XIII Domenica T.O. anno A
La parola del Signore a cui ci riferiamo oggi è quella che ci è donata dal vangelo di san Matteo. Gesù si rivolge agli apostoli con parole esigenti: “Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà”.
In questo consiste la missione della Chiesa: dare la vita, quella vita che la Chiesa ha ricevuto in dono, che è la vita di Gesù, il Vivente risorto da morte. La Chiesa è compiutamente se stessa quando vive nel dono permanente, non tanto di sé quanto piuttosto di Cristo, Salvatore del mondo.
Ecco perché Gesù, rivolgendosi agli apostoli, aggiunge: “Chi accoglie voi accoglie me”. In queste parole si scopre il dono inestimabile che la Chiesa ha ricevuto: essere la presenza del Suo Signore nel tempo della storia. Ma in queste parole si scopre anche la chiamata che sempre si rinnova: essere sempre più trasparenza della bellezza, della verità e dell’amore di Gesù.
Ciò che riguarda gli apostoli, riguarda la Chiesa e, pertanto, riguarda tutti noi, nessuno escluso. Ciascuno di noi, infatti, in virtù del Battesimo, ha ricevuto il dono della presenza della vita del Signore in sé. E, proprio per questo, ha ricevuto anche la vocazione a essere, nel mondo, un richiamo vivente della parola e della presenza del Risorto.
Rimaniamo in ascolto di una bella riflessione del famoso teologo francese Henry De Lubac:
“Se Gesù Cristo non è la sua ricchezza, la Chiesa è miserabile;
la Chiesa è sterile se lo Spirito di Gesù Cristo non la feconda.
Il suo edificio crolla se Gesù Cristo non ne è l’Architetto,
e se il suo Spirito non è il cemento
che tiene insieme le pietre viventi con cui è costruito.
È senza bellezza se non rispecchia l’unica bellezza del Volto di Gesù Cristo,
e se non è l’Albero la cui radice è la passione di Gesù Cristo.
La scienza di cui si vanta è falsa; è falsa la sapienza che l’adorna,
se non convergono l’una e l’altra in Gesù Cristo;
e se la sua luce non è una “luce illuminata”
che tutta viene da Gesù Cristo,
essa ci obbliga alle tenebre di morte.
È menzogna tutta la sua dottrina,
se essa non annuncia la verità che è Gesù Cristo.
È vana tutta la sua gloria
se essa non la fa consistere nell’unità di Gesù Cristo.
Il suo nome stesso ci è indifferente,
se non evoca subito il solo nome
dato agli uomini per la nostra salvezza.
Non rappresenta nulla per noi se essa non è per noi
il sacramento, il segno efficace di Gesù Cristo”.