quei giorni, il Signore disse ad Abram: Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione”. Abramo è per tutti noi esempio di fede incondizionata a Dio e aa Sua parola. Egli, infatti, ormai avanti negli anni e consolidati nelle sue abitudini sedentarie, accoglie senza indugio l’invito del Signore, che lo esorta a lasciare la sua terra amata per andare in un paese sconosciuto, del quale ancora nulla gli viene detto. Quello di Abramo è un vero e proprio salto nel buio, fatto nella fede e nella totale confidenza riposta in Dio. Come poteva, tra l’altro, immaginare un grande popolo, considerando la sua piccola tribù? Eppure Abramo crede con tutto il cuore e si mette in cammino, obbediente al Signore. Possa essere così anche la nostra fede.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro: Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a Sòdoma. Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore”. Abramo, con generosità, lascia a Lot la possibilità di decidere il territorio di cui entrerà in possesso. La scelta di Lot cade sulla terra che, all’apparenza, sembra più ricca e fertile. In realtà, quella terra è prossima a Sodoma e Gomorra, le città malvagie, simbolo del peccato e della ribellione a Dio. La via larga, quella scelta da Lot, conduce alla morte. La via stretta, quella presa da Abramo, conduce invece alla vita. Alla luce della parola di Gesù, possiamo allora meglio capire la pagina della Genesi, nella quale, in anticipo, il Vangelo è già una realtà. Chi cerca la propria vita la perde, che invece la perde donandosi la trova per sempre.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal Libro della Genesi: “Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo”. Con questa parola Dio si rivolge al grande patriarca. Quanto Dio gli stava dicendo gli aveva procurato paura e turbamento. Ma Dio lo rassicura: “Io sono il tuo scudo”. La stessa parola è rivolta anche a noi, che iniziano una nuova giornata, forse portando nel cuore qualche ansia e qualche preoccupazione. Il Signore sarà il nostro scudo se ci affideremo a Lui, alla Sua parola di salvezza, alla Sua volontà di amore. Rinnoviamo, oggi, questa esperienza, che dona tanta pace al cuore: Dio è il mio scudo se gli rimango vicino!
Giovedì.
Ascoltiamo la parola di Dio dal secondo libro di Re: “In quel tempo gli ufficiali di Nabucodonosor, re di Babilonia, salirono a Gerusalemme e la città fu assediata…Ioiachin, re di Giuda, uscì incontro al re di Babilonia, con sua madre, i suoi ministri, i suoi comandanti e i suoi cortigiani; il re di Babilonia lo fece prigioniero nell’anno ottavo del suo regno”. Israele vive il dramma della deportazione. Dio sembra essersi allontanato dal Suo popolo, sembra averlo abbandonato. In realtà, il duro dramma della deportazione Dio lo permette in vista del bene, del ravvedimento di Israele, che ha tradito l’alleanza con Dio. Il testo biblico ci aiuta a considerare con sguardo di fede anche gli avvenimenti meno belli della vita, nella certezza che anche in quelli Dio è all’opera in nostro favore. Anche quando umanamente tutto sembra perduto, Dio con il Suo amore disegna per noi la via alla vera Vita.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: Io sono Dio onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. La mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli. Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò”. Dio rinnova la promessa ad Abramo, ma gli anni passano e la promessa sembra non compiersi. In questa esperienza di attesa, Abramo sembra vacillare. Un sorriso si affaccia sulle sue labbra, quando il Signore annuncia che la moglie Sara, ormai avanti negli anni, avrà un figlio. Ma egli subito si riprende e, ancora, è esempio e padre nella fede. I tempi di Dio non sono i nostri tempi, e la fede è proprio l’affidamento fiducioso ai tempi e ai modi di Dio, abbandonando i nostri. Preghiamo sempre per avere una fede grande, la fede di Abramo.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Allora Sara rise dentro di sé”. Sara, la moglie di Abramo, ride ascoltando la parola con la quale Dio promette al marito una discendenza. Ride perché entrambi sono avanti in età e, pertanto, non crede alla promessa contenuta nella parola di Dio. Il ridere di Sara è spesso anche il nostro ridere, la nostra mancanza di fede nella parola che il Signore ci rivolge. Abramo superò la propria incredulità, si fidò della voce di Dio e poté vedere il realizzarsi della promessa. Chiediamo la grazia di crescere nella fede in Dio che ci parla! Chiediamo la grazia di vedere la promessa di Dio divenire realtà, in virtù della fiducia con la quale accogliamo la Sua parola di Vita.
XIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo tornò alla sua abitazione”. Con questa frase dell’autore ispirato termina un lungo dialogo tra Dio e Abramo. Un dialogo che possiamo considerare una vera e propria preghiera, nella quale l’anziano patriarca non teme di state davanti al Signore come intercessore, a favore degli abitanti di Sodoma. La preghiera di Abramo è sempre una preghiera vissuta in grande libertà, una vera apertura del cuore che desidera compiere la volontà di Dio, ma che sa entrare in dialogo con Lui, senza mai nascondere la propria umanità. Entriamo, pertanto, nel dialogo preghiera di Abramo con Dio e prendiamo ispirazione per la nostra preghiera, così che sia sempre un cuore a Cuore con il Signore, nella pronta disponibilità ad accogliere e vivere la Sua parola, in quella carità autentica che sa farsi anche intercessione per la salvezza dei fratelli.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo”. Questa pagina dolorosa del primo libro della Bibbia offre un prezioso insegnamento in merito alla esistenza. Sodoma e Gomorra sono due città che si sono ribellate a Dio, segno di ogni ribellione umana. Per questo conoscono la distruzione. Laddove, infatti, Dio viene escluso dall’orizzonte della propria vita, il triste e sicuro destino sono la disfatta e la morte. Ogni peccato porta in se’ una tale condanna. E ne siamo testimoni ogni giorno. La nostra personale ribellione a Dio, infatti, provoca sempre lo smarrimento del cuore. Solo nel ritorno a Dio è la nostra salvezza.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana, quello che essa aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco”. Dal testo biblico sappiamo che, nonostante la resistenza di Abramo, Dio interverrà perché la volontà di Sara si compia. In realtà, attraverso un gesto in se stesso negativo di gelosia, Dio compirà la Sua opera, anche in favore del figlio di Agar. La storia è saldamente nelle mani del Signore, che si serve anche del male commesso dagli uomini, per portare avanti il cammino della salvezza. Ciò che vale per la grande storia vale anche per la piccola storia di ciascuno di noi, perché in tutto Dio è sempre con noi e per noi, e attraverso tutto Egli compie il Suo disegno di amore sulla nostra vita.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò»”. La richiesta che Dio rivolge ad Abramo ci tocca profondamente. Ad Abramo, a cui era stata promessa una numerosa discendenza, finalmente nasce il figlio Isacco. Ora Dio gli chiede di sacrificare quel figlio tanto atteso. Abramo continua a obbedire alla parola che il Signore gli rivolge. Non dubita. Aveva creduto al momento della promessa. Crede anche ora quando sembra che la promessa venga contraddetta. Abramo si fida! Impariamo anche noi ad abbracciare con fede la parola del Signore: nella Sua volontà, infatti, è sempre il nostro vero bene.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Gli disse il servo: Se la donna non mi vuol seguire in questa terra, dovrò forse ricondurre tuo figlio alla terra da cui tu sei uscito? Gli rispose Abramo: Guàrdati dal ricondurre là mio figlio! Il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia, che mi ha parlato e mi ha giurato: Alla tua discendenza darò questa terra, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te, perché tu possa prendere di là una moglie per mio figlio”. Nel dialogo con il proprio servo, al quale Abramo lascia indicazioni in merito a chi dovrà essere la moglie del figlio Isacco, risalta chiara una certezza ferma dell’anziano patriarca: la terra che Dio ha promesso e donato non dovrà essere lasciata per nessun motivo. Quella terra è il dono del Signore, è la condizione perché Israele sia un vero popolo del Signore, è il luogo della vita perché è il luogo della vita con il Signore. Si può abbandonare tutto, ma quella terra no. Anche per noi vale lo stesso: si può perdere tutto, ma mai Dio!
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Rebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore, Esau’, che erano in casa presso di Lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato”. Rebecca ordisce così un inganno ai danni del marito Isacco, in modo tale che i diritti della primogenitura possano essere dati al figlio minore, Giacobbe, e non al figlio maggiore, Esaù, così come prevedeva la legge. Il Signore si servirà anche di questo inganno per portare avanti il Suo piano di salvezza. L’episodio biblico ci ricorda che il Signore si serve di tutto, anche dei peccati e degli sbagli umani, perché il Suo progetto giunga a compimento. Alla fine, grazie a Dio, tutto è provvidenza. Tutto acquista un significato di grazia e di salvezza, perché Dio è Amore.
XIV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “In quei giorni, Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa”. La scala, di cui parla il testo biblico, è un simbolo molto bello. Indica il legame tra la terra e il cielo, la relazione viva tra l’uomo e Dio. La tradizione cristiana vi ha visto un segno dell’umanità di Cristo, ponte di collegamento tra l’umanità e il Signore. Vi ha anche visto un segno della Madonna, porta del Cielo nella vita di tutti noi. Per Giacobbe, certamente, quel sogno è stato rivelazione, per capire che la terra nella quale si trovata era una terra sacra, luogo della presenza di Dio. In quella scala, dunque, contempliamo Gesù, la Via della salvezza; contempliamo Maria, porta del Paradiso. E chiediamo nella preghiera che anche la nostra vita possa essere terra di Dio e via a Dio per molti.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all’anca”. L’affermazione del testo biblico segue il racconto un po’ misterioso di ciò che Giacobbe ha vissuto per un’intera notte. Il patriarca si trova presso un torrente, lo Iabbok, e lì inizia a lottare con un personaggio non bene identificato fino all’aurora. Il personaggio si rivela poi essere Dio. Da quel combattimento egli esce vittorioso, ricevendo una speciale benedizione, ma portando nella propria carne il segno di quanto ha vissuto. Giacobbe, infatti, rimarrà zoppo. Quella notte di combattimento rimane per sempre l’immagine della ricerca e dell’esperienza di Dio nella vita della fede. Da quell’esperienza, come Giacobbe, si rimane segnati per sempre. Gli occhi e il volto la rivelano, rivelando una presenza particolare di Dio nella vita di chi quell’esperienza l’ha fatta.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Il terzo giorno Giuseppe disse loro: Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! Se voi siete sinceri, uno di voi fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle vostre case. Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Così le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete”. Il testo biblico si riferisce a un tempo di carestia, nel quale i figli di Giacobbe si recano in Egitto per sopravvivere alla fame. In quel paese ritrovano Giuseppe, loro fratello, di cui avevano voluto sbarazzarsi molti anni prima. Giuseppe sarà il loro salvatore. È interessante notare un particolare. Giuseppe, nella tradizione cristiana, è considerato figura e anticipazione di Gesù, il vero Salvatore. In questa logica possiamo leggere l’indicazione del “terzo giorno”. Proprio nel terzo giorno, richiamo alla risurrezione di Cristo, Giuseppe libera i fratelli dal carcere, quello stesso Giuseppe che loro avevano voluto uccidere. Contempliamo, pertanto, nella storia di Giuseppe e dei suoi fratelli, una bella figura della nostra salvezza in Gesù Signore.
Giovedì
Oggi ripetiamo con il ritornello del salmo responsoriale: “Ricordiamo, Signore, le tue meraviglie”. Questa parola fa eco a quanto vissuto da Giuseppe e dai suoi fratelli, secondo il racconto della Genesi. Giuseppe, il fratello minore, viene venduto dagli altri fratelli a dei commercianti che si recano in Egitto. Questo gesto cattivo, nel tempo, si rivelerà provvidenziale. Giuseppe, infatti, divenuto potente in Egitto, salverà i suoi fratelli nel tempo della carestia. Ecco le parole di Giuseppe: “Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita”. Dio, nella Sua infinita bontà, sa volgere al bene anche il nostro male. Tutto davvero è grazia!
