Omelia – Santa Messa nella Festa della Santa Famiglia

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Omelia – Santa Messa nella Festa della Santa Famiglia

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Omelia – Santa Messa nella Festa della Santa Famiglia, anno C

Stiamo vivendo i giorni dell’Ottava del Santo Natale. Di che cosa si tratta? Sono otto giorni nei quali la Chiesa desidera continuare a sostare davanti alla grotta di Betlemme, per contemplare e adorare il mistero della nascita di Gesù.

Non basta, infatti, un giorno per celebrare un mistero tanto grande. È necessario sostare a lungo davanti a questo mistero, per poterlo contemplare, gustare, soprattutto assimilare perché possa segnare in profondità la nostra vita.

Oggi, festa della Santa Famiglia, viviamo il primo giorno di questi otto giorni importanti per la nostra fede. Allora spiritualmente ci portiamo lì, davanti alla grotta di Betlemme, perché vogliamo sostare per contemplare, come dicevo, ancora gustare e assimilare bene il mistero di un Dio che si fa Bambino per la nostra salvezza.

Che cosa, oggi, vediamo, contempliamo in questa grotta? Una parola è risuonata nella Lettera di san Giovanni. L’apostolo ed evangelista è ancora stupito di ciò che è accaduto a Natale e dice: “Noi siamo figli di Dio” e poi aggiunge con un punto esclamativo “lo siamo realmente!”. Per noi dire che siamo figli di Dio è diventato quasi normale, scontato, ma normale non è! E a Natale dobbiamo ritrovare la gioia del nostro poterci dire “Figli di Dio”! Dobbiamo poter ritrovare il sussulto emozionato del cuore quando pronunciamo queste parole “Io sono figlio di Dio. Io sono figlia di Dio”!

Che cosa vuol dire questo? Che noi siamo amati, ma amati davvero! Amati da un Dio che ci è padre! Amati e, dunque, salvati da questo amore, perché non è semplicemente un amore umano, che oggi c’è e domani non c’è, e che non può trasformare in profondità la vita. No! L’amore di Dio è un amore fedele, eterno, infinito che trasforma la nostra vita, perché perdona e sradica il peccato e il male, perché ci dà la forza per poter vincere le forze del male, le potenze oscure e della morte.

Questo amore ci rinnova in profondità e ci cambia. Noi siamo figli di Dio! Non siamo più estranei, Dio non è distante da noi, Dio non è una realtà astratta. No! Lui è Padre, Padre che ci salva, che porta noi nel cuore, che pensa a noi, che cammina con noi, che custodisce la nostra vita. Siamo figli di Dio. E lo siamo realmente.

Stando davanti alla grotta di Betlemme è importante che oggi ripetiamo dentro di noi, con stupore “Io sono figlio di Dio, Io sono figlia di Dio”. Questa è la gioia autentica del Natale di Gesù, che dobbiamo custodire nel cuore e portare con noi: “Io sono figlio-figlia di Dio”.

Ma stando davanti alla grotta di Betlemme, avvertiamo che questa grotta è la nostra casa, ed è la nostra casa bella. Noi sappiamo, forse per esperienza, che quando non c’è la casa siamo dispersi, smarriti, ci sentiamo perduti, ci manca quel luogo caldo in cui la vita cresce, è custodita e coltivata.

Noi, invece, abbiamo una casa. Questa casa è la grotta di Betlemme. Ma quella grotta è solo un segno: il segno del cuore di Dio. Noi ormai abbiamo questa casa che è il cuore di Dio. Come è bello, allora, sostare davanti alla grotta di Betlemme e non soltanto dire “Sono figlio di Dio”, ma anche dire “Io con Dio sono a casa, e se Dio è con me, io sono a casa, nella mia casa, nel calore di una casa, nel calore di quella straordinaria famiglia che è il mistero di Dio”.

Oggi, allora, sostiamo davvero davanti a questa grotta e lasciamoci raggiungere ancora dalla bellezza del Natale. Una bellezza che è qui, nel sentire e nel riconoscere che siamo figli di Dio da Lui amati e salvati; nel riconoscere che Lui è la nostra casa, la nostra abitazione, la nostra dimora bella, che mai ci potrà essere tolta, mai, perché è la dimora nella quale viviamo ora, ma è già anche la dimora eterna, nella quale vivremo per sempre.

