Carissimi fratelli e sorelle, carissimi amici nel Signore,
scrive sant’Ambrogio, con il suo inconfondibile stile: “Bevi Cristo, per bere il suo discorso! Il suo discorso è l’Antico Testamento, il suo discorso è il Nuovo Testamento. La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora, quando il succo della parola eterna discende nelle vene della mente e nelle energie dell’anima” (Commento al Salmo I, 33).
Oggi, ancora una volta, desideriamo bere e divorare il succo della parola eterna, desideriamo bere e divorare Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. In questo, infatti, consiste la vita cristiana: nel vivere Cristo, come affermava spesso san Luigi Orione.
Più volte, all’alba del giorno di Pasqua, come racconta l’evangelista Matteo, risuona l’invito a non avere paura. Prima è l’angelo del Signore, che così si rivolge a Maria di Màgdala e all’altra Maria: “Non abbiate paura, voi!” (28, 5). Poi è il Signore stesso che va loro incontro, dicendo: “Non temete…” (28, 10).
Ci domandiamo: perché risuona, ripetuto con insistenza nella pagina evangelica, un tale invito? E la risposta è: se il Signore è risorto, se in Lui risorto e vivo si rivela il volto splendido della paternità di Dio, se Egli è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo, se Dio è provvidenza infinita d’amore che ha cura dei suoi figli… di che cosa dobbiamo avere paura? San Paolo, in proposito scrive, e noi lo affermiamo esultanti insieme a lui: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? (Rm 8, 35).
Non dobbiamo, pertanto, avere paura. Di nulla, proprio di nulla! Perché l’amore di Dio in Gesù risorto da morte accompagna la nostra vita, in ogni suo istante e in ogni suo aspetto. Perché le Sue braccia ci stringono a Sé, in un abbraccio dolcissimo, senza mai abbandonarci. La gioia, nella speranza, sia il tratto distintivo della nostra identità cristiana. In questa gioia colma di speranza daremo testimonianza attraente della grandezza sconfinata, della bontà sovrabbondante e dello splendore senza rughe di Gesù Cristo, unico vero salvatore del mondo.
All’indomani dell’Ascensione di Gesù al cielo, come ci ricordano gli Atti degli Apostoli, “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui” (1, 14).
Il racconto degli Atti degli Apostoli ci riconduce alla vigilia della Pentecoste. La comunità cristiana attende, in dono, la forza dello Spirito Santo, come Gesù aveva promesso. E dallo Spirito Santo quella comunità cristiana attinge la forza per vivere nella gioia la propria fede, per testimoniare con audacia – sia con la parola sia con la vita – la luminosa bellezza della vita nuova in Cristo.
Come allora, anche oggi è ancora lo Spirito Santo che dona a noi la forza, infiammando i nostri cuori. Li infiamma con il fuoco della carità. Una carità in virtù della quale diventiamo sempre più certi dell’amore del Signore per noi e diventiamo sempre più coraggiosi nel darne testimonianza, con il dono incondizionato di noi stessi.
Lo Spirito Santo è fuoco di carità, che accende il cuore, così che sia sempre più innamorato di Gesù e trovi in Lui il senso del vivere e del morire. Lo Spirito Santo è vento di carità, che muove il cuore, senza mai stancarsi, perché avverta l’ansia evangelica crescente di donarsi a tutti nell’amore e di portare la buona notizia del Vangelo, che è Gesù, fino ai confini della terra, fino a raggiungere l’umanità intera, nessuno escluso.
Siamo nella casa della Madonna. In Lei, tempio dello Spirito Santo e tabernacolo della presenza di Dio, ci è dato di contemplare già in qualche modo la città del Signore, nostra patria definitiva, come ci ha ricordato il ritornello del Salmo responsoriale: “Di te canto cose grandi, città del Signore!”.
Guardiamo, quindi, a Lei, e diciamo con gioia di Lei: “Di te canto cose grandi”! Guardiamo a Lei, e diciamo con gioia della città del Signore: “Di te canto cose grandi”! Guardiamo a Lei e, insieme a san Luigi Orione, cantando le cose grandi di Dio per noi, diciamo nel segreto del cuore: “Ave Maria e avanti!”: in ogni giorno terreno della vita, verso l’eterno giorno senza tramonto.