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare”. Giacobbe scende in Egitto dove troverà il figlio Giuseppe. La vicenda di Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli è davvero molto complessa e contraddittoria. Eppure Dio si serve di quella storia per portare avanti il Suo disegno di salvezza. Ciò che appare strano e addirittura sconveniente allo sguardo umano si rivela provvidenziale nella logica di Dio. Chiediamo la grazia di avere sempre uno sguardo di fede sugli avvenimenti della vita e della storia, capace di andare oltre il contingente, nella consapevolezza piena di fiducia che tutto è saldamente in mano a Dio.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: Eccoci tuoi schiavi! Ma Giuseppe disse loro: Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini. Così li consolò parlando al loro cuore”. Le parole di Giuseppe, rivolte ai fratelli, impauriti dopo la morte del padre Giacobbe, sono parole umane che riflettono la bellezza e la profondità dell’amore di Dio. Giuseppe, infatti, al male un tempo ricevuto, risponde con il bene; il peccato di cui è stato vittima egli lo ha perdonato; la grande giustizia che ha dovuto subire egli l’ha dimenticata. Giuseppe, pertanto, in questo episodio è riflesso della Misericordia di Dio, che trova vie impensabili per riscattare dal suo male l’uomo peccatore.
XV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Cerchiamo di essere avveduti nei suoi riguardi per impedire che cresca”. Chi parla così è il faraone di Egitto nei riguardi del popolo d’Israele. Sappiamo che l’Egitto con il suo faraone, nella storia biblica, spesso rappresenta il male da cui liberarsi. Qui, la voce del faraone diviene anche voce di Satana, che vuole in ogni modo impedire a noi di crescere nella via di Dio, della santità. Vigiliamo, allora, sulla nostra fede, perché mai venga meno il desiderio appassionato di crescere nell’amore del Signore e nella vita secondo il Vangelo. Oggi rinnoviamo ancora una volta la nostra volontà di essere santi e non mediocri.
Martedì
Ascoltiamola parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Allora Mose’ fuggì lontano dal faraone e si fermò nel territorio di Madian”. Mose’ fugge perché il faraone ha deciso di metterlo a morte. E fuggendo, certamente non pensava a quello che Dio gli avrebbe riservato: tornare in Egitto per liberare il suo popolo dalla schiavitù. Dio è sempre sorprendente e ogni fatto della vita, se osservato e vissuto con fede, si rivela voluto o permesso dal Signore per il nostro bene più grande, per la realizzazione di un piano di salvezza e di amore. Viviamo così ogni aspetto della vita, ogni imprevisto, tutto ciò che subito non capiamo. Fidiamoci di Dio, perché siamo in buone mani. Anche adesso, in questa giornata che va a iniziare.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava”. Così viene descritta la straordinaria esperienza di Mose’ sul monte Oreb: così Dio gli si manifestò e lo chiamò per il compimento di una grande missione: liberare dalla schiavitù d’Egitto il suo popolo. A proposito di questo testo, ecco un interessante racconto: “Una volta un uomo chiese a un famoso rabbino: Perché Dio ha scelto di parlare a Mose’ da un cespuglio spinoso? Il rabbino rispose: Se avesse scelto un ulivo o una poderosa quercia ci faremmo la stessa domanda. Penso che Dio abbia scelto un cespuglio spinoso, brutto e inutile, per dirci che non vi è nessun posto sulla terra dove Lui non è presente”.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Mosè disse a Dio: Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Mi diranno: Qual è il suo nome? E io che cosa risponderò loro? Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono! E aggiunse: Così dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”. Sul monte Oreb Dio rivela il proprio nome a Mose’. Sappiamo che per la Bibbia il nome svela l’intimità della persona e la conoscenza del nome esprime una familiarità profonda. Mose’, pertanto, ricevendo il nome, riceve da Dio il dono di una relazione molto intima. Ma questo dono è in vista di una missione. Mose’ dovrà andare in Egitto e liberare il Suo popolo dalla schiavitù. Non esiste missione senza una vita di comunione intima con Dio. Ogni autentica evangelizzazione inizia dal rimanere nel Cuore del Signore, da una relazione di amore fedele con Lui.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!”. Sono queste le indicazioni che, per il tramite di Mose’, Dio fornisce al Suo popolo in merito alla celebrazione della Pasqua, notte di liberazione dalla schiavitù in Egitto. Le indicazioni mettono in evidenza la necessità di assumere un atteggiamento di prontezza e di fretta. La liberazione è prossima, prossimo è l’intervento di Dio. Dunque, è necessario essere pronti e vigili. Quello stesso atteggiamento riguarda anche la nostra vita. Per noi Pasqua è già avvenuta una volta per sempre nella morte e risurrezione di Gesù. La nostra salvezza si è realizzata. Ma è necessario essere pronti e, di fretta, confermare ogni giorno il nostro personale passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, dal mondo a Dio.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “La permanenza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent’anni. Al termine dei quattrocentotrent’anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d’Egitto”. Così ha inizio il camino di Israele nella libertà ricevuta dal Signore. Sappiamo, però, che quel cammino è stato caratterizzato da tante tentazioni, che hanno indotto Israele di nuovo alla schiavitù: la disobbedienza a Dio, la durezza di cuore, l’idolatria. Israele ha dovuto, un po’ alla volta, crescere nella libertà e confermarsi in essa, superando prove e cadute. Anche noi, salvati dall’amore del Signore, camminiamo ogni giorno dovendo custodire la salvezza ricevuta. È importante che siamo provvisti di quei mezzi che ci garantiscono fedeltà al dono di Dio. Tra tutti, il primo è la preghiera. Per questo i santi hanno spesso affermato: “Chi prega si salva”.
XVI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto?”. Gli Israeliti si trovano davanti al mar Rosso e, alle loro spalle, si fanno minacciosi gli Egiziani, che sono al loro inseguimento. In questa scena biblica, anche altamente simbolica, gli Egiziani rappresentano il male, il nemico dell’uomo, che ritorna sempre a intralciare il suo cammino verso Dio. Gli Israeliti rappresentano tutti noi nella nostra debolezza, nel nostro perderci d’animo davanti al ritorno della tentazione, nella nostra poca fiducia nell’amore di Dio. Abbiamo anche noi bisogno di riascoltare la parola di Mosè, eco fedele della parola di Dio: “Mosè rispose: Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi”.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “In quei giorni, Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra”. Il mare che si divide davanti agli Israeliti è il segno della potenza di Dio e della cura che Egli ha per il Suo popolo. Quando tutto sembra perduto, perché gli Egiziani sono alle spalle e il pericolo incombe, la mano del Signore conduce alla salvezza. Il passaggio del Mar Rosso è anticipazione del passaggio Pasquale, a noi donato nella morte e risurrezione del Signore. Un passaggio che conduce alla salvezza. Il passaggio del mar Rosso, però, è anche il segno dei tanti passaggi che siamo chiamati a compiere nella vita per rimanere dalla parte di Dio, vincendo la tentazione di vivere secondo lo spirito del mondo. Anche in tutti questi passaggi affidiamoci alla forza di Dio, perché “stupenda è la sua vittoria”.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”. La fatica del viaggio nel deserto si fa sentire. Il cibo scarseggia. Nonostante gli Israeliti abbiano visto la potenza di Dio al momento della traversata del Mar Rosso, ora cominciano a mormorare. La mormorazione contro Dio sarà una consuetudine di Israele, nel tempo del cammino verso la terra promessa. Accade così anche a noi. Nonostante le molteplici attestazioni che il Signore ci dona della Sua amorevole cura, spesso mormoriamo e ci lamentiamo. Come gli Israeliti, sperimentiamo la nostalgia per la schiavitù dell’Egitto. Chiediamo al Signore di non provare mai questa nostalgia e di saper vivere nella gratitudine al Signore e nella gioia per il Suo amore.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce”. Presso il monte Sinai, Mosè vive un’esperienza unica e straordinaria della presenza di Dio, con il quale egli entra in dialogo. L’autore ispirato descrive come può una tale esperienza, servendosi delle immagini che ha a disposizione nel proprio linguaggio. Certo è un fatto: Mosè entra in relazione con Dio, la cui trascendenza e potenza sembra schiacciare l’uomo. La pienezza della rivelazione del volto di Dio in Gesù presenta a noi i tratti della vicinanza e della condiscendenza di Dio, ricco di misericordia. Ma una tale rivelazione nulla toglie a quella trascendenza mostrata sul Sinai. Anzi, solo se si considera una tale trascendenza si rimane sconvolti dall’amore infinito e paterno che si svela nel Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me”. Dio parla al Suo popolo e si presenta come Colui che lo ha condotto alla libertà, liberandolo dalla schiavitù in Egitto, segno della schiavitù del peccato e del male. Subito dopo il Signore enuncia il primo grande comandamento, cui seguiranno gli altri. Quel primo comandamento riguarda l’adorazione dell’unico Dio, di cui gli altri sono espressione. Ed sono il fondamento di ogni autentica libertà. I comandamenti, infatti, non sono dei semplici no. In quei no si rende possibile un sì vero, libero nella pienezza della propria umanità. Adorare Dio significa essere liberi da ogni schiavitù che mortifica la vita. Adorare Dio significa dire sì all’esistenza in tutta la sua bontà e bellezza.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole di Dio e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce; dissero: Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!”. Mose, per mandato del Signore, riferisce tutte le parole di vita da Lui ricevute, invitando il popolo a dare il proprio assenso. Il popolo, coralmente, dice il proprio sì a Dio e ai Suoi comandamenti. Anche noi, ogni giorno, siamo interpellati per dare la nostra adesione alla volontà di Dio. Spesso, infatti, dobbiamo decidere, fare scelte: o dalla parte del Signore o dalla parte di noi stessi e di quanto dal Signore ci allontana. Oggi, serviamoci delle parole del popolo antico per affermare il nostro desiderio di adesione fedele alla volontà di Dio. E che questo desiderio possa divenire realtà, sempre e nella concretezza di questa nostra giornata.
XVII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole, spezzandole ai piedi della montagna”. L’attesa del popolo alle pendici del monte Sinai si prolunga. Di Mosè nessuno ha più notizie. Nell’accampamento si comincia a mormorare. Il vitello che viene costruito non è semplicemente un idolo materiale. È, piuttosto, il segno di una divinità che può essere gestita a piacimento dal popolo, a differenza del Signore del Sinai che appare libero e imprevedibile. La vicenda del vitello d’oro rappresenta la tentazione per l’umanità di sempre: sottrarsi al Dio vero per costruire un Dio a propria immagine, che non possa provocare al cambiamento del cuore e della vita, ma solo confermare le proprie attese e i propri desideri.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico”. In tal modo viene descritta la preghiera di Mose’ che, durante il lungo pellegrinaggio nel deserto, si recava sovente nella tenda detta “del convegno”, dove egli poteva incontrarsi con il Signore e parlare con Lui. La descrizione della preghiera del grande condottiero di Israele ispira la nostra riflessione sulla preghiera, soprattutto perché ci conduce al cuore di essa. Il cuore della preghiera, infatti, è proprio il parlare faccia a faccia con Dio come a un amico. Ogni preghiera è autentica nella misura in cui è espressione di questa realtà di amicizia, di amore, di confidenza, di fiducia. La preghiera è “un cuore a cuore con Dio”; è il ritrovarsi di noi, figli, al cospetto di Dio, che è Padre provvidente, avvolti dal Suo abbraccio e dal Suo sguardo d’amore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore”. Come è bella e suggestiva questa immagine di Mose’, che scende dal monte dove ha incontrato Dio, con il viso raggiante! Un missionario raccontava che uno dei suoi giovani si recava in chiesa tutti i giorni e si metteva davanti all’Eucaristia a torso nudo. Un giorno gli chiese: “Perché fai così?”. E il giovane rispose: “Per mettere l’anima al sole”. Così dovrebbe essere la nostra preghiera: rimanere esposti al sole benefico del Signore e sperimentare la trasformazione profonda che questo provoca nella nostra vita. Rimanere davanti a Dio, Luce della vita, significa diventare a nostra volta luminosi.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora”. Al popolo pellegrinante nel deserto Dio si fa vicino. Mosè riceve istruzioni per edificare una dimora nella quale sarà collocata l’arca con le tavole della Legge. Questa Dimora sarà il segno della presenza di Dio in mezzo al Suo popolo. La Dimora dell’Esodo risulta essere un richiamo profetico di quella speciale presenza di Dio in mezzo a noi che si realizza con il mistero dell’incarnazione. E ora, nel tempo del nostro pellegrinaggio, l’antica Dimora trova compimento nell’Eucaristia, Dimora della reale presenza del Signore con noi. Siamo in cammino nel mondo, ma Egli è con noi davvero fino alla fine del mondo.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Levitico: “Il Signore parlò a Mosè e disse: «Queste sono le solennità del Signore, le riunioni sacre che convocherete nei tempi stabiliti”. Seguono altre indicazioni relative ai sacrifici cultuali. La prescrizione delle feste e dei sacrifici ha un significato molto importante. La festa richiama la necessità che ha l’uomo di fermarsi, al fine di rendere culto al Signore, così da non smarrire l’origine, il fine e il senso della sua vita. Il sacrificio, invece, è l’atto religioso con il quale l’uomo è invitato a riconoscere la propria relazione con la creazione: tutto è dono di Dio al quale rendere grazie; tutto deve tornare a Dio divenendo cosa sacra, Sua proprietà. Ecco, pertanto, l’attualità di quelle antiche parole. Chiediamo la grazia di non smarrire mai il senso autentico della festa e di saper fare della nostra vita una realtà sacra, ovvero tutta nella volontà di Dio.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Levitico: “Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi”. Il giubileo era la festività che ricorreva ogni cinquantesimo anno tra gli ebrei ed era annunciata con il suono del corno di capro. In quell’anno la terra riposava: non si seminava e non si raccoglieva. Si viveva di quello che i campi davano spontaneamente. In tal modo Dio educava il Suo popolo a non adagiarsi nell’abbondanza dei propri beni, ma a fidarsi di Lui che, comunque, avrebbe provveduto. Anche noi abbiamo bisogno di esercitare la fede nell’amore provvidente di Dio. Anche noi, che viviamo la tentazione di adagiarci soddisfatti sull’opera delle nostre mani, necessitiamo di rinvigorire la fiducia nell’opera del Signore, la fede nella Sua presenza di Padre che ha cura di tutti i Suoi figli.
XVIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Numeri: “In quei giorni, gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna”. Il popolo d’Israele, a cui è stata donata la libertà, guarda con nostalgia alla schiavitù dell’Egitto. In questo suo stolto volgersi indietro, quel popolo ci assomiglia molto. Spesso, infatti, anche noi, a cui è stata data la grazia della vita nuova in Cristo, siamo tentati di tornare alle cose vecchie di un tempo, alla vita inquinata dal peccato e dal male, alle scelte contrarie alla volontà di Dio che ci tolgono la gioia della libertà e ci fanno sperimentare la tristezza del mondo. Preghiamo per rimanere fedeli al Signore e nella bellezza della vita divina che Egli ci ha donato in Gesù.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Numeri: “Aronne disse a Mosè: Ti prego, mio signore, non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso! Ella non sia come il bambino nato morto, la cui carne è già mezzo consumata quando esce dal seno della madre. Mosè gridò al Signore dicendo: Dio, ti prego, guariscila!”. La conclusione di questo testo è bellissima! E la si capisce meglio se si tiene presente che, poco prima, Aronne e Maria avevano parlato contro Mosè. Infatti: “In quei giorni, Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etìope che aveva preso”. Nel momento in cui Dio interviene a favore di Mosè, castigando Maria, egli rivolge la propria supplica a Dio perché la guarisca e la salvi. La preghiera di Mosè, in quel momento, è la preghiera a favore del nemico, è l’espressione di un amore che si dona anche all’avversario. Chi vive di Dio, come Mosè, diventa grande nell’amore, eroico nell’amore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Numeri: “Raccontarono: Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano”. Il popolo di Israele, ancora una volta, manca gravemente nella fede. Aveva visto le grandi opere compiute da Dio, aveva toccato con mano la fedeltà di Dio alla Sua alleanza; eppure, in presenza di una nuova difficoltà, la fiducia viene meno, quel popolo non si fida di Dio e della Sua parola. Israele ci assomiglia molto. Anche noi, infatti, che pure abbiamo tanti motivi per magnificare le meraviglie compiute dal Signore nella nostra vita, non sempre ci fidiamo della Sua parola e delle Sue promesse. Chiediamo nella preghiera una fede più grande nell’amore di Dio.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Numeri: “Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale?”. La Scrittura è solita definire l’atteggiamento del popolo di Israele, così come descritto da questa grave ribellione, “durezza di cuore”. In effetti, ciò che provoca mormorazione e sfiducia è proprio quella durezza di cuore, a motivo della quale si rimane incapaci di vedere Dio, la Sua opera provvidente, il Suo amore fedele. Anche noi siamo spesso duri di cuore, ciechi davanti alle meraviglie del Signore, chiusi alla Sua parola e sordi al richiamo del Suo amore. La durezza di cuore si esprime così nella pretesa di fare da soli, di voler perseguire con pervicacia i propri progetti, rifiutando la volontà di Dio.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Mosè parlò al popolo dicendo: Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco come l’hai udita tu?… Tu sei stato fatto spettatore di queste cose, perché tu sappia che il Signore è Dio e che non ve n’è altri fuori di lui”. Quelle che leggiamo sono le ultime parole che Mosè rivolge al suo popolo, quasi un testamento spirituale. Quel popolo è invitato a fare memoria, a ricordare nel tempo le grandi meraviglie compiute da Dio. Un tale ricordo aiuterà la fedeltà del popolo a Dio, sarà sostegno nelle tentazioni di volgere altrove il proprio cuore. Così è anche per noi. La memoria delle opere del Signore e del Suo amore accompagna il cammino della vita e libera dal pericolo di indurire il cuore, di vivere come se Dio non esistesse.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “In quei giorni, Mosè parlò al popolo dicendo: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai”. Rimaniamo su questo testo e meditiamolo con intensità. Soprattutto impariamolo a memoria, perché accompagni giorno dopo giorno il nostro cammino di fede. Ricordarlo ci aiuterà a dare il primato all’ascolto del Signore e della Sua parola. Ricordarlo ci aiuterà a non perdere mai di vista l’essenziale: l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Ricordalo ci aiuterà a vivere il nostro quotidiano sempre e solo alla luce della volontà di Dio.
XIX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice”. Con queste parole rivolte al Suo popolo, Dio mette in risalto il grande peccato dell’uomo: il cuore ostinato e la dura cervice. E’ l’atteggiamento di chi non vive la propria appartenenza al Signore, con verità e pienezza. In questo atteggiamento, forse, chi più chi meno, rientriamo tutti. Infatti, la nostra appartenenza al Signore è spesso fatta di parole più che di fatti e segnata dalle mezze misure. Alla luce della parola di Dio, desideriamo, invece, riprendere il cammino della fede nel segno di una più grande verità e pienezza. Preghiamo così: “Io ti appartengo e Tu sei tutto per me!”.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Poi Mosè chiamò Giosuè e gli disse alla presenza di tutto Israele: “Sii forte e fatti animo, perché tu condurrai questo popolo nella terra che il Signore giurò ai loro padri di darvi: tu gliene darai possesso. Il Signore stesso cammina davanti a te. Egli sarà con te, non tri lascerà e non ti abbandonerà. Non temere e non perderti d’animo”. Per il tramite di Mosè, la parola di Dio raggiunge Giosuè in un momento di grande trepidazione. Giosuè, infatti, riceve dal Signore il grande compito di succedere a Mosè nel guidare Israele a prendere possesso della terra promessa. Giosuè avverte la propria piccolezza a fronte della difficile missione che gli viene affidata. Ma il Signore interviene a rassicurarlo: non dovrà contare sulle proprie forze ma sulla fedeltà di Dio. Saranno la presenza del Signore e la Sua potenza a garantire il successo della missione. Siamo tutti chiamati a rispecchiarci in Giosuè nel compimento della missione che ciascuno ha ricevuto da Dio nella propria vita.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Il Signore gli mostrò tutto il paese: Galaad fino a Dan, tutto Neftali, il paese di Efraim e di Manasse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar. Il Signore gli disse: Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!”. Mosè, il grande profeta che “il Signore conosceva faccia a faccia” non entra nella terra promessa. Il suo lungo viaggio alla guida del suo popolo si conclude con la visione della terra ma senza la possibilità di entrarvi. In questo vediamo un segno che rimanda a Gesù, il Messia Salvatore atteso che, finalmente, porta a compimento l’opera di Mosè. Lui e Lui solo entra nella terra promessa che è Dio, portando con sé anche tutti noi. Gesù è il solo che guida noi, suo popolo, al cuore del mistero trinitario, perché Lui solo è il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Giosuè’: “Così il popolo attraversò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore stettero fermi all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele attraversava all’asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il Giordano”. Le acque del fiume Giordano si dividono, e Israele lo può attraversare, per l’intervento della potenza di Dio. L’arca dell’alleanza, sede della presenza del Signore in mezzo al Suo popolo, opera meraviglie. All’inizio di questo brano Dio aveva parlato a Giosuè, dicendo: “Oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele”. La grandezza è da Dio e non dall’uomo. E l’uomo può realizzare grandi cose solo se si consegna a Dio e lascia che sia Lui a operare. Non dimentichiamo, dunque: non siamo noi i protagonisti, non lo siamo neppure nel cammino della vita spirituale. Primo protagonista è sempre e solo Dio, a cui siamo chiamati ad affidare in tutto la nostra vita, ciò che siamo e ciò che abbiamo.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Giosuè: “Vi diedi una terra che non avevate lavorato, abitate in città che non avete costruito e mangiate i frutti di vigne e oliveti che non avete piantato”. Così ha termine il discorso pronunciato da Giosuè, a nome di Dio, davanti al popolo. In queste brevi ma incisive frasi è condensato tutto quanto è detto prima. Dio vuole che il Suo popolo sia ben consapevole che tutta la sua storia è storia di benevolenza e di grazia, di grandi interventi e di grandi opere che sono il segno della premura di Dio. Il pericolo, per quel popolo, è dimenticare e non accorgersi. È quanto può capitare anche a noi: dimenticare l’amore con il quale il Signore accompagna la nostra vita e non accorgerci più di ciò che Egli compie ogni giorno per noi. Tutto ci è dato! Tutto è dono! Perché l’amore di Dio è per sempre.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Giosuè: “Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore”. Per bocca di Giosuè, Dio educa il Suo popolo. Non basta una fede emotiva. La relazione con Dio non può essere fondata sul semplice entusiasmo di un momento. Israele è entrato nella terra promessa ed è nella gioia. Ma ora deve imparare la fedeltà a Dio, quale espressione di un amore vero e di un’alleanza autentica. Perché questo si realizzi è chiamato abbandonare altri dei, a cui nel tempo si è legato. Spesso anche per noi la fede rischia di trovare espressione in semplici emozioni o in entusiasmi passeggeri. La fede autentica, però, chiede ogni giorno decisioni audaci, mediante le quali rimanere nella volontà di Dio con fedeltà. Anche noi abbiamo da sciogliere legami che impediscono un’appartenenza vera al Signore.
XX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Giudici: “In quei giorni, gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal”. Israele tradisce l’alleanza, il patto di amore con Dio. Il suo tradimento consiste nell’accogliere le divinità dei popoli circostanti, abbandonando la fedeltà al Signore. Due verbi, in particolare, vengono usati per identificare quanto accade: prostituzione e prostrazione. Il popolo si prostituisce: questo aiuta a intendere il peccato come la caduta dentro una relazione sponsale. Il popolo si prostra: l’adorazione dell’unico Dio lo aveva reso libero; ora si trova di nuovo in ginocchio davanti all’opera delle mani dell’uomo. L’esperienza di Israele può essere anche la nostra. Dove questo accade? Quando accade? Riprendiamo il cammino con il desiderio di vivere l’amore fedele al Signore e con la volontà di rimanere liberi da ogni forma di male che ci riduce in schiavitù.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Giudici: “Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo»”. Con questa parola Dio intende rassicurare Gedeone, che aveva espresso perplessità a motivo della situazione dolorosa vissuta da Israele, caduto nelle mani di Madian. Ora, con la forza che viene da Dio, Gedeone stesso potrà sconfiggere i nemici oppressori. In questi nemici siamo chiamati a individuare i nostri avversari nel cammino spirituale. Tutti ne abbiamo, a volte anche molti. E il primo nemico è forse il nostro io, sempre tentato dal Maligno di avere il sopravvento sul nostro desiderio di seguire il Signore. Nulla, però, abbiamo da temere, perché Dio è con noi. La parola rivolta a Gedeone ci riguarda e ci dona la consolante certezza che, se stiamo con decisione dalla parte del Signore, Egli combatterà con noi nella lotta quotidiana a vivere il Vangelo. E avremo la meglio!
