Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua

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Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua

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TEMPO DI AVVENTO

I SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Sono le parole del centurione romano che ha chiesto a Gesù aiuto per un suo servo malato e sofferente. Nelle parole del soldato troviamo una grande fede nella parola del Signore. Egli è convinto che basterà una Sua parola perché il servo possa guarire. Una tale fede ci commuove e ci smuove. Quale fede abbiamo, infatti, nella parola di Gesù? Se avessimo davvero fede non saremmo più pronti ad ascoltarla e a viverla, nella certezza che in quella Parola è la salvezza e la guarigione del cuore? In questi giorni dell’Avvento vogliamo farci ascoltatori attenti della voce del Signore e ripetere con il centurione del Vangelo: “Di’ soltanto una parola e io sarò guarito”.

Martedì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Luca: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Egli stesso si è fatto “piccolo”, così che ognuno di noi possa ritrovare in Lui la via di accesso al Padre. Solo partecipando a questa piccolezza del cuore ci è dato di entrare nel mistero di Dio, contemplarlo, amarlo. Gesù è nell’intimità del Padre dal momento che vive da piccolo, tutto orientato a Dio e alla Sua volontà, in un legame di abbandono e di amore. Se viviamo in comunione con Gesù, anche noi entriamo nel Suo legame di abbandono e di amore, nella Sua piccolezza che ci apre le porte della vita intima di Dio. E allora saremo davvero “Beati”!

Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”. L’Avvento è un tempo nel quale siamo invitati a rivolgere lo sguardo davanti a noi. E a domandarci: “Come vivo in relazione ai giorni che verranno? Quale è la mia speranza?”. L’Avvento è il tempo nel quale rivedere e purificare il modo in cui viviamo la nostra relazione con quello che verrà. Nella fede sappiamo che quello che verrà ha un nome e un volto: il suo nome è Gesù! Ecco perché siamo nella gioia. Ecco perché abbiamo speranza. Ecco perché il domani non ci spaventa e lo attendiamo con fiducia. Egli verrà! Egli viene! È il nostro Salvatore. Il futuro è il Suo abbraccio di amore.

Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna; perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto; la città eccelsa l’ha rovesciata, rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo”. La città eccelsa, che viene distrutta, nelle parole del profeta e’ contrapposta alla città forte. Questa è la città edificata sulla roccia che è Dio; quella è la città edificata senza Dio. Ritroviamo qui un simbolo della duplice possibilità della nostra vita: fondata o non fondata su Dio e sulla Sua volontà. La parola del Vangelo aggiunge un dettaglio. Chi, infatti, nelle parole di Gesù, costruisce la propria casa sulla roccia? “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica”. Viviamo l’Avvento edificando la nostra vita sulla parola e la volontà di Dio.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Allora toccò loro gli occhi e disse: “Sia fatto a voi secondo la vostra fede”. E si aprirono loro gli occhi”. A due ciechi che gli si avvicinano e che implorano la guarigione, Gesù ridona la vista. Di una cecità sanata parla anche il profeta Isaia: “Liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno”. La parola di Dio viene a ricordarci che la presenza e l’opera del Signore nella nostra vita donano la capacità di vedere. Si tratta di una capacità nuova, quella della fede. Gesù è la nostra Luce! In Lui, infatti, vediamo nuove tutte le cose. Per questo con il ritornello del salmo preghiamo dicendo: “Il Signore è la mia luce e mia salvezza”. Con i due ciechi del Vangelo anche noi oggi supplichiamo: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi”. E sia la luce di Gesù, la Luce che è Gesù a illuminare la nostra giornata.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”. Ciò che prova il Signore nel Vangelo è l’espressione della profondità dell’amore di Dio che si china sulla debolezza della nostra povera umanità per salvarla. In quella compassione ci è dato di vedere la realtà più intima del mistero del Natale: mistero della compassione di Dio per noi. Siamo chiamati a entrare dentro questa divina compassione per parteciparvi. Anche noi, infatti, sull’esempio di Gesù e in virtù della Sua grazia, guardiamo con compassione ogni miseria umana. Ci chiniamo su di essa e vi portiamo sollievo: della fede, della speranza, della carità. Toccati dalla compassione di Dio, diveniamo riflesso della Sua compassione nel mondo. “Compatiti, compatiamo”.

II SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza”. Quegli uomini che conducono il paralitico davanti a Gesù possiamo anche considerarli una bella immagine della Chiesa, la cui missione è di portare a Gesù tutta l’umanità. In quegli uomini possiamo ancora vedere la nostra missione: essere pronti a tutto pur di aiutare i nostri fratelli a realizzare l’incontro della salvezza: quello con il Signore. Chiediamo la grazia di avere quella fede, quel coraggio, quell’amore. Chiediamo il dono di essere segno dell’amore di Dio che cerca ogni uomo.

Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità”. Il Natale è un vero e splendido mistero di consolazione. Siamo consolati perché Dio ha visitato il Suo popolo, ha portato la salvezza e ha perdonato l’iniquità. Oggi, nel Vangelo di san Matteo ascoltiamo dalla voce di Gesù: “Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?” In questa bella immagine possiamo contemplare proprio il mistero del Natale, mistero dell’amore di Dio per noi, che viene a cercare chi era smarrito. Viviamo nella gioia della consolazione di Dio! Viviamo nella gioia della consolazione, che è Dio in Gesù, nostro Salvatore.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Matteo: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. Qual è il giogo di cui parla il Signore? Nella tradizione giudaica il giogo rappresenta i precetti della Legge. Nelle parole evangeliche, pertanto, il giogo indica la nuova Legge, quella dell’amore. Portare questo giogo sulle spalle significa conoscere il ristoro che solo la bellezza dell’amore in Gesù sa donare. Solo coloro che vivono nell’amore, come ricorda il profeta Isaia “riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”. Prendiamo su di noi il giogo della nuova Legge del Signore, abbracciamo la Sua Croce d’amore.

Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in sorgenti”. La promessa di Dio, espressa nelle parole del profeta, è divenuta realtà con l’avvento di Gesù, nostro Salvatore. Perché allora, nella nostra vita, vi sono ancora brulle colline, valli senza fontane, deserti nei laghi, terra arida nelle sorgenti? Il motivo è che non abbiamo avuto ancora il coraggio e la fiducia di consegnare tutto questo al Signore, di aprire quelle colline, quelle valli, quei deserti, quelle terre aride a Dio e al Suo amore. Decidiamoci, in questo tempo di Avvento! Apriamo davvero tutta intera la vita perché il Signore vi possa entrare: per amare, perdonare, cambiare, fecondare, vivere. Crediamo, finalmente, all’Amore!

Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Io sono il Signore tuo Dio che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare. Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare”. Nelle parole che Dio rivolge al Suo popolo, per il tramite del profeta, ritroviamo la relazione tra l’osservanza del comandamento e una vita davvero feconda di bontà e di bellezza. La legge di Dio, infatti, che è legge di amore non mortifica mai, ma sempre indica il cammino della vera vita. Per questo ripetiamo con il ritornello del salmo: “Chi ti segue, Signore, avrà la luce della vita”. Eppure, spesso, siamo come coloro di cui parla il Vangelo di oggi, che rimangono sordi alla Parola del Signore: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”. La pagina evangelica parla di Elia in relazione a Giovanni Battista. Un aspetto della loro vita li unisce in profondità: il rifiuto che hanno incontrato a motivo della loro predicazione. In loro, infatti, la parola di Dio è stata rigettata. In questo tempo, nel quale ci prepariamo ad accogliere la Parola di Dio fatta carne, il Figlio di Dio fatto uomo, siamo chiamati a riconoscere che tante volte anche noi rigettiamo la parola che il Signore ci rivolge. Siamo come coloro che si opponevano alla parola di Elia e di Giovanni: una parola vera che richiedeva conversione della vita. Accogliamo, invece, la Parola di Dio; e con fiducia gioiosa uniformiamoci a quella Parola di salvezza.

III SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal libro dei Numeri: “In quei giorni, Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui. Egli pronunciò il suo poema e disse: Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele!”. Balaam, a motivo dello spirito di Dio che è sopra di lui, può pronunciare uno splendido poema. Al di là dell’immediato e di ciò che è visibile, egli intravvede la realtà più intima di Israele in tutta la sua bellezza. Tutto si trasforma alla sua vista. La fede, quando è viva, opera proprio questa trasformazione dello sguardo. Permette di andare oltre e di fissare gli occhi sulla bellezza dell’opera di Dio nella storia. Chiediamo la grazia di essere, come Balaam, uomini e donne dall’occhio penetrante.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Si, Signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Risposero: Il primo”. Nel racconto di Gesù è molto chiaro dove stia il cuore della vita cristiana: il cuore è l’adesione alla volontà di Dio. Il discepolo è uomo di fatti e parole. Ma le parole varrebbero poco se non fossero accompagnati dai fatti. Stiamo attenti perché la nostra esistenza sia davvero tutta dedita al Signore e, pertanto, tutta orientata all’adorazione di Dio, all’adesione alla parola di vita che Egli ci rivolge. Che la Parola illustri il significato dei gesti. E che i gesti siamo la riprova della verità della Parola.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia”. Le parole del profeta traducono l’attesa che attraversa tutti i tempi e l’invocazione che abita in tutti i cuori umani. Nella consapevolezza dell’impossibilità a procurarsi con le proprie forze la salvezza, l’umanità di ogni tempo si ritrova nelle parole dell’antico profeta. Soltanto dal Cielo può venire una salvezza. Soltanto dall’opera di Dio si può attendere con speranza. Il Natale è la risposta del Signore all’attesa dei secoli. Il Natale è il riscontro che Dio dona al grido e al pianto dell’umanità, afflitta e disorientata. In realtà, solo in Cristo trova luce l’enigma dell’uomo e della sua storia. Solo in Cristo è la luce che illumina il cammino del mondo. In Cristo ciascuno di noi scopre con gioia e gratitudine la propria identità di salvato dall’amore di Dio.

Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore”. Per bocca del profeta, Dio parla al Suo popolo dichiarando amore misericordioso e fedele, prospettando un tempo di comunione sponsale definitiva e feconda. L’oracolo antico diventa realtà in Gesù, Figlio di Dio e Salvatore. In Lui, infatti, si attuano le nozze eterne tra Dio e l’umanità, tra Dio e ciascuno di noi. A Natale, pertanto, celebriamo il patto di eterna alleanza atteso da secoli e ora divenuto realtà. Questo è il cuore della notizia buona del Vangelo. In questo amore, nella bellezza di questo amore possiamo vivere ogni giorno del nostro pellegrinaggio terreno fino al giorno senza tramonto nell’eternità del Cielo.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Egli era la lampada che arde e risplende”. Gesù sta parlando di Giovanni e lo definisce una lampada, per indicare la sua vocazione a essere testimone presso il suo popolo. L’immagine è molto bella, soprattutto perché ci aiuta a ricordare che il testimone, proprio come una lampada, non brilla di luce propria, ma riceve quella luce che a sua volta poi dona. Giovanni Battista fu testimone del Signore perché la sua vita era tutta da Lui illuminata. Anche noi saremo testimoni autentici, nella misura in cui la nostra vita sarà tutta illuminata dalla parola e dalla presenza del Signore. Preghiamo perché si possa dire dire di noi che siamo lampade che ardono e risplendono in mezzo al mondo, richiamo vivente, in mezzo all’oscurità, della luce del Signore, della Luce che è il Signore.

FERIE MAGGIORI DI AVVENTO

17 dicembre
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo”. Inizia così l’albero genealogico del Signore. Segue una lunga lista di nomi che collegano Gesù ad Abramo e a Davide, passando per le diverse generazioni che hanno segnato la storia della salvezza. L’ascolto di questi nomi, apparentemente noioso, in verità è sorprendente. Ci ricorda, infatti, che Dio ha voluto entrare davvero nella nostra storia, è venuto davvero ad abitare in mezzo a noi; e ciascuno di noi può annoverarlo nella propria genealogia. Ma vi è un particolare in più. Tra quei nomi, infatti, ve ne sono alcuni di persone la cui vita non è stata certamente esemplare. In tal modo ci viene ricordato che il Signore è venuto proprio per i peccatori, per tutti noi, perché potessimo ricevere il dono della salvezza. Gesù è il Dio con noi e per noi!

18 dicembre
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Oggi, in san Giuseppe, contempliamo lo stile del vero uomo di Dio. Egli non parla, e’ silenzioso. Osserva quanto accade accanto a se’. Si tiene quasi in disparte, rispettoso del mistero di Dio. Ascolta con attenzione la parola divina che gli viene rivolta. Subito aderisce a un disegno che lo supera, ma nel quale diviene anche protagonista. Giuseppe sceglie sempre Dio, in tutto! Lasciamoci accompagnare da san Giuseppe, in questo giorni che rimangono prima di Natale. Con lui e come lui coltiviamo il silenzio del cuore, l’ascolto attento e prolungato della parola del Signore, l’adesione pronta e fiduciosa alla volontà di Dio. Con Giuseppe mettiamo Dio al di sopra di tutto.

19 dicembre
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo”. Con queste parole l’angelo Gabriele si congeda da Zaccaria, che ha dubitato della parola del Signore. L’anziano sacerdote rimarrà muto per lungo tempo, perché non ha creduto. Viene immediato il paragone con la Madonna. Ella,  dopo aver prestato fede all’annuncio angelico, ha cantato il Magnificat. Chi accoglie la Parola di Dio diviene capace di parlare e di annunciare la salvezza. Chi, invece, non accoglie la Parola di Dio diviene incapace di proclamare le grandi opere di Dio. Forse, se a volte non diamo testimonianza al Signore, ciò accade perché non ascoltiamo con vera fede la Sua voce.

20 dicembre
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Come afferma Sant’Agostino, Maria prima di aver concepito la Parola di Dio nel suo grembo l’ha concepita nel Suo cuore, dal momento che ha pronunciato il proprio “si” a Dio, subito e senza condizioni. In Lei davvero il Verbo si è fatto carne, prima nella Sua anima e poi nel Suo seno. Tutta la vita della Madonna è, in qualche modo, un mistero di incarnazione. Proprio per questo Ella è la nuova arca dell’Alleanza, il tabernacolo della divina presenza. Guardare a Maria ci sia di aiuto a vivere in profondità il mistero del Natale, così che anche nella nostra vita possa farsi carne la Parola del Signore. Con Lei e come Lei anche noi diciamo: “Ecco…avvenga per me secondo la tua parola”.

21 dicembre
Ascoltiamo la parola di Dio dal Cantico dei Cantici: “Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. L’amato mio somiglia a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate. Ora l’amato mio prende a dirmi: Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!”. Perché, ormai prossimi al Natale, ascoltiamo questo brano del Cantico dei Cantici? Vi si narra una storia di amore, di uno sposo e di una sposa che si desiderano e si cercano. Il mistero del Natale è proprio questo: mistero di un amore sponsale che conosce la gioia dell’incontro desiderato, del patto eterno realizzato, dell’alleanza d’amore definitiva. Quando contempliamo il Bambino Gesù noi contempliamo questo straordinario mistero nuziale tra Dio e l’umanità,  che porta la salvezza e la vera gioia nel mondo, nella storia, nel cuore di ogni uomo.

22 dicembre
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “L’anima mia magnifica il Signore”. Così ha inizio il Cantico di Maria, che tutti ben conosciamo. La Madonna, dopo aver accolto la parola angelica che Le rivelava il disegno di Dio e la Sua divina maternità, giunta presso la cugina Elisabetta, effonde il proprio cuore in una splendida preghiera cantata, nella quale prendono forma la Sua fede e la Sua gioia. Fede e gioia si intrecciano, a motivo di Dio che è davvero grande. Per questo Maria magnifica: Dio è magnifico ai Suoi occhi. In questi giorni vogliamo anche noi magnificare il Signore a motivo della Sua nascita. In quel Bambino davvero si rivela la Sua grandezza d’amore e la Sua magnificenza, che riempie di stupore. Con fede e con gioia, pertanto, ripetiamo e cantiamo come Maria e con Maria: “L’anima mia magnifica il Signore”.

23 dicembre
“O Emmanuele”, acclama nel canto colmo di stupore l’antifona “O” di questa giornata nella Novena del santo Natale. Le cosiddette antifone “O” esprimono la meraviglia della Chiesa davanti al mistero dell’Incarnazione. Noi siamo partecipi di questa meraviglia! Dio si è fatto uomo, è divenuto bambino: per noi e per la nostra salvezza. Egli è l’Emmanuele, che significa “Dio con noi”. Come non rimanere stupiti davanti a questo mistero di amore? L’amore di un Dio che prende la dimora nella nostra terra per alzare la terra alla bellezza del Cielo? In quel Dio fatto bambino siamo salvati, perché amati e liberati dal peccato, dalla morte, dalla mancanza di senso del vita. Allora ripetiamo “O”, esclamando la nostra meraviglia, gioiosa e grata. Viviamo nella gioia della fede!

24 dicembre
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte”. Con queste parole di Zaccaria viviamo la voglia del Santo Natale, disponendoci ad accogliere nella gioia traboccante il mistero di Dio fatto Bambino per la nostra salvezza. Quel Bambino è il segno luminoso della tenerezza e della Misericordia di Dio. Quel Bambino è la luce che risplende su noi, che siamo nelle tenebre e nell’ombra di morte. È tanto bello, allora, in questo giorno pregare con l’aiuto della grande antifona, che dice: “O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chinata nelle tenebre e nell’ombra di morte”.

