III Domenica di Pasqua anno C
In questa terza Domenica di Pasqua, ascoltiamo una bellissima pagina del vangelo di san Giovanni. Gli apostoli si trovano insieme sul mare di Tiberiade. Lì, in preda alla delusione e allo smarrimento, decidono di tornare al lavoro di un tempo: la pesca. Salgono sulla barca, gettano le reti, ma non prendono nulla.
Gesù si presenta sulla riva e, con grande dolcezza, li invita a ritentare la pesca, gettando ancora le loro reti, ma dall’altra parte della barca. E la pesca è abbondantissima. La dinamica del racconto ci fa capire una grande verità, che riguarda anche noi e la nostra vita: quando il Signore è con noi tutto cambia! La Sua presenza rende bella e feconda l’esistenza. Egli è il Risorto che dona risurrezione e vita nuova.
Il testo evangelico ci presenta anche un’altra scena. Si tratta del dialogo tra Gesù e Pietro, quel dialogo nel quale il Signore interroga l’apostolo in merito all’amore, all’intensità del suo amore per Lui.
“Simone di Giovanni, mi ami?”.
Meditiamo su questo splendido dialogo con l’aiuto di san Giovanni Crisostomo: “Non vi è infatti mezzo migliore per essere unito a Cristo che il compiere la sua volontà, e la sua volontà non consiste in nessun’altra cosa come nel bene del prossimo… ‘Pietro’ – dice il Signore -, ‘mi ami tu? Pasci le mie pecore’, e, con la triplice domanda che gli rivolge, Cristo manifesta chiaramente che il pascere le pecore è la prova dell‘amore.
E questo non è detto solo ai sacerdoti, ma a ognuno di noi, per piccolo che sia il gregge affidatoci.
Difatti, anche se è piccolo, non si deve trascurarlo poiché il ‘Padre mio’ – dice il Signore – ‘si compiace in loro’. Ognuno di noi ha una pecora. Badiamo di portarla a pascoli convenienti. Vive veramente, soltanto chi vive per gli altri. Chi invece vive solo per sé, disprezza e non si cura degli altri, è un essere inutile, non è un uomo, non appartiene alla razza umana.
Tu forse mi dirai a questo punto: Devo allora trascurare i miei affari per occuparmi di quelli altrui? No, non è possibile che colui che si prende cura degli affari del prossimo trascuri i propri. Chi cerca l‘interesse del prossimo non danneggia nessuno, ha compassione di tutti e aiuta secondo le proprie possibilità, non commette frodi, né si appropria di quanto appartiene agli altri, non dice falsa testimonianza, si astiene dal vizio, abbraccia la virtù, prega per i suoi nemici, fa del bene a chi gli fa del male, non ingiuria nessuno, non maledice neppur quando in mille modi è maledetto, ma ripete piuttosto le parole dell‘Apostolo: ‘Chi è infermo che anch‘io non sia infermo? Chi subisce scandalo che io non ne arda?’.
Al contrario, se noi ricerchiamo il nostro interesse non seguirà al nostro l‘interesse degli altri”.