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Giudici: “In quel tempo, tutti i signori di Sichem e tutta Bet-Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimelech presso la Quercia della Stele che si trova a Sichem”. Abimelech, scelto dal popolo perché divenga re, è uomo feroce e assetato di potere. Iotam, figlio di Gedeone e fratello di Abimelech, riesce con furbizia a sopravvivere alla furia omicida del fratello. La pagina biblica ci aiuta a considerare una questione spirituale che riguarda tutti: chi vogliamo che governi la nostra vita? E’ illusione pensare di non avere qualcuno o qualcosa che ci governa. Se non è Dio, questo qualcuno o qualcosa ci riduce in schiavitù. Solo Dio ci libera davvero, perché solo nella relazione con Dio ci e’ donata l’esperienza del nostro essere creature volute e figli amati, cui è dato con sovrabbondanze quanto ci permette di vivere in pienezza l’esistenza.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Giudici: “Ella gli disse: Padre mio, se hai dato la tua parola al Signore, fa’ di me secondo quanto è uscito dalla tua bocca, perché il Signore ti ha concesso vendetta sugli Ammoniti, tuoi nemici”. Chi parla così è Mispa, figlia unica di Iefte, che aveva promesso a Dio, con voto, di offrire al Signore chi avesse visto per primo, in caso di vittoria con gli Ammoniti. Ciò su cui si sofferma la nostra attenzione è la serietà della promessa a Dio, a motivo della quale né Iefte né Mispa si tirano indietro, nonostante quello che questo dovrà comportare. Riflettiamo, pertanto, sulle nostre promesse al Signore: quelle che riguardano il nostro stato di vita e quelle più ordinarie quali ad esempio, i nostri propositi. La parola di Dio ci esorta a vivere con grande fedeltà ogni promessa. La promessa mantenuta è segno della serietà con la quale viviamo la relazione di amore con il Signore.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Rut: “Ma Rut replicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio”. Con queste parole Rut risponde a Noemi, sua suocera, che dopo la morte del marito e dei suoi figli le voleva dare la possibilità di ritornare nella sua terra di origine. La vicenda narrata in questo libro è molto semplice e tratta della vita ordinaria di una famiglia e di alcune donne. Ma è proprio attraverso questa vita ordinaria e queste persone semplici che Dio scriverà una pagina importante nella storia della salvezza. Questo ci aiuta a ricordare che il Signore si serve di tutto e di tutti, anche di noi e delle nostre ordinarie occupazioni, per portare avanti il Suo disegno di salvezza e di amore per l’umanità. Con questa fede iniziamo la nostra giornata.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Rut: “Booz prese in moglie Rut. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: ella partorì un figlio”. La vicenda di Rut si conclude felicemente e in modo sorprendente. Questa donna, semplice e buona, dona al mondo un bambino di nome Obed, che sarà il padre di Iesse, padre di Davide; dunque, ascendente di Gesù. Qual è il significato di questo episodio, riportato nel libro di Rut? Il disegno di salvezza di Dio si serve di tutto e di tutti. Non vi è vita che sia inutile o dimenticata. Tutto concorre al bene di ciascuno e del mondo intero. La nostra piccola realtà quotidiana, se vissuta davanti a Dio e nella Sua volontà, porta con sé meraviglie di grazia che neppure possiamo immaginare. Tutto e’ bello, tutto e’ prezioso, tutto ha un senso splendido per chi vive di fede e nella fede! Chiediamo la grazia di saper vivere in questa fede gioiosa e stupita ogni istante della nostra vita.
XXI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi: “tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza”. Le parole dell’apostolo sono invito all’esame di coscienza e indirizzo di vita. La fede deve essere operosa, ovvero deve esprimersi in decisioni concrete alla luce della parola del Signore e non rimanere un semplice sentimento. La carità deve essere anche faticosa, non fatta di parole ma di donazione quotidiana, persino eroica nelle relazioni abituali della vita. La speranza deve essere ferma, senza soccombere ai timori del presente perché radicata nell’eternità che ci è promessa da Dio. Chiediamo, allora, la grazia di una fede sempre più operosa, di una carità sempre più faticosa, di una speranza sempre più ferma.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi: “Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari”. Con queste parole l’apostolo si rivolge ai cristiani di Tessalonica, comunità che doveva avergli procurato problemi e dolori. In tal modo Paolo dimostra la sua grande paternità spirituale, desideroso com’è di annunciare la parola del Signore e di donare la sua stessa vita per quei fratelli e quelle sorelle a cui è stato inviato. Egli ha annunciato il Vangelo “in mezzo a molte lotte”, “non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio”, senza “parole di adulazione”, amorevole “come una madre che ha cura dei propri figli”. Guardiamo a San Paolo e apprendiamo l’arte evangelica del dare la vita per annunciare la salvezza nel Signore, proclamare la bellezza del Vangelo, avere cura in Dio di tutti coloro che ci sono affidati.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi: “Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio”. Quanto dice l’apostolo con interpella, perché ci costringe a verificare il modo in cui ci mettiamo in ascolto della parola del Signore. Forse, a volte, la ascoltiamo come se fosse una semplice parola umana, come le molte altre parole che ascoltiamo durante la giornata. Invece, in virtù della fede, la parola di Dio è per noi criterio per ascoltare, accogliere o respingere ogni altra parola umana. La parola di Dio in noi deve essere criterio di giudizio di ogni altra parola. La parola di Dio è Verità! Ed è a partire dalla Verità che valutiamo la bontà o meno di ogni parola umana e mondana.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi: “Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti…per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità…alla venuta del Signore nostro Gesù”. In poche parole San Paolo, rivolgendosi ai Tessalonicesi, descrive con grande chiarezza il volto autentico del cristiano. Egli vive nell’attesa desiderosa del ritorno del Signore, che ama sopra ogni cosa e che segue nel cammino della vita uniformandosi con gioia alla Sua volontà. E cuore di questa divina volontà è l’amore vicendevole e verso tutti: un amore che deve crescere e sovrabbondare in quanto segno luminoso dell’Amore eterno che è Dio. Attendiamo, dunque, la venuta del Signore! E, mentre attendiamo, viviamo la realtà dell’amore in quella santità di vita che svela nel mondo lo splendore del volto di Dio in Gesù.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi: “Fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio, possiate progredire ancora di più”. L’apostolo, in tal modo, ricorda e ci ricorda che la vita cristiana, per essere viva, deve conoscere un progresso continuo. Dice un antico proverbio cinese: “L’amore è come la luna, che se non cresce cala”. Così è della vita di fede: se non cresce cala. Per questo ogni giorno siamo chiamati a pregare dire nella via della santità senza mai stancarci. Aggiunge, infatti San Paolo: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione”. E poi specifica: “Che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto”. Anche questo è parte del progresso nella santità.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi: “Fratelli, riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri”. Come sono belle queste parole dell’apostolo! Soprattutto perché riconducono alla sua vera origine l’amore fraterno. I cristiani di Tessalonica, infatti, avevano imparato dal Signore ad amarsi vicendevolmente. Evidentemente, in virtù dell’ascolto assiduo del Vangelo e della preghiera fedele, erano entrati nel mistero dell’amore di Dio, da cui attingevano la forza per vivere un profondo amore tra loro. Le parole di Paolo, ci aiutano a ricordare che la possibilità di un autentico amore fraterno si fonda sull’amore di Dio, appreso e custodito nel nostro cuore. Senza un tale amore che viene dall’Alto le nostre relazioni di carità sono destinate al fallimento.
XXII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi: “Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui”. L’apostolo rivolge queste parole a una comunità cristiana che si interrogava sulla vita dopo la morte e sul destino eterno. In tal modo, anche a noi oggi, San Paolo ricorda il dato della fede che sta a fondamento di ogni nostra speranza: la risurrezione a nuova vita con Cristo, anche nella nostra carne. Non sempre questa splendida verità di fede segna in profondità la nostra esistenza. E rischiamo di essere cristiani che non credono, non desiderano e non sperano l’incontro definitivo ed eterno con il Signore nella gloria. Ridestiamoci, pertanto. E viviamo con lo sguardo all’eternità! Speriamo nell’eternità! Spendiamoci per la salvezza eterna di quanto ci sono affidati!
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi: “Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte”. In queste parole dell’apostolo ritroviamo un invito alla vigilanza, dettata non tanto dalla paura quanto dall’amore. L’amore, infatti, vigila con desiderio ardente nell’attesa dell’amato, vuole farsi trovare pronto all’appuntamento. Ecco perché, nella vita cristiana, ogni giorno è giorno di vigilante attesa nell’amore! Ecco perché non è pensabile perdere neppure un istante della vita in ciò che ci allontana dal Signore! Viviamo l’oggi come giorno di attesa e di amore. Sia questa nostra giornata una giornata di santità, nella luce della domanda innamorata: “Se il Signore venisse ora, sarei pronto ad accoglierlo?”
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Colossesi: “E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero”. L’apostolo parla della diffusione del Vangelo nel mondo, per sottolineare l’accoglienza che quello stesso Vangelo ha avuto tra i Colossesi. La dinamica della diffusione è quella che sin dagli inizi ha accompagnato il cammino della Chiesa: per il tramite di uomini e donne concrete, che con la parola e con la vita hanno testimoniato il loro amore per il Signore e la propria appartenenza alla Chiesa. A Colossi è il caso di Epafra. Chiediamo la grazia di appartenere anche noi a quei credenti nel Signore, la cui vita evangelica è capace di portare alla fede quanti incontrano sul loro cammino.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Fratelli, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio”. L’apostolo è nella gioia a motivo dei frutti spirituali che osserva nella comunità cristiana di Colossi. E, tuttavia, ancora insiste nell’esortare a crescere nella fede e nella sequela di Gesù. A questo scopo innalza a Dio la sua incessante preghiera. Il testo paolino viene a ricordarci la necessità di crescere sempre nella fede: la conoscenza e l’amore del Signore sono vivi nella misura in cui progrediscono e si sviluppano. Anche oggi siamo chiamati a compiere un passo avanti nella comunione con Gesù.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono”. Le parole dell’apostolo sono davvero splendide: si presentano come un bellissimo inno alla centralità di Gesù, sia nell’opera della creazione che nella storia della salvezza. Tutto, in Cristo, trova consistenza e significato. Questo vuol dire che solo in Lui divengono comprensibili il mistero dell’uomo, la storia del mondo, lo spettacolo della creazione. E tutto per questo motivo, per chi ha gli occhi trasparenti della fede, diventa richiamo di Dio, eco della Parola eterna, per mezzo della quale e in vista della quale tutto è stato pensato e fatto.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Fratelli, un tempo anche voi eravate stranieri e nemici”. L’apostolo si rivolge a cristiani che un tempo erano pagani. E ricorda loro la condizione in cui si trovavano: stranieri e nemici. Anzitutto stranieri. Perché senza la fede nella paternità di Dio rivelata in Gesù ogni uomo è straniero sulla terra. E senza il Paradiso, che è stato riaperto per noi dalla morte e risurrezione del Signore, tutti noi siamo senza patria. Poi nemici. Perché se non siamo salvati dalla grazia di Dio in Cristo il nostro cuore è incapace di vincere l’inimicizia che ci separa dal Signore e l’altra inimicizia che ci rende antagonisti gli uni degli altri. Quale annuncio di gioia, dunque! In Gesù non siamo più stranieri e neppure nemici. In virtù della nostra fede ora abbiamo una casa stabile, il Cuore del Signore, ora possiamo vivere l’avventura di un vero amore per Dio e i fratelli.
XXIII
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Quanto afferma l’apostolo ci aiuta a ricordare quale grande amore per la Chiesa siamo chiamati a coltivare. Paolo, per la Chiesa, offre le proprie sofferenze in comunione con le sofferenze di Cristo. Il santo sa, infatti, che nel disegno della salvezza ha una parte importante quanto noi doniamo al Signore vivendo in intima comunione con Lui. Anche noi, pertanto, possiamo collaborare al bene della Chiesa, alla salvezza del mondo. Come è bello e consolante tutto questo! Ogni nostro dolore non è vano. Anzi, è sorgente di Vita vera. Per chi ha fede proprio nulla va perduto e nulla rimane senza significato.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Fratelli, come avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. L’apostolo, con queste sue parole, identifica alcuni verbi fondamentali del vivere in Cristo. Anzitutto, ascoltare: il discepolo è colui che ogni giorno ascolta con attenzione la parola del Signore. Poi, camminare: il discepolo è colui che si muove alla sequela di Gesù. Inoltre, essere radicati e costruiti: il discepolo è colui che vive in profonda comunione con il Maestro e cresce nella santità. Ancora, essere saldi nella fede: il discepolo è colui che trova nella fede la sua forza e il suo nuovo modo di pensare. Infine, rendere grazie: il discepolo è colui che sperimenta la gratitudine per la sovrabbondanza di amore con cui è amato da Dio. Viviamo alla luce di questi verbi!