TEMPO DI NATALE

 26 dicembre, Santo Stefano
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani”. Questa parola ci viene donata all’indomani della celebrazione del Natale. Perché? Abbiamo vissuto la gioia della nascita di Gesù e subito entriamo nel dramma di una testimonianza che arriva al dono della vita. Avvertiamo quasi l’eco del Prologo di san Giovanni: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”. La Verità che è Amore a volte non è accolta e viene combattuta. L’annuncio di Gesù, Verità e Amore, spesso si accompagna a questa esperienza di rifiuto. Come avvenne per Santo Stefano, il primo martire cristiano che oggi ricordiamo.

27 dicembre, San Giovanni apostolo
Ascoltiamo la parola del Signore dalla prima lettera di san Giovanni apostolo: “Figlioli miei, quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita…noi lo annunciamo anche a voi”. In queste parole colme di meraviglia e di ardore, entriamo non solo nel cuore dell’apostolo Giovanni, il discepolo dell’amore, ma anche nei sentimenti che tutti noi siamo chiamati ad avere in questo tempo di Natale. Rimaniamo con stupore davanti al mistero dell’incarnazione: lì udiamo, vediamo, contempliamo, tocchiamo lo splendore dell’amore di Dio in Gesù. E poi lo annunciano a tutti, con gioia ed entusiasmo, perché tutti possano vivere nella comunione del Signore che salva la vita.

28 dicembre, Santi Innocenti
Ascoltiamo la parola del Signore dalla prima lettera di san Giovanni apostolo: “Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità”. A Natale abbiamo festeggiato l’avvento della Luce, quella vera: Gesù. Se davvero quella Luce l’abbiamo accolta non è possibile che conviviamo con le tenebre e camminiamo in esse. Saremmo dei bugiardi. Le tenebre sono il simbolo del peccato in ogni sua forma. Vivere il mistero del Natale nella verità significa rigettare le tenebre, sempre e comunque, nel desiderio di aderire sempre alla volontà di Dio. Abbiamo fatto spazio alla Luce, al Sole della Vita. Per questo ora viviamo nella Luce, attenti a non abbandonare mai il Signore venuto tra noi.

29 dicembre, 5° giorno fra l’Ottava di Natale
Ascoltiamo la parola del Signore dalla prima lettera di san Giovanni apostolo: “Figlioli miei, da questo sappiamo di avere conosciuto Gesù: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo”. Le parole di san Giovanni costituiscono un richiamo forte in ordine alla verità della nostra fede e a quanto abbiamo vissuto a Natale. Possiamo dire di avere davvero incontrato il Signore nel Bambino di Betlemme se la nostra vita continua a precorrere vie dissonanti dalla Sua volontà? In particolare, ricorda san Giovanni: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre”. E noi? L’odio si esprime anche nella durezza di un cuore che non sa  perdonare, compatire, che conserva rancore e pensieri cattivi, che non dona all’altro nuove possibilità di riscatto. Siamo forse ancora in queste tenebre dopo il Natale?

30 dicembre, 6° giorno fra l’Ottava di Natale
La prima lettera di san Giovanni continua ad accompagnare i giorni dell’Ottava di Natale: “Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”. Il termine “mondo” sta a indicare tutto quel complesso di realtà che negano Dio e vi si oppongono: il male nelle sue molteplici forme. Realtà che sono fuori di noi, ma che anche vivono dentro di noi. Questo mondo deve essere da noi contraddetto, combattuto, vinto. Non può darsi un discepolo di Gesù “mondano”. Davanti al Santo Bambino ripetiamo: “Mai più mondo, mai più peccati”.

31 dicembre, 7° giorno fra l’Ottava di Natale
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Dalla Sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia”. In queste parole del Prologo giovanneo avvertiamo la radice della bellissima riflessione di san Bernardo: “Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per così dire, pieno della sua misericordia; un sacco che fu strappato a pezzi durante la passione perché ne uscisse il prezzo che chiudeva in se’ il nostro riscatto; un sacco certo piccolo , ma pieno, se ci è stato dato un Piccolo in cui pero’ abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”. Ascoltiamo il Prologo di san Giovanni e contempliamo il mistero del Natale, portando nel cuore le parole di san Bernardo. Nella pienezza di quel Bambino abbiamo ricevuto davvero tutto, “grazia su grazia”, perché in quella pienezza è Dio Salvatore, che ormai e per sempre si è donato a noi.

2 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dalla prima lettera di san Giovanni apostolo: “Quanto a voi, quello che avete udito da principio rimanga in voi”. Per l’apostolo il verbo “rimanere” è molto importante. Indica una relazione di amore fedele, nella quale vivere e che dona vita. Siamo invitati a rimanere in quello che abbiamo udito, nella parola di verità e di amore che nel mistero del Natale si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi. Verrà il momento in cui dalla grotta d Betlemme dovremo fisicamente allontanarci. Ma sarà decisivo rimanere saldi in quell’Amore vero che si è fatto visibile per noi nel Divino Bambino. Rimaniamo, dunque! Rimaniamo nella Parola del Signore. Rimaniamo nella Sua volontà. Rimaniamo con Lui e in Lui, sempre, costi quello che costi! Perché lì dove è Gesù è anche la Vita. Santi Basilio e Gregorio, pregate per noi.

3 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”. Con queste parole Giovanni il Battista indica a tutti il Signore che gli si avvicina. Siamo invitati a rispecchiarci nel Precursore e nella sua missione: egli deve condurre a Gesù. Ognuno di noi è chiamato a essere Giovanni, pronto ed entusiasta nell’additare il Signore sempre e a tutti. Dopo aver contemplato il mistero del Natale, che è l’Amore di Dio nostro Salvatore in Gesù, ora avvertiamo l’urgenza di renderci annunciatori della salvezza. Anche noi, pertanto, senza timore e con gioia, diciamo a tutti, guardando al Signore: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. Nel giorno in cui ricordiamo il SS. Nome di Gesù, pronunciamo tante volte questo splendido nome, nel quale siamo salvati.

4 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio”. Le parole di Gesù fanno seguito alla domanda dei primi discepoli: essi desiderano sapere dove Gesù abbia la propria abitazione, chi Egli davvero sia. Gesù non risponde direttamente alla domanda, ma rivolge loro un invito: vadano con Lui e potranno vedere, capire. Questa è sempre la logica della fede: ciò che conta è stare con Gesù, seguirlo, ascoltarne la Parola, fidarsi del Suo amore. Allora i nostri occhi si apriranno e potranno vedere il mistero luminoso della Sua vita e del Suo amore. Anche noi, come i primi discepoli, andiamo con il Signore, pieni di fiducia. E ricordiamo: non vedere per credere, ma credere per vedere.

5 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dalla prima lettera di san Giovanni apostolo: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la vita per noi”. In questa parola folgorante siamo chiamati a rimanere a lungo: per esserne illuminati. Solo guardando a Colui che ha dato la vita per noi conosciamo l’amore. Solo fissando lo sguardo sul Verbo fatto carne per la nostra salvezza impariamo l’amore. Solo se volgiamo il cuore al Signore Crocifisso capiamo l’amore. In altre parole, solo in Gesù cine dato di incontrare la realtà vera  dell’amore. Egli è l’Amore. Ecco perché ciò che distingue la nostra vita è una nuova capacità di amare: l’amore di Dio lo abbiamo visto è contemplato, l’amore di Dio ci è stato donato. E ora possiamo amare alla maniera di Dio. “In questo conosceremo che siamo dalla verità”, ovvero da Dio.

6 gennaio
Ascoltiamo la parola di Dio dalla prima lettera di san Giovanni: “Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita e’ nel suo Figlio. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita”. Le parole dell’apostolo aiutano a sostare con frutto e tanta consolazione davanti al mistero del Natale. Quel bambino, che è il Figlio di Dio, è la Vita stessa donata a noi. Se rimaniamo in Lui abbiamo la Vita, quella vera. Ma se non rimaniamo in Lui non abbiamo la Vita e perdiamo tutto. Dove c’è il Figlio c’è la Vita. Dove non c’è il Figlio c’è la morte. Quale consolazione, dunque, sostare davanti al mistero del Natale! Ma chiediamo anche che questa nostra sosta porti tanto frutto, primo fra tutti il nostro rimanere in Gesù e il nostro accoglierlo prontamente nella nostra vita. Solo in Lui può riposare il nostro cuore, perché solo Lui è la pienezza di vita di ogni cuore.

7 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia”. Queste parole ritornano spesso nei Vangeli. Qui, per indicare la decisione di Gesù che lascia Nazaret e va ad abitare a Cafarnao. Sempre e in tutto Gesù realizza il piano del Padre per la salvezza del mondo. In Lui vi è sempre piena adesione alla volontà di Dio. Siamo chiamati a entrare in questa santa obbedienza, perché in ogni giornata della nostra vita si possa realizzare in noi il disegno di amore del Signore. Per questo avvertiamo salutare l’invito alla conversione: “Convertitevi, perché il regno dei cieli e’ vicino”. Convertirsi significa proprio abbandonare le proprie vie per percorrere con pronta generosità la via del Signore.

8 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore”. L’evangelista descrive così i sentimenti del cuore di Gesù, appena prima che Egli compia il prodigio della moltiplicazione dei pani. In realtà questi sentimenti sono l’espressione del mistero del Natale che abbiamo celebrato. La compassione di Dio per l’umanità peccatrice, infatti, è all’origine dell’incarnazione. Il Verbo si fa carne per la compassione d’amore che Dio prova per ciascuno di noi. In questo senso l’Eucaristia, di cui la moltiplicazione dei pani è un segno, manifesta in modo sorprendente e commovente la compassione del Cuore di Gesù per la nostra salvezza. Betlemme, moltiplicazione dei pani, Eucaristia: segni dell’unico Amore.

9 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Marco: “E salì sulla barca con loro e il vento cessò”. In mezzo al lago, di sera, la barca degli apostoli deve affrontare il vento contrario. La fatica è tanta, i remi si muovono a stento. La traversata verso l’altra riva pare difficile. Gesù è assente. Finalmente, sul finire della notte, Egli si avvicina alla barca degli apostoli, vi sale sopra e il vento si calma. Senza Gesù quella barca, che rappresenta la Chiesa, non può portare a termine il proprio viaggio. Con Gesù, invece, non vi è nulla da temere. Quanto vale per la Chiesa si addice anche alla nostra vita. Assente il Signore, non possiamo fare nulla. Con Lui tutto è possibile e la nostra vita, amata e colma della Sua presenza, trova pienezza di significato e giunge alla meta. Facciamo spazio a Gesù! Lasciamolo salire sulla barca della nostra vita!

10 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”. Il commento dell’evangelista segue la lettura di alcuni testi della Scrittura operata da Gesù nella sinagoga di Nazaret. I presenti si meravigliano delle parole di grazia che escono dalla Sua bocca. E gli rendono testimonianza. In questa duplice reazione degli abitanti di Nazaret possiamo trovare quanto anche a noi, ogni giorno, ci è donato di vivere. La nostra relazione con il Signore, infatti, conosce il momento della meraviglia e della testimonianza. Siamo meravigliati, perché la Sua parola riempie il cuore di Vita. Siamo testimoni, perché rendiamo partecipi tutti della salvezza che in Lui ci è donata. Meravigliati e testimoni. Ecco, in sintesi, la bellezza della nostra vita di fede.

11 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato”. Tutti siamo un po’ lebbrosi, perché tutti portiamo i segni mortiferi del peccato. Per questo, come il lebbroso del Vangelo, ci mettiamo in ginocchio davanti al Signore e lo supplichiamo: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ancora oggi Gesù tende la mano, ci tocca e rivolge a noi la parola che guarisce e salva. Lo fa per il tramite dei sacramenti, dell’Eucaristia, della Confessione, della Sua parola. La Chiesa è la Sua mano che si tende e tocca; la Chiesa e’ lo stesso Signore che, oggi, parla, compatisce e dona vita.

12 gennaio
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire”. Queste splendide parole sono di Giovanni Battista. Così egli identifica se stesso e la propria missione. Così egli identifica ogni autentico discepolo di Gesù. Il discepolo, infatti, è colui che desidera con tutto il cuore che il Signore sia incontrato, conosciuto e amato. Non mette se stesso in evidenza, non vive da protagonista, non occupa la scena. Egli desidera solo che possa emergere in tutta la sua bellezza la presenza e l’opera di Gesù, lo Sposo di cui è amico appassionato, fedele, innamorato. Ciascuno di noi, nel proprio apostolato, deve diminuire perché Il Signore possa crescere.

TEMPO DI QUARESIMA

Mercoledì delle Ceneri
Ascoltiamo la parola di Dio  dal  libro  del  profeta  Gioele:  “Così  dice  il  Signore:  Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti”. In questo invito, che ci raggiunge per bocca del profeta il Mercoledì delle Ceneri, possiamo cogliere tutto il senso dell’itinerario quaresimale che oggi ha inizio. Questo tempo, infatti, ci è donato per poter tornare a Dio con tutto il cuore, ovvero con quella radicalità e quella decisione che sono tipiche dell’amore vero. Il riferimento ai digiuni, ai pianti e ai lamenti ci ricorda che questo ritorno a Dio passa attraverso un cammino di conversione, fatta anche di pianto sincero per il proprio peccato e di digiuno da tutto ciò che è di ostacolo nella vita della fede. La Madonna ci accompagni in questo tempo forte dell’anno liturgico. Buona e santa Quaresima!

Giovedì dopo le Ceneri
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Mosè parlò al popolo e disse: Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male”. In queste parole si fa presente l’eco della parola che Dio, nei tempi antichi, rivolse al Suo popolo e che, oggi, rivolge anche  a noi. Ogni giorno, infatti, siamo nella condizione di decidere della nostra vita, tra il bene e il male, ciò che è da Dio e ciò che non è da Dio. In Quaresima siamo chiamati a essere particolarmente attenti nelle decisioni da prendere, anche custodendo nel cuore la parola di Gesù: “Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?”. Abbandoniamo quello che non conta davvero! Operiamo scelte secondo la volontà di Dio! Opponiamoci al male in ogni sua forma! Sia questo, soprattutto, il nostro cammino di conversione.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?”. Ascoltando questa parola evangelica, tanti uomini e donne nella storia della Chiesa si sono decisi per una vita di santità. Tra di essi san Francesco Saverio, il grande missionario gesuita. La parola di Gesù lo “colpi” al cuore”. Finalmente cambiò la propria vita, lasciando le vanità di questo mondo per dedicarsi interamente alla sequela di Gesù. Raggiunse le lontane Indie con il desiderio di annunciare a tutti il Vangelo. La parola del Signore che oggi ascoltiamo possa “colpire al cuore” anche noi, facendoci decidere per una vita di grande santità e di appassionato annuncio del Vangelo.

Venerdì dopo le Ceneri
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?”. In queste domande, con le quali il profeta trasmette il messaggio di Dio al Suo popolo, troviamo un richiamo sempre attuale: il pericolo che tutti quanti corriamo di dare forma a una vita religiosa “fai da te”. Succede, così, che siamo noi a decidere ciò che va bene e che non va bene, quanto è da osservare e quanto invece è da tralasciare. Viene meno in noi il desiderio di abbracciare la volontà di Dio, anche quando questa sia in contraddizione con la nostra. La vera fede comporta un uscire da se stessi per fare proprio il progetto di amore che Dio ha nostra vita.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno»”. Riferendosi alla pratica del digiuno, il Signore ne sottolinea la prima e fondamentale dimensione: quella relativa alla relazione di amore con Lui. Si digiuna, anzitutto, per affermare il primato di Dio nella vita rispetto a tutto il resto. Il digiuno, pertanto, diviene un atto sponsale, con il quale diciamo a Gesù che in Lui riconosciamo il centro della nostra vita, che per Lui siamo disposti a lasciare qualunque cosa, che il Suo amore non ha eguali per noi. La Quaresima, che è anche tempo di penitenza e digiuno, ci aiuta a riaffermare, con forza e con gioia, la nostra appartenenza di amore al Signore.

Sabato dopo le Ceneri
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì”. È molto significativo che all’inizio del tempo quaresimale ci sia data l’opportunità di riascoltare il racconto della chiamata di Levi. Levi era un peccatore e, pertanto, non ci è difficile identificarci con lui. Eppure proprio Levi, alla voce di Gesù che lo chiamava, subito e senza esitazione, si alzò e iniziò un cammino nuovo di conversione. Anche in questo aspetto della vita di Levi vogliamo identificarci, con il desiderio di metterci in ascolto attento della parola del Signore e, con determinazione, iniziare un cammino nuovo nella santità della vita. Con il ritornello del salmo, preghiamo con fede: “Mostrami, Signore, la tua via”. Possa essere questo la nostra Quaresima.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Così dice il Signore: Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio”. La Quaresima è iniziata nel segno delle ceneri, richiamo suggestivo a quella polvere nella quale ritroviamo un simbolo di ciò che è la nostra vita quando prende le distanze da Dio: tenebra. Quella polvere la ritroviamo in noi e anche attorno a noi. Questo tempo di grazia, è il tempo in cui sperimentare lo splendore della luce facendo spazio a Dio, così che la nostra polvere possa divenire terra rigogliosa. E poi è anche il tempo nel quale portare Dio nella polvere di ogni cuore umano, perché anche ogni cuore illuminato dalla luce di Dio, possa vedere la propria polvere trasformata nel giardino delle Sue meraviglie.

SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del  Levitico:  “Il  Signore  parlò  a  Mosè  e  disse:  Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”. In questo invito rivolto da Dio al Suo popolo scopriamo la ragione più vera della nostra chiamata alla santità. Dio è santo! E noi, Sue creature e Suoi figli, non possiamo che essere santi, se vogliamo compiere pienamente la nostra vita. In effetti, solo il santo e’ l’uomo pienamente realizzato, perché questo è il disegno di Dio su ciascuno di noi. Oggi mi domando: sono consapevole di essere chiamato alla santità? E ancora: “Desidero rispondere con tutto il cuore a questa chiamata?”. E infine: “Credo che nella santità è la pienezza e la gioia della vita?”. La Quaresima è il tempo propizio per rimanere davanti a queste grandi domande della vita di fede.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Queste parole di Gesù, pronunciate in occasione del racconto parabolico relativo al giudizio finale, donano tanta luce alla nostra vita di fede. Quelle parole non solo si presentano come un pressante invito all’amore, realtà molto concreta sulla quale saremo giudicati, ma ci consentono anche di capire che tutto, nella vita di fede, ruota attorno a Gesù. Alla fine della vita, infatti, saremo giudicati sulla relazione di amore vissuta con Lui: direttamente e indirettamente, con Lui in quanto amato personalmente, con Lui in quanto amato nelle mediazioni umane. Tutto è Gesù per noi! E poi, si pensi alla bontà di Dio: i temi del giudizio ci sono già stati rivelati. Sappiamo già su quali domande verterà il nostro esame.

Martedì
Ascoltiamo  la  parola  di  Dio  dal  libro  del  profeta  Isaia:   “Così   dice   il   Signore:   Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca”. La splendida immagine, usata dal profeta, ci aiuta a cogliere l’opera che la parola del Signore compie nella nostra vita. È per questo che, nel tempo quaresimale, siamo invitati a un ascolto più prolungato della parola di Dio. In tal modo ci sarà possibile fare un’esperienza pasquale, perché quella Parola che avremo ascoltato con attenzione, meditato e custodito nel cuore, sarà in noi forza dirompente di vita nuova nella luce del Vangelo. Passeremo dal peccato alla grazia. La parola di Dio, infatti, opera in noi ciò che Egli desidera: la nostra santificazione.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima    ancora    che    gliele    chiediate.    Voi    dunque     pregate     così:     Padre nostro”. Nella preghiera del Padre nostro possiamo rilevare due dettagli. Il primo. È in Gesù che viene a noi rivelato il volto di un Dio che ci è Padre e al quale possiamo rivolgerci con intima familiarità e fiducia filiale. Senza Gesù il Cielo non sarebbe abitato da Dio, Padre di misericordia. Il secondo. Le domande della preghiera sono sette, richiamo ai sette giorni della creazione. Solo nella preghiera si ricrea la vita, perché solo nel dialogo con Dio ciascuno di noi ritrova la sua più vera identità e sperimenta la gioia dell’Amore che salva.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Giona: “I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Nìnive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere”. Alla predicazione di Giona, inviato da Dio a Ninive per chiamarla a conversione, gli abitanti e il re della grande città iniziano a cambiare vita. La parola di Dio viene accolta con serietà. Chiediamoci se accogliamo con altrettanta serietà la parola con cui il Signore, in questa Tempo di Quaresima, ci chiama a conversione. Quali decisioni ho già preso in questa direzione? Quale cambiamento della vita desidero realizzare? Quali risoluzioni concrete ho pensato nel desiderio di seguire il Signore più da vicino? Ricordiamo la bella invocazione del salmo: “Tu gradisci, Signore, il cuore penitente”.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno se non il segno di Giona”. E’ questa la risposta di Gesù alla richiesta di segni straordinari da parte della folla. Poi aggiunge: “Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona”. In verità non sono i segni straordinari di cui c’è bisogno. È il cuore che deve cambiare. Solo un cuore nuovo diviene capace di riconoscere lo straordinario nell’ordinario. E questo riconoscere è la fede. Le parole di Gesù ci interpellano.
Sappiamo accorgerci, nella quotidianità, delle meraviglie di Dio? Sappiamo vedere l’opera provvidente di Dio per noi nella concretezza della nostra vita? Sappiamo contemplare il dono di Dio che riempie di sé tutto ciò che siamo e abbiamo? Signore, cambia il nostro cuore, apri i nostri occhi, aumenta la nostra fede.

Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro di Ester: “In quei giorni, la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. Si prostrò a terra con le sue ancelle da mattina a sera e disse: «Tu sei benedetto, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, o Signore, perché un grande pericolo mi sovrasta”. Quella di Ester è una preghiera bellissima. La regina si trova ad affrontare una situazione molto difficile, nella quale è a rischio la vita del suo popolo e la sua stessa vita. Colta da profonda angoscia si rivolge al Signore. La sua preghiera è esemplare, soprattutto perché è animata da una straordinaria fede ed è fatta con il cuore in mano. Fede e cuore. Si potrebbe dire che in queste due caratteristiche sta il segreto di ogni autentica preghiera. Oggi, quando ci rivolgeremo al Signore, facciamolo con tanta fede e con tanto cuore, come la regina Ester.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. L’insegnamento di Gesù riguardo alla preghiera porta a considerare tre verbi: chiedere, cercare e bussare. Tutti e tre i verbi indicano un’indigenza che è propria dell’uomo. Ogni uomo, infatti, chiede qualcosa di cui avverte la mancanza. Ogni uomo cerca ciò di cui è consapevole di aver bisogno. Ogni uomo bussa alla porta di una casa che spera lo accolga per sempre nell’amore. La preghiera dona espressione a quei tre verbi, la preghiera dona espressione alla nostra indigenza. Per questo, da una parte ci rivela la nostra più vera identità: essere una domanda sempre aperta. Dall’altra ci mette in relazione con Colui che ci è Creatore e Padre, la Vera Risposta.

Venerdì
Ascoltiamo la parola di Gesù dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi…”. Le parole che il Signore rivolge ai discepoli sono rivolte anche a noi. Attira la nostra attenzione soprattutto l’ultima espressione: “Avete inteso che fu detto agli antichi”, alla quale fa seguito la parola decisiva: “Ma io vi dico”. La vita alla sequela del Signore appare esigente, altissima nella sua misura. Nessuno con le proprie forze potrebbe riuscire a viverla. Ma nulla è impossibile a Dio, la cui grazia ci permette di toccare le vette più alte della santità. Allora “Ma io vi dico” non fa più paura, ma diviene la porta d’ingresso nella vita vera, la vita di coloro che sono stati trasformati dall’amore del Signore e vivono in Lui, con Lui e per Lui.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Ezechiele: “Così dice il Signore Dio: Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato”. Come è consolante la parola profetica! Anticipa la piena rivelazione della Misericordia in Gesù Salvatore. Dio non ricorda le nostre colpe, quando siamo davvero pentiti e abbiamo l’umiltà di accostarci alla confessione per chiedere umilmente perdono. Capita, invece, che a volte siamo noi  a non dimenticare le  colpe commesse e far fatica a perdonarci. Ma questo non viene da Dio. Da Dio viene il pentimento sincero e l’esperienza della misericordia, con la pace che ne segue. Il tormento sterile viene, invece, da Satana, l’avversario della nostra vita, che vuol farci dubitare dell’amore di Dio.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”. La parola di Gesù, che oggi ci è donata, ci permette di considerare una conseguenza luminosa della nostra appartenenza di fede. Essere figli del Padre che è nei cieli significa condividerne i sentimenti del cuore, l’ampiezza dell’amore. La verifica del nostro essere davvero discepoli di Gesù l’abbiamo proprio nella capacità di amare che progressivamente si fa spazio nel nostro cuore. Nel tempo della Quaresima mettiamo a tema delle nostre giornate l’amore del prossimo. Facciamolo con decisioni concrete. Allora in noi crescerà la gioia di condividere i palpiti del Cuore del Signore.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Mosè parlò al popolo, e disse: Oggi il Signore, tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il cuore e con tutta l’anima. Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce”. A conclusione della presentazione dell’intera legge di Dio, Mosè insiste nel dire al suo popolo che solo se sarà fedele a quella legge potrà fare esperienza della promessa di Dio. In effetti la terra non era soltanto un luogo da abitare. Era anche e soprattutto una vita da sperimentare. Un po’ alla volta Israele è condotto a capire che la vera terra promessa è la vita vissuta nella volontà di Dio. Anche per noi: il paradiso, che già su questa terra possiamo in qualche modo pregustare, è anzitutto il rimanere nel Signore, nel Suo amore e nella Sua volontà.

II SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Signore Dio…, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi!”. La preghiera di pentimento che l’antico popolo di Israele rivolge a Dio è molto bella, struggente. Ed è importante che diventi anche nostra. Nel tempo quaresimale, infatti, siamo chiamati a riconoscere con più grande umiltà la presenza del peccato nella nostra vita. Quanto male abbiamo compiuto! Chiedere di cuore perdono al Signore è via di autentica conversione. Abbiamo il sacramento della confessione per farlo. Abbiamo anche l’esame di coscienza per prepararci in modo adeguato. Confessare a Dio le nostre colpe ci riempirà il cuore di straordinaria pace e di rinnovato slancio nell’amore.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati”. Le parole di Gesù non fanno altro che entrare con più precisione in quanto spesso, forse ogni giorno, diciamo nella preghiera del Padre nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Dove sta la radice della nostra possibilità di vivere a una tale profondità la misericordia e il perdono? Nel Cuore di Dio. Solo se attingiamo a quel Cuore ci sarà possibile vivere ogni relazione nel segno della misericordia e del perdono. Misericordia e perdono, vissuti nel concreto delle nostre giornate, praticati con ardore sempre e verso tutti, saranno la riprova della verità della nostra fede, dell’autenticità della nostra relazione con il Signore.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”. Queste parole del Signore sono un invito chiaro a impostare la vita nel segno di un dono d’amore. Non si tratta, infatti, di compiere semplicemente gesti e atti di servizio straordinari, lasciando che la vita ordinaria corra per altre vie. Tutta la vita è da donare! Anche perché solo nel dono troviamo la vita vera. Davanti ai nostri occhi sta l’esempio di Gesù. Imitarlo sempre più da vicino non può che essere la gioia profonda di ogni nostra giornata. Ma Gesù è anche dentro di noi, come forza e sorgente di una vita del tutto rinnovata nell’amore. In Quaresima, pertanto, siamo chiamati a guardare il Signore, per imitarlo; e poi a lasciargli spazio, perché la Sua vita possa risplendere in noi.
Ascoltiamo la parola del Signore dal libro del profeta Isaia: “Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”. Sodoma e Gomorra, nella Bibbia, sono l’emblema del peccato e del vizio. In queste due città viene in qualche modo personificata la vita lontana da Dio. Eppure anche per loro c’è speranza. Tanto grande è la misericordia di Dio! Dunque, sempre con fiducia consideriamo anche la nostra povera vita, così toccata dalla misericordia del Signore. Tuttavia questa misericordia, con la grazia del perdono, chiama anche a conversione. E il segno di ogni autentico cammino di conversione è la carità. Chi sono nella nostra vita l’orfano e la vedova? Forse chi abbiamo accanto e non amiamo dal profondo del nostro cuore. Interroghiamoci!

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: Che cosa vuoi?”. Gesù pone questa domanda alla donna; in verità, attraverso di lei, la pone ai suoi figli, che discutevano tra loro chi fosse il più importante. Sentiamola, pertanto, rivolta a noi quella domanda, per essere aiutati a verificare in profondità che cosa davvero vogliamo. Il nostro volere, il nostro desiderio sono in sintonia con il volere e il desiderio di Dio? Cerchiamo, perlomeno, di fare in modo che la nostra volontà aderisca a quella del Signore. In questa adesione sta il centro della nostra vita di fede e la verità del nostro amore di Dio. Quando si ama, infatti, si aderisce alla vita dell’altro, fino a diventare una cosa sola con lui. Possa avvenire questo anche per noi in relazione a Gesù.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Geremia: “I nemici del profeta dissero: Venite e tramiamo insidie contro Geremìa, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti, né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole”. In mezzo al popolo, Geremia è una presenza fastidiosa. E fastidiosa è la sua parola. Presenza e parola del profeta, infatti, sono un continuo richiamo alla fedeltà a Dio e alla Sua alleanza, un invito ad abbandonare stili di vita e modi di pensare che nulla hanno a che vedere con la volontà del Signore. Quanto è fastidiosa anche per noi, a volte, la parola del Signore, che viene a mettere in questione una mediocrità nella fede a cui abbiamo fatto l’abitudine. Lasciamoci salutarmente turbare dalla parola del Signore, non diventiamo sordi all’ascolto, non rimaniamo indifferenti, non contristiamo in noi l’invito alla conversione che Dio ci rivolge.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui replicò: No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Il dialogo tra Abramo e il ricco che, dagli inferi e tra i tormenti, intercede per i suoi fratelli, è altamente drammatico. Soprattutto perché dalle parole di Abramo si capisce che vi può essere una durezza di cuore e un’indisponibilità all’ascolto pressoché assolute. Forse non è il nostro caso. Però, tutti noi a volte siamo duri di cuore, indisponibili all’ascolto nei riguardi di Dio. Eppure non mancano i segni limpidi della Sua presenza d’amore, della Sua opera provvidente, della Sua paternità premurosa. Chiediamo la grazia di un cuore docile e aperto all’agire del Signore.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Geremia: “Così dice il Signore: Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore  dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in  luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”. Quelle ascoltate sono parole sempre attuali. Anche oggi. L’uomo, infatti, è spesso tentato di affidarsi alle sole proprie forze, pensando di poter avere tutto sotto controllo, immaginando che il futuro sia tutto nelle Sue mani. Quale stoltezza! Saggio, pertanto, l’uomo consapevole di essere nelle mani di Dio, che in Lui confida, capace di alzare sempre gli occhi e il cuore al Signore da cui sa di essere amato e custodito. Benedetto l’uomo che ricorda da dove viene, dove va, perché vive. Dio!

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “E Gesù disse loro: Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?”. Ciò che Gesù dice ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, a conclusione di una parabola, fa anche da commento al brano della Genesi, dove il giovane Giuseppe viene venduto dai fratelli ad  alcuni mercanti, in viaggio verso l’Egitto. Come Giuseppe, scartato, sarà proprio in Egitto motivo di salvezza per i fratelli durante la carestia, così Gesù, scartato dai Suoi fratelli, sarà Salvatore di loro e di tutti noi. Questa è la meraviglia di Dio e del Suo disegno di amore sulla nostra vita. Gesù crocifisso non è condanna per noi, Suoi uccisori, ma per noi è salvezza. Anche dal nostro male più grande Dio ricava per noi il bene più grande.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “Così Giuseppe fu condotto in Egitto”. In questo modo si conclude una pagina molto triste dell’antico racconto, che ha per protagonisti Giuseppe e i suoi fratelli. Giuseppe è il più piccolo della famiglia. Giacobbe, il padre, lo ama molto, più di ogni altro. I fratelli, per invidia, lo vendono a dei mercanti di passaggio. Questi lo portano in Egitto che, per Israele, è la terra dell’esilio e simbolo del male. Eppure nel triste esito della vicenda si intravvede una luce di speranza. Più avanti nel racconto, infatti, si capirà che Dio si è servito di un male per realizzare un bene più grande. Nel momento del bisogno, la presenza di Giuseppe in Egitto sarà provvidenziale per la salvezza di tutta la sua famiglia. Dio, nel Suo infinito amore per noi, sa trarre anche dal nostro male un bene per la nostra vita. Alla fine, davvero tutto è grazia per chi ha fede.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal  libro del profeta Michea:  “Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati”. In queste parole del profeta avvertiamo lo stupore di un intero popolo per la bellezza dell’amore di Dio, la meraviglia per il dono di una misericordia che sorprende. Dio, insomma, suscita una grande gioia e un profondo stupore a motivo della bellezza del Suo mistero. È importante che anche noi, a volte, ci soffermiamo a contemplare il volto splendido del Signore e rallegrarci alla luce del suo splendore benefico. Siamo contenti di Dio! Viviamo contenti di Dio! Sia questa la nostra prima testimonianza di fede davanti al mondo.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Viene spontaneo dire e, anche, gridare: “Meno male che accoglie i peccatori e mangia con loro!”. Perché se Gesù mangiava con i peccatori e i pubblicani, vuol dire che oggi Egli mangia anche con noi, con me. Se il Signore si fece prossimo, amò e salvò i peccatori, oggi Egli si fa prossimo a noi, ci ama e ci salva. Meno male, dunque, che Gesù ha mangiato con loro! Nel Vangelo di oggi, pertanto, siamo fotografati tutti noi. La parabola del figliol prodigo, che segue immediatamente la citata introduzione, è proprio il racconto della nostra vita. Vita di stolti peccatori che Dio ama senza misura, disposto a qualunque cosa pur di riportarli a casa, la casa della salvezza e della vera gioia.

