II Domenica di Avvento C
Carissimi nel Signore,
celebriamo la II Domenica di Avvento.
La liturgia ci fa riascoltare la pagina del vangelo di san Luca, nella quale è protagonista la figura di san Giovanni Battista. Di lui si dice: “La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”.
Desideriamo con tutto il cuore che la Parola di Dio venga anche su di noi e abiti di più la nostra vita, ispirandola sempre e in tutto. In proposito, riflettiamo un momento sul presepio, quale occasione di ascolto della parola del Signore.
Il presepe, non vuole essere soltanto ammirato: il protagonista divino e il protagonista umano, non vi sono rappresentati soltanto come una memoria di un tempo perduto ma come un appello rivolto al presente, perché possiamo metterci in ascolto del divino Bambino.
Ne è indizio la figura così presente del turco Amedir, il guardiano della nascita. Secondo una leggenda una ricca principessa possedeva un Bambino Gesù, a custodia del quale aveva posto un moro, così ostinato nel non volersi far cristiano, che alle insistenze della pia padrona sistematicamente rispondeva con freddezza, precorritrice di un Voltaire: Quando a me Bambin parlare, me allor cristiano fare.
Un bel giorno ella se lo vide correre incontro gridando: Me voler cristiano fare e Giuseppe chiamare. Il Bambino aveva parlato dicendogli: Giuseppe cristiano fare.
E così il buon moro fu battezzato con il nome prescelto dal Figlio di Dio. Il senso della leggenda, trasmessa fra innumerevoli lacrime di commozione, è palese: i guardiani del presepe, gli spettatori ammirati e incuriositi, sono chiamati per nome dal piccolo Salvatore, affinché il loro cuore si apra a lui e la loro vita cambi.