Cattedrale di Tortona
“Oggi è nato per noi il Salvatore”: lo abbiamo cantato, lo abbiamo ripetuto insieme, diverse volte. “Oggi è nato per noi il Salvatore”. Potrebbe bastare una consapevolezza vera di queste parole per riempire il cuore di gioia e per capire il significato autentico di questo giorno, del Natale.
“Oggi è nato per noi il Salvatore”. Che cosa può chiedere di più il cuore dell’uomo, che cosa può chiedere di più l’intera storia umana? Che cosa può attendere di meglio il mondo intero?
“Oggi è nato per noi il Salvatore”. Quando gli angeli annunciano la nascita di Gesù, del Salvatore, annunciano una grande gioia, un’immensa gioia, un’impensabile gioia perché “oggi è nato per noi il Salvatore”. La gioia del Natale è qui, in questa notizia, bellissima, che cambia il corso della storia, che cambia le vicende del mondo, che cambia il cuore dell’uomo, che cambia – perché glielo dà – il senso della vita.
“Oggi è nato per noi il Salvatore”. Se davvero comprendessimo la portata di questa notizia, noi non soltanto avremmo una grande gioia nel cuore, ma salteremmo di gioia, non potremmo contenerla questa gioia, usciremmo questa sera dalla chiesa cattedrale saltando, danzando, cantando. Perché, a motivo di questa notizia, cambia tutto. Noi, in realtà, siamo perduti, ma “oggi è nato per noi il Salvatore”. La storia umana è perduta, ma “oggi è nato per noi il Salvatore”. Il mondo è perduto, ma “oggi è nato per noi il Salvatore”.
Ogni anno si rinnova questa strabiliante notizia. Ci si potrebbe domandare: perché? Perché è un segno. Di che cosa?
Noi potremmo definire così la storia umana: l’uomo che scappa e Dio che lo rincorre, ma non per bastonarlo, non per percuoterlo, non per distruggerlo; lo rincorre per perdonarlo, per amarlo, per salvarlo. E noi siamo quell’uomo che scappa; noi siamo quell’uomo che il Signore non si stanca di rincorrere per amore.
Perché, allora, ogni anno, si ripresenta a noi la strabiliante notizia: “Oggi è nato per noi il Salvatore”? Perché possiamo ricordare, con emozione e con commozione, che, forse, anche noi stiamo scappando dal Signore, ma Lui, con infinita tenerezza, continua a correrci dietro e a offrirci il suo amore, a donarci la sua salvezza; perché non vede l’ora che ci fermiamo e ci voltiamo verso di Lui, che accettiamo il suo abbraccio di tenerezza, di dolcezza che è salvezza. Potessimo vivere il Natale così, come uomini e donne che, finalmente, non corrono più per sfuggire! Da chi? Dal loro Salvatore – come siamo stolti –. Potessimo fermarci e, finalmente, lasciarci raggiungere da Colui che non vuole altro che la nostra salvezza, amandoci, perdonandoci e donandoci il senso della vita!
Abbiamo ascoltato due parole bellissime che ci aiutano a pensare e a pregare e, soprattutto, a entrare dentro il mistero straordinario della Natività del Signore.
Nella pagina del Vangelo, l’evangelista annota un particolare: “Non c’era posto per loro nell’alloggio”. Non c’era posto per quel Bambino che era Dio fatto uomo, il Salvatore. Gli uomini non ha avuto posto disponibile per Lui. Perché questa parola ci fa pensare? Perché non è, forse, così che accade anche oggi? Non è, forse, vero che anche nella nostra vita, a volte, questo Bambino il posto non lo trova?
Si dice che il Natale è la festa della famiglia. Posso dirlo? Non è vero!
Si dice che il Natale è la festa dei bambini. Posso dirlo? Non è vero!
Si dice che il Natale è il giorno delle emozioni, dei bei sentimenti. Posso dirlo? Non è vero!
Si dice che a Natale siamo chiamati a essere più buoni, a compiere opere buone Posso dirlo? Non è vero!