III SETTIMANA 

Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal secondo libro dei Re: “Va’, bagnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato”. Naaman il Siro riceve queste indicazioni da Eliseo. E si sdegna. Si era recato presso il profeta, lui gravemente malato, pensando in un’immediata quanto spettacolare opera miracolosa. Invece, la guarigione passa per la via della fiducia obbediente e il compimento di un gesto ordinario. Come Naaman, anche noi vogliamo avere sempre segni grandiosi da parte di Dio. La Sua opera, al contrario, segue, per lo più, le vie ordinarie della vita. Dobbiamo chiedere la grazia di occhi limpidi, capaci di riconoscere nella semplicità del quotidiano la presenza e l’opera del Signore. Apri, Signore, i nostri occhi e rendi docile il nostro cuore, perché sappiamo contemplarti, grati e gioiosi, accanto a noi, nostro fedele alleato nel cammino della vita.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”. Gesù ha appena parlato nella sinagoga del suo villaggio, dove è nato e ha vissuto. La Sua parola, però, è incisiva, costringe a un profondo esame di coscienza. Per questo motivo non è accolta. Si può dire che nella vita di Gesù è sempre presente una duplice tentazione. Quella di percorrere una via di salvezza diversa dalla volontà del Padre. E quella di perdere fiducia per la delusione che può derivare dall’opposizione alla Sua parola. È una duplice tentazione che si rinnova anche nella nostra vita. Siamo, infatti, tentati di non aderire alla volontà di Dio su di noi. E siamo anche tentati dalla delusione quando sembra che la parola di Dio non trovi accoglienza attorno a noi. Ma con Gesù siamo vincitori! A Lui ci affidiamo con fiducia perché tutto possiamo in Colui che ci da’ forza!

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. Pietro, rivolgendosi a Gesù, in merito al tema del perdono, pensa di essere stato molto generoso: “fino a sette volte sette”. Ma il Signore lo corregge e aggiunge: “fino a settanta volte sette”, indicando così una misura che è senza misura. Dove sta la radice di una tale capacità di perdono, che ciascuno di noi può e deve avere nei confronti dei fratelli? Nell’amore di misericordia che in Dio è smisurato verso di noi. Quando sperimentiamo la grandezza infinita del perdono del Signore, veniamo toccati in profondità, il nostro cuore si scioglie e assume, per grazia, una capacità nuova: quella di perdonare nello stile di Dio. Viviamo nella gioia del perdono!
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore”. È bellissima questa supplica! Ne è autore Azaria, in un momento tragico della storia di Israele. È lo stesso Azaria a ricordarlo nel suo rivolgersi a Dio: “Ora, invece, Signore, siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati”. In questa dolorosa situazione Azaria si rivolge a Dio con grande fiducia. Non presentando qualche particolare merito, ma ricordando la misericordia di Dio e affidandosi al Suo amore infinito. È la fedeltà di Dio a questa misericordia e a questo amore che rende certa la nostra speranza, davvero incrollabile la fede con cui preghiamo.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del Deuteronomio: “Mosè parlò al popolo e disse: Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”.  Le parole ascoltate sono tra le ultime dette da Mosè, prima della sua morte. Egli per tutta la vita è stato in ascolto della voce di Dio e per tutta la vita si è fatto tramite di questa voce presso il Suo popolo. Una antica tradizione rabbinica racconta che, al termine dei suoi giorni, Mosè morì sulla “bocca di Dio”. In questo modo si voleva far intendere che il grande condottiero d’Israele aveva vissuto sempre alla luce della parola del Signore, fino all’ultimo suo respiro. Anche noi possiamo e dobbiamo morire sulla bocca di Dio, rimanendo sempre in ascolto di quella Voce, l’unica capace di saziare la sete del cuore.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto”. In queste parole pronunciate da Gesù c’è forse una contraddizione con altre che annunciano il superamento della Legge? In realtà no, nessuna. Il Signore parla di un compimento della Legge. In Lui, infatti, si realizza il passaggio da una legge scritta su tavole di pietra a una legge scritta nel cuore. La Parola di Dio, pertanto, non è più un dovere esterno e irrealizzabile da portare come un peso, ma un dono impensabile d’amore che cambia il cuore e la vita. L’impossibile è divenuto possibile. Siamo figli di Dio amati! Questo è il compimento! Questa è la salvezza.

Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta  Geremia: “Così  dice  il  Signore: «Questo ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. L’ascolto, nella Scrittura, implica anche l’agire di conseguenza. Si ascolta davvero, infatti, quando la parola di Dio, ricevuta attraverso l’udito, scende nel cuore e diventa principio di vita. Nelle parole di Geremia all’ascolto della voce del Signore vengono abbinate due conseguenze: “sarò il vostro Dio”, “perché siate felici”. Quando la parola del Signore è ascoltata e vissuta si apre davanti all’uomo la duplice esperienza: l’intimità con Dio e la felicità. Dio, infatti, mediante la Sua parola, dona l’esperienza della familiarità nell’amore con Lui; e, inoltre, riempie il cuore di una gioia vera che anticipa quella del Cielo.

Venerdì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Osea: “Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano”. Come è bella questa immagine, con la quale Osea comunica al suo popolo ciò che gli accadrà quando finalmente tornerà al Signore! Aver abbandonato il Signore, aver tradito l’alleanza è stato il motivo di ogni sciagura e di ogni dolore. Il ritorno a Dio sarà, invece, la radice di una nuova fioritura di vita. Mentre stiamo percorrendo il cammino della conversione quaresimale, ascoltiamo questa parola con grande consolazione e gioia. L’itinerario del ritorno a Dio riempirà il nostro cuore della pace vera e renderà feconda la nostra vita. Come afferma Sant’Agostino: Dio dona la Sua stessa bellezza a chi torna a Lui amandolo.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di San Marco: “In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: Qual è il primo di tutti i comandamenti? Gesù rispose: Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso”. La risposta di Gesù alla domanda dello scriba ci conduce al cuore della fede. Nei due comandamenti indicati dal Signore,  infatti, sono come condensati un dono inestimabile di grazia e una responsabilità altissima di santità. Il dono: in virtù della grazia noi possiamo davvero amare Dio e il prossimo. La responsabilità: sull’amore di Dio e del prossimo si misura la verità della nostra fede. Ascoltando, pertanto, la parola evangelica di oggi, siamo grati al Signore per il Suo dono e riprendiamo il nostro cammino desiderosi con tutto il cuore di vivere in pienezza il duplice comandamento dell’amore.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Queste parole fanno parte di una breve parabola raccontata da Gesù. Appena prima, egli aveva presentato l’uomo che si ritiene giusto e che presenta a Dio le proprie opere buone, disprezzando i peccatori. Spesso somigliamo a questa categoria di persone. Il Signore, invece, ci chiede di essere come il pubblicano del racconto evangelico: consapevoli del nostro peccato e fiduciosi nella misericordia di Dio. Possa essere questo l’atteggiamento spirituale dei giorni Quaresimali. Riconoscere, infatti, con umiltà le proprie colpe, domandando di cuore perdono, è via di conversione e di salvezza, via maestra del ritorno a Dio.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Osea: “Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. Come è bella questa pagina di Osea! Come è consolante! Tra l’altro parla della primavera. E oggi, per noi, inizia la primavera. Il profeta Osea parla di primavera per esprimere l’idea della vita che si rinnova in tutto la sua bellezza. E quando questo avviene? Quando l’uomo torna a Dio e si rende disponibile ad accogliere la Sua venuta. Perché Egli è Eterna Primavera! Camminiamo insieme verso il Signore! Aiutiamoci, nella preghiera, ad accoglierlo prontamente nel nostro cuore, nella nostra vita. E sarà una vera primavera!

IV SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Così dice il Signore: Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo”. Per bocca del profeta il Signore promette una stagione nuova nella vita del Suo popolo. Finalmente sarà la gioia, con nuovi cieli e nuova terra. Come è consolante ascoltare questa voce! Essa risuona anche per noi, che la ascoltiamo anzitutto come indicante una realtà presente nella nostra vita, dal momento che il Signore Gesù è già la stagione nuova realizzata per noi. D’altra parte quella voce è anche annuncio di un’eternità beata che ancora attendiamo. La attendiamo con certa speranza perché Dio è sempre fedele alla Sua promessa.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Il funzionario del re gli disse: Signore, scendi prima che il mio bambino muoia. Gesù gli rispose: Va’, tuo figlio vive. Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: Tuo figlio vive!”. Nel dialogo tra Gesù e il funzionario del re emergono soprattutto due particolari. Il primo è quello della fede, espressa dalle parole di un padre angosciato. Egli crede davvero e con tutto il cuore che Gesù possa operare la guarigione del figlio. Noi crediamo con la stessa fiducia di quell’uomo? La nostra preghiera è caratterizzata dalla stessa fede incrollabile? Il secondo particolare è quello del cammino. In funzionario, infatti, dopo aver ascoltato la parola di Gesù “si mise in cammino”. Il suo fu anche un cammino del cuore. E noi? L’ascolto della parola del Signore mette in cammino la nostra vita, in un cammino di santità?

Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Ezechiele: “Ogni essere vivente che si  muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà”. In questa visione, bella e consolante, il profeta contempla un corso di acqua viva che, nella sua abbondanza, porta vita e fecondità là dove scorre, risanando ogni cosa. Non è difficile mettere in relazione questa pagina con il racconto del Vangelo di Giovanni, dove Gesù, presso la piscina di Betzatà, si rivolge a un malato, dicendo: “Alzati, prendi la tua barella e cammina”. L’antica acqua era solo un’ immagine di Colui che è l’Acqua viva, che dona la vera vita, quella della grazia e quella eterna. Usiamo oggi l’acqua benedetta, segno dell’acqua pasquale e battesimale, ricordo della vita vera che Il Risorto ogni giorno ci dona nell’Eucaristia, nei Sacramenti, nella Parola.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: Vuoi guarire? Gli rispose il malato: Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me”. Il racconto è ambientato a Gerusalemme, presso una piscina le cui acque erano considerate miracolose. L’uomo malato rappresenta anche tutti noi, sotto un duplice punto di vista. Anzitutto perché, come quell’uomo, senza l’aiuto del Signore siamo condannati a rimanere malati. Lui solo è il vero Salvatore. E poi perché la vicenda di quell’uomo ci interroga. Forse anche noi tante volte non abbiamo aiutato chi era nel bisogno, materiale e spirituale. Forse anche noi siamo stati pigri nello zelo della carità e non abbiamo avuto a cuore il bene dei fratelli.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Sion ha detto: Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”. Queste parole, pronunciate da Dio per il tramite del profeta, raggiungono un popolo desolato, affranto e sfiduciato. Tutto sembra perduto, la rovina si è abbattuta su Sion, Dio pare aver abbandonato il Suo popolo. Ma la parola del profeta illumina l’oscurità e infonde nuova fiducia. Così deve essere anche per noi. Quando siamo avvolti dalle tenebre del nostro peccato, quando sembra che il male abbia la meglio nel mondo, quando la Chiesa appare sballottata da venti tremendi, la luce della parola del Signore illumina il cammino, dona speranza e rinnova la promessa di un Amore sempre fedele.

Giovedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dell’Esodo: “In quei giorni, il Signore disse a Mosè:  Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostràti dinanzi”. Le parole rivolte da Dio a Mosè rivelano il grande peccato di Israele. Alle pendici del Sinai, quel popolo decide di affidarsi a un idolo, una divinità prodotta dalle sue mani. Dio, infatti, appare distante e le Sue opere non corrispondenti alle attese. Ecco, allora, l’idolo, una divinità che può essere gestita a piacimento, perché prodotta dall’uomo a sua misura, non più capace di sorprendere e di rimanere al di là delle nostre attese. La fede vera non consiste nell’imprigionare Dio dentro i nostri criteri umani, ma nell’arrendersi a Lui con tutto il cuore.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato”. Gesù si rivolge ai Giudei. Ma, come sempre, le Sue parole valgono per tutti e valgono per noi. Perché nella Sua parola è la parola eterna di Dio che si rivolge all’uomo di ogni tempo. Per quale motivo i Giudei non ascoltano davvero la voce del Signore? Per quale motivo non vedono il Suo volto? E come mai la Sua parola non rimane in loro? La ragione di questo consiste nella mancanza di fede. Non credono davvero in Dio e in Colui che Egli ha mandato. Non è forse così anche per noi? Non riusciamo ad ascoltare la voce del Signore, siamo incapaci di contemplarne il volto, la Sua parola non rimane nel nostro cuore perché abbiano poca fede. Non crediamo davvero! Il nostro vero dramma è la poca fede. Signore, aumenta la nostra fede!

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Così si esprimevano gli abitanti di Gerusalemme, secondo il racconto evangelico. In quella gente, che pensava di sapere chi fosse Gesù, ci sentiamo un po’ rappresentati anche noi. Può accadere, infatti, di presumere di avere una conoscenza piena del Signore. Ma non è così, è così non può essere. Il volto del Signore è molto più bello di quanto possiamo arrivare a capire e vedere. Per questo la fede vera è sempre anche umile. Si compiace della verità ricevuta in dono, ma rimane aperta a una comprensione di essa sempre più profonda. Gesù è sempre nuovo, è la Vera novità che salva.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Sapienza: “Dicono [gli empi] fra loro sragionando: Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta”. Sentendo la parola “empi” la tentazione immediata è quella di non sentirsi interpellati da questa parola. In realtà chi di noi, almeno un poco, non è empio? Eccone le caratteristiche: empio è colui che, messo davanti alla propria colpa, reso consapevole del proprio peccato, non si mette umilmente sulla strada sella conversione, ma fa di tutto per mettere a tacere quella voce che gli è di rimprovero e che lo invita al cambiamento. Non è così che spesso anche noi ci comportiamo con la parola del Signore e con la voce della nostra coscienza, in cui quella Parola risuona? Chiediamo la grazia di non mettere mai a tacere quella voce che è Vera e, proprio per questo, è voce di Amore che salva e dona gioia.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: Costui è davvero il profeta! Altri dicevano: Costui è il Cristo! Altri invece dicevano: Il Cristo viene forse dalla Galilea?”. La divergenza di opinioni riguardo a Gesù, di cui ci parla il Vangelo, invita a riflettere. Chi è davvero per me il Signore? Tante possono essere le risposte, sia a livello teorico che concreto. Anche perché possiamo dire con le labbra che Gesù è per noi è Signore e Salvatore e poi vivere diversamente da questa verità affermata. In fondo, da come viviamo è possibile capire chi è per noi Gesù. Se Egli è davvero il Signore della nostra vita, allora tutto in noi deve portare la Sua impronta: l’intelligenza, il cuore, i sentimenti e gli affetti, il modo di pensaste, di giudicare e di amare. Tutto è Suo e noi siamo Suoi. Il nostro vivere è Lui!
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Geremia: “Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome”. Ciò che vive il profeta è, in qualche modo, anticipazione di ciò che vivrà Gesù. In effetti Geremia annuncia il volto del Messia Salvatore non solo con la sua parola ma anche con la sua stessa vita. Guardando Geremia si può già intravedere Gesù. Questo ci  commuove. Anche perché ci ricorda che là dove si rinnova l’esperienza dell’Agnello immolato, ovvero di una vita che porta il peso della sofferenza, soprattutto se ingiusta, si rende presente il mistero della salvezza. In ogni umana sofferenza, infatti, vissuta in comunione con Gesù, è nascosta una grazia che ha la forza di quell’Amore che è da Dio e che cambia il mondo.

SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Allora tutta l’assemblea proruppe in grida di gioia e benedisse Dio, che salva coloro che sperano in lui”. Queste grida di gioia concludono il racconto dell’ingiusta accusa portata a Susanna, salvata per l’intervento provvidenziale di Daniele. L’episodio ci aiuta a ricordare la presenza amorevole di Dio, che mai dimentica di difendere e custodire coloro che confidano in Lui. Ancora una volta, nel testo sacro, Dio appare come il vero Amico dell’uomo, l’unico autentico e fedele sostegno dell’esistenza, a cui affidarsi con fiducia piena e incondizionata. Questa Parola viene a guarirci dalla terribile malattia del cuore, per la quale coltiviamo una segreta diffidenza verso il Signore e il Suo amore per noi. Attraverso la vicenda di Susanna risuona per noi l’invito dolce e consolante: “Non avere paura! Il Signore ti ama davvero!”.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”. Il racconto evangelico ci è noto. Gesù incontra una donna sorpresa in adulterio. Scribi e farisei intendono lapidarla. Ma prima interrogano Gesù. In risposta alla loro domanda il Signore non risponde direttamente; si china a terra e inizia a scrivere. Non sappiamo che cosa Egli abbia scritto. Certo, però, il gesto di chinarsi e toccare la terra con la propria mano è denso di significato. Il Signore, infatti, si china sulla miseria di quella donna, sulla nostra miseria; tocca con amore la nostra terra malata a motivo del peccato; le ridona vita con la Sua infinita misericordia.

