Ascensione del Signore
In questa Domenica, la VII dopo Pasqua, la Chiesa celebra la solennità dell’Ascensione del Signore, facendo memoria di quanto raccontano gli Atti degli Apostoli: “Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui lo avete visto andare in cielo”.
L’Ascensione è uno dei misteri gloriosi della vita di Gesù e riguarda l’esito della Sua vita terrena. Da quel momento Egli siede alla destra del Padre, come affermiamo nella professione di fede, ed è il Signore del cielo e della terra, Colui che è il Principio e la Fine della storia, il centro e il segreto della vita di ogni uomo.
Con Sé Egli porta la nostra umanità. Per questo motivo, il mistero dell’Ascensione riguarda da vicino anche ciascuno di noi. In questo mistero, infatti, risuona un annuncio di gioia e di speranza: all’uomo è preparata una dimora eterno nel Cielo di Dio, la fragilità della nostra condizione terrena riceve la promessa dell’immortalità futura, il destino di morte che ci riguarda tutti è illuminato dalla contemplazione di una vita che non è tolta ma trasformata.
Prolunghiamo la meditazione con l’aiuto di Giovanni di Fécamp:
“O bontà, carità, ammirabile magnanimità!
Dove è il Signore, là sarà il servo: può essere data una gloria più grande?
Egli ha assunto proprio la natura umana e non quella degli angeli
e, glorificandola col dono della santa risurrezione e dell’immortalità,
l’ha trasportata al di sopra di tutti i cieli, al di sopra di tutti i cori degli angeli,
al di sopra dei cherubini e dei serafini e l’ha collocata alla sua destra.
Ecco tutta la mia speranza, tutta la mia fiducia:
in Lui, l’uomo Cristo, c’è infatti una parte di ciascuno di noi,
c’è il sangue e la carne nostra.
E dove regna una parte del mio essere, regno anch’io – penso.
Dove il mio sangue esercita il suo dominio, domino anch’io lo sento;
dove la mia carne è glorificata, anch’io sono nella gloria – lo so.
Sebbene io sia peccatore, la mia fede non può mettere in dubbio questa comunione.
No, il Signore non è sprovvisto di tenerezza fino al punto di dimenticare l’uomo
e di non ricordarsi più di colui che porta in se stesso.
Proprio in lui, in Gesù Cristo, Dio e Signore nostro,
infinitamente dolce, infinitamente benigno e clemente,
nel quale già siamo risorti, nel quale già viviamo la vita nuova,
già siamo ascesi al cielo e sediamo nelle dimore ‘celesti’.
Per il tuo Spirito Santo concedi che noi possiamo comprendere,
venerare e onorare nella dovuta misura questo grande mistero di misericordia”.