Tortona, Cattedrale.
Sono risuonate queste parole: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (2 Cor 6, 2). Sono le parole dell’apostolo Paolo che, oggi, avvertiamo rivolte proprio a noi, a ciascuno di noi. Immaginiamo che l’apostolo, facendosi portavoce del Signore, venga accanto a ciascuno di noi e dica ancora una volta: «Ecco il momento favorevole per te, ecco il giorno della salvezza per te». Queste parole non possono che farci sussultare di gioia perché oggi inizia un momento favorevole. Oggi ha inizio il giorno della salvezza per tutti noi, per ciascuno di noi.
Che cosa vuol dire questo? Che oggi, mercoledì delle Ceneri, ha inizio un tempo nel quale abbiamo la grazia di poter ritrovare la bellezza esaltante dell’amore di Dio per noi. La Quaresima ci è data per questo, perché possiamo assaporare l’amore del Signore per noi; perché possiamo ritrovare l’amore di Dio per noi; perché possiamo ritornare a questo Dio che è Padre e che custodisce la nostra vita. Non a caso, all’inizio della celebrazione, la Chiesa ci ha invitato a pregare così: “O Dio, nostro Padre”. Oggi inizia un momento favorevole, inizia il giorno della salvezza perché ci è data l’opportunità di ritrovare in tutto il suo splendore la paternità di Dio sulla nostra vita. Una paternità che, forse, qualche volta abbiamo smarrito, un amore al quale, forse, qualche volta, non abbiamo creduto.
È molto bello che, oggi, in mezzo all’assemblea ci siano dei bambini e dei ragazzi; e che anche altri bambini e ragazzi siano sul presbiterio come ministranti. Perché è bello? Perché ci ricordano la nostra identità di figli, di figli amati appassionatamente da un Dio che è Padre. Il tempo della Quaresima non dovrebbe essere altro che questo: un cammino rinnovato dentro l’esperienza della paternità e dell’amore di Dio, un cammino dentro la nostra figliolanza, la nostra dipendenza dall’amore del Signore. Una figliolanza che, a volte, rinneghiamo nei fatti, se non con le parole. Una dipendenza da cui ci ribelliamo nei fatti, se non con le parole. Pretendendo un’insana e stolta autonomia. Ecco, dunque, la vera conversione! Tornare ad avere dipendenza dall’amore di Dio, tornare al nostro essere figli di un Dio che ci è padre. Questa è l’autentica conversione e questo è il contenuto della vera penitenza quaresimale: tornare a essere figli che, amati dal Padre, vivono con Lui una dipendenza d’amore, in tutto e sempre.
Il Santo Padre Francesco, quest’anno, con il Messaggio della Quaresima ci ha offerto tre indicazioni preziose, che equivalgono ad altrettanti cammini nell’amore di Dio, che siamo chiamati a ritrovare e ad approfondire. Lo ha fatto attraverso tre parole: camminare, insieme, nella speranza. Soffermiamoci su ciascuna di queste tre parole.
“Camminare”. Questo verbo ci ricorda che la vita della fede non può essere statica. La fede non può rimanere sempre uguale a se stessa quando è vera, perché è una relazione di amore col Signore. La fede cresce continuamente perché cresce continuamente l’amore. Dobbiamo riconoscere che non sempre è stato così. Ci siamo adagiati, ci siamo seduti, abbiamo pensato che ciò che stavamo vivendo fosse sufficiente. Ma può essere mai sufficiente il grado dell’amore? No! no!
Quando l’amore è autentico sente il desiderio di andare più in là, di fare di più, di rispondere meglio, cioè di camminare. Noi camminiamo perché la nostra appartenenza al Signore, la relazione di amore con Lui, possa essere sempre più vera, significativa, piena.
“Insieme”. Questa parola richiama un elemento importante della nostra vita di fede, ovvero il fatto che siamo un corpo solo, un cuore solo, un’anima sola; una famiglia sola nella quale si vivono relazioni belle, di bene e di amore reciproco e fraterno. Dobbiamo ammettere che, a volte, anche questo lo abbiamo dimenticato e non abbiamo vissuto l’appartenenza al Signore come appartenenza alla Chiesa, quindi a una famiglia, a un corpo nel quale ciascuno di noi è un membro vivo, animato dalla carità. Spesso non abbiamo vissuto la fede attraverso l’esperienza di relazioni buone, di affetto, di amore vero gli uni con gli altri.
