Stradella, parrocchia dei S.S. Nabore e Felice
Abbiamo ascoltato una pagina di Vangelo che conosciamo bene e che ci tocca profondamente. È il racconto che Giovanni fa della risurrezione di Lazzaro.
In realtà Giovanni nel suo vangelo racconta sette miracoli e tutti e sette hanno a che fare con la vita, con il dono della vita. Questo di Lazzaro conclude la serie dei miracoli compiuti da Gesù, quali segni della vita che Egli vuole donare a ciascuno di noi.
C’è un particolare, però, perché il miracolo della risurrezione di Lazzaro è una prefigurazione molto chiara della risurrezione del Signore Gesù. E mentre ciò che accade a Lazzaro comporta un ritorno a questa vita di colui che era morto, noi sappiamo che la risurrezione di Gesù sarà di ben altro tenore. Non sarà per Gesù un ritorno indietro, alla vita di adesso, ma sarà un andare avanti, nella vita del mondo che verrà, nell’eternità.
Tale prefigurazione, nella pagina evangelica, ci viene indicata da un particolare del racconto: Lazzaro esce dalla tomba ancora bendato e con il lenzuolo che lo avvolge, mentre Gesù dalla tomba uscirà senza bende e senza lenzuolo. Ecco il segno della differenza radicale. Oggi, quinta Domenica di Quaresima, ascoltando questo grande miracolo della risurrezione di Lazzaro, siamo invitati a guardare alla risurrezione di Gesù, la vera risurrezione che dona a tutti noi la vita senza fine. E tutto questo è compendiato nella parola che Gesù rivolge a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita».
Sono queste parole ciò che noi oggi vogliamo soprattutto custodire nel nostro cuore: «Io sono la risurrezione e la vita».
Quali parole più grandi, quali parole più belle, quali parole più entusiasmanti, quali parole più desiderate dal nostro cuore possiamo ascoltare se non queste, quelle che Gesù ha detto a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita»? Queste sono in realtà le parole che nella profondità del nostro cuore tutti vogliamo ascoltare. Tutti capiamo che sono la chiave risolutiva del mistero della vita. «Io sono la risurrezione e la vita». Ma che cosa significano per noi queste parole di Gesù?
Anzitutto significano che la fede, la nostra fede, è la relazione con Colui che è la Vita, con Colui che è Vivo, con Colui che è risorto. La fede è prima di tutto un incontro bellissimo di amore con Colui che è vivo per sempre in mezzo a noi, il cui cuore batte per noi, il cui sguardo si rivolge a noi con tenerezza infinita, che ci tocca con la Sua presenza, e ci guarisce e ci salva. Questa è la fede: l’incontro con un Vivente dal quale avvertiamo di essere amati, dal quale avvertiamo di essere salvati, dal quale sappiamo di essere curati, custoditi, protetti, sostenuti, aiutati nel cammino della nostra vita. Questa è la fede. Quante volte, invece, abbiamo impoverito l’esperienza della fede considerandola come un ideale di vita, come una morale da vivere, come una dottrina alla quale aderire. Certo, la fede è anche questo, perché è uno stile di vita, ma a partire da questo incontro di amore che la vita e il cuore hanno cambiato. Questa è fede. È rimanere conquistati dall’amore di Gesù; e, di conseguenza, assumere uno stile di vita pienamente nuovo, pienamente conforme a Colui che ci ha incontrato e che ci ha conquistato con il suo amore e con la sua salvezza.
«Io sono la risurrezione e la vita». La memoria, il ricordo di queste parole sia per noi l’aiuto a vivere, a rivivere se necessario, a vivere meglio la nostra fede così, come un incontro straordinario con Colui che è il Vivente, dal quale siamo amati, e a partire dal quale cambia tutto in noi e nel nostro modo di vivere.
