Lectio Divina – Matteo 25, 31-46 (traccia)

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Lectio Divina – Matteo 25, 31-46 (traccia)

Lectio Divina – Matteo 25, 31-46 (traccia)

Il giudizio finale
Suore Ravasco

Entriamo nel testo

  • Adorazione silenziosa
  • Premessa alla Lectio
    Una parola illuminante di Sant’Agostino
    Dio ha scritto due libri. Il primo libro è la creazione, la vita, tutto ciò che esiste e avviene. Dio si comunica così, ma a causa del peccato le lettere di questo primo libro si confusero e non riuscimmo più a scoprire la parola di Dio nel libro della vita e della natura.
    Per questo Dio scrisse un secondo libro, la Bibbia. Questa non sostituisce il libro della vita, ma ci aiuta a leggere e a interpretare meglio il libro della vita.
    Ed ecco i tre obiettivi di questa lettura orante: ci restituisce lo sguardo della contemplazione, ci aiuta a decifrare i mondo, fa dell’universo una teofania (una rivelazione di Dio)
  • Mistero del Rosario: 1° gaudioso
  • Orazione iniziale di invocazione allo Spirito Santo

Lettura del testo

Premessa
I capitoli 24 e 25 costituiscono il quinto e ultimo discorso del vangelo di Matteo. Lo scopo dell’evangelista non è quello di descrivere il futuro, ma di orientare i discepoli al futuro e di invitarli alla vigilanza.
Il discepolo non deve essere curioso del futuro, ma è importante che conosca la strada da percorrere per non comprometterlo.
Questo testo fa parte del lungo discorso escatologico pronunciato da Gesù sul monte degli ulivi ai suoi discepoli in disparte. In questo discorso la vigilanza consiste: nell’acquistare l’olio (vv. 1-13), nel raddoppiare il dono di amore ricevuto (vv. 14-30), nell’amare il Signore nei fratelli più piccoli (vv. 31-46).
La vigilanza, dunque, l’operare cristiano si realizza in forma molteplice.

Analisi del testo e approfondimento
affermazioni

  1. Il giudice è chiamato figli dell’uomo e re.
    L’espressione “figlio dell’uomo” è un’espressione semitica che significa semplicemente essere umano. Così è usato spesso in Ezechiele. Ma nel profetismo viene anche a indicare un uomo che è accolto nella sfera di Dio (es. in Daniele), fino a identificare il Messia atteso. In questo senso è usato nel Nuovo Testamento.
    La presentazione è solenne e gloriosa, ma a nessuno sfugge che questo re è Gesù, colui che fu perseguitato e crocifisso. E che nella sua vita condivise in tutto la debolezza della condizione umana.
    E’ un re che si identifica con i più umili e i più piccoli. Anche nella sua funzione di giudice universale rimane fedele a quella logica. E’ un re che vive sotto spoglie sconosciute, quelle dei suoi piccoli fratelli
  2. Una stessa logica.
    Sbaglieremmo se vedessimo una logica diversa tra questa pagina e quella della croce, un contrasto tra Gesù crocifisso e il giudice escatologico, quasi che vi fosse una sostituzione tra la logica dell’amore e quella della potenza.
    Il giudizio si limita a svelare l’identità del crocifisso che continua nella storia e la vera identità dell’uomo, la cui consistenza sta nell’amore.
  3. Il rapporto tra fare e non fare.
    Tutto il giudizio è costruito intorno alla contrapposizione tra fare e non fare. L’essenziale della vita cristiana non è nel dire e nemmeno nel confessare Cristo a parole, ma nel praticare l’amore concreto. Questa è la volontà di Dio.
  4. Il quando del giudizio
    La prospettiva è escatologica, ma in fondo il giudizio si realizza già al presente, lo si prepara ora, nei gesti della quotidianità. Ogni giorno ha il suo giudizio, ogni gesto è giudicato. Il giudizio finale è il coronamento di un giudizio che segue il corso della vita dell’uomo. Il futuro rimanda al presente.
  5. La prospettiva cristologica
    Ciò che emerge come più importante non è tanto la prestazione o meno dell’assistenza i bisognosi, quanto il fatto che nei bisognosi è presente la figura del re, del figlio dell’uomo, di Gesù. E’ l’amore a Gesù che decide della vita umana. La vita dell’uomo si decide tutta in relazione a Gesù.
  6. Le pecore e le capre
    I pastori della Terra Santa ai tempi di Gesù pascolavano greggi misti, composti da pecore e capre. La sera però li separavano, perché le pecore dormono all’aperto, mentre le capre preferiscono mettersi al riparo. Nel nostro testo le pecore rappresentano gli eletti perché sono di valore economico maggiore delle capre e anche per il loro colore bianco, che nella Bibbia indica spesso salvezza.

Questi miei fratelli più piccoli
Ci domandiamo chi sono costoro.
Abbiamo un duplice livello di interpretazione possibile, a seconda che rimaniamo fedeli alla lettera del testo di Matteo o lo leggiamo nel contesto più ampio di tutto il Vangelo.

– Secondo la prima interpretazione.
Il termine “piccolo” è usato altrove per indicare i cristiani deboli, spesso trascurati dalle élites della comunità (Mt 18, 6.10.14).
Secondo un altro testo i “piccoli” sono i predicatori del vangelo, poveri e bisognosi di accoglienza (Mt 10, 42)
Il termine “fratello” ha un senso più generale: ricorre solo in Mt 12, 49 e Mt 28, 10 e indica i discepoli.
La conclusione si impone: “questi miei fratelli più piccoli” sono i membri della comunità cristiana trascurati, deboli, ritenuti insignificanti e disprezzati. Più in particolare sono i predicatori del vangelo, poveri e perseguitati. In questo senso la scenda del giudizio non è che la drammatizzazione di quanto affermato in Mt 10, 42: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.
L’avvertimento rivolto nella scena del giudizio è pertanto duplice: rivolto a tutti gli uomini e rivolto alla Chiesa.
A tutti: la sorte di ogni uomo dipende dall’accoglienza mostrata ai missionari del Vangelo, dall’accoglienza o dal rifiuto della parola di Gesù.
Alla Chiesa: nessuna comunità è al riparo del giudizio, ma anche la comunità verrà giudicata in base all’accoglienza che avrà mostrato verso i poveri e i bisognosi a causa della predicazione del vangelo

– Secondo l’altra interpretazione.
“Questi mie fratelli più piccoli” sono anche tutti coloro che, in un modo o nell’altro, sono poveri, bisognosi al di là della comunità cristiana.

Tempo di silenzio
Meditazione e avvio alla vita

  1. Tutta la vita è in relazione a Gesù e al nostro amore per Lui.
    La scena del Cristo giudice e pantocratore che riempie di sé la chiesa è proprio anche il segno di una presenza che riempie il mondo e la storia e da cui non si può prescindere. O si è dalla parte di Cristo o si è contro di Lui. La doppia via che percorre la Bibbia. L’amore di Cristo nel suo complesso, di cui è parte l’amore fattivo al prossimo.
  2. La presenza di Gesù nel volto del fratello.
    Questo senso vivo della presenza di Gesù la dobbiamo recuperare sempre di nuovo ogni giorno. E’ suggestiva l’immagine del papa. La carne di Gesù.
  3. Identificare con cura i piccoli della nostra vita.
    Non andiamo a cercarli distante quando li abbiamo vicini a noi.

Conclusione
Orazione conclusiva: Salmo 72
Una Parola per la settimana
“Quando ti abbiamo visto” alla sera del giorno
Padre Nostro e benedizione
Canto conclusivo alla SS. Vergine