Omelia – Solennità di Pentecoste

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Omelia – Solennità di Pentecoste

Omelia – Solennità di Pentecoste

Santa Messa nella Vigilia della Solennità di Pentecoste

Tortona. Cattedrale

 

A Pentecoste, rivolgendoci al Signore, preghiamo e supplichiamo così: «Rinnova i prodigi della Pentecoste». È una preghiera molto bella, è un’invocazione decisiva, per la nostra vita personale, per la vita delle nostre comunità cristiane, per la vita della Chiesa.

«Rinnova, Signore, i prodigi della Pentecoste»: è quello che chiediamo al Signore questa sera. È quello che, dal profondo del cuore, desideriamo che si realizzi.

Ci domandiamo: che cosa sono i prodigi della Pentecoste? In che cosa consiste questo rinnovarsi dei prodigi della Pentecoste? La parola del Signore che abbiamo ascoltato, la preghiera con la quale la Chiesa ci ha fatto rivolgere mente e cuore a Dio, ci aiutano a individuare almeno alcuni di questi prodigi che noi invochiamo per tutti noi questa sera.

 

Abbiamo ascoltato nel libro dell’Esodo: “Il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte”. Lo chiamò per incontrarlo, lo chiamò per entrare in dialogo con lui, lo chiamò per fargli comprendere che nella sua vita nulla poteva, se non dipendeva da Lui. Qual è, allora, il primo prodigio della Pentecoste?    Che avvertiamo e diventiamo consapevoli di essere totalmente dipendenti dal Signore; che senza di lui non possiamo fare nulla, che se ci dimentichiamo che il fondamento di tutto è la sua presenza, la sua grazia, il suo amore, ogni nostra opera personale, collettiva è destinata al fallimento.

Senza di Lui non possiamo fare nulla; e questo significa che la preghiera, l’incontro con il Signore, il nostro ininterrotto dialogo con Lui, il tempo che gli dedichiamo ogni giorno, davvero, devono essere il centro e il cuore della nostra vita, della nostra vita personale e della nostra vita comunitaria.

Il prodigio della Pentecoste si rinnova quando, in ciascuno di noi e in tutti noi, si avverte che siamo dipendenti da Dio e che se non viviamo, fino in fondo, questa nostra dipendenza da Lui, rimaniamo aridi, sterili, la vita non fiorisce tra di noi, la fecondità non può esserci nelle nostre vite, nei nostri impegni, nei nostri programmi pastorali, nelle nostre fatiche quotidiane.

Essere dipendenti del Signore è un prodigio della Pentecoste. Non per nulla la Chiesa, che è scaturita dalla prima Pentecoste, era una Chiesa che viveva tutta nella dipendenza dal Signore; e si vedeva, si toccava con mano che era portata dal Signore, era condotta dal Signore, non faceva nulla senza di Lui. Sapeva che o stava davanti al Signore, legata a Lui in una preghiera incessante, o non sarebbe andata da nessuna parte.

 

Abbiamo ascoltato nel libro della Genesi: “Essi sono un solo popolo e parlano un’unica lingua”. Ecco il secondo prodigio della Pentecoste: avvertire che siamo uniti nella comunione e, in tal modo, pensare, stare in relazione tra di noi, portare avanti i nostri impegni pastorali, intendere la nostra vita cristiana, avvertire l’esperienza della comunità cristiana. Uniti nella comunione. Questo è un grande prodigio della Pentecoste: essere trasformsti da isole a un corpo solo, un’anima sola, un cuore solo, una voce sola, uno sguardo solo.

 

Uniti nella comunione! Non per nulla, la Chiesa delle origini, scaturita dalla prima Pentecoste, era proprio così: un cuor solo e un’anima sola. Lo Spirito Santo aveva realizzato questo prodigio, di una realtà che era una, pur nella diversità e nella molteplicità; di una realtà che era comunione di cuore, di menti, di affetti, di volontà, di tutto. Una realtà che era, realmente, una famiglia unita nella comunione. Ecco il secondo grande prodigio della Pentecoste: vivere uniti nella comunione.