Quelle parole però ci ricordano anche qualcosa d’altro. «Io sono la risurrezione e la vita». Certo, la risurrezione è una promessa che riguarda il futuro, che riguarda la vita al di là della morte, che riguarda questo nostro corpo mortale, che un giorno risplenderà nella gloria perché risorto. Certo, questo è la risurrezione.
Ma nel momento in cui Gesù afferma: «Io sono la risurrezione e la vita» vuol dire che la risurrezione comincia già adesso, già ora, perché nella misura in cui io vivo in comunione di amore con Lui, la Sua vita è in me. La risurrezione, pertanto, è già esperienza di questo pellegrinaggio terreno e di questa mia vita mortale. La vita nuova di Dio mi è già data. E la risurrezione futura non sarà che il compimento di ciò che già ora è iniziato nella mia esistenza terrena.
Le parole che Gesù dice a Lazzaro: «Vieni fuori», un giorno le sentiremo anche noi, e sarà il preludio della risurrezione alla vita senza fine. Però le stesse parole: «Vieni fuori», le ascoltiamo anche adesso, perché uscire dalla tomba della morte, uscire dal sepolcro è un’esperienza che noi facciamo ora, nella misura in cui il Signore è al centro della nostra vita. È un’esperienza che è nostra adesso se siamo in comunione con il Signore Gesù. È una realtà del tempo presente se la Sua vita è in noi. E allora che cosa vuol dire ascoltare queste parole: «Io sono la risurrezione e la vita»? Essere nella gioia, e nel godimento più intenso, dal momento che la vita eterna è già in noi, che la risurrezione è già sperimentata da noi, che la vita di Dio è già presente in questa nostra vita mortale.
Ieri, Solennità dell’Annunciazione del Signore, abbiamo ascoltato la straordinaria pagina di Vangelo, nella quale l’Angelo appare alla Madonna e le porge il saluto da parte di Dio, e le dice: «Rallegrati Maria, perché il Signore è con te». La fede è gioia, la fede è rallegrarsi. La fede è godere con un’intensità anche umana che nulla ci può donare. Perché? Perché la vita del Signore è già con noi, perché la vita eterna è quaggiù, perché la risurrezione è già nostra, in qualche modo.
Infine ricordare queste parole: «Io sono la risurrezione e la vita» significa pensare che siamo chiamato a portare negli ambienti in cui viviamo, nelle nostre case, per le vie della nostra città (qui a Stradella), il volto della Risurrezione. È questo che le nostre famiglie attendono, è questo che gli ambienti in cui viviamo attendono. È questo che le nostre strade attendono, è questo che le nostre città attendono. Il volto di cristiani che siano volti da risorti, capaci, cioè, di testimoniare con la parola e con la vita la bellezza travolgente ed entusiasmante della risurrezione. Di Cristo risorto, vivente in mezzo a noi. Della gioia di averlo nella nostra vita.
Ieri sera ho chiamato al telefono una giovane mamma, della quale ho avuto la grazia, lo scorso anno, di battezzare la bambina, piccola, gravemente malata. Il Signore, qualche giorno fa, ha chiamato a sé la bambina. Possiamo immaginare il dolore della mamma (come anche del papà). Sentendola al telefono ho avvertito una dolcezza, una serenità, una gioia, la certezza di sapere che questa bambina ormai è presso Dio, è in paradiso… In tutto questo ho visto il volto della Risurrezione.
È questo volto che siamo chiamati a presentare al mondo, perché la fede attraverso la testimonianza della nostra parola e del nostro vivere, possa ancora conquistare i cuori e le vite.
Custodiamo allora la parola che abbiamo ascoltato: «Io sono la risurrezione e la vita». E che queste parole siano nel nostro cuore memoria viva, perché la fede è anzitutto l’incontro con il Vivente Risorto, la fede è l’esperienza fin da ora della pienezza di vita e della risurrezione, la fede chiede di presentare al mondo un volto da risorti.
Chiediamo che questi giorni che ancora precedono la Pasqua possano significare questo, nella vita di tutti noi.
Trascrizione da registrazione audio