Omelia
La parola di Dio, che ci è data come nutrimento in questa domenica II di Quaresima, ci esorta a compiere il cammino per andare sul “monte”. E’ questa la comune esperienza di Abramo e degli apostoli, così come ci viene raccontata nella pagina della Genesi del sacrificio di Isacco e nel racconto evangelico della Trasfigurazione.
Andare sul monte è il movimento simbolico di un itinerario interiore che ciascuno di noi è chiamato a percorrere nel tempo della Quaresima; o, ancora meglio, di un atteggiamento spirituale che siamo chiamati ad assumere. Il monte, infatti, è il luogo del silenzio, del distacco dal mondo e dalle cose, dell’incontro con Dio. Il tempo della Quaresima è proprio il tempo forte dell’anno liturgico in cui ci è richiesto il triplice impegno di un più grande silenzio, di un deciso distacco da tutto ciò che ci distrae dal Signore, della ricerca appassionata del volto di Dio.
E’ nel contesto di questa clima spirituale che si rende possibile la triplice esperienza interiore che, oggi, la parola del Signore ci esorta a fare.
Anzitutto l’esperienza della fede e dell’abbandono totale e fiducioso alla volontà del Signore. Pensiamo ad Abramo. Egli aveva tanto atteso il compimento della promessa di Dio, in quel figlio Isacco che gli avrebbe assicurato la discendenza e la benedizione lungo i secoli. E ora che il figlio promesso era diventato una realtà sentiva la voce di Dio che gli chiedeva di fare a meno di lui. Quale fede ha avuto Abramo nel dire di sì! Doveva sembrargli una gravissima contraddizione: quella Parola che in un primo momento gli aveva promesso la discendenza ora gliela toglieva. Eppure, in quella Parola, Abramo ha avuto una fede assoluta: l’ha ascoltata e l’ha praticata. Siamo chiamati anche a noi a fare lo stesso: ad ascoltare la Parola che il Signore ci rivolge e a viverla con assoluta fedeltà, senza sconti, nella fede che quella è sempre per noi parola di verità e di vita, anche quando può apparire difficile e, perché no, non del tutto comprensibile.
La seconda esperienza è ancora quella vissuta da Abramo. La fecondità della sua vita ci appare misteriosamente legata alla sua capacità di donazione e di distacco da sé e da tutto ciò che aveva di più caro. E’ il mistero della fecondità spirituale, secondo il disegno di Dio, che si ripete lungo la storia. Non è stato così anche per la Madonna, madre perché vergine? Non è l’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, ai quali è donata la fecondità proprio nella verginità vissuta per il Regno dei cieli? Non dimentichiamolo: è solo nella misura in cui diventiamo capaci di distacco da noi stessi, da quello che siamo e da quello che abbiamo, che riceviamo da Dio il dono inestimabile della fecondità, per noi stessi, per il nostro apostolato, per la vita della Chiesa. Solo un cuore spogliato è un cuore fecondo nel disegno di Dio.
La terza e ultima esperienza alla quale siamo chiamati, alla luce della parola di Dio che abbiamo ascoltato, è quella fatta dagli apostoli il giorno della trasfigurazione. Sul monte, dove Gesù li aveva condotti, dovevano rimanere immersi nel mistero della gloria di Cristo. E questa immersione spirituale altro non è stato se non una profondissima esperienza di preghiera. Tutto ci parla di questo: il conversare di Gesù con Mosè ed Elia, l’invito all’ascolto da parte del Padre, la visione di gloria concessa a Pietro, Giacomo e Giovanni. Gesù era incamminato decisamente verso Gerusalemme, dove avrebbe vissuto i giorni della passione, morte e risurrezione e sapeva che gli apostoli avrebbero potuto entrare in quel mistero solo in virtù della preghiera. Soltanto la preghiera ci conduce dentro il mistero della morte e risurrezione del Signore, il mistero pasquale; solo nella preghiera ci è possibile entrare nell’intimità del mistero della salvezza.
Nel nostro percorso quaresimale guardiamo a Maria. A lei che questa triplice esperienza l’ha vissuta ogni giorno. Lei che ha vissuto nella fede più radicale e fiduciosa, lei che proprio perché perfettamente vergine è stata mirabilmente feconda, lei che è rimasta ogni giorno in un’intimità profondissima con il suo Signore ci aiuti a percorrere il suo stesso cammino.
(sintesi del parlato)