In questa Domenica, la XXIII del Tempo Ordinario, ascoltiamo un brano dal vangelo di san Luca. Gesù si rivolge a una folla numerosa che lo sta seguendo. La Sua parola è dura ed esigente. Illustra con chiarezza la radicalità evangelica.
“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.
Lui, il Signore, viene prima di tutto e prima di tutti. L’amore del Signore è tale che chiede la totalità della risposta. La richiesta non consiste nel “non amare”, ma nel non permettere che alcun amore, anche quello per la propria vita, possa in qualche modo offuscare il primato dell’amore di Dio.
Ogni altro amore, ogni altro affetto, ogni altro legame è buono, ma nella misura in cui è vissuto dento l’amore di Dio, nella piena corrispondenza alla Sua volontà.
E la croce, alla quale si riferisce Gesù? L’identità del discepolo comporta la croce e la sequela. Anzitutto come dono che salva. E poi come compito mediante cui realizzare la propria vita, amando.
Ecco una bella pagina di Isacco di Ninive, che ci aiuta a capire il senso profondo del portare “la propria croce”.
“La croce è la porta dei misteri; è per questa porta che l’intelletto entra nella conoscenza dei misteri celesti. La conoscenza della croce è nascosta nella sofferenza della croce; e a misura della partecipazione a queste, si sperimenta ciò che è nella croce, secondo la parola dell’Apostolo: ‘Come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così a loro somiglianza sarà la nostra consolazione in Cristo’.
Consolazione è detta la contemplazione che è spiegata come visione dell’anima. La visione genera la consolazione. Non è possibile che la nostra anima produca i frutti dello Spirito, se il nostro cuore non è morto al mondo. Il Padre, infatti, rinsalda nella contemplazione di tutti i mondi l’anima che è morta della morte di Cristo.
Tu che sei vittorioso, gusta in te stesso la passione di Cristo, per essere reso degno di gustare anche la sua gloria; se infatti patisci con lui, con lui anche sarai glorificato. L’intelletto non è glorificato con Gesù, se il corpo non patisce a motivo di Cristo. Infatti, nello stesso istante in cui calpesterà la gloria, riceverà la gloria; e sarà glorioso nel suo corpo e insieme alla sua anima”.