Monache Benedettine dell’adorazione perpetua
Tarquinia
Omelia
I santi sono nostri carissimi amici e compagni di viaggio nel cammino della vita e della fede. Sono con noi per intercedere a nostra favore presso Dio e sono davanti a noi per stimolarci, con il loro esempio, nella via della santità.
Nella festa liturgica di Santa Scolastica ci rivolgiamo a questa santa, a noi tutti tanto cara, proprio per chiedere il dono della sua intercessione presso Dio; e, inoltre, per guardare a lei come a un esempio di vita secondo lo Spirito, capace di affascinarci e si sostenerci nell’impegno quotidiano della nostra sequela di Gesù.
1. Nel responsorio della seconda lettura nell’Ufficio delle Letture di questo giorno di festa leggiamo così, a proposito di Santa Scolastica: “Più ottenne dal Dio del suo cuore, perché più amava”. Merita la nostra attenzione grata, in questo momento, soprattutto il passaggio: “dal Dio del suo cuore”. Che bella espressione! Per dire che Dio ha riempito il cuore di Scolastica e per affermare, allo stesso tempo, che il cuore di Scolastica si è aperto totalmente al passaggio di Dio. Le porte del suo cuore non sono rimaste chiuse e nemmeno socchiuse; si sono spalancate davanti al Signore.
Dio è stato per Scolastica il Dio del suo cuore: Non vi è stato ambito della vita della santa che non sia stato abitato d Dio, che non abbia ricevuto l’influsso della Sua parola e della Sua presenza, che non sia stato trasformato dalla forza dirompente e delicatissima del Suo amore. Non a caso, nelle pagine bibliche ascoltate è tornato più volte il termine sposa (cf. Os 2, 16b.17b.21-22), insieme all’immagine del banchetto nuziale (Ap 19, 15-9a). Sponsalità e nuzialità, infatti, hanno la capacità di esprimere la realtà di una relazione di amore che coinvolge per intero la vita: la mente, il cuore, gli affetti, i sentimenti, i pensieri, i criteri di giudizio e i principi dell’agire. In Scolastica Dio è stato il Dio del suo cuore perché Dio è stato tutto per lei!
Come è facile, invece, per noi verificare, con una certa tristezza, che Dio non è il Dio del nostro cuore! Perché Dio rimane ancora spesso escluso dalla nostra vita, non di rado ai margini. Non tutto ciò che è nostro è di Dio. Molto di noi è nostro e non vogliamo donarlo al Signore. Molto di noi pretendiamo di gestirlo in proprio, senza immergerlo nella fornace ardente dell’amore di Dio che tutto trasforma. Vogliamo essere nostri, purtroppo. Ma così facendo Dio non può essere il Dio del nostro cuore. E noi ci precludiamo la vera felicità della vita.
2. L’antico profeta Osea ha fotografato l’atteggiamento del popolo di Dio, rinnovato dal Suo amore, con l’immagine di un cuore in ascolto. E la pagina del vangelo di Luca (10, 38-42) descrive il momento nel quale Maria, la sorella di Lazzaro, si siede ai piedi di Gesù per ascoltarne avidamente la parola. Santa Scolastica ha realizzato fedelmente questa pagine bibliche: ha avuto un cuore in ascolto.
Il suo ascolto si è alimentato nel silenzio e nel raccoglimento del cuore. Ma soprattutto il suo ascolto è cresciuto alla scuola del desiderio ardente della volontà di Dio e della sua Parola di salvezza. Santa Scolastica ha desiderato per tutta la vita e in ogni istante della vita capire la voce del suo Signore, entrare in sintonia con la sua volontà, divenire quasi conchiglia che conserva in sé il respiro dell’infinito Oceano di amore. Santa Scolastica sapeva bene che in quella volontà vi era tutto il significato del sul cammino terreno. E per questo non ne volle perdere neppure un dettaglio.
Che cosa vi può essere di più appassionante della ricerca del volere di Dio? In quel volere è il senso profondo dei nostri giorni, in quel volere è ciò per cui siamo stati pensati, creati, voluti, amati. Eppure, quando analizziamo la nostra vita, ci accorgiamo che non sempre la volontà di Dio è in cima ai nostri desideri; che spesso la voce di Dio non cattura tutto il nostro interesse. Ci ritroviamo distratti, disinteressati, superficiali, a volte anche infastiditi di prestare ascolto a una voce che esige cambiamento. E, così facendo, diventiamo smarriti di noi stessi, viandanti senza un perché e senza meta. Quella volontà, spesso, impone che si esca da se stessi per trovare approdo altrove; esige che si perda la propria vita. Ma è in questo “approdo altrove” e in questo “perdere la vita” che sta la vera pace.
