Nella quarta domenica di Avvento, terzo giorno della Novena del Santo Natale, ascoltando la pagina del Vangelo ci accorgiamo che il grande protagonista è San Giuseppe; ed è per questo che, oggi, avvicinandoci al presepio, non possiamo che volgere lo sguardo proprio a lui, a Giuseppe. Volgiamo lo sguardo a lui per apprendere qualcosa di importante e decisivo per la vita della nostra fede.
Giuseppe ha camminato nella fede, nel senso che ha dovuto progredire, ha dovuto crescere. Egli conosceva le antiche profezie, il segno di cui parla il profeta – “Ecco la Vergine partorirà un Figlio” -; eppure quando apprende che la sua sposa, Maria, è in attesa un bimbo, che è frutto dello Spirito Santo, deve compiere un cammino, un percorso per aderire fino in fondo al progetto di Dio. Questo che cosa viene a ricordarci? Che anche per noi la fede è un cammino, è un percorso progressivo, è un crescere giorno dopo giorno nell’accogliere in noi il disegno di Dio, l’amore di Dio, la provvidenza di Dio sulla nostra vita. Non siamo mai giunti alla meta di questo cammino; ogni giorno non può che segnare una tappa di crescita in questo straordinario percorso della vita che è il percorso nella fede.
È importante che lo ricordiamo ed è ancora più importante che lo viviamo, anche chiedendo la grazia al Signore che aumenti ogni giorno la nostra fede, la capacità di vedere Dio all’opera, di aderire alla Sua opera, di credere fino in fondo all’amore che Egli ha per noi e al suo disegno di provvidenza che Egli ha sulla nostra vita. Oggi ci accostiamo a San Giuseppe; avvicinandoci al presepio ricordiamo che anche per lui la fede è stata un cammino di ogni giorno in cui è cresciuto nella sapienza secondo Dio. Di conseguenza avvertiamo per noi la stessa necessità di crescere, giorno dopo giorno, nella fede che è il tesoro preziosissimo, più prezioso della nostra vita.
Nel vangelo che abbiamo ascoltato vi sono quattro passaggi, che determinano la crescita nella fede di Giuseppe. Quali sono?
Anzitutto, c’è una parola dell’angelo, che dice a Giuseppe: «Non temere!». L’angelo si accorge che Giuseppe ha qualche timore, perché non capisce fino in fondo che cosa sta capitando, perché avverte che c’è un disegno grande da parte di Dio che lo sovrasta e lo supera, e allora gli dice: «Non temere! Non temere perché il piano di Dio, nel quale tu sei coinvolto, è un piano bellissimo, è un piano di amore, è un piano che ti riempirà il cuore e la vita. Non temere il mistero che si sta realizzando davanti ai tuoi occhi. Non temere di tenere con te Maria e il bambino che nascerà. Non avere paura. Non avere paura di Dio».
Ci sentiamo così vicini a San Giuseppe! Ci sentiamo a lui vicini nel suo timore che è anche il nostro, perché il mistero di Dio, a volte, ci incute timore:; ci sembra così grande, ci sembra così alto che accoglierlo in noi, un po’ ci spaventa, anche perché – lo sappiamo – c’è sempre dentro di noi una voce che viene a dirci: «Guarda che accogliere proprio del tutto il Signore nella tua vita e nel tuo cuore non è un grande affare, perché questo Signore viene a proporti sentieri ardui, pronuncia parole difficili, ti chiede un cammino impervio. Insomma, l’accoglienza di Dio nella tua vita può essere un peso». A fronte di questa tentazione, ecco la parola dell’angelo che è rivolta a Giuseppe e che è rivolta anche a noi: «Non temere! Non avere paura, perché Dio che viene a te e che tu accogli nella tua casa e nella tua vita, viene a darti tutto e molto di più di quanto tu possa immaginare».
Oggi, stando accanto a San Giuseppe, con lui riascoltiamo la parola angelica: «Non temere! Non avere paura, mai, del mistero di Dio. Non avere mai paura dei suoi piani, non avere mai paura dei suoi progetti. Non temere la sua parola, la sua volontà. Non temere di accogliere Dio nella tua vita».
C’è un secondo passaggio da considerare nella pagina evangelica ed è costituito da un altro verbo: non temere di “prendere” con te Maria. Prendere è un verbo importante, perché attraverso questo verbo Giuseppe capisce che, da quel momento in poi, egli dovrà prendere con sé, cioè custodire la presenza di Dio in mezzo agli uomini e nella storia, custodire la sua sposa Maria, che porta in sé e nel suo grembo quel bambino che è Dio, custodire il mistero di Dio e la presenza di Dio.
