VII domenica T.O. anno C
Con l’aiuto della parola del Signore contempliamo, con gratitudine e stupore, il mistero di Dio, infinita misericordia che si china sulla nostra misera vita, salvandola. “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. Dalla contemplazione di Dio, in virtù della grazia che ci è donata e che trasforma il nostro cuore alla luce del Vangelo, camminiamo sulla via dell’amore ricco di misericordia.
Ci accompagna nella meditazione una bella pagina di Dorotea di Gaza: “Se non disprezzassimo le cose piccole e che ci sembrano da nulla, non ci troveremmo a cadere in quelle grandi e gravi. Hai visto che grave peccato è giudicare il prossimo? Quale è più grave? Eppure a un male così grande si arriva da cosette di poco conto. Altro è infatti sparlare, altro condannare e altro disprezzare.
Sparlare significa dire contro qualcuno: ‘Il tale ha mentito’. Oppure: ‘Si è adirato’. Questo è già sparlare di lui, cioè parlare del suo peccato accanendoglisi contro. Condannare significa dire: ‘Il tale è mentitore, iracondo’. Ecco, ci si è pronunciati su tutta quanta la sua vita. Ed è una cosa grave.
Perché piuttosto non condanniamo noi stessi e le nostre malefatte, che conosciamo con precisione e di cui dovremo dar conto a Dio? Perché usurpiamo il giudizio di Dio, che di ciascuno conosce la condizione, la capacità, il temperamento, le attitudini? Ma se anche accade che un fratello cada, che ne sai tu quanto ha lottato e quanto è colato il suo sangue prima di compiere il male?
Talora poi non solo condanniamo, ma anche disprezziamo. Il disprezzo è quando non solo si condanna, ma anche si ha disgusto del prossimo come di una cosa ripugnante: ciò è peggio della condanna e di gran lunga più rovinoso. Ma perché ci capita tutto questo, se non perché non abbiamo amore?
‘L’amore copre un gran numero di peccati’ e ancora: ‘L’amore non calcola il male, tutto ricopre’. Forse che i santi sono ciechi e non vedono i peccati? Chi odia tanto il peccato quanto i santi? E tuttavia non odiano il peccatore, non lo condannano, non se ne allontanano, ma ne hanno compassione, lo ammoniscono, lo consolano, lo curano come un membro malato: fanno di tutto per salvarlo”.