Una testimonianza
Articolo per la rivista della Diocesi di La Spezia
L’ho conosciuto quando avevo sedici anni. Era il 1981. A quel tempo frequentavo la I Liceo classico a Genova e stavo attraversando un periodo nuovo della mia vita. Si era fatta strada nel cuore, in modo incisivo, la domanda sul senso del vivere e del morire e sulla strada che avrei dovuto seguire per trovare il significato vero della mia esistenza. Per la prima volta, in forma autentica, prendeva forma in me la domanda religiosa che, presto, sarebbe diventata anche domanda vocazionale.
Cominciai a divenire assiduo alla vita della Chiesa e, partecipando alle celebrazioni religiose nella cappella di un Istituto religioso del centro città, ebbi modo di incontrare don Francesco. Era un sacerdote molto giovane per l’età – aveva 28 anni e da quattro anni era sacerdote -, ma già assai maturo per vita interiore e saggezza pastorale. A quel tempo era vicario parrocchiale in una grande parrocchia del Centro. Lo vedevo celebrare la Messa e pregare nel silenzio di quella Cappella. E, certamente, divenne una delle figure sacerdotali di riferimento, contribuendo a farmi apprezzare e ad amare la vita sacerdotale.
Più tardi, quando entrai in Seminario, lo ebbi come docente di teologia fondamentale all’inizio del corso accademico, in I Teologia. Ne apprezzai da subito la formazione solida e fedele alla Chiesa, la preparazione coscienziosa delle lezioni, la serietà della docenza unitamente alla bontà del tratto e del giudizio. Il suo esame fu per me uno dei primi. Il fatto di conoscerlo, lungi dal facilitarmi la preparazione e l’attesa, me le rese un po’ più faticose e preoccupate. Da parte mia c’era qualche imbarazzo e, forse, anche la voglia di far bene con un sacerdote con il quale avevo una certa confidenza e che stimavo. Non dimenticherò l’indulgenza con la quale mi fece sostenere l’esame. Senza nulla togliere alla puntualità della verifica, ma arricchendola di tanta benevolenza, paternità e comprensione. Questo era il docente don Francesco: tanto preparato, quanto giusto e attento al singolo studente.
Di don Francesco, nel 1989, sono diventato confratello nel sacerdozio e per un certo tempo ho anche condiviso con lui qualche ambito del ministero in Diocesi. Penso all’insegnamento nella Facoltà Teologica del Seminario, alla pastorale scolastica e universitaria, alla vita della Cattedrale come Canonici del Capitolo. Mi rimane impresso di lui l’intenso spirito di preghiera, la fedeltà integerrima alla Chiesa e al Papa, l’amore per la SS. Vergine, il prendersi a cuore i problemi con competenza e passione, la profondità e la chiarezza del pensiero teologico.
E’ molto recente il nostro ultimo incontro. Mi ha invitato nella diocesi di La Spezia per parlare ai seminaristi e al clero diocesano su tematiche legate alla liturgia e al mio attuale servizio alla Chiesa e al Papa. Le voci circa la sua possibile nomina a Venezia circolavano ormai da tempo. Di questo non ci siamo detti nulla, non mi ha fatto parola. Un segno piccolo, ma bello ed eloquente di una giusta riservatezza, di una serietà e di una discrezione che sono stati sempre tratti tipici di mons. Moraglia. Tratti forse anche un po’ genovesi, ma certo anche virtuosamente umani, evangelici e sacerdotali.
A Venezia va con questo bagaglio di umanità e di fede, con un’esperienza ecclesiale ricca e variegata, con quella passione sacerdotale per la Chiesa e per le anime che da sempre lo accompagna.