Martedì
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro dei Numeri: “Il Signore disse a Mosè: Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita. Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita”. Ciò che vive l’antico popolo è una prefigurazione di quanto potrà vivere ogni uomo in virtù della croce di Gesù. Ascoltiamo, infatti, la pagina evangelica di san Giovanni: “Disse allora Gesù: Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono”. Gesù, dalla Croce, è il pieno compimento di quanto adombrato nel serpente di bronzo. Egli è il Salvatore! Guardando Lui trafitto, lasciandoci raggiungere dal Suo amore, siamo perdonati dai nostri peccati e introdotti nella vera e nuova Vita di Dio. Rimaniamo a lungo davanti al Crocifisso!
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Disse allora Gesù: Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato”. Nelle parole di Gesù ve ne sono due che sono molto dense di significato. Anzitutto “quando avrete innalzato”. Egli si riferisce chiaramente a quell’innalzamento che si realizzerà nella Sua crocifissione. Di conseguenza, quelle parole potremmo anche intenderle così: “Quando mi avrete crocifisso”. Poi, l’altra parola: “Conoscerete che Io sono”. Quello qui usato è il nome con il quale Dio si è presentato a Mosè sul Sinai. Quindi, è il nome di Dio. Mettendo insieme le due parole evangeliche appena ricordate, ecco l’annuncio che ne deriva: Gesù Crocifisso è la rivelazione definitiva del volto di Dio, volto di misericordia infinita, volto di amore senza misura, volto del Salvatore.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Rimanere nella parola di Gesù significa rimanere in Lui, che è la Parola. In virtù di questo rimanere ci è data la grazia di conoscere la verità e sperimentare l’autentica libertà. In questo consiste la notizia bellissima che e’ il Vangelo. Il Signore è venuto a liberare la nostra libertà malata, perché afflitta dalla schiavitù tragica del peccato, e a donarci la possibilità della vita nuova, di una vita nella santità. Ecco perché è così importante rimanere ogni giorno in Gesù. Rimanere in Lui significa essere salvati e liberati; significa poter avere in noi la vita stessa di Dio; significa trovare la Verità che è Amore e, dunque, il senso pieno della vita. Rimanere è Vivere!
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Daniele: “Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto”. I tre giovani rispondono in modo esemplare al re che voleva obbligarli a rinnegare la fede. L’esemplarità consiste nella loro fedeltà a Dio, certamente. Ma vi è anche un altro aspetto di esemplarità. I tre giovani, infatti, sono fedeli perché si fidano del Signore. Non solo perché sperano da Lui  la liberazione dalla fornace ardente, in cui il re vuole gettarli, ma anche perché proclamano che qualunque cosa accadrà sarà per la volontà di Dio, volontà sempre di amore e tesa al bene vero dei Suoi figli.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Allora i Giudei gli dissero: Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo? Rispose loro Gesù: In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono. Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui”. Che cos’è che rende i giudei tanto ostili a Gesù? Per quale motivo tentano di ucciderlo? In questione non è soprattutto la disputa su alcune tematiche particolari. Ciò che i giudei non riescono ad accettare è il fatto che in Gesù Dio stesso si renda presente in un modo così concreto. In quei giudei siamo rappresentati tutti noi; da una parte desiderosi di avere un Dio vicino, dall’altra timorosi di questa vicinanza che appare sconvolgente e, forse, ingombrante. Eppure questa prossimità di Dio a noi in Gesù è la nostra salvezza. In quel volto umano e divino vi troviamo la Verità e l’Amore in cui il nostro cuore finalmente trova pace.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro della Genesi: “In quei giorni Abram si prostrò con il  viso a terra e Dio parlò con lui: Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò”. Abram, che era a capo di una tribù, riceve la visita di Dio, che gli parla, stabilisce con lui un’alleanza, promettendo di farlo divenire padre di una moltitudine. È proprio questo il significato del suo nuovo nome, Abramo. L’incontro con Dio gli ha cambiato la vita, lo ha condotto per sentieri sconosciuti, gli ha aperto orizzonti inesplorati. Dio si è reso presente alla vita di Abramo come un imprevisto inatteso e sconvolgente, ma anche come promessa di vita nuova e radiosa. Così è anche per noi, nella misura in cui ci abbandoniamo fiduciosi alla volontà di Dio e accogliamo con fiducia i Suoi progetti sulla nostra vita. Abbandonarsi e arrendersi a Dio significa entrare nella Vita.

Venerdì
Oggi preghiamo con il ritornello del salmo responsoriale: “Nell’angoscia t’invoco: salvami, Signore”. Queste parole fanno sintesi di quanto ascoltiamo nel libro di Geremia, quando il profeta invoca l’aiuto del Signore in un momento di grande prova. In queste stesse parole possiamo riascoltare l’invocazione di Gesù nell’imminenza della Sua passione, di cui ci parla il Vangelo di san Giovanni. Quelle parole le facciamo nostre in questa giornata, nella quale certamente avremo momenti di sofferenza e di fatica. Il Signore è pronto a sostenerci sempre e, soprattutto, nell’ora dell’angoscia. Ripetiamo, dunque, spesso, nel segreto del cuore: “Nell’angoscia t’invoco: salvami, Signore”. E sperimentiamo la consolazione che viene dalla presenza e dall’amore di Dio, balsamo delicato e dolce per il nostro cuore affaticato e appesantito.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre; per quale di esse volete lapidarmi? Gli risposero i Giudei: Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. In questa pagina evangelica, in virtù delle parole dei Giudei, entriamo nel cuore dello scontro tra il Signore e i Giudei. Essi non possono accettare che Gesù sia Dio. La questione riguarda solo i Giudei di allora? In realtà, forse, riguarda anche noi. Perché se Gesù è Dio allora, la nostra vita è Sua. Se Gesù è Dio, allora la Sua parola è luce di verità decisiva per l’esistenza. Se Gesù è Dio, allora tutto ha senso in relazione a Lui, nostra vera gioia. E, pertanto, l’unico nostro atteggiamento ragionevole è adorare e aderire alla Sua persona, dicendo: “Io sono tuo, Gesù mio Signore”. Ora domandiamoci: è davvero così?

Sabato
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Ezechiele: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni”. La visione, che prende forma nelle parole pronunciate da Dio per bocca del profeta, delinea un tempo nel quale sarà superata ogni divisione e si vivrà nella pace. È un tempo oltre il tempo, certamente. Ma è anche un tempo atteso all’interno del cammino storico. Una la condizione: la presenza di Dio nella vita degli uomini e l’accoglienza della Sua salvezza. Solo in Dio, infatti, può realizzarsi il superamento della discordia e di ogni conflitto. Solo in Colui che è la vera Pace ogni cuore umano può fare esperienza di pace, dando vita a una convivenza di pace.
Ascoltiamo la parola di Dio dal Vangelo di san Giovanni: “Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”. Il Sommo Sacerdote è convinto di aver preso una decisone saggia, umanamente capace di salvare le sorti del suo popolo. In realtà, nel racconto dell’evangelista vi è una sottile ironia. Caifa decide la sorte di Gesù, ma nella sua decisione si realizza il piano di Dio. Caifa non può davvero immaginare che la condanna a morte inflitta al Signore porti a compimento il disegno della salvezza. E che il popolo venga salvato, ma non dai romani bensì dal peccato e dalla morte, in un modo del tutto inatteso e impensabile. Questa è la meraviglia dell’opera di Dio, che si serve anche delle nostre scelleratezze per portare avanti il Suo progetto di amore per la vita nostra e del mondo.

SETTIMANA SANTA

Lunedì della Settimana Santa
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”. Queste parole è Giuda a dirle, appena dopo che Maria ha cosparso di prezioso olio profumato i piedi di Gesù. Come sottolinea l’evangelista, in realtà a Giuda non interessavano i poveri. Era solo stizzito per un gesto di grande amore verso il Suo Maestro che Egli non capiva più e verso il quale ormai provava un sordo rancore. Giuda non riesce a entrare in sintonia con quel Gesù da cui egli si aspettava un battaglia vittoriosa contro i Romani. Perché Gesù opera diversamente? Perché la Sua via di salvezza è quella di un amore che si fa crocifiggere? Anche noi a volte non riusciamo a capire quanto il Signore ci chiede e i Suoi disegni. Abbandoniamoci, però, con fiducia, certi che in Dio tutto è sempre e solo amore per noi e per la nostra salvezza.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”. Quanto abbiamo udito fa parte dei canti del servo di Jahvè. Il profeta parla di un servo di Dio sofferente, da Dio inviato per la salvezza del Suo popolo, ma umanamente sconfitto. Eppure gli occhi del profeta vanno oltre la sconfitta e sanno scoprire la vera vittoria portata da quel Servo: la vittoria dell’amore. Anche noi possiamo essere tentati di considerare la passione e la croce di Gesù una sconfitta. No! Passione e Croce sono la vittoria di Dio. La vittoria dell’amore sul peccato e sulla morte. Ricordiamolo anche per la nostra vita: solo l’amore vince, vince sempre. Perché l’amore è da Dio. Ogni altra apparente vittoria è solo illusione.

Martedì della Settimana Santa
Ascoltiamo la parola del Signore dal angelo di san Giovanni: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. “Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte”. In questi due passaggi è delineata, con splendida chiarezza, la realtà del peccato. Si tratta, anzitutto, di un tradimento dell’amore. Gesù usa proprio la parola tradimento, a proposito di ciò che Giuda sta per compiere. In secondo luogo, il peccato è imparentato con l’oscurità. Giuda esce dal luogo in cui si trova ed è notte. Anche in senso figurato, cioè nel suo cuore. Su questa descrizione del peccato è importante meditare. Ogni nostro peccato, infatti, è un tradimento dell’amore di Dio. E ogni nostro peccato ci introduce nell’esperienza della notte, che è smarrimento, solitudine, tristezza mortale. Chiediamo la grazia di allontanare da noi ogni forma di peccato. Chiediamo la grazia di rimanere sempre nell’amore del Signore.
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua farètra. Mi ha detto: Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria. Io ho risposto: Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio”. Il Servo di Dio, pur  nella complessità e nelle difficoltà della sua vita e missione, è certo della presenza di Dio, del Suo amore che non lo abbandona. Non tutto è chiaro, a occhi umani. Spesso le vicende della vita sembrano contraddire la promessa di Dio. Ma tutto rientra certamente nel Suo disegno provvidenziale. Anche noi viviamo in questa certezza di fede. Insieme alla Chiesa, qui ben rappresentata nella figura suggestiva del Servo del Signore, che non sempre vede, ma sempre crede.

Mercoledì della Settimana Santa
Ascoltiamo la parola di Dio dal libro del profeta Isaia: “Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. Il profeta vive l’esperienza dell’opera che Dio fa nella sua vita: gli apre l’orecchio, lo rende cioè attento e capace di capire la parola che Egli gli rivolge. Ma ecco la bellissima collaborazione di Isaia: “non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Anche nella nostra vita il Signore opera, aprendoci le orecchie perché possiamo ascoltarlo e capirlo. Potessimo, come Isaia, dire anche noi con verità che non opponiamo resistenza, che non ci tiriamo indietro! In questi santi giorni, nei quali rinnoviamo la contemplazione, stupita e gioiosa, dell’amore di Dio per noi, formuliamo con decisione l’impegno ad aderire sempre alla Sua volontà e alla Sua parola di Vita.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Ed egli (Gesù) rispose: Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato! Giuda, il traditore, disse: Rabbì, sono forse io? Gli rispose: Tu l’hai detto”. Alla viglia del Santo Triduo Pasquale, ancora una volta rimaniamo in ascolto di un vero dramma: quello del tradimento di Giuda. Le parole usate da Gesù, al riguardo, sono molto forti. Ci fanno intendere la terribile gravità del peccato dell’uomo. Se non entriamo dentro la serietà tragica del peccato non possiamo poi rimanere stupiti e commossi per la grandezza della misericordia di Dio. Non si esalta la misericordia se si sottace la gravità della colpa. Anche il nostro peccato è sempre un terribile dramma. Ma la croce segna la vittoria dell’amore di Dio anche sul nostro peccato. L’Amore è più forte della morte.

Giovedì della Settimana Santa. Messa del Crisma
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Consideriamo con attenzione ciò che avviene nella sinagoga a Nazaret. Gli occhi di tutti i presenti si rivolgono a Gesù, dopo che Egli ha proclamato le Scritture. L’atto di volgere lo sguardo al Signore sia anche nostro, oggi e per tutto il Sacro Triduo. Lasciamo da parte altri interessi, preoccupazioni e distrazioni! Fissiamo, invece, il volto luminoso del Signore! Lo fissiamo anche tenendo presente le parole con le quali Gesù istituisce l’Eucaristia: “Questo è il mio corpo…Questo è il mio sangue”. Nel pomeriggio di questa giornata i nostri occhi rimangano fissi a lungo e con grande amore sull’Eucaristia, presenza viva e vera del Risorto in mezzo a noi, tesoro inestimabile della Chiesa e per la nostra vita.

Giovedì Santo. Cena del Signore
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Gesù, sapendo che era venuta la Sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. L’annotazione dell’evangelista è bellissima: “li amò fino alla fine”. L’amore di Gesù per noi è “fino alla fine”, non solo perché è vissuto fino all’ultimo respiro della Sua vita, ma anche e soprattutto perché non ha misura, è infinito. San Tommaso ricorda che l’Eucaristia è il “Sacramento dell’Amore”! Proprio l’Eucaristia è il segno splendido dell’amore fino alla fine del Signore per noi. Oggi è il giorno dell’Eucaristia; oggi è il giorno in cui rendiamo grazie a Dio per questo tesoro inestimabile che ci è stato donato; oggi è il giorno in cui rimaniamo ad adorare l’Amore fatto sacramento e Presenza fedele per noi tutti i giorni fino alla fine del mondo.

Venerdì Santo. Passione del Signore
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “E’ compiuto!”. È questa l’ultima parola pronunciata da Gesù sulla croce. Che cosa è compiuto? Il disegno dell’amore di Dio sul mondo e sull’uomo. Un amore che arriva fino alla fine, ovvero fino alla misura infinita, propria del Cuore di Dio. Il Crocifisso è questa misura infinita. Entriamo, allora, nella contemplazione dell’abisso senza fondo della misericordia di Dio e sostiamo, meravigliati, in adorazione silenziosa della santa Croce. Sostiamo in preghiera e in ginocchio davanti all’Amore che salva il mondo, all’Amore oltre ogni altro amore che dona senso alla vita, all’Amore che supera ogni attesa e ogni speranza. Oggi, nel silenzio del cuore, lo possiamo dire, tutti e ciascuno, con uno stupore sconfinato: “Io sono amato così!”. E, con il salmista, vogliamo aggiungere con gioia determinata: “E io vivrò per Lui!”.

TEMPO DI PASQUA

OTTAVA DI PASQUA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Matteo: “Allora Gesù disse loro: Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”. Gesù si rivolge alle donne. È il mattino di Pasqua. Una parola è per loro: riguarda l’annuncio della risurrezione che deve essere subito comunicato. Quell’urgenza riguarda anche noi e il nostro tempo. Cristo risorto è la salvezza e la speranza del mondo! La secondo parola è per gli apostoli: devono tornare in Galilea dove lo vedranno. Galilea significa “anello”. Quella terra è stata teatro degli inizi della loro storia di amore con il Signore. Ora ne è l’apice. Questa storia è tutta di amore. Galilea, l’anello nuziale, ne è il sigillo. Anche la nostra storia con Gesù risorto sia tutta di amore. Un amore appassionato da riversare sul mondo.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva”. Con questa annotazione, l’evangelista Giovanni sottolinea la situazione spirituale della Maddalena. La donna è triste, immobile, sopraffatta  dal dolore per la morte di Gesù. Ma il Signore le appare, è vivo, è risorto! La scena evangelica cambia improvvisamente. Maria ora parla; anzi, alza la voce con entusiasmo: “Maestro!”. E poi inizia il suo viaggio, per andare ad annunziare ciò che ha visto e udito: il Signore vivo e la Sua parola di amore e di salvezza. Il “passaggio” interiore vissuto dalla Maddalena siamo chiamati a viverlo anche noi. A Pasqua, certamente! Ma anche a ogni incontro con Gesù. Perché Egli è sempre il Risorto, che cambia la vita di chi lo vede e lo ascolta

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Egli entrò per rimanere con loro”. Gesù ha percorso a lungo la via con due dei suoi discepoli, in cammino da Gerusalemme a Emmaus. È giunto il tempo di salutarsi, ma i due giovani lo supplicano: “Resta con noi”. E Gesù rimane! Gesù rimane sempre! In questo è la nostra salvezza e la nostra gioia. Se Lui non restasse, sarebbe notte, dolore, pianto, tristezza e smarrimento. Ma Egli rimane sempre, fedelmente, fino alla fine del mondo. Per questo siamo nella luce, nella gioia, nella speranza. Anche noi oggi preghiamo dicendo: “Resta con noi”. E Gesù sarà con noi, compagno di viaggio, la cui presenza è Amore che salva, la cui parola è Luce che fa ardere il cuore e dona la Vita.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò”. La narrazione è ambientata presso il tempio. Pietro e Giovanni vi stanno entrando, quando incontrano uno storpio che, presso la porta detta Bella”, chiede l’elemosina. Le parole di Pietro sono rivolte proprio allo storpio. L’apostolo gli dona ciò che ha di più prezioso: l’amore del Signore e la salvezza che opera la Sua presenza di Risorto. Non dobbiamo mai dimenticare che Gesù, il Vivente, è il dono veramente prezioso, il dono più prezioso e inestimabile che abbiamo da dare agli uomini. Ogni altro dono, nella vita della Chiesa, non può che essere richiamo e segno di questo dono fondamentale, che è il Signore. Altrimenti verrebbe meno alla sua missione. Altri doni può darmi anche il mondo. Ma la salvezza in Cristo no.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Luca: “Gesù stette in mezzo a loro e disse: Pace a voi!”. L’apparizione del Signore agli apostoli porta con sé il dono della Pace. Quella di Dio non è la semplice pace umana. È, piuttosto, la pace che viene dall’alto, dal Cielo, e che ristabilisce l’alleanza di amore tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e l’uomo, tra l’uomo e la creazione. Quella di Dio è la pace del Paradiso, che fin d’ora possono pregustare coloro che vivono nella Sua grazia e nel Suo amore. Oggi la nostra preghiera sia questa: “Dona a noi, Signore, la Tua Pace!”. E che questa pace, che è dono del Risorto, possa espandersi nel mondo intero anche per il nostro tramite, uomini e donne della Pace, perché abbiamo accolto nella nostra vita Gesù, il Vivente, il Salvatore, Colui che è la Pace vera.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: È il Signore!”. Gli apostoli sono sulla riva del lago di Galilea. Giovanni per primo si accorge della presenza di Gesù risorto, lo riconosce. Può farlo perché ama. L’amore porta alla conoscenza. Se è vero che più si conosce e più si ama, è altrettanto vero che più si ama e più si conosce. Questa è stata l’esperienza dell’apostolo Giovanni. Questa è anche la nostra esperienza di fede. Nella misura in cui cresce il nostro amore per il Signore, cresce anche la nostra capacità di conoscerlo e riconoscerlo nella nostra vita.  L’amore rende acuto lo sguardo, apre gli occhi, allarga l’orizzonte. Ci sia data la grazia di poter dire anche noi, oggi è per molte volte: “È il Signore!”.

