XV Domenica T.O. anno A
Oggi, ascoltiamo la pagina evangelica, dal vangelo di san Matteo, nella quale il Signore racconta la parabola del seminatore. È un racconto molto bello e che ci invita a una duplice riflessione. Da una parte, osservando con attenzione il seminatore, non si può fare a meno di contemplare il volto luminoso di Dio, davvero grande nell’amore e sovrabbondante nel dono. Quanto seme gettato! E quanto seme all’apparenza perduto! Dio “spreca” per noi! Egli dona e si dona al di là di ogni attesa. Dall’altra parte, osservando il terreno, non possiamo fare a meno di guardare a noi, terreno talora accogliente e talora no. Ecco, pertanto, la domanda: con quale terreno posso identificarmi?
Prolunghiamo la meditazione con un testo di san Giovanni Crisostomo:
“Per qual motivo, ditemi, la maggior parte della semente si perde?
Non è certo per colpa del seminatore,
ma della terra che accoglie i semi,
dell’anima cioè che non ascolta.
Perché Gesù non dice esplicitamente che i pigri hanno accolto i chicchi seminati,
ma li hanno lasciati beccare dagli uccelli, i ricchi li hanno soffocati
e coloro che vivono nel lusso e nelle vanità li hanno lasciati seccare?
Cristo non vuole colpirli con troppa veemenza, per non gettarli nella disperazione,
ma lascia la dimostrazione e l’applicazione alla coscienza dei suoi ascoltatori.
E del resto, ciò accade non solo al seme, di cui una parte si perde,
ma accadrà poi anche alla rete. La rete infatti prende molti pesci inutili.
Gesù senza dubbio narra questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli
ed insegnar loro che, quand’anche la maggior parte di coloro
che riceveranno la parola divina si perdesse, non devono per questo avvilirsi.
La stessa cosa accadde anche al Signore;
ma egli, pur prevedendo chiaramente ciò che sarebbe successo,
non per questo rinunziò a seminare.
Ma come è concepibile – mi direte voi –
che si semini sugli spini, sul terreno roccioso e lungo la via?
Vi rispondo che la cosa sarebbe assurda,
se si trattasse della seminagione terrena che si fa in questo mondo:
è invece assai lodevole il fatto, dato che si tratta delle anime e della dottrina divina.
Verrebbe certamente ripreso il contadino che disperdesse in questo modo la semente.
Il terreno roccioso non può infatti divenire terra buona, né la via può cambiare,
e gli spini restano sempre tali. Ma non è così nell’ordine spirituale.
Le pietre possono mutarsi e diventare terra fertile,
la via più battuta può non esser più calpestata e aperta a tutti i passanti,
ma divenire campo produttivo, e anche le spine possono sparire
per lasciar crescere e fruttificare in tutta libertà il grano seminato.
Se questi cambiamenti fossero stati impossibili, il Signore non avrebbe seminato.
E se in tutti non è avvenuta tale trasformazione, la colpa non è del seminatore,
ma di coloro che non hanno voluto cambiar vita.
Il seminatore ha compiuto quanto dipendeva da lui;
ma se gli uomini non hanno corrisposto alla sua opera,
non è responsabile il seminatore che ha testimoniato un così grande amore per gli uomini”.