La brocca spezzata
Geremia 19, 1-15
Istituto Ravasco, 26 novembre 2018
Introduzione alla Lectio divina
Come affrontiamo Geremia
Si può paragonare il libro a un insieme di tessere di mosaico, che non sono mai state composte, per cui si trovano tessere di un colore dove ci vorrebbero quelle di un altro. Ogni pezzo, ogni tessera ha una sua bellezza, ma è difficile contemplare un disegno di insieme.
Si potrebbe ancora paragonare i libro a una cava di diamanti ammucchiati: bisogna tirarli fuori e ordinarli.
Di conseguenza leggeremo il libro così come si utilizza una cava di perle o di pietre preziose, prendendo via via quelle che ci attirano, che ci attraggono, che ci parlano.
La dinamico degli esercizi spirituali
Il desiderio è quello di compiere un percorso spirituale: purificare il cuore per trovare la volontà di Dio sulla vita. Vi propongo quasi un corso di esercizi spirituali spalmati nei nostri incontri mensili. Di conseguenza daremo la preferenza a quei testi che parlano della purificazione del cuore e a quelli che manifestano la volontà di Dio.
La brocca spezzata
Dopo avere, la volta scorsa, considerato “La bottega del vasaio”, che ci ha portato a riflettere su ciò che sta al principio della nostra vita – la relazione a Dio – oggi consideriamo “La brocca spezzata”.
Nel capitolo 19 di Geremia contempliamo questo simbolo, che si collega, anche per l’oggetto, a quello del vaso e del vasaio.
L’immagine è, dunque simile, ma con una differenza notevole: il vaso di argilla, infatti, se non riesce bene dopo essere stato impastato, può essere rimpastato; la brocca, invece, una volta spezzata, non può essere ricostruita. Qui, pertanto, ci viene presentato qualcosa di distruttivo, cioè il peccato. Siamo, quindi, condotti, nel grande tema della purificazione del cuore. Questo, nel cammino degli esercizi, costituisce il secondo momento.
Lectio divina
del testo e silenzio
Lectio
- Il brano, complesso e composito, sembra anche un po’ disordinato. Alcuni esegeti hanno addirittura tentato di riscriverlo trovandovi un ordine. Si considera, comunque, che il testo metta insieme due racconti, due oracoli. Noi, tuttavia, leggiamo il testo come ci viene tramandato.
- Il testo presenta un duplice ritmo parallelo: c’è un ordine di fare e un ordine di dire; poi, un secondo ordine di fare e un secondo ordine di dire.
– vv. 1-2a: il Signore dice a Geremia di comprare la brocca di terracotta e di andare in un luogo della città.
– v. 3: segue l’ordine di dire un oracolo: “Riferirai: ascoltate la parola del Signore”.
– v. 10: “Spezzerai la brocca”. Dopo l’azione di comprare, ecco un’altra azione, di rompere la brocca comprata.
– v. 11: segue di nuovo l’ordine di dire qualcosa: “Riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti”.
Al versetto 14 si suppone che sia avvenuta l’esecuzione dell’ordine, perché Geremia ritorna alla porta da dove il Signore lo aveva inviato e si ferma nell’atrio del tempio.
Al versetto 15 leggiamo la profezia con cui si conclude il capitolo: Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: “Ecco, io manderò su questa città e su tutte le sue borgate tutto il male che le ho preannunciato, perché essi si sono intestarditi, rifiutandosi di ascoltare le mie parole”. - In quale tempo è stato pronunciato questo oracolo ed è avvenuta l’azione simbolica?
Quasi sicuramente verso il 605 a.C., poco prima di un altro fatto drammatico di cui ci parla il capitolo 36: la distruzione, a opera del re, del rotolo delle profezie di Geremia. E’ probabile che sia proprio questa profezia, del capitolo 19 quella che il re non vuole sentire perché terribile e di cui, con un temperino, taglierà la pergamena dandone i pezzetti alle fiamme.
Cinque messaggi per la vita
- La brocca spezzata, resa inutile e inservibile, degna solo di essere gettata presso la Porta dei cocci, sottolinea che ci sono azioni umane inguaribili, che non solo non servono a nulla, ma che anche vanno smascherate, respinte, buttate. Ci sono azioni che vanno rigettate. Ci sono pensieri che vanno rigettati con la massima decisione.
La vita fiorisce anche attraverso dei “no” coraggiosi”, che divengono un “sì” alla vera vita. Il “no” è sempre un cartello indicatore che ci aiuta a rimanere sulla strada e a non perderla.
Un confronto leale e quotidiano con la volontà di Dio. - Alcune di queste situazioni inaccettabili le abbiamo sentite descrivere al v. 4: “poiché hanno abbandonato me e hanno reso straniero questo luogo per sacrificarvi ad altri dèi, che né essi né i loro padri né i re di Giuda conoscevano. Essi hanno riempito questo luogo di sangue innocente”. Eccole le situazioni, peccati da cui occorre purificarsi:
– L’abbandono di Dio. Dio non è più ritenuto il Signore di tutta la vita. Non può capitare anche a noi? Forse lo chiamiamo Signore, ma non è più il “mio Signore”. Quale relazione esiste tra la vita e la fede. Quale reale appartenenza a Dio mi caratterizza. Si pensi al neo gnosticismo di cui parla Papa Francesco a proposito dei nemici della santità.
– Dopo l’incredulità va smascherata l’idolatria. Quali altri riferimenti ha la mia vita in sostituzione di Dio? E’ interessante la domanda: di che cosa non posso fare a meno? Riflettere sulla idolatria del proprio “io”, per cui anche la fede diviene soggettiva e individualista: quello che va bene a me. Dio è a mia immagine, come il vitello d’oro dell’Esodo.
– Infine si parla di disumanità, a proposito del sangue innocente. Si pensi all’incapacità a commuoversi e compatire, non solo come sentimento passeggero ma come cuore che si muove verso l’altro, come cuore che condivide in profondità la vita dell’altro. Siamo invitati a rivedere le nostre relazioni quotidiane: la disumanità la viviamo lì. Anche nella incapacità a gioire della gioia altrui. - Nel testo di Geremia ciò che viene sottolineato con maggiore intensità è proprio la disumanità, epilogo dell’incredulità e dell’idolatria. Tutto deriva dall’abbandono di Dio. Ecco perché ogni vera conversione e la radice di goni vero cambiamento parte dal ritornare a Dio.
Geremia vede queste situazioni in relazione alla città, a Gerusalemme. E’ Gerusalemme che vive l’incredulità, l’idolatria, la disumanità. Forse anche nelle nostre città capita questo, nei nostri palazzi, nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie. La salvezza inizia con il ritorno a Dio.
Il nostro portare salvezza passa attraverso una parola di denuncia del peccato, di annuncio della bellezza della vita in Dio, di testimonianza affascinante della vita nuova che è in noi. La santità è lo snodo della salvezza.
Il Beato Card. Schuster: “Voi desiderate un ricordo da me. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un Santo autentico, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio. Ricordate le folle intorno alla bara di don Orione? Non dimenticate che il diavolo non ha paura dei nostri campi sportivi e dei nostri cinematografi. Ha paura, invece, della nostra santità”.