(Storie di Paradiso)
Luigi Nuovo
La Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium così si esprime: «I riti splendano per nobile semplicità» (n. 34). Paolo VI, il beato Pontefice che il prossimo 14 ottobre sarà canonizzato, amava la nobile semplicità delle celebrazioni liturgiche e desiderava che fossero preparate con sobrietà e decoro, in modo da favorire nei fedeli «una partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa» (n. 11), come ebbero modo di auspicare i Padri conciliari.
Nella visione di Papa Montini preghiera liturgica e preghiera personale dovevano dare vita a un mirabile e fecondo intreccio capace di arricchire la Chiesa, sia nella sua dimensione universale che nelle sue espressioni particolari. Anche per questo voleva un generoso e illuminato impegno perché le celebrazioni si svolgessero con «dignità e decoro». Si rivelava così, ancora una volta, la ricca umanità di questo grande Papa, la sua fine sensibilità, la sua spiritualità, profonda e densa di preghiera. Ammirava l’arte, gustava la musica e il canto sacro, auspicava che le vesti liturgiche e le suppellettili sacre fossero adeguate alla bellezza del Rito, celebrazione del mistero della nostra salvezza in Cristo. Egli riteneva che occorresse «avere l’arte di curare i particolari», come ebbe modo di affermare il 1° marzo 1965, e inoltre auspicava che la sacra liturgia fosse celebrata «con amorosa diligenza e con intelligente sensibilità», come disse il 29 settembre 1976.
Paolo VI era convinto che tra i compiti fondamentali della Chiesa, oltre a quello dell’evangelizzazione e del servizio della carità, vi fosse quello di educare alla preghiera liturgica e personale, anche attraverso la devozione a Maria e ai santi.
In questa agile biografia, dal significativo titolo Paolo VI discepolo e pastore santo, padre Luigi Nuovo c.m. presenta i punti principali del profilo spirituale di questo umile e saggio pastore della Chiesa universale. Consapevole di essere chiamato a fare da “timoniere del Concilio” in acque difficili, non perse mai la speranza, ben consapevole che in Cristo è la nostra speranza. Paolo VI fu testimone di speranza perché fu un vero innamorato del Signore e della Sua Chiesa.
A questa speranza attinsero anche le parole che egli disse, un anno prima della morte, ai Cardinali riuniti in Concistoro, in merito alla attuazione della riforma liturgica: «E’ venuto il momento, ora, di lasciar cadere definitivamente i fermenti disgregatori, ugualmente perniciosi nell’un senso e nell’altro, e di applicare integralmente nei suoi giusti criteri ispiratori, la riforma da Noi approvata in applicazione ai voti del Concilio».