Santa Messa nella Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Tortona. Cattedrale
È bello essere in molti, oggi, in questa chiesa Cattedrale, all’inizio della Settimana Santa, Domenica delle Palme. È davvero bello! Ed è molto bello che siate numerosi voi, bambini e bambine: per ciascuno un abbraccio, una carezza e una benedizione con tanto, tanto affetto.
Siamo contenti di essere qui. Ma siamo contenti di essere qui non semplicemente perché è una bella consuetudine partecipare alla Messa la Domenica delle Palme, non soltanto perché è una bella tradizione benedire i rami di ulivo; non soltanto per questo. Anche per questo, certo. Ma anche e soprattutto perché oggi abbiamo riascoltato, ancora una volta e per intero, il racconto della Passione di Gesù.
Che cosa vuol dire riascoltare il racconto della Passione di Gesù? Vuol dire riascoltare la passione, la crocifissione, la morte di Gesù per noi, di Dio in Gesù per la nostra vita. È la passione di Dio! È la crocifissione di Dio! È la morte di Dio per noi! Anzi: per me, per te, per ciascuno!
Come dovremmo rimanere toccati profondamente da questo! Come dovremmo rimanere commossi ed emozionati per questo! Ci tocca tanto il racconto di un uomo e di una donna che abbiano sofferto. Come può non toccarci ancora di più, in profondità, la memoria di Dio stesso che ha sofferto ed è morto per noi, per me, per ciascuno?
Noi, purtroppo, abbiamo fatto l’abitudine a questo mirabile mistero di amore; per noi è diventata consuetudine ascoltare queste parole insieme: la passione-di Dio, la crocifissione-di Dio, la morte-di Dio.
Oggi è il giorno nel quale siamo invitati a scuoterci da questo terribile torpore, a motivo del quale il cuore non sussulta più ascoltando queste parole. Dovrebbe, invece, sussultare, ma sussultare di commozione, sussultare di emozione, sussultare di amore, sussultare di gratitudine, sussultare di gioia; perché Gesù Cristo, il Figlio di Dio ha patito, è stato crocifisso, è morto per noi, per me, per la nostra, per la tua salvezza, perché noi, perché tu potessi avere la vita. Chiediamo una grazia: che la giornata di oggi possa portarci a vivere questo sussulto.
Bambini e bambine siete bravissimi! E proprio perché siete bravissimi, dovete anche aiutarmi, così che qualche parola che ancora dirò possa entrare nel cuore di tutti noi.
Il primo aiuto che vi chiedo è questo: verso la fine del racconto della Passione avete visto – lo avete fatto anche voi – quale gesto abbiamo compiuto: io mi sono inginocchiato e, con me, tutti si sono inginocchiati. Allora adesso – attenti! – voi soli inginocchiatevi di nuovo, tutti insieme… (i bambini si sono inginocchiati, ndr). Ora rialzatevi e sedetevi piano, piano, in silenzio.
Ecco. I nostri bambini e le nostre bambine ci hanno ricordato un gesto importante che abbiamo compiuto durante il racconto della Passione. Nel momento in cui sono risuonate le parole “Gridò a gran voce ed emise lo Spirito”, ci siamo inginocchiati. In quel momento sono anche risuonate nel nostro cuore le parole che avevamo ascoltato poco prima dall’apostolo Paolo che, scrivendo ai Filippesi, afferma: “Nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra”. Ogni ginocchio si pieghi… Ci siamo inginocchiati, certamente, perché in quel momento abbiamo compiuto un atto di adorazione, di pentimento di fronte alla drammatica morte di Gesù. Inginocchiandoci, però, abbiamo anche voluto ripetere nell’intimo di noi stessi: «Gesù è il Signore, è il Signore della mia vita, è il tutto della mia vita; e davanti a Lui mi inginocchio, perché lo riconosco come tale».
Oggi, Domenica della Passione, è il giorno nel quale dire a Gesù, ancora una volta e in un modo, forse, nuovo: «Gesù, tu sei il Signore, tu sei il Signore della mia vita. Io appartengo a Te ed è tanto bello che io appartenga a Te. Voglio che Tu sia ancora di più il Signore della mia vita. Voglio appartenerti ancora di più, voglio inginocchiarmi davanti a Te per non dovermi inginocchiare di fronte ad altri, di fronte ad altro, forse di fronte a me stesso». Perché quando ci inginocchiamo di fronte ad altro, di fronte ad altri o a noi stessi, siamo schiavi. Solo nel momento in cui ci inginocchiamo davanti al Signore e gli diciamo: «Tu sei il Signore della mia vita», allora, sì, siamo realmente liberi, liberi!
