Tortona. Cattedrale
Con la preghiera della Colletta, la grande preghiera che raccoglie i desideri molteplici della Chiesa e presenti nel cuore di tutti noi, questa mattina, abbiamo presentato al Signore una richiesta particolare: la richiesta di arrivare a Natale a celebrare, con rinnovata esultanza, il mistero della nostra salvezza. Con rinnovata esultanza. È una preghiera che abbiamo bisogno di rivolgere al Signore, perché accade – può accadere spesso – che il mistero della salvezza non lo viviamo nella gioia, che il mistero della salvezza, che è il Signore che viene ad abitare in mezzo a noi, non susciti nel cuore un’esultanza vera, autentica, – potremmo dire – straripante. Non vi è fede senza una gioia che prenda interamente la vita, perché il mistero della nostra salvezza è motivo di grande gioia, di grande esultanza.
Potessimo rinnovare una tale esultanza nel nostro cuore e nella nostra vita! La si potesse vedere questa rinnovata esultanza, a motivo di Gesù, nel nostro cuore, nella nostra vita, sulle nostre labbra e sui nostri volti!
Tante volte, il Santo Padre Francesco ci ha richiamati alla gioia del Vangelo; è il titolo del suo primo documento da Pontefice. La gioia del Vangelo, la gioia a motivo di Gesù, l’esultanza a motivo di questo Signore che viene in mezzo a noi e che ci salva. L’esultanza! Chiediamo la grazia di esultare, di cantare, davvero, con la parola e con la vita, come abbiamo fatto attraverso il ritornello del Salmo responsoriale – “La mia anima esulta nel mio Dio” – e di poter ripetere, come abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Io gioisco pienamente nel Signore, perché mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo che si mette il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli”.
Lasciamoci toccare dalla gioia che viene dal Natale, lasciamoci trascinare dall’esultanza che viene dal Natale, lasciamoci contagiare dalla letizia che sprigiona il mistero del Natale del Signore. Davvero, potessimo celebrare con rinnovata esultanza il mistero del Natale di Gesù! Preghiamo per questo, imploriamo per questo!
Oggi, ci è data l’opportunità di ritrovare alcuni motivi di questa esultanza; ci è dato di trovarli attraverso la parola che abbiamo ascoltato, mettendo in relazione questa parola, come stiamo facendo in questa Novena, con la rappresentazione della Natività, così come avviene nei nostri presepi.
Accostandoci al presepio – desideriamo farlo anche oggi – ci accorgiamo, subito, che la luce è un elemento caratteristico: è la luce che brilla nelle stelle del cielo, è la luce che brilla nelle luci, piccole o meno piccole, che si accendono e si spengono, è la luce che riempie di sé la rappresentazione del Natale di Gesù. La luce così riprodotta, però, non è soltanto strumento per una visione più chiara e completa della rappresentazione della Natività; è un segno. È un segno di che cosa? È un segno di quel Bambino che è luce del mondo; e, oggi, questa parola è risuonata nel Vangelo: “Viene la luce”. La luce che illumina l’oscurità, che squarcia le tenebre, che indica, con sicurezza, il cammino dell’esistenza, che apre agli orizzonti dell’eternità, che ci dona il senso della vita, che, davvero, è salvezza.
Gioiamo, esultiamo, a motivo del fatto che viene in mezzo a noi quel Bambino, Gesù, che ci salva, proprio perché è la luce del mondo. È la luce del mondo! Quanto abbiamo bisogno di luce, perché le tenebre ci avvolgono. Spesso ci avvolgono dall’esterno, ma, ancora più spesso, ci avvolgono dall’interno, perché sono presenti dentro di noi, con l’esperienza del peccato, del male, del turbamento, dell’angoscia, della paura, dell’ansia, del dubbio. Su queste oscurità e su queste tenebre, che avvolgono la vita e il cuore, risplende Colui che è luce del mondo; per questo, Egli è il Salvatore della nostra vita. Ecco il motivo dell’esultanza, della nostra esultanza!
Stando davanti al presepio si respira la pace. È davvero particolare il clima che fuoriesce dal presepio e lo avvertiamo immediatamente: lì, vicino alla rappresentazione della Natività, ci sentiamo sereni, tranquilli; una pace nuova scende nel cuore; ed è per questo che sostiamo volentieri, mentre ci allontaniamo con fatica. La pace ci attrae.
Oggi, abbiamo ascoltato, nella pagina dell’apostolo: “Egli è la pace, Dio è la pace, quel Bambino, che nasce a Betlemme, è la pace”. E questo è il motivo per cui, davanti a un presepio, respiriamo la pace: perché in Lui, in quel Bambino che è il nostro Salvatore, c’è pace tra noi e Dio, non più inimicizia; c’è pace tra noi e i fratelli, non più discordia; c’è pace tra noi e la creazione, non più concorrenza. C’è pace. Lui è il principe della pace che dona a noi la pace.
Nel presepio lo vediamo, perché guardiamo il Bambino e avvertiamo che, ormai, tra noi e il Signore, ormai, è pace; guardiamo i diversi personaggi che si muovono verso la grotta e tra di loro sono in una dolce armonia, e capiamo che, tra noi e i fratelli e le sorelle, c’è pace; guardiamo al rapporto tra quei monti, prati, pianure e deserti, così come sono rappresentati e i personaggi del presepio, e capiamo che tra noi e la creazione c’è pace. Perché c’è pace e la pace domina la rappresentazione della natività? Perché c’è Lui, il Signore della pace, il Dio della pace che, anche così, è nostro Salvatore.
Stando davanti al presepio, non soltanto avvertiamo che quel Bambino è la luce del mondo, non soltanto avvertiamo che quel Bambino è la pace vera; avvertiamo, anche, che quel Bambino che è lì, nella mangiatoia, con le braccia aperte e protese verso di noi, ci vuole a sé. Abbiamo ascoltato questa parola ancora dall’apostolo Paolo. Egli ci chiama. Ci chiama. Quale notizia più bella ed esultante? Ci chiama a sé. Quelle braccia sono il gesto che traduce la sua parola: “Vieni! Vieni a me! Vieni tra le mie braccia! Non voglio altro che stringerti in un abbraccio d’amore. Non voglio altro che far sentire al tuo cuore che tu sei pensato, amato, chiamato da sempre e che tu sei il centro dei miei interessi e sei la gioia della mia eterna vita”. Ecco, ancora, perché Egli è il Salvatore. Stando davanti al presepio, quel gesto e le piccole braccia del Bambino, che si protendono e si aprono verso di noi, sono il segno di quella parola, che oggi abbiamo ascoltato: “Egli ci chiama. Egli ti chiama!”.
Capiamo perché il mistero del Natale è un mistero di esultanza e di gioia? Perché è il mistero dell’incontro tra noi e Lui, il Salvatore; tra noi e Lui; tra noi che abbiamo bisogno della luce e Lui che è luce del mondo; tra noi che abbiamo bisogno della pace e Lui che è la vera pace; tra noi che abbiamo bisogno di due braccia che ci abbraccino con amore e Lui che è l’amore, eterno e infinito.
Rallegriamoci, dunque, già oggi, mentre viviamo la Novena del Natale, ma chiediamo, preghiamo, dal profondo del cuore, perché il 25 dicembre di quest’anno, la celebrazione per noi della Natività, significhi, davvero, una rinnovata esultanza: che la nostra vita dica esultanza, che il nostro volto dica esultanza, che i nostri occhi dicano esultanza, che tutto il mondo dica esultanza e che lo si veda, a motivo di Gesù, che è la nostra salvezza!
Trascrizione da registrazione audio