Pasqua di Risurrezione.
“Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”, dice l’apostolo Paolo. Oggi celebriamo la Pasqua di risurrezione! Oggi, insieme al Signore Gesù, anche noi risorgiamo alla vita nuova della grazia: vittoria definitiva sul peccato e sulla morte, dono imperituro della pace vera, speranza certa, direbbe sant’Agostino, di “vera carità, cara eternità, eterna verità“.
“E vide e credette”, racconta il Vangelo a proposito di san Giovanni. Anche noi vediamo e crediamo. Nella penombra della storia, ancora segnata dalle tristi conseguenze del male, albeggia ormai l’aurora del Risorto, Colui che è la Vittoria sul male e la cui opera d’amore noi scorgiamo presente nel mondo e nella nostra vita. A Lui crediamo, Lui amiamo, in Lui speriamo!
“E ci ha ordinato di annunciare al popolo”. Così san Pietro parla ai Giudei, all’indomani della Pasqua. E sottolinea una chiamata ricevuta dal Signore: essere testimoni della Sua risurrezione. Anche noi che abbiamo veduto e creduto, siamo ora inviati a rendere testimonianza, sempre e comunque, con gioia e con animo grato, a Colui che è Signore del tempo e della storia, Salvatore del mondo, Alleato d’amore per ogni uomo.
Proseguiamo la meditazione con l’aiuto di Guerrico d’Igny, monaco cistercense di epoca medioevale: “Sarai nel tuo diritto di riconoscere che il tuo spirito ha pienamente riscoperto la vita in Cristo, se può dire con intima convinzione: «Se Gesù è in vita, tanto mi basta!». Esprimendo un attaccamento profondo, una tale parola è degna degli amici di Gesù! E quanto è puro, l’affetto che così si esprime: «Se Gesù è in vita, tanto mi basta!». Se egli vive, io vivo, poiché la mia anima è sospesa a lui; molto di più, egli è la mia vita, e tutto ciò di cui ho bisogno.
Cosa può mancarmi, in effetti, se Gesù è in vita? Quand’anche mi mancasse tutto, ciò non avrebbe alcuna importanza per me, purché Gesù sia vivo. Se poi gli piace che venga meno io stesso, mi basta che egli viva, anche se non è che per se stesso. Quando l’amore di Cristo assorbe in un modo così totale il cuore dell’uomo, in guisa che egli dimentica se stesso e si trascura, essendo sensibile solo a Gesù Cristo e a ciò che concerne Gesù Cristo, solo allora la carità è perfetta in lui. Indubbiamente, per colui il cui cuore è stato così toccato, la povertà non è più un peso; egli non sente più le ingiurie; si ride degli obbrobri; non tiene più conto di chi gli fa torto, e reputa la morte un guadagno (Fil. 1,21). Non pensa neppure di morire, poiché ha coscienza piuttosto di passare dalla morte alla vita; e con fiducia, dice: «Andrò a vederlo, prima di morire»”.