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Colossesi: “Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”. L’invito dell’apostolo aiuta anche noi a non perdere di vista lo specifico della fede cristiana che, fondata sulla risurrezione del Signore, proietta mente e cuore, intelligenza e volontà verso la realtà del Cielo. Una realtà nella quale vivere quotidianamente con familiarità, una realtà da attendere con speranza e con gioia. Questa realtà del Cielo è Cristo, che è sempre con noi! Più siamo in Cristo e più “le cose di lassù” divengono il quotidiano splendido della nostra vita. Solo così siamo anche quel pezzo di Cielo sulla terra di cui il mondo ha tanto bisogno.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi”. I sentimenti di carità elencati dall’apostolo sono il riflesso della stessa carità di Dio che abita il nostro cuore. Proprio perché Dio ci ha salvato, donandoci un cuore nuovo, è possibile rivolgersi ai fratelli con la bellezza dei sentimenti che sono l’espressione di un cuore rinnovato dalla grazia. E come rimanere in una tale disposizione? Ecco l’invito di San Paolo: “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza”. Se si rimane in Cristo e nella Sua parola, allora si rimane anche nel Suo amore e nei sentimenti del Suo Cuore.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera a Timoteo: “Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento”. L’apostolo ricorda la sua vita precedente la conversione e riconosce una grazia speciale con la quale Dio ha trasformato la sua vita. In particolare, Paolo mette in luce la fiducia che il Signore ha avuto e ha in lui. Ed è proprio questa fiducia fedele che sta alla radice del suo amore per Gesù, del suo slancio apostolico, del suo zelo per la Chiesa. La stessa fiducia accordata all’apostolo il Signore la accorda anche a noi. Ed è questa fiducia divina che sta alla base della forza e della speranza con cui compiamo il cammino della fede. Dio ha fiducia di noi! Sostenuti da questa fiducia mettiamo le ali della santità.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo a Timoteo: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io”. Questa affermazione, che certamente ha carattere autobiografico, in verità riguarda anche tutti noi. Anzi, ciascuno a buon diritto può e deve farla sua. E’ proprio vero e, pertanto, motivo della più grande meraviglia: Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e, tra questi, il primo sono io. Quindi, Gesù è venuto anzitutto per me, per la mia salvezza! Questa nota personalissima dell’amore del Signore accompagna la nostra vita e ogni nostra giornata, conferendole sempre la nota della gratitudine, della gioia, dello stupore, del desidero rinnovato di ricambiare tanta e tanto grande grazia. Come è bello il volto di Dio in Gesù! Quale grande grazia è la fede!
XXIV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo a Timoteo: “Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”. L’apostolo invita a una preghiera accorata a vantaggio di tutti. Tutti, infatti, hanno bisogno del sostegno della preghiera. È quanto dobbiamo ricordare anche noi ogni giorno, innalzando con fiducia a Dio la nostra preghiera per il bene di tutti. L’apostolo esorta anche alla preghiera per coloro che hanno assunto il servizio dell’autorità. A loro, infatti, è assegnato il compito arduo di provvedere al bene comune, di esercitare quella che San Paolo VI chiamava “la più alta forma di carità”. Nella nostra preghiera, ci sia sempre anche il ricordo orante per questi nostri fratelli e sorelle.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo a Timoteo: “Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù”. Questa affermazione segue le raccomandazioni che l’apostolo indirizza a Timoteo, riguardo ad alcuni compiti che vengono svolti all’interno della comunità cristiana. In particolare Paolo fa riferimento ai vescovi, ai diaconi e alle donne. Per ognuna di queste categorie egli riserva importanti orientamenti di comportamento e di vita. Ma ciò che riguarda tutti è il fatto che ciascuno è chiamato a vivere con esemplarità la propria fede laddove è chiamato a viverla, nella quotidianità della sua esistenza. È questo un richiamo prezioso anche per noi: non importa il servizio che svolgiamo quanto piuttosto che svolgiamo santamente il servizio che ci è stato affidato.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo a Timoteo: “Figlio mio, ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità”. Scrivendo al suo discepolo, l’apostolo afferma una verità ricorrente nelle sue lettere: la Chiesa è la casa di Dio, colonna e sostegno della verità. Certamente sono molteplici le immagini con le quali è possibile descrivere il mistero della Chiesa. Paolo ne offre una molto bella: Dio ha voluto rendersi presente nel mondo, quale Salvatore, nella Chiesa e la Chiesa è il luogo nel quale la pienezza dei mezzi di salvezza si rende presente e disponibile a tutti. Per questo viene definita “colonna e sostegno della verità”. Quale grazia, dunque, farne parte! Ma anche quale responsabilità! Perché ciascuno di noi è il volto visibile della Chiesa.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo a Timoteo: “Figlio mio, nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza”. L’esortazione di Paolo sottolinea l’importanza dell’esempio nella vita di chi porta una responsabilità all’interno della comunità cristiana. La stessa esortazione, però, riguarda tutti. Tutti, infatti, abbiamo la responsabilità di condurre una vita esemplare in ordine alla testimonianza del Signore. Ecco, perché Paolo afferma: “Non trascurare il dono di Dio che è in te”. Solo così, infatti, custodendo e alimentando il dono della fede con la preghiera e l’esercizio della carità, la vita può essere davvero esemplare e divenire annuncio della salvezza. In realtà questa è la vita dei santi. Camminiamo, dunque, nella strada della santità.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Paolo a Timoteo: “Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni”. In queste parole, scritte da San Paolo a Timoteo, possiamo ritrovare le seguenti importanti indicazioni. Anzitutto, la fede è anche un combattimento. È necessario ogni giorno lottare con ardore per conservarla, custodirla, accrescerla, viverla nella gioia. Inoltre, siamo chiamati alla vita eterna. È questa la meta luminosa del nostro cammino terreno. La vita è pellegrinaggio, non dobbiamo mai dimenticarlo. Infine, la bella testimonianza della fede davanti al mondo. Non possiamo trattenere per noi il dono inestimabile dell’incontro con il Signore che salva la nostra vita. Siamo chiamati a contagiare tutti con la bellezza della nostra appartenenza a Gesù e alla Chiesa.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di San Paolo a Timoteo: “Figlio mio, davanti a Dio, che da’ vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato…”. Con queste parole l’apostolo introduce le successive raccomandazioni rivolte al discepolo Timoteo. Paolo parla “davanti a Dio… e a Gesù Cristo”. Questo “parlare davanti” indica una relazione profonda e di obbedienza alla parola di Dio e alla Sua volontà. Anche noi dovremmo sempre parlare “davanti a Dio e a Gesù Cristo” e vivere allo stesso modo, facendo discendere pensieri, giudizi e decisioni dalla parola del Signore. In questo legame quotidiano e concreto con la volontà di Dio consiste una vera vita nella fede. Fede, infatti, è avere il pensiero del Signore, il Suo stesso sguardo sulla realtà che ci sta attorno, la Sua stessa prospettiva sulla vita.
XXV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Esdra: “Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola che il Signore aveva detto per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia”. Il libro di Esdra racconta l’opera fedele di Dio che mantiene fede alle Sue promesse. Finalmente Israele ritorna dall’esilio e il tempio può essere ricostruito. Tutto ciò avviene in modo imprevisto e imprevedibile. È Ciro, infatti, re di Persia, a rendere possibile tutto questo. Israele impara così che Dio mantiene sempre le proprie promesse e che lo fa spesso per vie umanamente impensabili. Anche noi dobbiamo apprendere questa verità, ogni giorno, con l’aiuto della parola di Dio e l’esperienza della vita. Dio è fedele, lo sarà sempre. Dunque, ci ha salvato e ci salverà. Ma il come e il quando a volte ci sfugge. Nella fede lo crediamo con fiducia. E lo attendiamo con perseveranza.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Esdra: “Gli anziani dei Giudei continuarono a costruire e fecero progressi, grazie alla profezia del profeta Aggèo e di Zaccarìa, figlio di Iddo. Portarono a compimento la costruzione per ordine del Dio d’Israele e per ordine di Ciro, di Dario e di Artaserse, re di Persia”. La descrizione del testo biblico, a proposito della ricostruzione del tempio a Gerusalemme, mette in evidenza un dato: Dio ha ispirato i re di Persia, e i Giudei lavorano alacremente per riedificare il tempio. Dio e l’uomo collaborano nel compimento dell’opera. Ciò che sperimento Israele nell’antichità vale anche per noi oggi. Ogni opera grande nella fede comporta l’agire di Dio e la nostra generosa collaborazione. Il Signore dona, ma il dono deve essere accolto e fatto fruttificare. Anche la giornata di oggi è un dono di Dio, e tanti altri Suoi doni la accompagneranno. Operiamo perché tutto quanto ci è donato possa fiorire in abbondanza alla luce del Vangelo.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Esdra: “Io, Esdra, all’offerta della sera mi alzai dal mio stato di prostrazione e con il vestito e il mantello laceri caddi in ginocchio e stesi le mani al mio Signore, e dissi: Mio Dio, sono confuso, ho vergogna di alzare la faccia verso di te, Dio mio, poiché le nostre colpe si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpevolezza raggiunge il cielo”. Nei giorni della grande gioia, Esdra non dimentica un passato di colpe e di miserie. In realtà, proprio la memoria di un passato oscuro rende ancora più bello il tempo presente, nel quale egli fa esperienza della Misericordia di Dio. Se grande, infatti, è la miseria del popolo, più grande è l’amore fedele di Dio. Così è anche per noi. La consapevolezza amara del nostro peccato diviene anche sempre l’occasione per magnificare la bellezza infinita dell’amore di Dio, sempre più grande del nostro povero cuore e sempre fedele alla Sua promessa di salvezza.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Aggeo: “Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato”. L’esperienza di Israele è molto dolorosa: vive un’inquietudine senza pace, sperimenta un bisogno che non conosce sazietà, si trova appesantito da un lavoro opprimente che non produce risultato, desidera una pienezza che non trova mai. Perché tutto questo? Per bocca del profeta, Dio invita alla riflessione, indicando la risposta: “Salite sul monte, portate legname, costruite la mia casa”. Israele deve tornare a Dio! Laddove, infatti, Dio è dimenticato e abbandonato, e la Sua presenza diviene irrilevante, tutto diviene opaco, privo di senso, inconsistente.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Aggeo: “Ora, coraggio, Zorobabele – oracolo del Signore –, coraggio, Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese – oracolo del Signore – e al lavoro, perché io sono con voi – oracolo del Signore degli eserciti –, secondo la parola dell’alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall’Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete”. In un momento di scoraggiamento, Dio interviene nella vita del Suo popolo e, per il tramite del profeta, invita ad avere coraggio. Spesso nella Scrittura la parola del Signore è parola di incoraggiamento, cui segue l’esportazione a non temere. Questa stessa parola è rivolta anche a noi, soprattutto quando ci capita di rimanere scoraggiati, soprattutto nel cammino della fede, a motivo della nostra miseria. Iniziamo la nuova giornata ascoltando consolati: “Coraggio! Non temere!”. Anche così si manifesta per noi l’amore di Dio.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Zaccaria: “Rallegrati, esulta figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore”. Questo invito all’esultanza risuona in un momento molto triste della storia di Israele. Gerusalemme sembra perduta per sempre, la speranza in una nuova rinascita sembra venuta meno. Ma proprio in questa condizione di estrema sofferenza si eleva alta la parola del Signore che, per mezzo del profeta, ridona speranza. Dio è il motivo della speranza! Con Dio, infatti, nulla è mai perduto! “Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e animali che dovrà accogliere”. Dio, con la sua presenza, dona nuova vita e una nuova fecondità. Ecco, dunque, il fondamento di ogni speranza: il Signore abita in mezzo a noi e mai ci abbandona.
XXVI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Zaccaria: “Così dice il Signore degli eserciti: Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi? Oracolo del Signore degli eserciti. Così dice il Signore degli eserciti: Ecco, io salvo il mio popolo dall’Oriente e dall’Occidente: li ricondurrò ad abitare a Gerusalemme; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, nella fedeltà e nella giustizia”. Quelle del profeta sono parole di speranza, rivolte a un popolo che sembra averla perduta. Il nome “Zaccaria” significa “Dio si è ricordato”. Quel nome indica la specifica missione del profeta: l’annuncio della fedeltà di Dio. Dio è sempre Dio della speranza, anche nelle circostanze più difficili della vita. Il Suo amore fedele sostiene sempre il nostro cammino. Davvero la fede anima la nostra speranza, in questa vita e per l’eternità.