Sabato
Nel Vangelo di oggi, in pochi versetti, ritorna per due volte l’annotazione dell’evangelista Marco: “Non credettero”. Si riferisce agli apostoli che, di fronte all’annunzio della risurrezione, prima da parte di Maria Maddalena e poi dei due discepoli di Emmaus, rimangono increduli. Eppure, proprio a loro, il Signore affida, alla conclusione del racconto evangelico, la missione di proclamare il Vangelo in tutto il mondo. La Chiesa, fin dagli inizi, è questo mistero straordinario: un vaso di creta a cui è affidato un tesoro immenso. E proprio la povertà del vaso fa risplendere ancora di più la bellezza del tesoro. Così è per ciascuno di noi: poveri vasi di creta nei quali, per grazia, risplende la folgorante bellezza del Signore. Nella nostra piccolezza possa affermarsi sempre la Sua grandezza!

II SETTIMANA

Lunedì
“Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio”. Con queste parole dell’apostolo Paolo, che oggi ripetiamo nel versetto dell’alleluia, ci è rinnovato l’invito ad alzare lo sguardo al mondo Dio. Ormai, dopo la risurrezione di Gesù, il nostro cuore rimane orientato con decisione alle realtà del Cielo, custodi della Vita vera e senza fine, alla quale siamo destinati e che già ora pregustiamo nella comunione di amore con Gesù risorto. Il Cielo è la nostra autentica Patria, non la terra! Il Signore risorto è la nostra amata dimora e non altro! Il Cuore di Cristo è la nostra sicura abitazione, perché il Suo amore è la nostra salvezza!
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza”. La preghiera accorata scaturisce dal cuore di coloro che compongono la prima comunità cristiana a fronte della persecuzione da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo. I cristiani si ritrovano insieme per considerare la situazione difficile in cui vivono. Ma non si dilungano in molte parole. Subito, tutti insieme, “innalzarono la loro voce a Dio”. Non si perdono in progetti umani, in strategie complesse. Pregano. E pregano con fervore, consapevoli che Dio darà loro ciò di cui hanno bisogno in quel momento. Infatti, scende su di loro lo Spirito Santo ed essi trovano nuovo coraggio per proclamare con franchezza la parola di Dio. Custodiamo anche noi il primato di Dio e della preghiera, in ogni circostanza della vita.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”. Questa descrizione della Chiesa, agli inizi del suo cammino storico, è molto bella. Ed è esemplare per ogni tempo della storia. La comunione dei beni materiali, che significa reciproco soccorso nelle difficoltà della vita, trova la propria radice viva nella comunione del cuore e dell’anima. Unica, infatti, e’ la fede e comune l’appartenenza al Signore e alla Chiesa. Da qui l’esperienza di una fraternità che viene custodita e alimentata dalla preghiera reciproca. Viviamo anche noi come i primi cristiani: attenti alle necessità dei fratelli e legati da una continua preghiera che accompagna e sostiene a vicenda ogni nostra giornata.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose?”. Gesù riconosce a Nicodemo una qualifica, quella di maestro di Israele. Al riguardo è interessante notare che il dialogo tra i due avviene nella notte. La notte era il tempo nel quale i rabbini studiavano la Bibbia. In questo intenso dialogo, pertanto, possiamo forse anche vedere simboleggiato il cammino che Nicodemo è chiamato a fare per portare a compimento la propria qualifica di maestro: deve rivedere tutta la Scrittura alla luce di Gesù. Egli, infatti, è Colui che illumina ogni parola del testo sacro. Sant’Agostino si esprime così: “Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, mentre l’Antico è svelato nel Nuovo». Come a dire che Gesù è nascosto nell’Antico Testamento e che l’Antico Testamento è svelato da Gesù.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Con queste parole, rivolte a Nicodemo, Gesù rivela il disegno dell’amore di Dio sul mondo. Un mondo che Dio vuole salvare. Il Figlio, venuto in mezzo agli uomini, è proprio il segno più alto di questa volontà di amore e di salvezza. Perché, dunque, Dio non è accolto? C’è un mistero di iniquità nella storia degli uomini, in ragione del quale ai nostri occhi il volto di Dio viene deturpato ed Egli appare come concorrente e nemico, di cui avere paura e sospetto. Abbiamo bisogno di purificare gli occhi e il cuore per incontrare l’autentico volto di Dio che, in Gesù, si rivela Amore infinito e Salvatore della nostra vita. Sia questa la nostra testimonianza di Lui nel mondo!
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “In quei giorni, si levò il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducèi, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita»”. Il sommo sacerdote e i sadducei, nella loro volontà di impedire agli apostoli di annunciare il Vangelo, sono anche il segno di tutto ciò che, nella storia, tenta di imprigionare la Chiesa nella sua missione di dare testimonianza al Risorto. In realtà, vi sono anche forze interiori che tendono a imbrigliare la nostra vocazione di messaggeri: paura, rispetto umano, timidezza, pigrizia… Abbiamo bisogno dell’intervento del Signore perché ci liberi da ogni prigione, proprio come leggiamo nella pagina degli Atti. Per andare a proclamare a tutti la Parola della Vita.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. Con queste parole Pietro rispondeva al Sommo Sacerdote che gli intimava di non parlare più di Gesù e della Sua risurrezione. Senza timore, l’apostolo afferma la propria libertà, fondata sull’obbedienza a Dio e sulla volontà ferma di aderirvi con tutto il cuore. Quale grande insegnamento e incoraggiamento per noi! È l’adesione a Dio la radice della vera libertà. E noi, questa libertà, siamo chiamati a viverla nella quotidianità della nostra vita, quando persone, situazioni, ambienti, ideologie, cultura dominante sembrerebbero voler imporre il loro giogo su di noi e sulla nostra fede. I martiri di ogni tempo sono l’espressione più alta della libertà! In questa libertà viviamo la nostra testimonianza al Signore.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti”. Con queste parole Gesù attesta la possibilità di una duplice appartenenza: la terra o il cielo. In realtà Egli è il Figlio di Dio fatto uomo, nella cui carne cielo e terra sono riconciliati e ritrovano la comunione di vita. Gesù, che viene dal cielo, assume in se’ la terra degli uomini per salvarla. Così anche i suoi discepoli vengono dal cielo, perché sono rinati a vita nuova in virtù del Battesimo. E hanno ricevuto la missione di introdurre nel cielo di Dio la terra degli uomini. C’è una tentazione da superare: quella di rimanere legati alla terra perdendo di vista il cielo, di lasciarsi imprigionare nelle realtà umane dimenticando la loro destinazione: Dio. Chiediamo, per questo, l’abbondanza smisurata del dono dello Spirito, promesso da Gesù.

Venerdì
Ascoltiamo la parola ddl Signore dagli Atti degli Apostoli: “Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. San Luca, l’autore degli Atti degli Apostoli, così sottolinea l’atteggiamento degli Apostoli in seguito alla flagellazione, subita per amore del Signore e del Suo nome. L’episodio ci interroga, dal momento che spesso proviamo vergogna per il nome di Gesù, avvertiamo la Sua presenza ingombrante in un mondo ostile o indifferente, passiamo sotto silenzio la nostra adesione al Vangelo per timore di essere “oltraggiati a motivo del nome di Gesù. Domandiamo la grazia del coraggio nella fede, dell’audacia nella testimonianza, del sano orgoglio di essere e dirci discepoli del Signore.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini”. Il ragazzo con i pani d’orzo doveva essere povero. Quello dei ricchi era il pane bianco. Eppure la povertà di quel ragazzo diventa una grande ricchezza nel momento in cui si trova nelle mani di Gesù. Osservando ciò che accade nella pagina della moltiplicazione dei pani sembra di ascoltare il Magnificat di Maria: “Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Quando abbiamo la generosità e il coraggio di affidare al Signore il poco che abbiamo e che siamo, sperimentiamo nella gioia le meraviglie di grazia che Egli compie in noi e attraverso di noi.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti”. Così termina la pagina evangelica nella quale i discepoli si trovano momentaneamente soli, in mare, sopra la barca. Il mare in tempesta rappresenta anche il percorso complesso della vita, le difficoltà che ogni uomo è chiamato ad affrontare lungo il cammino dell’esistenza. Gesù si avvicina. Nelle Sue parole “Sono io” ascoltiamo una rassicurazione: quella della Sua vicinanza. Ma anche la proclamazione del Suo essere Dio. I discepoli lo accolgono sulla barca e la loro traversata giunge a buon fine, la vita approda in luogo sicuro. Gesù, il Signore, è la risposta agli enigmi della vita! Gesù, il Salvatore, è Colui che ci conduce a sicura destinazione, vincendo ogni tempesta.

III SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo”. Questo si dice di Stefano, il diacono santo e martire che testimonia con coraggio ed entusiasmo la risurrezione di Gesù davanti ai Giudei. Quale è una delle prove della verità della risurrezione da offrire al mondo? Certamente la luminosità della nostra vita che, come quella di Stefano, ci è donata dall’incontro quotidiano e fedele con il Signore Risorto. È Lui, infatti, che trasforma il nostro cuore con la Sua presenza e la Sua grazia, rendendoci nuove creature, tutte abitate dallo splendore della grazia. Il segreto del fascino che la nostra vita esercita sui fratelli è la comunione di amore con Gesù, che riempie di bellezza ogni nostra giornata. Stiamo a lungo davanti a Lui!
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo»”. La folla segue Gesù e va alla Sua ricerca perché ha sperimentato la gioia e la bellezza del dono: con i pani che Egli ha elargito essi si sono sfamati. Ma Gesù indirizza il cammino interiore di quella folla in un’altra direzione. È venuto, infatti, il momento di non fermarsi al dono ma di andare a Colui che è il datore di ogni dono: Lui, il Signore. Quante volte anche noi ci fermiamo ai doni di Dio e dimentichiamo che siamo chiamati ad aderire, con il cuore e con la vita, al Signore dei doni!

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione”. Fa sempre una certa impressione la menzione di Saulo all’uccisione di Stefano. Anche perché, di lì a poco, Saulo si convertirà sulla via di Damasco, divenendo il grande San Paolo, evangelizzatore appassionato del mondo pagano. Forse, proprio la vita donata da Stefano è stata alla radice della nuova vita in Cristo ricevuta da Paolo. Come diceva Tertulliano: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. Anche oggi! E, comunque, ogni nostra piccola e grande offerta d’amore è misteriosamente ma realmente sorgente di grazia per il mondo.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»”. È molto interessante la supplica che la folla rivolge a Gesù: “Dacci sempre questo pane”. In essa si esprime il desiderio, presente nel cuore di ogni uomo, per un pane che possa definitivamente saziare e donare la Vita vera. Splendida la risposta di Gesù, che identifica questo pane di Vita con la Sua persona. Gesù, infatti, è il pane vero disceso dal cielo e donato dal Padre per dare la vita al mondo, per placare fame e sete, per dare risposta alla supplica accorata di ogni tempo: “Dacci sempre questo pane”. Non dimentichiamo: se noi siamo una domanda vivente di vita, il Signore è risposta piena e definitiva a tale domanda! Egli, infatti, è la Vita!

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Sàulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola”. La persecuzione di Saulo provoca la dispersione dei cristiani. Quella che può apparire una sciagura, in realtà diviene una vera e propria Provvidenza, dal momento che i cristiani dispersi portano ovunque l’annuncio del Vangelo. Gli Atti degli Apostoli ci aiutano a osservare le vicende della Chiesa primitiva dal punto di vista dell’opera che Dio compie nonostante le avversità, anzi proprio anche attraverso di esse. Siamo invitati ad assumere lo stesso sguardo di fede, capace di osservare l’opera di Dio nella storia, che è sempre opera di Provvidenza, di salvezza e di amore: per i singoli e per la Chiesa intera.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Rivolgendosi a Filippo, l’eunùco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù”. San Luca racconta quanto avvenuto durante l’incontro tra il diacono Filippo e un etiope pagano. Il dialogo appena riportato costituisce il momento appena precedente il battesimo di quell’uomo da parte di Filippo. Di che cosa gli parla? Che cosa gli annuncia? Il contenuto della Sua parola è uno solo: Gesù. Filippo annuncia all’etiope Gesù, il Risorto e Salvatore. La vicenda narrata dagli Atti è per tutti noi molto istruttiva: in che cosa consisteva l’evangelizzazione? Nell’annunciare Gesù! Tutto il resto è una conseguenza. Che sulle nostre labbra e nella nostra vita risuoni sempre questo nome che è Salvezza: Gesù!
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Le parole di Gesù sono splendide; fanno parte del grande discorso sul pane di vita. Nel brano ascoltato vi troviamo indicata una relazione straordinaria: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Il Signore si fa tutto dono di amore per noi, offrendo la Sua vita, la Sua carne. E noi abbiamo la grazia di incontrarlo pane di vita fatto carne per la vita di noi tutti nell’Eucaristia. Ecco perché san Tommaso definisce l’Eucaristia “sacramento dell’amore”. Ed ecco perché l’Eucaristia è il tesoro più prezioso della Chiesa.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda”. La descrizione di ciò che vive Saulo fotografa il momento appena successivo al Suo incontro con il Signore Risorto sulla via di Damasco, dove egli stava andando per perseguitare i cristiani che lì abitavano. Saulo non vede più e rimane nella condizione di cecità per tre giorni. Deve chiudere definitivamente gli occhi al mondo per poterli riaprire, del tutto rinnovati, sul mondo di Dio. Cade da cavallo col nome di Saulo, si rialza da terra con il nome nuovo di Paolo e con il dono di una vita rinnovata nella fede. Anche il nostro incontro quotidiano con Gesù risorto ci doni la grazia di un continuo rinnovamento e passaggio: dal mondo a Dio.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: Come può costui darci la sua carne da mangiare? Gesù disse loro: In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. Il testo evangelico è davvero molto significativo. Gesù sta parlando di un dono inestimabile che intende fare agli uomini: il Suo corpo e il Suo sangue dato in nutrimento quale vero cibo e vera bevanda per la vita e pegno di eternità. Eppure, a fronte di questo, i Giudei discutono aspramente tra di loro. I loro occhi sono annebbiati e il loro cuore è incapace di entrare in sintonia con il Cuore del Signore. Egli parla di amore e loro non lo capiscono, e neppure lo accolgono. Anche noi, a volte, siamo come loro. Signore, aiutaci a riconoscere e ad accogliere i doni mirabili del tuo infinito amore.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “In quei giorni, la Chiesa era in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero”. La descrizione della Chiesa, operata da san Luca negli Atti, deve essere posta in relazione con le parole pronunciate da Gesù il mattino di Pasqua. Disse, infatti, il Signore, agli apostoli: “La pace sia con voi!”. Non dobbiamo, pertanto, pensare che la pace sperimentata dalla Chiesa primitiva fosse la pace come la intende il mondo. La Sua era la pace del Risorto, frutto della presenza e dell’opera dello Spirito, manifestazione della vittoria sul peccato e sulla morte, espressione della salvezza in Gesù, accolta e trasmessa con gioia contagiosa. In questo senso la Chiesa è sempre nella pace! Chiediamo la grazia di rimanere anche noi in quella pace vera, che è la pace del Signore.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Il seguito del brano evangelico ci parla di molti tra i discepoli che “tornarono indietro e non andavano più con lui”. Eppure, anche di fronte a questo abbandoni, Gesù non rende meno esigente la Sua parola. Continua ad annunciarla, perché in quella parola è la verità, la bellezza dell’amore di Dio che salva. Anche noi, a volte, siamo tentati di andare altrove, quando la parola evangelica appare dura. Guardiamo, allora, agli apostoli che, per il tramite di Pietro, dicono: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Anche noi, come loro, fidiamoci e affidiamoci. In quella Parola, infatti, l’amore del Signore ci condurrà per i sentieri della santità e della vera Vita. Quella Parola non ci deluderà.