Oggi, compiendo questo gesto, abbiamo voluto dire: «Signore, tu sei il mio Signore e voglio che tu lo sia sempre di più, perché voglio gustare la bellezza della libertà vera, quella che Tu solo sei capace di darmi. Tu sei il mio Signore! E allora ti apro di più le porte del cuore, della mia vita. Lascio che tu possa entrare in me, in ciò che ogni giorno vivo, negli ambienti in cui opero perché tu ne sia il centro, il cuore, la luce. Sempre. Tu sei il Signore della mia vita e desidero che tu entri in tutta la mia vita». Quel gesto di inginocchiarci ha significato questo. Sia così per ciascuno di noi.
Bambini e bambine torno a voi. Quando siamo stati nel chiostro dell’episcopio per l’inizio della celebrazione, abbiamo tutti alzato in alto i nostri rami di ulivo, perché fossero benedetti. Adesso, solo voi, rifate questo gesto. Alzate bene in alto i rami di ulivo (i bambini hanno alzato i rami di ulivo, ndr). Ora riportateli giù piano, piano e in silenzio. Siete bravissimi!
I bambini ci hanno ricordato un gesto che è tipico di questo giorno: alzare i rami di ulivo e poi camminare in processione. Abbiamo camminato per le vie della nostra città, per la piazza del nostro Duomo.
Che senso ha avuto il gesto di alzare i rami di ulivo e di camminare con i rami attraversando la piazza del Duomo, così bella e che è il cuore della nostra splendida Tortona? Perché lo abbiamo fatto? Perché abbiamo voluto ricordare a noi stessi che quel Signore, che è al centro della nostra vita e dà la vita per noi, è lo stesso Signore del quale non ci vergogniamo mai! Del quale non ci vergogniamo mai e che desideriamo testimoniare nella piazza della nostra città, per le vie della nostra città, nelle case della nostra città: con la nostra parola – certo – ma anche e soprattutto con la nostra vita. Perché noi non ci vergogniamo di Lui. Anzi. Siamo contenti di dire che Gli apparteniamo, che Egli ci ha cambiato la vita, che Egli ci ama appassionatamente e che tutto è diverso a motivo della sua presenza. Siamo contenti e vogliamo dirlo, vogliamo testimoniarlo, vogliamo proclamarlo nelle piazze delle nostre città e dei nostri paesi, senza timore, ma con rispetto, con gioia e con entusiasmo; proprio come ci ha ricordato il nostro piccolo pellegrinaggio con gli ulivi benedetti in mano.
E, infine, un’ultima cosa. Leggendo il racconto della Passione, a un certo punto – bambini e bambine state attenti a quello che sto dicendo – abbiamo ascoltato: “Si fece buio su tutta la terra”. Ciò accadde appena prima della morte di Gesù. Si fece buio su tutta la terra! Non si vedeva più. Il sole non c’era più, tutto era avvolto nell’oscurità. Che cosa ci ricorda questo? Che là dove estromettiamo Dio, la vita non è più bella, perde di bellezza. Là dove estromettiamo Dio, la nostra convivenza non è migliore, è peggiore. Là dove estromettiamo Dio, la vita non fiorisce, muore. Là dove estromettiamo Dio, non vi è più luce, vi è oscurità.
Non lo dimentichiamo! Perché anche noi che abbiamo la fede, ogni tanto la tentazione l’abbiamo: di mettere il Signore da parte, di dimenticarcelo, di pensare che possiamo affrontare certi aspetti della vita senza di Lui, che certe cose le possiamo pensare senza far riferimento alla sua Parola, che certi progetti li possiamo portare avanti e certe decisioni le possiamo prendere, senza ricordarci di Lui. Ma questo non rende migliore e più bella la vita. Perché si fa scuro su tutta la terra, quando Lui non c’è. Non lo dimentichiamo mai!
Non dimentichiamo mai che il Signore Gesù, del quale abbiamo ricordato la passione, la crocifissione, la morte è l’alleato vero della bellezza, della gioia, della bontà, della pienezza della nostra vita. Con Lui è sempre giorno. Senza di Lui è sempre notte.
Ritorniamo nelle nostre case, oggi, conservando nel cuore – ma forse anche proprio in mano – il Vangelo che ci ricorda la passione, la crocifissione e la morte di Gesù. E, mentre conserviamo nel cuore e portiamo in mano questo Vangelo, chiediamo una triplice grazia: di fare di Gesù sempre più il Signore della nostra vita, di non vergognarci mai di Lui e di testimoniarlo con le parole e con la vita, di non estrometterlo mai dal nostro vivere quotidiano. Perché mai sia notte, ma sempre giorno, quello che Lui sono può donare.
Trascrizione da registrazione audio