Stando in questa dimora sappiamo di far parte di una famiglia. Oggi è la festa della Santa Famiglia e la pagina del Vangelo ci comunica tre verbi significativi. Sono tre verbi che non possono che caratterizzare il nostro stare in questa casa di Dio che è la nostra famiglia. I verbi sono: cercare, custodire, crescere.

Cercare. Maria e Giuseppe perdono Gesù. Angosciati cominciano a cercarlo perché capiscono che senza di Lui non possono vivere, non possono stare, sono perduti.

Noi siamo chiamati a cercare il Signore ogni giorno, perché se Gesù non è con noi siamo perduti. Se nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei luoghi del nostro lavoro, del tempo libero, dell’impegno, se nella nostra vita perdiamo Gesù, siamo perduti.

Ogni giorno ci trovi alla ricerca appassionata del Signore, perché possiamo stare con Lui, perché possiamo portarLo con noi, perché possiamo vivere in sua compagnia, perché Egli sia il centro e il cuore di tutto.

Senza Gesù siamo perduti. Quell’angoscia di Maria e Giuseppe è anche la nostra quando il Signore non è con noi. Forse diamo tanti altri nomi a quell’angoscia, a quella paura, a quella tristezza, a quell’inquietudine che ci portiamo dentro. Ma tutto questo ha un nome solo: la mancanza di Gesù.

Cerchiamolo ogni giorno, perché Lui possa essere sempre con noi.

Custodire. La Madonna ha vissuto qualcosa che non ha capito immediatamente e ha custodito nel cuore quello che ha visto e ha ascoltato: il bambino che si smarrisce e che poi dice “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. La Madonna non comprende subito, però custodisce nel cuore perché sa che se anche non capisce ora, un giorno capirà; e soprattutto sa che quello che sta vivendo è dentro un disegno bellissimo di amore che Dio ha per Lei.

Anche noi siamo chiamati a custodire, come Maria, perché anche noi a volte non capiamo. Il Signore ci sembra distante, attraversiamo fasi della vita complicate e difficili, a volte dei veri drammi ci colpiscono e non capiamo. Siamo chiamati, però, a custodire sapendo che tutto ha un significato per il nostro bene più autentico nel disegno dell’amore di Dio. Custodire vuol dire fidarsi di Dio. Capiremo che tutto quello che abbiamo vissuto era dentro un progetto di amore per noi.

Cercare Gesù e custodire nella fede.

E infine, crescere. Si parla del Bambino Gesù che “cresceva in età, sapienza e grazia”. In questa famiglia che è Dio, in questo cuore che è la nostra casa che è Dio, non soltanto siamo chiamati a cercare, non soltanto siamo chiamati a custodire, siamo chiamati anche a crescere, perché la vita cristiana è una vita di crescita continua.

C’è un antico proverbio cinese che si esprime così: “L’amore è come la luna: se non cresce, cala”. Questo vale anche per la vita di fede. Il nostro amore per il Signore è come la luna: se non cresce, cala.

Siamo in cammino, ma in un cammino progressivo di crescita, nell’amore del Signore, nell’amore per il nsotro prossimo, nella vita della nostra fede. Avvertiamo questa esigenza bella, di crescere ogni giorno di più.

Mi ricordo che una volta un nostro Vescovo Tortonese, il Cardinale Canestri, mi diceva di una sua esperienza quando era parroco. Gli capitava, ogni tanto, che si andasse qualcuno a confessare e confessasse questo: “Mi pento perché in questa settimana, in questi quindici giorni, non ho avuto a cuore la mia crescita spirituale”. E continuava il racconto dicendo che rimaneva ammirato di questa confessione, di questo pentimento. Noi avvertiamo l’esigenza di una crescita nelle cose del Signore, nella nostra vita cristiana? Ecco, siamo chiamati a crescere ogni giorno.

Non dimentichiamo, dunque. Sostiamo davanti alla grotta e ripetiamo nel cuore, con gioia, “sono figlio di Dio”. Ripetiamo nel cuore con gioia “ho una casa certa, stabile, sicura, è il cuore di Dio. E poi non dimentichiamo: in questa casa, che è il cuore di Dio, siamo chiamati ogni giorno a ricercare Lui, a custodire con fede e a crescere nella nostra vita cristiana.

Affidiamo tutto questo al Bambino Gesù, perché ci aiuti anche a viverlo. Allora, questo giorno dell’Ottava, l’avremo vissuto davvero bene, nello spirito del Santo Natale.