IV SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore”. Oggi siamo invitati a una contemplazione gioiosa di Gesù Buon Pastore. Consideriamo le parole stesse con le quali Egli illustra la ricchezza di quell’immagine. Anzitutto il Buon Pastore ci conosce. È così bello essere conosciuti dal Signore! Perché la Sua è una conoscenza d’amore infinito che penetra gli abissi del cuore. Egli, poi, ci rivolge la Sua parola, che è parola di verità e di luce per il cammino della vita. Ancora il Buon Pastore dona la vita per noi: Egli è il Crocifisso Risorto che rinnova il sacrificio di salvezza fino alla fine del mondo nella celebrazione eucaristica. Infine, il Buon Pastore ci custodisce con tenerezza tra le proprie braccia, perché sia sicuro il cammino e possa approdare sulle rive dell’eternità. Contempliamo, dunque, e diciamo: “Signore, Tu sei il mio Pastore!”.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Sentii anche una voce che mi diceva: Coraggio, Pietro, uccidi e mangia! Io dissi: Non sia mai, Signore, perché nulla di profano o di impuro è mai entrato nella mia bocca. Nuovamente la voce dal cielo riprese: Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Pietro racconta quanto gli è accaduto e il motivo per cui è entrato in casa di pagani, mangiando insieme a loro. Dalla narrazione si capisce la fatica di Pietro nel compiere quel gesto. Eppure la voce che viene dall’alto lo convince ad andare in quella direzione, che è buona anche per lui. Gli apostoli, e con loro la prima comunità cristiana, hanno dovuto aderire alla Parola di Dio, anche rinnegando proprie consuetudini e propri convincimenti. Vivere alla sequela del Signore significa rinnovare ogni giorno questa pronta adesione. Non siamo noi a condurre la Parola. È la Parola a condurre noi.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”. Ci domandiamo: perché? La risposta può forse essere ritrovata ricordando il fervore grande di quella comunità cristiana, nella quale vivevano e operavano Barnaba e Paolo. La loro vita era tale da farsi evidente la loro appartenenza a Cristo. Una domanda per noi: la nostra parola e la nostra vita sono tali da rendere evidente la nostra appartenenza al Signore? Chiediamo la grazia di essere un riflesso fedele di Gesù con la parola e con tutta la nostra vita: che tutto in noi dica “Gesù”!
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”. In questa descrizione che Gesù fa della propria identità di “buon pastore” si percepisce la cura premurosa che Egli ha nei confronti di coloro che gli sono affidati. Basti ricordare le espressioni usate: “le conosco”, “io do loro la vita eterna”, nessuno le strapperà dalla mia mano”. Bellissime, queste espressioni! Vi si intravvede lo splendore del volto del Signore. Tra quelle espressioni ve ne sono due che riguardano noi, Sue pecore e gregge del Suo pascolo: “ascoltano la mia voce”, “mi seguono”. Non vale la pena ascoltare la voce di un tale pastore? Non vale la pena seguire un tale pastore? Contempliamo, pertanto, la bellezza del pastore che è Gesù. E ritroviamo la gioia grata di poterlo ascoltare e seguire.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “In quei giorni la parola di Dio cresceva e si diffondeva”. Con queste poche parole gli Atti degli Apostoli fotografano la splendida realtà della Chiesa in quel tempo: la parola di Dio cresceva vistosamente e si diffondeva rapidamente. Con questo si vuole indicare una duplice verità: la parola di Dio cresce nel cuore degli uomini che la accolgono con generosità e pronta disponibilità; per questo motivo, quella stessa Parola si diffonde e trasforma la vita di molti. Quanto avveniva agli inizi della storia della Chiesa avviene in ogni tempo e accade anche oggi. In coloro che la accolgono, infatti, la parola di Dio cresce e, per mezzo di loro, si diffonde nel mondo.
Chiediamo la grazia di appartenere a coloro nella cui vita tutta questo di realizza con abbondanza.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me”. Gesù è la parola ultima e definiva del Padre. In quella Parola è la Via, la Verità e la Vita. Quella Parola è annuncio di salvezza per il mondo. È importante memorizzare: “Il suo comandamento è vita eterna”. È importante perché spesso lo dimentichiamo. Siamo tentati di pensare, infatti, che il comandamento di Dio sia una parola mortificante la nostra libertà e la piena realizzazione della nostra umanità. In realtà, quel comandamento, quella Parola sono il si vero alla libertà e alla pienezza della realizzazione umana. In Dio è il vero si alla gioia del cuore umano.

Giovedì
Ripetiamo, oggi, con il ritornello del Salmo responsoriale: “Canterò in eterno l’amore del Signore”. In questo modo siamo aiutati a fare sintesi, nella preghiera, di quanto ascoltato negli Atti degli Apostoli. Li l’apostolo Paolo si rivolge ai giudei ripercorrendo le tappe salienti  della storia della salvezza, il cui approdo è il Signore Gesù, il Salvatore atteso. È importante coltivare la memoria delle opere compiute da Dio nella storia. Come anche è importante coltivare la memoria di quanto il Signore ha operato nella nostra piccola storia. Questa,  infatti, guardata nella fede, è costellata di grazie che la rendono una vera opera di amore e di Provvidenza. Torniamo, dunque, indietro con il ricordo, ripercorriamo il cammino della vita e ripetiamo spesso, in questa giornata: “Canterò in eterno l’amore del Signore”. La memoria dell’amore di Dio genera amore, gratitudine, speranza e gioia.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica”. Gesù compie il gesto della lavanda dei piedi, gesto con il quale Egli svela il mistero della Sua vita: un dono d’amore senza riserve. Compiuto il gesto, il Signore invita all’imitazione: la vita del discepolo dovrà essere tutta dono, tutta consegna d’amore. Il servo, dunque noi, vivendo la grazia della comunione di vita con il padrone, Gesù, avremo la capacità di fare della nostra esistenza un’offerta incondizionata. E in questo, così prosegue Gesù, consiste la vera gioia. Questa, infatti, non si trova nella ricerca egoistica di sé, come vorrebbe fare intendere il tentatore, ma esattamente nel dimenticarsi, a favore di Dio e del prossimo.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. In queste parole di Gesù troviamo la realtà più profonda della nostra vita, sia per quanto riguarda il tempo presente che quello futuro. Dal momento della risurrezione, infatti, noi siamo risorti con Cristo e, pertanto, siamo già con Lui nella casa del Padre, nella misura in cui viviamo nella Sua grazia e nella Sua amicizia. Il tempo futuro non sarà altro che uno svelamento di ciò che già ora è una realtà nella fede. Allora l’invisibile si renderà visibile, l’ombra lascerà il posto alla luce, alla speranza seguirà la visione.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “In quei giorni, [Paolo, giunto ad Antiòchia di Pisìdia, diceva nella sinagoga:] Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza”. La predicazione di Paolo, rivolta ai Giudei, mette in evidenza la salvezza in Gesù, risorto da morte, come compimento dell’antica alleanza che Dio aveva stipulato con il Suo popolo. In Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, si compie il disegno di Dio e si compie l’attesa dell’antico popolo. Allo stesso modo, in Cristo si compie l’attesa delle genti, in quanto Lui e solo Lui è il compimento pieno della ricerca di salvezza di ogni cuore umano. Gesù Cristo è, dunque, compimento di tutta la storia, compimento dell’umanità, compimento di tutto. Perché in Lui il Padre ha creato e redento il mondo. Davvero, pertanto, Cristo è tutto per noi. Come, per lo stesso motivo, Egli è la segreta nostalgia di tutti e di tutto.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo”. Così termina il brano degli Atti che oggi ci è presentato nella celebrazione liturgica. È quasi una definizione, nella quale è illustrata l’identità dei discepoli di Gesù. In questa identità siamo chiamati a rispecchiarci, per verificare se sia anche la nostra. Siamo pieni di gioia? È, questa gioia, radicata nella fede, ovvero nell’incontro con il Signore, nostra Salvatore? Siamo pieni di Spirito Santo? Siamo, cioè, ricolmi della vita stessa di Dio, sperimentando la bellezza di essere figli da Lui amati senza misura? Le domande suscitano in noi la preghiera. Infatti avvertiamo la necessità di chiedere al Signore il dono della gioia e dello Spirito Santo. Riempici, Signore, della gioia che viene da te! Riempici, Signore, del tuo Santo Spirito! Allora saremo davvero tuoi discepoli.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gli rispose Gesù: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?”. Filippo, nel porre la domanda a Gesù, esprime un proprio desiderio e, allo stesso tempo, si fa interprete del desiderio degli altri discepoli. È il desiderio di veder il volto del Padre, volto dell’amore che accoglie, custodisce, sostiene, genera la vita. Nelle parole di Filippo ascoltiamo l’eco della voce dell’intera umanità, alla ricerca del volto paterno di Dio, quale patria sperata per la propria vita e il proprio destino. Gesù, rispondendo al l’apostolo, dice la parola che apre il cuore alla gioia vera: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”. Ora il cuore umano ha trovato il Suo riposo e la Sua casa.

SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”. L’amore vive e cresce nella concretezza. Sempre! Anche nella vita della fede. Chi ama davvero Dio? Chi ne osserva la parola e ogni giorno, con gioia e fiducia, desidera entrare in sintonia piena con la Sua volontà. Non si ama con le parole o solo con le parole. Si ama nei fatti e nella verità di una vita che diviene, giorno dopo giorno, sempre più simile a quella dell’Amato. Ecco perché nella spiritualità cristiana è tanto importante l’imitazione di Cristo. Chi ama, imita. Chi ama Gesù, lo imita. La nostra, però, è un’imitazione che cresce dall’interno, in virtù della vita stessa di Cristo che abita in noi e alla quale dobbiamo fare sempre più spazio.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “In quei giorni, a Icònio ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi di aggredire e lapidare Paolo e Bàrnaba; essi lo vennero a sapere e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe, e nei dintorni, e là andavano evangelizzando”. La persecuzione non frena lo slancio missionario di Paolo e Barnaba. Anzi, essa offre loro l’occasione per andare altrove e portare l’annuncio del Vangelo a chi ancora non lo ha ricevuto. Paolo e Barnaba, in tal modo, mostrano di leggere i fatti della loro vita, anche i più dolorosi, alla luce della provvidenza di Dio. La persecuzione è realizzata dagli uomini, ma Dio se ne serve perché la parola della salvezza raggiunga altri popoli. Davvero tutto è grazia per chi crede! Chiediamo nella preghiera di riuscire ad avere sempre questo sguardo di fede sulla nostra vita.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. La pace è il dono di Gesù risorto. Ma dobbiamo fare attenzione. La pace che scaturisce dalla Pasqua è ben più profonda di quella che intende abitualmente il mondo. La pace di Cristo, infatti, scaturisce da un cuore raggiunto dalla salvezza e, dunque, dall’esperienza della vita di grazia che ha sconfitto la morte e il peccato è che ha ridonato l’armonia vera con Dio, i fratelli, l’intera creazione. Ecco perché la pace di Gesù toglie ogni turbamento e ogni timore. Turbamento e timore abitano ancora nella pace del mondo, perché superficiale e infondata. In Cristo, nostra Pace, invece, è sconfitta ogni paura. Rimaniamo nella pace del Signore!
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli”. La vita di Paolo e di Barnaba è del tutto votata all’annuncio del Vangelo. È davvero impressionante la vitalità degli Apostoli, che sono continuamente in cammino al fine di portare a tutti la parola del Signore. Eppure, anche per loro, viene il momento di fermarsi e di stare: “Si fermarono per non poco tempo”. Il discepolo sta e va. Sta davanti a Dio e con gli amici nella fede per poter andare senza mai stancarsi per le vie del mondo come araldo del Risorto.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci”. Nelle parole di Gesù ritorna spesso il verbo “rimanere”. Indica una necessità vitale: Egli è la vite che trasmette linfa e vita, noi siamo i tralci che non possono vivere senza il sostentamento della vite. Noi siamo di Cristo e non possiamo vivere senza di Lui. Egli è la nostra Vita! O si rimane in Cristo fedelmente oppure si è destinati a morire nella vita della fede. Come è importante, dunque, coltivare la preghiera, l’ascolto della parola di Dio, la vita sacramentale, la familiarità con l’Eucaristia celebrata e adorata! Solo così si rimane in Cristo! Solo così si può portare davvero frutto per la salvezza del mondo!
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenìcia e la Samarìa, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro”. Paolo e Barnaba vanno verso Gerusalemme. Durante il viaggio, e poi anche una volta giunti alla meta, condividono con i fratelli nella fede le opere che il Signore va compiendo nella Chiesa. Una tale condivisione è motivo di grande gioia per tutti. Spesso siamo avari nella condividere le meraviglie che Dio realizza nella nostra vita. A volte, addirittura, non le vediamo, protesi come siamo a mettere in luce le difficoltà e i problemi che ci assillano. Impariamo da Paolo e Barnaba. E non dimentichiamo di magnificare la grandezza dell’amore di Dio, sempre operante nella nostra storia.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. La parola di Gesù ci riempie di gioia. Infatti, Egli stesso afferma: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Soltanto la verità dell’amore di Dio per noi in Gesù può essere motivo di gioia piena, l’unica davvero capace di dare vera pace al cuore umano. La bella notizia del Vangelo è proprio questa: siamo amati da Dio! E l’amore di Dio si è reso visibile, toccabile, sperimentabile in Gesù. Rimaniamo, dunque, nell’amore del Signore, perché questa è la vera vita. E poi annunciamolo a tutti i popoli. Tutti devono poter ascoltare questo annuncio! Tutti devono poter rimanere nell’amore! Tutti hanno il diritto di essere raggiunti, anche attraverso di noi, dalla salvezza del Signore!
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Ora dunque, perché tentate Dio imponendo sul collo dei discepoli un giogo che ne’ i nostri padri ne’ noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro”. Le parole di Pietro si riferiscono alla questione, aspramente dibattuta al concilio di Gerusalemme, circa l’obbligo, anche per i Pagani convertiti, di osservare alcuni precetti della legge mosaica. Quanto afferma l’apostolo fu importante allora, ma conserva tutta la sua validità anche oggi. Può accadere, infatti, di attribuire ai nostri sforzi una valenza salvifica, o di immaginare la che l’assolvimento di alcune pratiche religiose possa fare guadagnare la salvezza. La salvezza è dono dell’amore di Dio. A noi il compito di accoglierlo nella fede e di corrispondervi con la vita nuova che, da quel dono, scaturisce in noi.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. Siamo al cuore del Vangelo. Risuona una parola che pare molto semplice ma che, in realtà, è decisiva. Si tratta della parola “come”. Non solo perché stabilisce l’esemplarità dell’amore del Signore in relazione al nostro modo di amare. Ma anche e soprattutto perché indica lo straordinario dono che ci viene fatto. Chi, infatti, potrebbe immaginare di poter amare come il Signore ci ama? Ma la buona notizia del Vangelo, che è la nostra salvezza, è proprio questa: il Signore stesso ci dona una tale possibilità. Perché Lui, in noi, ama con il Suo stesso amore. Questa è la bellezza straordinaria della vita cristiana. Siamo cristiani perché nostra è la vita di Cristo! Siamo cristiani perché, salvandoci, Cristo abita in noi. Ecco perché possiamo amare come Lui.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!”. Chi scrive questa lettera sono gli apostoli e gli anziani di Gerusalemme. Chi la riceve, la Chiesa di Antiochia, nella quale vi erano ancora discussioni intorno all’ammissione dei pagani e alla loro relazione con la legge mosaica. La Chiesa vive nell’obbedienza al Suo Signore e allo Spirito che Egli invia per condurre alla comprensione di tutta la Verità. Ecco il significato di quella espressione: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi”. Chiediamo la grazia di vivere sempre in questa obbedienza di fede: a livello personale e a livello ecclesiale. Preghiamo perché lo Spirito Santo ci aiuti a crescere nell’intimità e nella conoscenza amorosa di Cristo, Parola vivente del Padre.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade”. La discesa a Troade non era preventivata. Come anche l’ingresso in Macedonia, di cui gli Atti parlano subito dopo, in questi termini: “Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedònia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedònia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo”. Nei fatti della vita, negli imprevisti e nelle sorprese gli apostoli sanno vedere una manifestazione della volontà di Dio. Così è per chi vive di fede. In tutto Dio opera e attraverso tutto Egli si rende presente. Rimaniamo attenti alla voce del Signore che in tutto ci parla e ci guida.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia”. In questo testo evangelico appare la netta inconciliabilità tra l’appartenenza al Signore e l’appartenenza al mondo. Chi ha incontrato Gesù è stato reso estraneo alle cose del mondo, inteso come quel complesso di realtà, modo di pensare e di vivere che si pone in contraddizione con Dio. Ed è a motivo di questa insanabile contraddizione che il mondo odia ciò che non è suo. Da qui l’incomprensione e anche la persecuzione. Chiediamo la grazia di rimanere estranei al modo di pensare e di vivere mondano, ti rimanere fedeli all’amore del Signore anche quando questo dovesse significare l’odio del mondo.