L’invito a prendere e a custodire lo ascoltiamo rivolto anche a noi, ed è bellissimo che il Signore dica a noi: «Tu sei chiamato a prendere e a custodire il Signore e il suo mistero, perché attraverso di te la sua presenza possa essere fedele, visibile, testimoniata in questo mondo». Prendere con sé, custodire in sé significa diventare nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti di vita, là dove operiamo ogni giorno, faticando e rallegrandoci, il segno della presenza del Signore. Prendere e custodire, perché attraverso di noi il Signore possa rendersi presente in questo mondo, là dove noi viviamo. Giuseppe ha preso con sé e ha custodito, rendendo possibile la presenza del Dio fatto uomo in questo mondo; e a noi è rivolta la stessa parola: «Prendi e custodisci, perché la presenza di Dio attraverso di te, attraverso la tua parola, attraverso la tua vita, attraverso i tuoi occhi si possa rendere presente in questo mondo».
C’è un terzo passaggio, un po’ singolare, da tenere presente. Giuseppe ascolta la parola angelica mentre sta dormendo. Dorme, non fa nulla, eppure proprio mentre dorme ascolta la parola dell’angelo. Noi avremmo pensato che Giuseppe, turbato, in pensiero, incapace di capire ciò che accade, stesse lì a pensare, a crogiolarsi, a fare qualcosa, a domandarsi. E, invece, no! Giuseppe dorme, quasi a ricordare la parola dell’antico Salmo che dice: “Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”. Giuseppe lo sapeva e dorme, nel senso che non si agita: sa che il Signore lo aiuterà, sa che il Signore lo ispirerà, sa che il Signore interverrà per fargli capire che cosa sta succedendo. Perciò dorme, come un bambino che si sa amato e abbracciato dal Padre, e non dubita che Egli interverrà per aiutarlo a portare a compimento l’opera che gli è richiesta.
Anche questa è una parola che è rivolta a noi: nel dormire il Signore ci parla. Egli non ci parla nell’agitazione, nel fare senza costrutto, nell’andare di qua e di là, nell’immaginare che abbiamo noi in mano le sorti della nostra vita. Egli ci parla nel dormire, ovvero nel riposare fiduciosi nelle braccia di un Dio che ci è Padre, nella convinzione che Egli ha cura di noi fin nei minimi particolari, in quella serenità del cuore che riposa sul fatto di sapere che Dio, davvero, si prende cura della nostra vita. Lì il Signore ci parla, lì il Signore ci illumina, lì Egli ci fa toccare con mano la cura che ha di noi; Egli ci parla quando viviamo da bambini abbracciati a un papà dal quale ci sentiamo custoditi, amati e protetti.
Vediamo ora il quarto passaggio. Giuseppe, dopo aver ascoltato le parole dell’angelo, fece quello che gli aveva detto, lo fece immediatamente: ha adorato, ha aderito a quanto ha capito che il Signore gli aveva chiesto. Non ha dubitato, non ha aspettato; subito si è messo in cammino e ha cominciato a vivere nella luce della parola che lo aveva raggiunto. Non ha rimandato a domani, non è rimasto perplesso. No! Ha fatto immediatamente quanto il Signore gli aveva detto.
Capiamo che anche questa parola è rivolta a noi che siamo così tardi di cuore, che tante volte rimandiamo a domani la parola che Dio ci rivolge e che dovremmo vivere oggi, che così spesso, stancamente, ci mettiamo alla sequela del Signore, quando sarebbe così bello correre subito dietro a Lui che ci invita a seguirlo.
I quattro passaggi evangelici che abbiamo considerato e che Giuseppe ha vissuto, siamo chiamati a viverli anche noi, seguendo il suo esempio. Accostandoci, allora, al presepio e fissando con i nostri occhi Giuseppe, ripercorriamo questi quattro passaggi che sono definiti da quattro parole del Vangelo: “non temere”, “prendi con te”, “nel sonno”, “fece come gli aveva detto l’angelo”. Quattro parole che Giuseppe ha vissuto fino in fondo e che anche noi desideriamo vivere, preparandoci al Santo Natale.
Vedete, Giuseppe nel Vangelo non pronuncia neppure una parola, è l’uomo del silenzio. Ma è singolare: lui, che non pronuncia neanche una parola, vive con fedeltà straordinaria ogni parola che riceve da Dio, tanto da poter dire che è egli è diventato una parola di Dio vivente. Per questo è così grande, per questo è così bella la sua vita.
Oggi, sostando davanti a San Giuseppe, chiediamo una grazia, riportando alla memoria del cuore il vangelo che abbiamo ascoltato: la grazia di poter essere come lui, un po’ più silenziosi, con meno parole inutili ma capaci di vivere la parola di Dio, diventando noi una Sua parola vivente. Allora saremo grandi, come San Giuseppe; allora, davvero bella sarà la nostra vita come quella di San Giuseppe.
Auguri, dunque, a tutti noi, per questa quarta domenica di Avvento e per questi giorni che ancora ci separano dal Natale: auguri di essere tutti noi, come Giuseppe, una parola vivente di Dio.
Trascrizione da registrazione audio