Martedì
Oggi ascoltiamo dal Signore una duplice parola. La prima, dal libro del profeta Zaccaria: “Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi”. Tutti noi dovremmo avere il desiderio di sentirci dire questo dai nostri fratelli. La nostra vita possa parlare di Dio; e, sentendola così parlare, molti abbiamo il desiderio di percorrere la nostra stessa strada, quella di Dio. La seconda, dal Vangelo di san Luca: “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Gesù è fermo e deciso nel muoversi verso Gerusalemme, perché in questo consiste la volontà del Padre sulla sua vita. Tutti noi dovremmo coltivare il desiderio di essere sempre fermi e decisi nel compiere la volontà del Signore, ogni giorno della nostra vita. Preghiamo a vicenda perché queste due parole divengano realtà in noi.
Mercoledì
Ascoltiamo dal libro di Neemia: “Esdra aprì il libro alla presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi”. Il sacerdote Esdra apre solennemente il libro della legge e tutti, subito, si alzano in segno di venerazione. Si dice anche che “tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge”, a sottolineare il desiderio di ascoltare con attenzione la parola del Signore. Assumiamo anche noi questi due atteggiamenti, almeno spiritualmente: alziamoci e tendiamo l’orecchio a Dio che ci parla, a significare la nostra volontà di vivere sempre alla luce di quella Parola. Oggi, Gesù ci esorta: “Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe. Non dimentichiamoci di pregare per questa intenzione, tanto importante per la vita della Chiesa.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Neemia: “Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore”. Israele, per il lungo tempo dell’esilio, era stato privato della Parola della Scrittura. Ora, finalmente, attraverso di essa, può nuovamente porsi in ascolto della voce del Signore. Lo fa con grande attenzione e devozione, come è bene espresso anche da alcuni atteggiamenti esteriori. Inoltre, tutto il popolo, rispondendo “Amen, amen”, comunica la volontà di vivere la parola ascoltata. Tutta la scena biblica è un grande insegnamento per noi e comporta la domanda: “Come ascolto la parola del Signore? Con quale zelo mi impegno a viverla?”.
Venerdì
Ascoltiamo dal libro di Baruc: “Dal giorno in cui il Signore fece uscire i nostri padri dall’Egitto fino ad oggi noi ci siamo ribellati al Signore, nostro Dio, e ci siamo ostinati a non ascoltare la sua voce”. Il profeta riconosce la ribellione del suo popolo e l’ostinazione a non ascoltare la voce di Dio. A queste parole fanno eco quelle di Gesù, dal Vangelo di san Luca: “Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi”. Così questa nostra giornata ha inizio con il riconoscimento umile del nostro peccato e con il desiderio di realizzare una vera conversione del cuore: perché Dio sia davvero al centro della nostra vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Baruc: “Coraggio, popolo mio, tu, memoria d’Israele! Siete stati venduti alle mozioni non per essere annientati, ma perché avete fatto adirare Dio siete stati consegnati ai nemici. Avete irritato il vostro creatore, sacrificando a dèmoni e non a Dio. Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio eterno, avete afflitto anche colei che vi ha nutriti, Gerusalemme”. Israele ha vissuto un tempo di grande sofferenza e di dura prova. Forse è venuta meno la fiducia nella presenza provvidente di Dio. In questo contesto il profeta si fa portavoce di un annuncio di speranza e di una visione di fede sulle vicende della storia. Anche quanto sembra contraddire l’amore di Dio, in verità è dono. Il tempo della sofferenza è, infatti, tempo di grazia perché rende Israele consapevole del proprio peccato e pone le premesse per un cammino di conversione. L’esperienza di Israele ci aiuti a interpretare l’esperienza della nostra vita.
XXVII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Giona: “In quei giorni, fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, questa parola del Signore: “Alzati, va’ a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me”. Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore”. Il profeta, chiamato e inviato in missione da Dio, fugge il più possibile lontano da Lui. E, per non essere disturbato da una voce interiore che potrebbe richiamarlo alla Parola divina che ha ricevuto, si addormenta sulla nave. Giona rappresenta tutti noi quando, per paura o per accidia, non vogliamo accogliere la chiamata di Dio e la Sua parola. Quante volte questo accade! Allora ci allontaniamo, facciamo finta di non sentire. Eppure, quella divina Parola che ci incalza è la Via, la Verità e la Vita per noi. Oggi, quella Parola ascoltiamola e, quella stessa Parola, accogliamo nel nostro cuore.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Giona: “In quei giorni, fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore”. Dio non si stanca di chiamare e inviare il Suo profeta. Quanta pazienza e quanta perseveranza da parte Sua! Anche verso di noi. Se dovessimo elencare il numero di volte in cui siamo stati chiamati dal Signore…! Ecco la bellezza dell’amore di Dio, che mai si stanca di noi. Questa volta Giona ascolta la voce del Signore e accoglie con prontezza la Sua chiamata. E qui il profeta diviene anche simbolo di ciascuno di noi che, convertito in profondità, può essere annunciatore di quella misericordia che, per primo, egli ha sperimentato nella propria vita. Perdonati, annunciamo il perdono del Signore. Salvati, annunciamo la salvezza del Signore. Amati, annunciamo l’amore del Signore.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Giona: “Giona provò grande dispiacere e ne fu sdegnato. Pregò il Signore: «Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato”. Il profeta non riesce più a capire l’operato del Signore. Egli ha predicato con zelo la conversione agli abitanti di Ninive, ma non si attendeva una così grande misericordia da parte di Dio. Giona vive una grave crisi “teologica”, ovvero non riconosce più quel Dio in cui credeva. Capita anche a noi di costruirci un’immagine di Dio, distante dalla verità del Suo volto. Ogni giorno, pertanto, siamo chiamati a purificare gli occhi e il cuore con l’aiuto della parola del Signore e della preghiera, perché Colui davanti al quale stiamo e viviamo sia davvero Dio del Signore nostro Gesù Cristo.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Malachia: “Avete affermato: «È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti»”. Dio stesso, per bocca del profeta, fa risuonare le parole del Suo popolo, amareggiato e depresso a motivo di ciò che vede e sperimenta: beati sembrano i cattivi, mentre i buoni sono nella sofferenza. Questa sorta di “accusa” a volte si fa presente anche in noi: ci appare di difficile comprensione l’agire di Dio. Eppure è proprio qui che prende forma lo sguardo della fede, sapendo che un giorno il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti, che il nostro destino è la risurrezione della carne e la beata eternità e che, nel tempo presente, tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Gioele: “È vicino il giorno del Signore”. Quello che il profeta vede in enigma, riguardo a un tempo che deve ancora venire, per noi e’ una realtà. Il giorno del Signore, è vero, rimane all’orizzonte della storia umana, quando Gesù ritornerà nella pienezza della Sua gloria e tutto sarà ricapitolato in Lui. Ma quel giorno è anche nell’oggi della nostra vita, dal momento che Gesù risorto è vivo in mezzo a noi e opera con la forza del Suo Spirito. In virtù della fede il giorno del Signore per noi è “già e non ancora”. “Già, perché Gesù viene sempre nella nostra vita, visitandola incessantemente. “Non ancora”, perché attendiamo il ritorno glorioso di Gesù alla fine dei tempi. Davvero il Signore riempie della Sua presenza tutto, il presente e il futuro. Egli è la nostra Vita: in parte, goduta e, in pienezza, attesa.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Gioele: “In quel giorno le montagne stilleranno vino nuovo e latte scorrerà per le colline; in tutti i ruscelli di Giuda scorreranno le acque. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irrigherà la valle di Sittìm”. Dopo aver pronunciasti parole forti e dure, per bocca del profeta Dio preannuncia tempi di rinascita e di gioia. In questo annuncio viene ancora una volta affermata la fedeltà di Dio alla Sua promessa di amore. Una promessa antica, che riguarda oggi la Chiesa e tutti noi, in Cristo nostro Salvatore. Anche se a volte i tempi appaiono difficili e la nostra stessa vita risulta oscurata dalle tenebre, l’amore fedele di Dio non viene meno e la Sua promessa di felicità vera sta all’orizzonte, a fondamento di ogni nostra speranza. Noi speriamo, sempre, a motivo dell’amore che Dio ha per noi. È Dio in Gesù la nostra speranza!
XXVIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio…a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!”. L’apostolo, iniziando a scrivere ai cristiani di Roma, anzitutto si presenta. Egli è servo di Gesù, tutto vive in Lui e per Lui, in totale obbedienza alla Sua volontà. Inoltre, in quanto chiamato a essere apostolo, annuncia senza sosta il Vangelo di Dio. In ciò che riguarda Paolo si riflette anche la nostra vita. Paolo, poi, aiuta i Romani a scoprire la loro identità. Essi sono amati da Dio e, perciò, santi, abitati dalla grazia e ricolmi della pace. Nei cristiani di Roma, così identificati, possiamo tutti rispecchiarci. Anche noi, pertanto, siamo: servi di Gesù, annunciatori del Vangelo, amati da Dio e santi.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, io non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco”. L’apostolo esprime a parole quello zelo missionario che caratterizza il Suo cuore. Il Vangelo, per lui, non è mai motivo di vergogna, né di fronte ai Giudei come neppure ai Greci. Come a dire, di fronte a nessuno. Perché Egli è consapevole che nel Vangelo di Gesù è la salvezza di ogni uomo. Lo slancio di Paolo possa contagiare anche noi, che spesso ci vergogniamo di presentarci al mondo come cristiani e abbiamo timore ad annunciare la Parola della salvezza. Chiediamo la grazia di non perdere mai la consapevolezza gioiosa della bellezza e della grazia della fede, del cui annuncio siamo debitori al mondo intero.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio contro quelli che commettono tali cose è secondo verità”. In questa esortazione dell’apostolo ritroviamo l’eco della parola del Signore in merito al giudizio. Se giudizio significa saper definire il bene e il male, riconoscendolo, valutandolo e operando di conseguenza, allora si tratta di una facoltà che ciascuno di noi è chiamato a esercitare con verità, prudenza e carità per sé e per gli altri. Ma se giudizio significa pronunciare una sentenza in relazione al cuore dell’uomo, questo solo Dio può farlo. Il Signore ci salvi dalla tentazione di farci giudici dell’animo umano.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera ai Romani di San Paolo: “Fratelli, ora, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù”. Quanto afferma l’apostolo è bellissimo e costituisce la buona notizia del Vangelo. Superata l’antica Legge, ora tutti sono giustificati e, dunque, salvati a motivo di Gesù. Egli è il vero e definitivo Salvatore di tutti. Non vi è salvezza al di fuori di Lui, ma a tutti, anche in modi a noi misteriosi, la salvezza è donata. Gesù è il Principio e la Fine, il senso di tutto ciò che esiste, il compimento del disegno della Misericordia di Dio sulla storia umana.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, che diremo di Abramo, nostro progenitore secondo la carne? Che cosa ha ottenuto? Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio. Ora, che cosa dice la Scrittura? Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia”. L’apostolo, facendo riferimento ad Abramo, intende sottolineare con forza che l’uomo non può salvarsi da solo. Non solo le su buone opere a consentirgli di accedere alla salvezza. Solo la grazia di Dio opera la giustificazione, ovvero rende giusti e, quindi, salvati. Con Paolo riconosciamo con gioia il primato della grazia. La salvezza ci è donata ed è da accogliere nella fede. Questa è la buona notizia del Vangelo: siamo salvati dall’amore di Dio in Cristo. Ogni nostra opera è la conseguenza di una trasformazione del cuore che precede ogni nostro impegno.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede”. L’apostolo insiste sul grande tema della fede, in virtù della quale si resta giustificati e, dunque, salvati. Non è la semplice osservanza della legge a rendere eredi del mondo, cioè santi. Abramo ne è l’esempio. Egli, infatti, è in virtù della fede con la quale ha aderito senza condizioni alla parola di Dio, che è stato considerato giusto. Anche per noi si ripropone la stessa via di giustizia e di salvezza. Essa si realizza quando accogliamo nella fede il dono dell’amore di Dio, lo crediamo e lo facciamo nostro. Quell’amore, allora, opera in noi e ci introduce nell’esperienza beatificante della santità.