Dobbiamo ammetterlo! La carità, a volte, è venuta meno; la comunione, a volte, l’abbiamo ferita. Abbiamo parlato male gli uni contro gli altri, ci siamo guardati male gli uni con gli altri, abbiamo pensato male gli uni degli altri, abbiamo diviso questa famiglia che è la comunità cristiana, che è la Chiesa. “Insieme” significa vivere il momento favorevole, il giorno della salvezza ritrovando la bellezza del volerci bene, davvero, nel Signore; di amarci, davvero, nel Signore; di avere parole buone gli uni a favore degli altri; di avere pensieri buoni gli uni per gli altri; di avere uno sguardo buono gli uni con gli altri.
“Nella speranza”. La speranza per noi non è un vago attendere, ma è la certezza che le promesse del Signore divengono realtà, anche quando, umanamente, sembra che non sia così. Noi speriamo, cioè sappiamo che la promessa di bene che il Signore ha sulla vita di ciascuno di noi si sta compiendo: già nei giorni della nostra vita terrena e, poi, in modo pieno nell’eternità felice del Suo abbraccio d’amore.
Dobbiamo ammetterlo: tante volte non abbiamo sperato; tante volte abbiamo messo in dubbio la promessa di Dio; tante volte siamo stati catturati dalla paura, dal turbamento, dalla preoccupazione, perché non fondati sulla speranza vera, cioè sulla promessa di amore del Signore. Abbiamo sperato secondo il mondo, cioè attendendo nel dubbio qualcosa di non ben definito, senza la certezza del suo realizzarsi.
In questo tempo favorevole, in questo giorno di salvezza, desideriamo camminare nella speranza certa, cioè attraverso le cose della vita di ogni giorno, sicuri che si sta compiendo un disegno di amore sulla nostra vita e sicuri che questo disegno di amore, nell’eternità del Signore, troverà il compimento più bello e più straordinario, che neppure possiamo immaginare.
Camminiamo, allora, insieme nella speranza: per ritrovare la bellezza dell’amore di Dio che ci è Padre e che accompagna con tenerezza i passi della nostra vita.
In questa celebrazione compiremo il Rito delle Ceneri. Che cosa significa il gesto della cenere posta sul nostro capo? Significa che siamo penitenti, che riconosciamo che ci siamo ribellati all’amore del Signore, che non abbiamo vissuto come figli alla dipendenza dalla sua paternità. Lo riconosciamo, chiediamo perdono ed esprimiamo lì, in quel momento, il desiderio di ripartire come figli amati da un Dio che è Padre. Viviamolo così il Rito delle ceneri! Esprimiamo il nostro rincrescimento per non aver creduto all’amore di Dio, per non aver vissuto come figli amati.
Al momento di ricevere la Comunione, avremo la grazia e la gioia di ripetere ancora una volta “Amen!”, quando ci verrà presentato il Corso del Signore. Lo ripetiamo, perché in quel momento esprimiamo la nostra fede nel fatto che il Signore è presente nell’ostia consacrata. Oggi, però, lo vogliamo ripetere anche tenendo presente i tre itinerari ricordati. Dicendo “Amen” al Signore che viene in noi, diremo: «Amen! Sì, voglio camminare. Amen! Sì, voglio essere insieme con gli altri. Amen. Sì, nella speranza!»
In tal modo risponderemo all’invito bellissimo dell’apostolo che riecheggia sempre, ogni volta che iniziamo la Quaresima: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 21). È un invito che siamo chiamati a custodire in noi, sentendo che questo invito trafigge e commuove il cuore. “Lasciatevi riconciliare con Dio!” per tornare a vivere come figli amati, credendo al Suo amore per voi, vivendo nella dipendenza dall’amore del Suo cuore.
Sia questa la nostra Quaresima!
Trascrizione da registrazione audio