3. E’ ancora il profeta che, parlando dell’antico popolo, riesce a descrivere un altro tratto del cuore di Scolastica. La nostra Santa ha avuto un cuore che ha risposto. Non si è accontentata di ascoltare; ha voluto con tutta se stessa corrispondere alla voce che le indicava la strada da percorrere. Per questo la sua è stata vita di autentica santità.
Scolastica ha ascoltato la parola di Dio ma anche è divenuta una parola vivente di Dio. D’altra parte a questo tutti noi siamo chiamati, anche se ci accorgiamo di quanto siamo distanti dall’accogliere in pienezza questa chiamata. Eppure sarebbe così bello rinnovare in noi, nella nostra vita e nella nostra carne, il mistero dell’incarnazione del Verbo. Può esservi vocazione più sublime di questa? Divenire nel tempo un sacramento della presenza del Signore, Parola che ancora si fa carne e si rende visibile in noi e nella nostra vita. La realtà sublime del Natale continua per grazia in quei piccoli natali che siamo noi, nella misura in cui lasciamo che il Signore viva e abiti in noi. Io, ma non più io: questa la nostra aspirazione. Lo è stata per Scolastica la cui vita è così divenuta bella della bellezza di Dio, splendente dello splendore di Dio.
4. Abbiamo ascoltato il libro dell’Apocalisse attardarsi in descrizioni sorprendenti circa la bellezza del cielo e della gioia di coloro che lo abitano una volta per sempre. San Giovanni contempla la realtà del Paradiso e il mistero luminoso dell’eternità beata. Quanto è stata oggetto della contemplazione di Santa Scolastica la realtà del Cielo di Dio! Il suo cuore ere abitato dalle realtà del Cielo! Racconta San Gregorio Magno che Scolastica, una sera, espresse al fratello Benedetto il suo grande desiderio. “Ti prego, non mi lasciare per questa notte, ma parliamo fino al mattino delle gioie della vita celeste”.
Come era rapita, santa Scolastica, dalle gioie della vita celeste! Il suo cuore era fatto per loro: lo aveva capito e, nel corso della vita, vi ritornava spesso, quasi a pregustarle e a lasciarsi formare dalla contemplazione di esse.
Si diventa anche ciò che si guarda e si contempla, ciò che si desidera e a cui si aspira. Scolastica è divenuta Cielo per aver contemplato e desiderato le gioie della vita celeste. E, divenendo Cielo, ha reso più bella anche la vita di questo nostro povero mondo.
Se al nostro passaggio non rimane una qualche luminosità del Cielo di Dio, ciò avviene perché non amiamo, non guardiamo, non aspiriamo alle gioie della vita celeste. Eppure come dovremmo, con la nostra vita, lasciare dietro di noi la scia di una bontà che non è di questo mondo, i tratti di una bellezza che non è in proprietà degli uomini, il profumo di una fragranza che non appartiene alla terra. La terra ha bisogno del Cielo! Questa casa che è il mondo anela alla casa che è Dio! E noi siamo chiamati a rendere presente su questa terra e in questo mondo il Cielo di Dio.
5. E’ ancora san Gregorio Magno che, raccontando l’ultimo incontro vissuto tra Scolastica e Benedetto, pronuncia a favore di Scolastica una sentenza di rara bellezza. Benedetto, sul far della sera, ligio alla regola monastica, voleva salutare la sorella per fare ritorno al suo monastero. Ma Scolastica, prevedendo che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro, supplicava il fratello di fare un’eccezione e di rimanere con lei ancora lungo le ore della notte. Al diniego di Benedetto Scolastica non si scompose. Chinò la testa e la pose tra le mani, unite in una supplica accorata al suo Signore. Un uragano si scatenò in quel momento, così che Benedetto fu costretto a rimanere con la sorella per tutta la notte a conversare sulle cose di Dio. Ed è a questo punto che viene la splendida annotazione di San Gregorio riguardo a Scolastica: “Dio è amore, fu molto giusto che potesse di più colei che più amò”.
Scolastica poté di più perché amò di più! Come è bello e come è vero! Il cuore che ama di più può di più sul cuore di Dio perché Dio è amore. Se non otteniamo, non soltanto in termini di richieste ma anche e soprattutto in termini di una conoscenza più profonda del mistero di Dio, di una familiarità più grande nell’amicizia del Signore, forse è proprio perché povero è l’amore del nostro cuore. Che cosa potremmo mai ottenere dal cuore di Dio se lo amassimo di più? Chiediamo a Santa Scolastica di avere in dono un cuore che ama di più.
(trascrizione)