Carissimi nel Signore,
auguri di serena e santa giornata, nella terza Domenica dell’Avvento.
Rimaniamo in ascolto della parola di Dio, così come ci viene offerta dal libro del profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli”.
Questo bellissimo testo ci aiuta a entrare nel cuore dell’Avvento e ad assaporare la gioia del Natale. Il profeta, infatti, descrive, in modo misterioso ma eloquente, la gioia piena e l’esultanza che derivano all’uomo a motivo della salvezza donatagli da Dio. Le oscurità e le tenebre della storia vengono sconfitte dalla luce del Signore.
Il non senso della vita e la disperazione per la solitudine lasciano posto al significato pieno dell’esistenza e all’esperienza di un amore capace di sanare, fino in fondo, le piaghe dolorose di ogni cuore.
Oscurità e tenebre, non senso e solitudine…
Ecco qualche espressione, solo accennata, di questo panorama devastato in cui, spesso, l’umanità si trova prigioniera, senza speranza.
Josè Saramago, nel romanzo “La caverna”, paragona l’uomo a statuette di cera: “Con la pioggia si trasformeranno in fango e poi in polvere quando il sole le asciugherà. Questo è il destino di ognuno di noi”.
Giuseppe Prezzolini dichiara: “Eccomi qui alla fine dei miei anni: solo, stanco, disperato, senza che qualcuno mi dica da dove vengo e dove vado”.
Il Natale segna l’ingresso della vera gioia nella storia del mondo e nella vita dell’uomo, perché a Natale Gesù è divenuto “il volto visibile del Padre invisibile” (Sant’Ireneo); per noi Luce senza tramonto, Amore eterno, misericordia infinita, Principio e Fine di tutto; Salvatore di tutti noi dal male, dal peccato e dalla morte.
Per questo Paolo esorta così i Tessalonicesi: “Fratelli, siate sempre lieti”.
Prolunghiamo la meditazione riascoltando le parole pronunciate da san Paolo VI nel discorso dell’udienza generale del 4 gennaio 1978: “Diamo subito importanza a questo arrivo di Cristo nel mondo. La vocazione cristiana è una vocazione ad un gaudio essenziale per chi l’accoglie. Il cristianesimo è fortuna, è pienezza, è felicità. Possiamo dire di più: è una beatitudine che non si smentisce; il cristiano è eletto a una felicità, che non ha altra sorgente più autentica.
Il Vangelo è una «buona novella», è un regno nel quale la letizia non può mancare. Un cristiano, invincibilmente triste, non è autenticamente cristiano. Noi siamo chiamati a vivere e a testimoniare questo clima di vita nuova, alimentato da un gaudio trascendente, che il dolore e le sofferenze d’ogni genere della nostra presente esistenza non possono soffocare”.
Un abbraccio e una benedizione con tanto affetto.
don Guido