Il Natale non è questo! O perlomeno non lo è anzitutto, perché il Natale è la nascita del Salvatore in mezzo a noi. E il festeggiato è Lui, il Signore Gesù, colui che viene in mezzo a noi e si fa Bambino per salvare la nostra vita. Quando affermiamo che il Natale è la festa della famiglia – cosa ottima in sé -, che il Natale è la festa dei bambini – cosa ottima in sé -, che il Natale è il giorno in cui compiamo delle opere buone – cosa ottima in sé – , in realtà, forse senza rendercene conto, riproponiamo la pagina del Vangelo: “Non c’era posto per loro nell’alloggio”. A Natale, infatti, facciamo altro, pensiamo ad altro, e il posto per Lui, che è il vero festeggiato, non c’è. Facciamo festa dimenticandoci di Colui che è il motivo della festa. Stiamo tra di noi in famiglia, dimenticandoci perché stiamo tra di noi in famiglia. Facciamo festa ai bambini dimenticandoci il motivo per cui facciamo festa ai bambini. Proviamo dei bei sentimenti dimenticandoci il perché proviamo dei bei sentimenti. Compiamo delle opere buone dimenticandoci perché compiamo delle opere buone. Questo “perché” ha un nome: Gesù Cristo; e ha un volto: il suo amore infinito; e ha un perché: Dio fatto uomo per noi, per la nostra salvezza.
All’inizio della celebrazione eucaristica, in questa santa notte, scopriamo il Bambino. Perché? È un modo semplice per ricordare il motivo per cui facciamo festa, perché siamo nella gioia, chi è il festeggiato vero. Scopriamo questa immagine per ricordarci che cosa è il Natale e perché siamo nella gioia. Per Lui! Per Lui! Per Lui! Per Lui che è la gioia del mondo, che è la gioia dei nostri cuori; che è la gioia vera della vita, dal momento che è il Salvatore che ci ama! Per Lui!
C’è un’altra parola, bella, che abbiamo ascoltato sia nella pagina dell’antico profeta, sia nella pagina del Vangelo. Nella pagina antica si dice che un popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; e nel vangelo si sottolinea che i pastori, una volta ricevuto l’annuncio dell’angelo, furono avvolti da una grande luce.
Una grande luce. Il Natale lo si festeggia il 25 dicembre, nei giorni in cui le nostre giornate perdono la luce, perché diventano sempre più brevi, fino a che il 21 dicembre viviamo il giorno più breve dell’anno, il meno luminoso. Ha un senso questo, che il Natale sia celebrato nei giorni nei quali la luce perde terreno, sembra scomparire? Ha un senso? Sì! Anticamente, nel mondo pagano, il 25 dicembre era la festa del sole, del sole invitto, del sole che non conosceva sconfitta. Si celebrava la luce per affermare che la luce, comunque, aveva la meglio sulle tenebre che sembravano avvolgevano il mondo nel mese di dicembre. Per noi il Natale è la festa della luce, perché viene tra noi il Sole vero della vita e del mondo, che sconfigge ogni tenebra della vita e del mondo. Per noi il Natale è luce: per questo quel popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, per questo i pastori sono stati avvolti da una grande luce. Il Signore, che viene in mezzo a noi, è il Sole vero che vince ogni tenebra della nostra vita e del nostro mondo.
È per questo siamo nella gioia: perché con Lui è sconfitto il peccato, con Lui è sconfitto il male, con Lui è sconfitta la morte, con Lui è sconfitto tutto quello che è oscurità, tenebra, assenza di luce. Gesù è la luce della vita e la luce del mondo. È il Salvatore. Per questo siamo nella gioia.
Quest’oggi, a differenza delle altre volte in cui recitiamo il Credo, la professione della fede, dopo aver detto “per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”, ci inginocchieremo e rimarremo qualche istante in silenzio, a sottolineare la grandezza del mistero del Natale, a sottolineare la gioia che scaturisce dal mistero del Natale, a sottolineare la nostra contemplazione stupita e grata davanti a Dio fatto bambino, venuto in mezzo a noi.
Ci fermeremo: in silenzio, adorando, gioendo, pregando. Ci fermeremo, ricordando una cosa ancora: quel Bambino ha le braccia allargate, perché Lui che è Salvatore – ed è Salvatore vero – non viene a chiederci qualcosa, viene a darci tutto, a darci sé stesso, la sua vita; e, dandoci sé stesso, dandoci il suo amore, ci dà tutto; e, dandoci tutto, rinnova la nostra vita che diventa davvero bella e capace di cose grandi, diventa davvero buona e capace di amare, diventa davvero luminosa e capace di illuminare. La nostra vita si rinnova non perché facciamo qualcosa noi, ma perché Lui, che è il Salvatore, ci dà tutto e molto di più di quello che possiamo immaginare, dandoci sé stesso e il suo amore.
Questo, allora, è l’augurio: il Natale di quest’anno possa essere per ciascuno di noi, l’esperienza di ricevere l’abbraccio di questo Bambino, quell’abbraccio che con il suo amore e con la sua vita ci dona davvero tutto. Nessuno di noi lo perda questo abbraccio, perché perdere questo abbraccio significa mancare all’appuntamento con la vita, con la gioia e con la pienezza del cuore. Non perdiamo l’abbraccio di Gesù Bambino!
Trascrizione da registrazione audio