XXIX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, della promessa di Dio Abramo non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento”. Alla scuola di Abramo, per il tramite dell’apostolo, appendiamo la realtà della fede che, oltre a essere adesione a dei contenuti, è anche atteggiamento del cuore, abbandonato senza condizioni alla Parola di Dio. Questa Parola, Abramo l’ha ascoltata con totale fiducia, anche quando sembrava irrealizzabile. La promessa di una grande discendenza, infatti, tardava a prendere forma. Ma Abramo continua ad avere fede. Sa che Dio compie sempre le Sue promesse. Possa essere così anche la nostra fede, nella certezza che la parola rivolta a noi da Dio ogni giorno è una promessa di amore, già reale al presente e destinata al pieno compimento nella beata eternità.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani. L’apostolo presenta il mistero della salvezza, realizzata da Dio nella storia umana. In questa storia vi nota la presenza drammatica del male, ma anche la straordinaria forza del bene. “Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”. Come è bella questa affermazione dell’apostolo! Il peccato abbonda nella storia, ma la grazia sovrabbonda. E ha sempre la meglio. Ciò che avviene nelle vicende del mondo e di tutti gli uomini avviene anche nella storia personale di ciascuno. Il peccato abbonda in noi, ma la grazia sovrabbonda, perché sempre sovrabbondante è l’amore di Dio in Gesù. Contempliamo, nella gioia e nella gratitudine, il mistero della sovrabbondanza dell’amore di Dio in Gesù, che accompagna i passi della nostra vita!
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, il peccato non regni più nel vostro corpo mortale, così da sottomettervi ai suoi desideri”. In queste parole dell’apostolo sono delineati, allo stesso tempo, la realtà drammatica del peccato e la splendida novità della salvezza. La realtà del peccato appartiene al passato e ci ha reso schiavi, perché il male vissuto ci rende succubi dei suoi desideri cattivi. La novità della salvezza appartiene all’oggi della nostra vita, che è stata raggiunta dall’amore di Dio in Gesù. Quando pecchiamo ritorniamo al triste passato; quando viviamo nella grazia siamo pienamente inseriti nella gioia della salvezza. Fuggiamo il peccato in ogni sua forma, sempre! Accogliamo la grazia, l’amore di Dio, con prontezza, vivendo nella Sua volontà!
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani: “Come avete messo le vostre membra al servizio dell’impurità e dell’iniquità, per l’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la santificazione”. L’apostolo si rivolge a pagani che hanno abbracciato la fede: sono vissuti nel peccato e ora hanno la grazia di vivere una storia di santificazione. Non serve rimanere a considerare il proprio passato; e’, invece, necessario guardare avanti per camminare in una vita nuova secondo il Vangelo. La parola di Paolo vale anche per noi. Consapevoli delle nostre cadute e delle nostre debolezze, non dobbiamo attardarci su di esse e di esse rimanere prigionieri. Invece, dopo il pentimento, subito siamo chiamati a riprendere la via del Signore, realizzando l’opera della nostra santificazione.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani: “Fratelli, io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. Con queste parole San Paolo, parlando di se stesso, parla anche di un’universale esperienza umana: avvertiamo la bellezza del bene e l’invito interiore a realizzarlo. Ma poi sembra prevalere il male. L’apostolo, con esultanza del cuore, riconosce che la forza per vincere in questa lotta decisiva viene dall’alto, viene dal Signore. In Lui riceviamo la capacità di attuare quel bene di cui abbiamo visto la bellezza e verso il quale abbiamo avvertito l’invito. Quando il peccato sembra prevalere nella nostra vita, quando il male sembra avere la forza di schiacciarci, abbracciamo Gesù, lasciamo che la sua grazia ci trasformi, che la sua forza vinca in noi e con noi.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, ora non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile”. Come è consolante questa parola dell’apostolo! Egli ne ha sperimentato tutta la verità nella propria vita. Lui, che pensava di essere giusto in virtù della Legge antica e delle opere compiute, ha potuto toccare con mano la forza liberante dell’amore di Dio, in Gesù che lo ha salvato. Non si può vivere secondo Dio se prima Egli non dona quella grazia che trasforma il cuore, rendendolo colmo dello Spirito di Dio. In Gesù è questa grazia, che è la buona e bella notizia del Vangelo. Egli è Salvatore per questo. Ecco perché il Lui è davvero la Vita!
XXX SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani: “Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”. L’apostolo ci ricorda l’opera che lo Spirito del Signore compie nel nostro cuore e nella nostra vita: ci consente di guardare con fiducia, meraviglia e gratitudine il volto di Dio, dicendo con gioia: “Padre”. Invochiamo spesso lo Spirito Santo perché ci aiuti a mantenere viva la consapevolezza di essere amati da Dio che è Padre. Cosi, nella nostra giornata, nulla ci incute paura, perché tutto porta l’impronta di questo Amore e in tutto ci è dato di vedere la cura che Dio ha di noi. Oggi, spesso, nella nostra preghiera, diciamo con fiducia: “Padre”.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani: “Nella speranza infatti siamo stati salvati”. Con queste parole l’apostolo conclude la riflessione sulle attese dell’intera creazione, di cui l’uomo è interprete e voce. In Gesù siamo salvi! Eppure il realizzarsi pieno della nostra salvezza non è ancora compiuto: né per noi, né per la creazione. Cieli nuovi e terra nuova sono all’orizzonte del cammino terreno. Pur essendo una realtà già presente nel tempo a motivo della fede, rimangono una speranza attesa e desiderata al di là della storia. L’apostolo, con le sue parole, ci ricorda la grazia straordinaria che ci è stata fatta in Cristo: siamo stati salvati! E questa salvezza, che già pregustiamo nell’oggi con la vita della grazia, un giorno la gusteremo in pienezza nella visione eterna di Dio. Viviamo un anticipo di Paradiso e viviamo per il Paradiso! Rimanga sempre questo uno dei segni distintivi della nostra fede.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani: “Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno”. Quanto afferma l’apostolo ci introduce in una realtà splendida e luminosa. Per coloro che amano Dio, che in Dio hanno incontrato l’Amore, tutto concorre al bene, perché sanno che tutto è saldamente nelle Sue mani e di tutto si serve perché si realizzi in noi il Suo disegno di amore. Così, in virtù della fede, non vi è più spazio per l’angoscia e la disperazione. Nulla e’ banale, nulla insensato. Il senso di ogni cosa è l’amore di Dio rivelato in Gesù. Anche quando le apparenze sembrano dire il contrario, anche allora, sotto quelle apparenze, opera la Provvidenza di Dio, che tutto ordina al nostro bene più vero ed eterno. Davvero la salvezza in Gesù, ci introduce nell’esperienza di essere figli custoditi, protetti, teneramente amati.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: “Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello”.
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”. L’apostolo elenco una serie di situazioni per le quali sembrerebbe impossibile fare esperienza dell’amore. In effetti quelle esperienze ne sembrano la negazione, almeno da un punto di vista umano. Eppure l’amore di Dio in Gesù è fedele sempre e non ci abbandona mai, neppure in quelle situazioni. Tutti possono lasciarci, tutto può superficialmente apparire come un rinnegamento dell’amore. Ma in Cristo Salvatore sappiamo di essere amati sempre, di non essere mai soli e di poter trovare, in questo amore, il significato di tutto.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, vi dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una grande sofferenza”. A che cosa si riferisce l’apostolo? Ha in mente i suoi “consanguinei secondo la carne”, ovvero i Giudei, e soffre per loro a motivo di Cristo. Il suo è un grande dolore perché li vorrebbe conquistati da Cristo e, pertanto, nella pienezza della Vita. Entriamo nel dolore di San Paolo, trovandovi il cuore del vero missionario e innamorato di Gesù, che patisce al pensiero che vi possa essere qualcuno che ancora non ha avuto la grazia di entrare nell’amicizia salvatrice del Signore. Possa essere in noi il cuore dell’apostolo, così da sentire anche noi lo zelo ardente per la missione, il dolore che si trasforma in offerta d’amore per la salvezza del mondo.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di san Paolo ai Romani, a proposito d’Israele e della sua storia religiosa: “I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. Quando l’apostolo dice riguardo all’antico popolo vale anche per la Chiesa e per tutti noi. Come è consolante questa verità! Dio è eternamente fedele al Suo amore per noi. Siamo noi, purtroppo, che possiamo sottrarci alla Sua chiamata o ribellarci al Suo appello. Ma Dio non ritira mai la Sua parola di alleanza e di amore. Con il ritornello del salmo, oggi ripetiamo nella gioia: “Il Signore non respinge il suo popolo”. Gustiamo nella preghiera l’annuncio esaltante della fedeltà di Dio! E rispondiamo con la vita a tanto e tanto bell’Amore! Diciamo sì a Dio. Diciamo sì alla Sua parola. Diciamo sì alla Sua volontà!
XXXI SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen”. Come sono belle queste parole dell’apostolo! Seguono un suo atto di contemplazione sul mistero di Dio, del quale osserva, con stupore, lo splendore. Quale splendore, in particolare? “I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. Come a dire: l’amore di Dio per noi è fedele in eterno e non conosce ripensamenti. Con San Paolo rimaniamo a contemplare la luce abbagliante del mistero di Dio e lasciamo che il cuore si ricolmi di meraviglia e di gratitudine.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione”. In queste parole dell’apostolo troviamo illustrata la bella verità della nostra comune appartenenza al Corpo di Cristo. In questo Corpo ciascuno ha il proprio posto e la propria missione. Nessuno è inutile e nulla è inutile. Non vi è dunque spazio per la gelosia e l’invidia, anche perché il dono di ognuno va a beneficio di tutti. Viviamo nella gioia grata del dono ricevuto e della missione affidataci. Siamo nel Corpo di Cristo, siamo il Corpo di Cristo.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Per andare al cuore del Vangelo dobbiamo sempre ritornare a questa parola dell’apostolo, che individua nell’amore del prossimo la ricapitolazione della volontà di Dio sulla nostra vita. Nell’espressione concreta e quotidiana di questo amore si rende visibile la salvezza, donata a noi dal Signore morto e risorto. Nessuno, infatti, può amare davvero il suo prossimo se non è rinato a vita nuova in virtù della grazia della redenzione. Ecco perché ogni vero amore tra gli uomini trova la propria sorgente e possibilità nella relazione viva con Dio.
Giovedì
Ascoltiamo parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore”. Vivere per il Signore e morire per il Signore. In queste parole dell’apostolo è illustrato il più bel programma di vita cristiana. Cristo, infatti, è tutto per noi perché noi siamo Suoi. Vivere e morire per Lui, di conseguenza, non può che essere l’ardente desiderio di ogni Suo discepolo. E in ciò sta la pienezza della vita come anche il senso autentico del morire. Perché solo dove c’è Gesù c’è anche pienezza di vita e di significato per la nostra umanità. Trasformiamo in preghiera il nostro desiderio: “Fa’, o Signore Gesù, che io possa vivere e morire per te, vivere e morire in te”.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro. Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti”. Avviandosi alla conclusione della sua lettera, l’apostolo riconosce ciò che di bene è presente tra i cristiani di Roma. Eppure ha desiderato richiamarli con audacia perché non perdano di vista il cuore della fede e ancora progrediscano sul via della santità evangelica. Leggere questo testo diventa, così, un richiamo per noi, perché non perdiamo mai di vista il di più che ci attende nella sequela del Signore. Dobbiamo rendere grazie a Dio per le Sue opere nella nostra vita. Ma dobbiamo anche rimanere in cammino, al fine di rispondere con sempre maggiore pienezza alla Sua chiamata.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dalla lettera di San Paolo ai Romani: “Fratelli, salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano”. È il primo dei molti saluti con i quali si conclude la lettera di Paolo alla comunità di Roma. L’apostolo ha intessuto una rete molto bella e assai vasta di amicizie profonde nel Signore. È anche questa una caratteristica cristiana: la capacità di vivere relazioni luminose e fortificate dalla fede comune. Il discepolo di Gesù impara da Lui l’arte dell’amicizia, da Lui che ci ha chiamati amici e non servi. Entrare nell’amicizia di Gesù significa divenire capaci di amicizia, di condivisione autentica della vita, di cammino fatto insieme nel Suo nome e nel Suo amore. Possa, la nostra vita, essere arricchita da tante storie di amicizia cristiana!