VI SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Quando verrà il Paràclito,  che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza”. Nelle parole che Gesù rivolge ai discepoli viene indicata una doppia testimonianza, di cui artefice è lo Spirito Santo. La Spirito del Signore, infatti, è anzitutto avvocato nel cuore dell’uomo per convincerlo in merito alla fede da avere in Gesù. Nel dubbio interiore o nella persecuzione, lo Spirito testimonia in noi a favore di Gesù, perché possiamo rimanergli fedeli. Alla stesso tempo, sempre lo Spirito Santo è alla radice del coraggio con il quale i discepoli annunciano e testimoniano il Risorto nel mondo. Invochiamo, pertanto, lo Spirito del Signore: perché sia in noi avvocato di Gesù e slancio ardente per la missione.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia…e il Signore le aprì il cuore per aderire alla parola di Paolo”. Lidia è una donna di religione ebraica benestante che si converte alla fede in virtù della predicazione di San Paolo. Una volta ricevuto il Battesimo, si rivolge agli apostoli e dice: “Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa”. Il segno della vita nuova in Cristo, per Lidia, è la sua generosa capacità di accoglienza, di ospitalità, di amore. La vita nuova in Cristo le apre il cuore, divenuto capace di amare in modo prima sconosciuto, al modo dell’amore di Dio. Così si aprono anche le porte della sua casa. Anche per noi, una nuova capacità di amare, secondo la misura del Cuore del Signore, è il segno della vita nuova in Cristo che ormai è in noi, dell’autenticità del nostro amore per Gesù.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato”. Gesù parla dello Spirito Santo, che viene a noi come dono che ci convince in merito al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, lo Spirito ci apre gli occhi per vederne la presenza e la gravità nella nostra vita. Quanto alla giustizia, lo Spirito ci aiuta a rinsaldare la fede nel Risorto e a riconoscerlo vivente accanto a noi. Quanto al giudizio, lo Spirito ci aiuta a scegliere sempre secondo la volontà di Dio, operando un giudizio sul bene e sul male. Invochiamo lo Spirito Santo, perché sia presente in noi come sorgente di luce, a sostegno del nostro cammino di santità.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio”. Siamo alla conclusione del beano. Di chi si parla? Del carceriere che doveva fare la guardia a Paolo e Sila, messi in prigione dai magistrati della città di Filippi. Per un intervento divino gli apostoli vengono liberati e il carceriere, in preda alla disperazione, vuole togliersi la vita. Paolo interviene e lo salva. L’uomo approda alla fede e riceve il Battesimo. Per lui, l’accoglienza di Dio nella vita, sua e della sua famiglia, è motivo di gioia. Dio si accompagna sempre alla gioia, a una gioia profonda del cuore che fa da sfondo a ogni esperienza della vita. Nulla può estirpare dal cuore la gioia che viene da Dio! Non dimentichiamo, dunque: dove c’è Dio c’è gioia vera! Viviamola con gratitudine e portiamola nel mondo. Anche così si annuncia il Vangelo.

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”. Le parole di Gesù ci aiutano a capire meglio l’opera dello Spirito Santo nella vita della Chiesa e nella nostra vita personale. Egli è il nostro grande alleato nella relazione di amore che viviamo con il Signore. Per questo opera in noi, perché entriamo sempre di più nell’intimità del mistero di Cristo, Lo conosciamo e amiamo con crescente intensità, ne approfondiamo la Parola di vita. Dove c’è lo Spirito Santo si progredisce nell’appartenenza a Gesù. Invochiamolo, pertanto, perché sia in noi l’Amico dello Sposo, che rende sempre più profonda la comunione di amore con Lui.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: A un dio ignoto. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio”. L’apostolo si reca ad Atene e li, nel luogo più frequentato dagli Ateniesi, annuncia il Vangelo. Paolo si immerge nella cultura dei greci al fine di far capire che la salvezza in Gesù risponde alle domande più profonde della loro ricerca filosofica e religiosa. Proseguendo nella logica dell’incarnazione, San Paolo proclama la buona notizia evangelica, adattandosi al contesto, ma senza venire meno all’annuncio di tutta la verità, anche scomoda, quale quella della risurrezione del Signore. Da molti non sarà ascoltato, ma alcuni si convertiranno. E da quelle conversioni prenderà avvio il viaggio della Parola di Dio nel mondo greco.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete»”. Che cosa intende dire il Signore? Egli, per un verso si rivolge ai discepoli che sono con lui, ma per un altro verso si rivolge anche a tutti noi. Si rivolge ai discepoli quando afferma “un poco e non mi vedrete più”. Infatti, di lì a poco avrebbe subito la morte. Si rivolge anche a tutti noi quando afferma: “Un poco ancora e mi vedrete”. Questo “vedere” e’ anche nostro perché riguarda il Signore Risorto. Oggi, noi Gesù lo vediamo, perché la Chiesa è la Sua presenza nella storia. Così lo vediamo Vivente nell’Eucaristia, nei sacramenti, nella Parola, nel Magistero, in tutto quel fiorire evangelico che possiamo osservare attorno a noi. Per questo siamo nella gioia! Il Signore non ci lascia mai soli. Egli è con noi, Risorto e Vivo, fino alla fine del mondo.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Quando Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola”. L’apostolo si dedica tutto alla Parola, ovvero all’annuncio del Vangelo e alla testimonianza di Gesù. “Dedicarsi” è una parola molto bella che indica dedizione, fervore, amore, passione del cuore. San Paolo si dedica al compito di evangelizzazione con dedizione, fervore, amore, passione del cuore. Alla luce di questo splendido esempio, chiediamoci come ci dedichiamo ogni giorno alla Parola. Paolo si dedica “tutto”. La sua vita è interamente votata alla testimonianza del Signore e ogni aspetto della sua vita diviene occasione di annuncio. È così anche per noi? Si possa dire per ciascuno come per Paolo: “Cominciò a dedicarsi tutto alla Parola”.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città ho un popolo numeroso”. Questa parola viene rivolta a San Paolo, in un momento difficile della sua missione, mentre si trova a Corinto. Corinto era città profondamente pagana. Il Signore invita l’apostolo ad andare al di là delle apparenze: in molti c’è un cuore disponibile ad accogliere l’annuncio del Vangelo. È il lavoro silenzioso della grazia di Dio. Da qui la fiducia dell’apostolo. Da qui anche la nostra fiducia. Il Signore è con noi! Non stanchiamoci  di proclamare con coraggio la Sua parola di salvezza.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo”. Le parole di Gesù sono rivolte agli apostoli e ai discepoli, ma riecheggiano anche in ogni tempo della storia, ecclesiale e personale. Dunque, anche nella nostra. Il dolore in ogni sua forma viene illuminato di luce nuova. Anche quello relativo alla fatica di vivere il Vangelo in un mondo che lo contraddice. La luce nuova è data dall’immagine del parto. Ogni sofferenza, infatti, vissuta nella luce della fede e con amore, è come il parto spirituale che porta alla vita un mondo nuovo. Come la sofferenza amante di Gesù sulla croce, aurora di nuovi inizi in Dio.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà”. Le parole di Gesù ci incoraggiano a vivere con grande fiducia la nostra preghiera, nella certezza di essere ascoltati ed esauditi. Il Padre, al Suo Figlio eterno venuto nella carne, non nega nulla. Pertanto, la preghiera fatta nel nome di Gesù ottiene sempre quello che chiede. Tuttavia dobbiamo fare attenzione. Non sempre quello che domandiamo risponde al nostro vero bene. Per questo a volte non siamo esauditi. C’è una grande grazia anche nel non essere esauditi, in quanto il Signore guarda alla nostra vita solo in vista della felicità vera ed eterna, del suo compimento definitivo. Preghiamo, dunque, con grande fede e nella pace del cuore. Dio è per noi è ci ama!
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio”. Il testo si riferisce ad Apollo, un giudeo colto che arriva ad Efeso e, essendo stato istruito nella via del Signore, parla con franchezza di Gesù nella sinagoga. Aquila e Priscilla, però, capiscono che Apollo ha ancora bisogno di crescere nella conoscenza della fede. Per questo lo avvicinano e lo istruiscono con amorevolezza. È molto bella questa premura della coppia cristiana di Efeso. Priscilla e Aquila sono l’espressione della dimensione familiare della Chiesa, la manifestazione di una delicata carità che si fa compagna di strada nella vita di un fratello che ancora deve crescere nel Signore. Chiediamo la grazia di poter rinnovare nella nostra vita l’esempio di Priscilla e Aquila.

VII SETTIMANA

Lunedì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”. Le parole di Gesù illuminano e rassicurano. Illuminano, perché ci aiutano a capire il perché la Chiesa e i cristiani sono tribolati nel mondo. Se per mondo si intende ciò che si oppone a Dio, allora non è motivo di stupore che esista la contraddizione e la persecuzione  nei confronti di coloro che Gli appartengono. Le parole di Gesù però anche rassicurano. Egli infatti ha sconfitto il mondo, con la Sua morte e risurrezione. E, nella misura in cui siamo in comunione con Lui, non possiamo che risultare vincitori. La fede vince sempre, sia perché sconfigge in noi il dramma del peccato, sia perché sconfigge la morte, aprendoci gli orizzonti dell’eternità.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “Mentre Apollo era a Corìnto, Paolo, attraversate le regioni dell’altopiano, scese a Èfeso.Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede? Gli risposero: Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo”. I discepoli incontrati da Paolo lungo il cammino sono ancora privi del dono dello Spirito. Il racconto degli Atti si conclude con il gesto dell’apostolo che impone le mani, con la conseguente discesa dello Spirito su quei dodici uomini che avevano ricevuto il battesimo di Giovanni. Che cosa accade? Cominciano a parlare in lingue e a profetare. Lo Spirito Santo dona loro la capacità di annunciare il Signore Risorto, con uno slancio prima impensabile. Invochiamo anche noi il dono dello Spirito, perché ci renda testimoni coraggiosi e gioiosi del Vangelo di Gesù.

Martedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà”. A parlare così è San Paolo. Egli si rivolge agli anziani della Chiesa di Mileto, poco prima di partire. L’apostolo è “costretto” dallo Spirito. È bellissima questa immagine! Paolo, anche ora come sempre nella vita, si lascia guidare dal Signore, ne è prigioniero d’amore. Non fa nulla di sua volontà, ma  in tutto aderisce alla volontà di Dio, manifestata nella Parola come anche nei fatti della vita. Tutto, infatti, coopera a realizzare il disegno di Dio, quando si ha fede e da Lui ci si lascia condurre nella fede. In questi giorni, in cui ci prepariamo a celebrare la solennità di Pentecoste, chiediamo al Signore la grazia di lasciarci portare sempre dal Suo Santo Spirito. Non esiste vita più bella e affascinante di questa!
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Io prego per loro”. Come è bello ascoltare queste parole! Sono pronunciate da Gesù, e fanno parte della grande preghiera detta “sacerdotale”. In questa preghiera Gesù si rivolge al Padre e parla di tutti noi. In quelle parole, che suscitano vera commozione, tocchiamo con mano il grande amore che Gesù ha per noi: siamo noi il centro dei Suoi pensieri, noi il centro delle Sue preoccupazioni, noi il centro del Suo cuore. Un giorno un bambino disse alla sua mamma: “Come è Dio?”. La mamma non rispose ma strinse forte il bambino tra le sue braccia. E il bambino concluse: “Ora so come è Dio!”. Così è Gesù per noi: l’Amore di Dio che ci avvolge tra le Sue braccia. “Io prego per loro”. Rimaniamo a meditare queste parole! Lasciamoci abbracciare dal Signore! Viviamo nel Suo amore!

Mercoledì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé”. Ecco perché l’apostolo esorta così gli anziani di quella Chiesa: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio”. Paolo sa che la Chiesa è la presenza del Signore nella storia. Per questo alla Chiesa è stata garantita l’indefettibilità, ovvero la grazia di non venire mai meno alla propria fedeltà a Gesù risorto da morte, unico Salvatore. A custodia di questa fedeltà ai pastori è riservato un particolare carisma da esercitare con la Chiesa e nella Chiesa. Ne siamo certi! Nella Chiesa troviamo il Signore, fino alla fine del mondo.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Consacrali nella verità. La tua parola è verità”. Siamo ancora nella preghiera sacerdotale. Gesù si rivolge al Padre e chiede per noi il dono di una consacrazione, la consacrazione nella verità. Ma la verità è la Parola di Dio. Pertanto il dono chiesto per noi è quello della consacrazione nella parola di Dio. Che cosa significa questo? Significa una vita tutta abitata dalla parola del Signore; tutta ispirata da quella Parola in ogni decisione e scelta; segnata da quella Parola in ogni sua manifestazione, sia nel pensiero che negli affetti e nel cuore. In altri termini, la consacrazione nella verità che è la Parola di Dio, ci conduce a essere sempre più una cosa sola con Gesù, Parola eterna del Padre. Possa, nella nostra vita, realizzarsi come una nuova incarnazione: la parola del Signore si renda presente in noi.

Giovedì
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che  mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma”. Paolo ascolta queste parole di incoraggiamento mentre si trova in prigione a Gerusalemme. In quelle parole gli viene donato il significato di quanto egli sta vivendo. L’esperienza della prigionia a Gerusalemme è stata occasione di annuncio del Vangelo. La partenza per Roma donerà all’apostolo l’opportunità di camminare verso nuovi orizzonti nella testimonianza del Signore. San Paolo, così, si accorge che tutto e’ grazia e che tutto è guidato dalla Provvidenza di Dio. L’ascolto quotidiano della parola del Signore aiuti anche noi a scoprire la Sua opera nella nostra vita.
Ascoltiamo la parola di Dio dal Vangelo di san Giovanni: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come ami me”. In queste parole della preghiera sacerdotale di Gesù ritroviamo la Sua richiesta riguardo all’unità della Chiesa e alla comunione di carità tra noi. L’unità e la comunione discendono dal nostro rimanere nell’amore di Dio, dal coltivarlo, lasciandoci trasformare il cuore. E quell’unità, quella comunione diventano nel mondo il segno distintivo della presenza di Gesù, la via decisiva per la testimonianza del Vangelo in ogni tempo della storia. Nell’unità vissuta, pertanto, ci è dato di verificare, anzitutto, la verità dell’amore di Dio in noi; e poi di ci è dato di proclamare al mondo la bellezza contagiosa della nostra all’appartenenza a Lui.

Venerdì
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?.. Seguimi”. Nel bellissimo dialogo tra Gesù e Pietro emergono tre aspetti della vita cristiana che, in questo giorno ormai prossimo alla Pentecoste, chiediamo allo Spirito Santo di donare anche noi. Anzitutto il nome. Gesù chiama Pietro per nome, a ricordare che all’inizio della fede c’è sempre un incontro personale e coinvolgente, che si protrae per tutta la vita. Poi la triplice domanda sull’amore, a ricordare che la fede è una riposta di amore sempre più intensa all’amore infinito del Signore. Infine l’invito alla sequela, a ricordare che solo nell’adesione alla parola del Signore si realizza nella verità ciò che è iniziato nell’incontro ed è vissuto nell’amore. Vieni Santo Spirito e donaci la gioia di una fede radicata nell’incontro, alimentata dall’amore, realizzata nella sequela.
Ascoltiamo la parola di Dio dagli Atti degli Apostoli: “In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo: C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna”. Nel brano si sta parlando di San Paolo. Ciò che attira l’attenzione è la similitudine tra quanto accade all’apostolo e quanto vissuto da Gesù. È intentato un processo, voluto dai Giudei e portato avanti dai Romani, al fine di condannare Paolo. La similitudine contiene anche un messaggio: il discepolo ripercorre la strada del Maestro, il discepolo vive come il Maestro. Chiediamo per noi la grazia di poter essere sempre trasparenza della presenza di Gesù con la nostra stessa vita.

Sabato
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento”. L’apostolo si trova a Roma e in quella città vive agli arresti domiciliari. Eppure l’annuncio del Regno di Dio continua. Paolo, anche in quella situazione, non si stanca di farlo “con tutta franchezza e senza impedimento”. Siamo al termine degli Atti e il racconto viene a donare grande speranza: nonostante, infatti, le apparenze contrarie dovute alla persecuzione, il Regno di Dio e’ annunciato e continua a crescere. Così accade anche ai nostri giorni e sempre nella storia, perché la presenza del Signore Risorto non viene mai meno nella Sua Chiesa.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Vi sono molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”. Sulla base di queste parole dell’evangelista possiamo fare una duplice considerazione. Anzitutto, quanto riportato nel Vangelo non è tutto quello che riguarda Gesù: lungo la storia la Chiesa e ciascuno di noi potrà e dovrà, con la luce dello Spirito Santo, crescere nella conoscenza di Lui e del Suo amore. In secondo luogo, il mondo stesso è pieno dei segni della presenza e dell’opera del Risorto: a noi, nella fede e con la luce dello Spirito Santo, il compito entusiasmante di trovarli e di gioirne. Che questa nostra giornata possa essere una nuova tappa nella conoscenza e nell’amore del Signore e nell’esperienza del riconoscimento della Sua presenza in mezzo a noi.