 

Abbiamo ascoltato dal profeta Gioele: “Diverranno profeti i vostri figli, le vostre figlie”. Un altro prodigio della Pentecoste è proprio questo: essere fervorosi nella missione, nella testimonianza del Signore e nell’annuncio del Vangelo. Quando lo Spirito Santo scende, entra nei cuori, li infuoca e fa avvertire a questi cuori un’esigenza insopprimibile di andare ovunque, fino ai confini della terra, fino ai confini di ogni vita, per donare la salvezza, per donare il Salvatore, per donare il suo Vangelo che è notizia buona e bella, che trasforma e cambia l’esistenza.

Là dove la Pentecoste si rinnova, si rinnova lo spettacolo di vite e di comunità che diventano infuocate per la missione e per l’evangelizzazione.

La Chiesa delle origini, scaturita dalla Pentecoste, era una Chiesa che non poteva non annunciare, non poteva non testimoniare, non poteva non raccontare la salvezza in Gesù Cristo. Ecco, dunque, un altro prodigio della Pentecoste: rendere noi – singolarmente e insieme – infuocati, appassionati, entusiasti per portare sempre, ovunque, a tutti, il Vangelo del Signore.

 

Abbiamo pregato così: “Rinnovati in una vita nuova”. Quando si realizza il prodigio della Pentecoste, si realizza una vita animata dalla carità, dalla vita nuova della carità, da una vita che non è più ripiegata su se stessa, ma che è capace di guardare fuori, di donarsi senza condizione, di dare, di mettere gli altri prima di sé. Non più una vita introversa, ma una vita estroversa; non una vita che cerca per sé, ma una vita che sa dare sempre agli altri.

Lo spettacolo della carità è un prodigio della Pentecoste. Vite singole e vite comunitarie, animate dalla carità, sono il frutto della Pentecoste. La Chiesa delle origini, scaturita dalla prima Pentecoste, era una Chiesa così, animata dalla carità. Animata dalla carità! Si volevano così bene e volevano così bene, che stupivano, meravigliavano e interrogavano. Come è possibile che si amino così, come è possibile che amino così? Il prodigio della Pentecoste.

 

Abbiamo ascoltato dalla Lettera ai Romani: “Siete salvi, siete stati salvati, nella speranza”. La Pentecoste compie questo prodigio: rende gioiosi nella speranza. Gioiosi perché il Signore è con noi e ci accompagna nel cammino della vita; gioiosi perché, nel cammino della vita, tutto è segnato dall’amore di Dio per noi; gioiosi perché, al termine di questo pellegrinaggio terreno, c’è un’eternità che ci attende; gioiosi perché il nostro destino è la risurrezione della carne; gioiosi perché il Signore è la nostra speranza; gioiosi, dunque, nella speranza. Gioiosi, lieti, contenti, felici. La Pentecoste compie questo prodigio: strappa ogni forma di tristezza e rende gioiosi; strappa ogni forma di lamento e rende felici; strappa ogni ripiegamento e rende capaci di lodare, benedire, ringraziare, sempre e per tutto, quel Signore che abita la vita e la rende bella e storia di provvidenza. Sempre!

 

Cinque prodigi della Pentecoste. Lo Spirito, che scende su di noi, ci rende: dipendenti dal Signore, uniti nella comunione, fervorosi nella missione, animati dalla carità, gioiosi nella speranza.

Questa sera, chiediamo, per ciascuno e per tutti noi, che si rinnovino questi prodigi della Pentecoste. Lo chiediamo per le nostre comunità cristiane, lo chiediamo per la nostra Chiesa. Tutto sia rinnovato dai prodigi della Pentecoste; e che questo lo si veda, che questo risplenda, che questo sia testimoniato, che questo illumini là, dove abitualmente viviamo.

Siamo – lo chiediamo dal profondo del cuore – rinnovati dai prodigi della Pentecoste! Lo Spirito Santo scenda su di noi e tutto rinnovi, rendendoci così uno spettacolo affascinante per il mondo.

 

Trascrizione da registrazione audio