XXXII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “La sapienza non entra in un’anima che compie il male”. A differenza di quanto a volte si pensa, non è la molteplicità delle esperienze – anche cattive – che rende sapienti. In verità, la sapienza cresce in noi nella misura in cui la vita si radica nel bene e sperimenta il bene. Il male fa sempre male e rende l’uomo incapace di guardare con limpidezza se stesso, gli altri e il mondo. Il bene, invece, rende chiaro lo sguardo umano. Lo stesso vale per la nostra conoscenza di Dio. Dio lo si conosce e riconosce nella propria vita nella misura in cui ne osserviamo la Parola e ci abbandoniamo con fiducia alla Sua volontà. A chi, invece, non ha fiducia nella volontà di Dio e non pratica la Sua parola, Dio rimane estraneo. “Egli infatti si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova”.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là”. L’autore ispirato sta parlando dei giusti, di coloro che sono morti nella pace del Signore. L’immagine della scintilla che corre in tutte le direzioni suggerisce luce, calore, gioia. Al di là della morte, nell’eternità, luce, calore e gioia caratterizzeranno la vita di tutti coloro che sono approdati nel porto di Dio. Ma già quaggiù, in questo tempo, coloro che appartengono al Signore sono come scintille che corrono qua e là: illuminando tutto e tutti con la luce della fede, trasmettendo il calore dell’amore, comunicando la gioia della speranza. Chiediamo la grazia di risplendere sempre così, anche in questa giornata.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto. Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore. Il Signore dell’universo non guarderà in faccia a nessuno, non avrà riguardi per la grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e a tutti provvede in egual modo”. Questo testo riferisce a coloro che hanno un’autorità o un potere sugli altri. Del modo in cui questa autorità e questo potere vengono esercitati, Dio chiede conto. Tutti noi, in realtà, siamo in posizione di superiorità verso qualcuno. Le parole del libro della Sapienza, dunque, riguardano anche noi. Quale atteggiamento teniamo riguardo a coloro che sono più deboli e indifesi? Con quale carità ci relazioniamo nei confronti di chi, umanamente, ha meno ed è meno di noi? Chiediamo al Signore che ci doni il Suo amore di predilezione per chi è piccolo
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza. La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa a meraviglia l’universo”. La Sapienza di cui fa l’elogio l’antico testo ispirato è anticipazione di Cristo, Sapienza eterna del Padre, e dello Spirito Santo che si dona a noi anche come Sapienza. Ecco perché dobbiamo nella nostra preghiera chiedere insistentemente il dono della sapienza. Chiederlo, infatti, significa invocare il dono della Sapienza eterna, Gesù Parola del Padre. Chiederlo significa invocare quel dono dello Spirito che ci fa guardare e giudicare ogni cosa dal punto di vista di Dio. Oggi, come fece un giorno Salomone, con una splendida preghiera, chiediamo il dono della Sapienza.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore”. Siamo invitati a fissare la creazione con sguardo penetrante, al fine di scoprire, in ciò che è creato, la presenza e l’opera del Creatore. Quante volte si rimane stupiti e commossi davanti a uno spettacolo offertoci dalla creazione! In quello stupore commosso possiamo compiere un atto di fede, lodando la grandezza e la bellezza del Creatore. “I cieli narrano la gloria di Dio”, canta il salmista. Come è vero! I cieli parlano di Dio. Anche la nostra vita, come accade per i santi, è chiamata essere un racconto della bellezza e della bontà del Signore. Chiediamo, pertanto, questa grazia: la nostra vita possa narrare la gloria di Dio. Santa Elisabetta d’Ungheria, prega per noi.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio”. Qui l’autore sacro si riferisce a quanto Dio ha operato a favore del Suo popolo con la potenza della Sua parola: parola che scuote, abbatte, rialza, ferisce, guarisce e salva. Silenzio e parola appaiono strettamente legate. La parola, infatti, opera dal silenzio e nel silenzio. Dice san Giovanni della Croce: “Il Padre dice una sola Parola: è il suo Verbo, il Figlio suo. La pronunzia in un eterno silenzio ed è solo nel silenzio che l’anima può intenderla”. Ecco l’importanza del silenzio nella vita della fede! Dio lo si può ascoltare solo in un grande silenzio. Il silenzio, pertanto, è la terra di Dio e il nostro Cielo.
XXXIII SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal primo libro dei Maccabei: “In quei giorni uscirono da Israele uomini scellerati, che persuasero molti dicendo: Andiamo e facciamo alleanza con le nazioni che ci stanno attorno, perché, da quando ci siamo separati da loro, ci sono capitati molti mali. Parve buono ai loro occhi questo ragionamento”. Il testo che ascoltiamo si riferisce a un tempo molto triste della storia di Israele: tempo di compromessi con lo spirito del mondo, di tradimento dell’alleanza con Dio, di grande mediocrità religiosa. Non è, quello descritto nel brano biblico, solo un tempo passato. Spesso diviene anche il nostro tempo presente. E ciò accade quando il radicalismo evangelico lascia spazio a un facile compromesso con la mondanità; quando allo slancio dell’amore per il Signore e per i fratelli subentra il torpore del cuore. Chiediamo la grazia di rimanere ben saldi nella fede, nella speranza e nella carità.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal secondo libro dei Maccabei: “In quei giorni, un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone”. Il testo biblico che racconta gli ultimi istanti di vita dell’ormai anziano Eleàzaro è commovente. Ci affascina, soprattutto, la sua fedeltà eroica alla legge di Dio in tempo di grave persecuzione. Avrebbe potuto avere salva la vita. Ma ha preferito la morte al tradimento e al cattivo esempio che avrebbe lasciato ai più giovani del Suo popolo. Domandiamoci quanto siamo decisi nel vivere con fedeltà la nostra appartenenza al Signore. Domandiamoci quanto abbiamo a cuore di essere testimoni autentici della fede.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal secondo libro dei Maccabei: “Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quella voce fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo, e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice se avesse abbandonato gli usi paterni, che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato cariche”. Il re Antioco, in questo testo, bene rappresenta il mondo, in quanto ostile al Signore, e anche il tentatore, che in ogni modo vuole indurre ad abbandonare la fede. La voce suadente di Antioco risuona sempre nella nostra vita. E risuona insidiosa, ingannevole, menzognera. Chiediamo la grazia di saperla riconoscere sempre come tale – opera del nemico – di saperla respingere con prontezza, di saper rinnovare subito la nostra adesione al Signore e alla Sua parola di Vita.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal secondo libro dei Maccabei: “Ma Mattatia rispose a gran voce: Anche se tutti i popoli che sono sotto il dominio del re lo ascoltassero e ognuno abbandonasse la religione dei propri padri e volessero tutti aderire alle sue richieste, io, i miei figli e i miei fratelli cammineremo nell’alleanza dei nostri padri. Non sia mai che abbandoniamo la legge e le tradizioni. Non ascolteremo gli ordini del re per deviare dalla nostra religione a destra o a sinistra”. Quelle che Mattatia rivolge ad Antioco sono parole coraggiose e di grande fede. Sembra risentire quanto un giorno disse san Gaspare del Bufalo a chi voleva fargli rinnegare la fede e la fedeltà alla Chiesa: “Non posso, non devo, non voglio”. Chiediamo la grazia di rispondere anche noi sempre così, almeno nel cuore, a fronte di ogni tentazione che voglia farci abbandonare il Signore, la Chiesa, la verità della nostra fede.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal primo libro dei Maccabei: “In quei giorni, Giuda e i suoi fratelli dissero: Ecco, sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo. Così si radunò tutto l’esercito e salirono al monte Sion”. La dura persecuzione è finita. In Israele torna la libertà. Giuda e i suoi fratelli si recano presso il santuario profanato per purificarlo e consacrarlo. Pensiamo a quel santuario che è la nostra vita. Pensiamo a quante volte lo profaniamo a motivo del peccato. E anche a quante volte lo profaniamo dal momento che non permettiamo al Signore di entrarvi, facendo spazio ad altro. Capiamo, allora, come sia necessario ogni giorno purificare e consacrare al Signore quel santuario che è la nostra vita: implorando misericordia per il male che è in noi, aprendo le porte del cuore perché tutto di noi possa appartenere al Signore.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal primo libro dei Maccabei: “Allora vi si recò e cercava di impadronirsi della città e di depredarla, ma non vi riuscì, perché il suo piano fu risaputo dagli abitanti della città, che si opposero a lui con le armi; egli fu messo in fuga e dovette ritirarsi con grande tristezza e tornare a Babilonia”. Il re Antioco, che cerca di impadronirsi della città e di depredarla, diviene il segno del Nemico dell’uomo che fa di tutto per farlo cadere nel peccato. Gli abitanti della città, che coraggiosamente si oppongono e costringono il re alla fuga, divengono il segno di ognuno di noi quando, con determinazione, affrontiamo e sconfiggiamo il Nemico. La vita è una lotta e, in questa lotta, dobbiamo essere decisi e forti nel dire no al male e si al Signore. Iniziamo la giornata chiedendo la grazia di essere pronti a dire sempre sì al Signore, opponendo resistenza al peccato e al grande Tentatore.
XXXIV SETTIMANA
Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non obbligarlo a contaminarsi. Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari”. Il giovane Daniele, con il suo comportamento coerente e coraggioso, si propone a noi come esempio di fedeltà al Signore, anche in situazioni difficili della vita. Daniele non ha esitato a mettere a rischio anche la propria incolumità’ per non venire meno alla Legge di Dio. Chiediamo la grazia di essere sempre fedeli al Signore e al Suo amore, anche quando questo dovesse costare incomprensione, indifferenza, emarginazione, persecuzione.
Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “In quei giorni, Daniele disse a Nabucodònosor: Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. Aveva la testa d’oro puro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte d’argilla”. Inizia così la spiegazione che Daniele offre a Nabucodonosor, in merito a un misterioso sogno da lui fatto. A differenza di tanti altri saggi del regno, Daniele riesce a dare l’interpretazione delle diverse statue sognate dal re. Daniele è qui l’esempio di colui che, sempre in ascolto della parola di Dio e da essa nutrito, diviene capace di interpretare le vicende della storia e i segni che Dio lascia in essa. Daniele è l’uomo saggio, capace di guardare con gli occhi stessi del Signore gli avvenimenti della vita.
Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, che si misero a scrivere sull’intonaco della parete del palazzo reale, di fronte al candelabro, e il re vide il palmo di quella mano che scriveva. Allora il re cambiò colore: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i suoi ginocchi battevano l’uno contro l’altro”. Ciò che viene qui descritto capita al re Baldassar durante un banchetto. Il sovrano si rivolgerà a Daniele per avere l’interpretazione di quanto ha veduto. Il profeta rivelerà il mistero contenuto in quelle spaventose immagini. E lo farà senza alcun timore, promettendo al re sciagura e morte. La parola profetica è sempre vera e non teme di essere scomoda. Tutti noi siamo profeti quando giudichiamo e valutiamo le realtà umane dal punto di vista de Vangelo. Chiediamo la grazia di essere sempre fedeli e coraggiosi nella nostra profezia.
Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “In quei giorni, alcuni uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio”. La preghiera di Daniele precede di poco una grande prova alla quale egli viene sottoposto. Il re, infatti, a motivo di accuse mosse a Daniele da parte di alcuni uomini, viene gettato nella fossa dei leoni. Il profeta ne uscirà illeso, per l’intervento miracoloso di Dio. Il brano biblico sottolinea la necessità e l’importanza della preghiera per poter vivere nella fedeltà la propria fede. Daniele ha superato la prova a motivo della preghiera che accompagnava la sua vita. Anche noi possiamo superare ogni prova se la preghiera accompagna fedelmente ogni nostra giornata. Ogni nostra giornata inizi con la preghiera, finisca con la preghiera, trascorra nella preghiera. Pregare significa riconoscere la presenza di Dio nella vita e dare il primato alla fede.
Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto”. Questa del profeta è l’ultima parte di una visione terrificante: si succedono, infatti, bestie grandi e terribili, segno del male che affligge il mondo, la storia e i popoli. Ma a queste bestie subentra, infine, colui che è simile a un figlio di uomo, il cui regno non sarà mai distrutto. Con questo regno ha termine la forza del male e il suo apparente regnare tra gli uomini. In questa visione viene proclamata la grande verità: Dio ha sempre la meglio sul male e sul peccato. Alla fine del tempo, certamente e in modo definitivo. Ma anche ora, nella misura in cui Lo accogliamo nella nostra vita.
Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbediranno”. L’anno liturgico termina nell’ascolto di queste parole con le quali Daniele riceve spiegazione della visione appena avuta. Ancora una volta, in quella visione, viene sottolineata la presenza di regni che si schierano contro Dio e i Suoi figli. Ma la conclusione di tale visione comporta il sopravvenire del regno di Dio che ha la meglio su ogni altro regno. Il profeta, pertanto, annuncia la speranza per il suo popolo affranto a motivo del male che sembra vincere. E la annuncia anche noi, rendendoci certi che la vittoria alla fine è sempre di Dio. Con il conforto della parola profetica proseguiamo il nostro cammino terreno, occupati santamente a rimanere fedeli a Dio, per essere partecipi della vittoria del Suo regno di amore.