Miracolosa liberazione di Pietro
Atti degli Apostoli 12, 1-11
Suore Ravasco, 22 giugno 2012
Per una lettura del testo
Il contesto
L’aiuto offerto dalla comunità antiochena alla Chiesa di Gerusalemme, diventa l’occasione per narrare l’ultima persecuzione che avviene a Gerusalemme e la liberazione prodigiosa di Pietro.
Nel contesto narrativo, ciò appare come un salto all’indietro: si torna a parlare di Gerusalemme. Che significato ha questo ritorno a focalizzare l’attenzione su Gerusalemme? Ha la funzione di mostrare la fine della vicenda di Pietro prima di far risaltare l’ascesa definitiva di Paolo, come missionario.
In questa sezione degli Atti notiamo l’espansione del Vangelo fuori da Gerusalemme, con l’alternanza di sequenze che riguardano ora Pietro ora Paolo. C’è come un passaggio di consegne, che è anche il segno dello sviluppo dell’annuncio universale ai pagani.
La vicenda della liberazione di Pietro è in qualche modo la conclusione della vicenda di Pietro. D’ora in avanti sarà Paolo a dominare il racconto degli Atti.
Una particolarità letteraria
E’ singolare che, nel racconto degli Atti, in primo piano non è Pietro, in quanto dotato di qualità particolari. Egli di fatto vive la liberazione come in uno stato di sonnolenza e di totale passività, che accentua un modo sorprendente l’iniziativa dell’angelo. E’ così del tutto chiaro che protagonista unico dell’azione liberatrice è il Signore e che la lotta ingaggiata dai persecutori è contro di lui. Ci pare di sentire l’eco delle parole del saggio Gamaliele: “Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!” (At 5, 39).
L’approfondimento del testo
La potente azione di Dio
La prima scena (vv. 1-5)
Presenta la persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme.
– Il protagonista è Agrippa I, un nipote di Erode il grande. Il narratore, non a caso, lo introduce con il nome di Erode, per dare subito un segnale al lettore, che già conosce Erode Antipa, responsabile dell’0incarcerazione del Battista e della sua decapitazione, ostile a Gesù e coprotagonista nel suo processo. Il lettore si attende, perciò, di vedere all’opera un nemico del cristianesimo.
L’azione persecutoria è presentata in progressione: prima mette mano su alcuni capi della Chiesa per far loro del male, poi uccide di spada Giacomo, uno dei figli di Zebedeo. A questo si dedica solo un breve inciso, perché a Luca interessa arrivare al centro del suo interesse: l’incarcerazione di Pietro.
La decisione di arrestare Pietro è presentata come modo per ingraziarsi i Giudei da parte di Agrippa.
– Dell’arresto e della incarcerazione di Pietro viene indicato il tempo: i giorni degli azzimi, cioè la settimana di festività che iniziava con la Pasqua.
E’ poi sottolineata la stretta sorveglianza a cui l’apostolo è sottomesso: quattro picchetti composti di quattro guardie ciascuno che si danno il turno ogni tre ore durante la notte. Ogni progetto di fuga appare del tutto impossibile. Così risulterà ancora più sorprendente l’azione liberatrice di Dio.
– Alla detenzione rigorosa cui è sottoposto Pietro viene contrapposta la preghiera incessante che la Chiesa eleva a Dio per lui. Così si denota il clima di comunione nella comunità cristiana e, insieme, la fiducia nella provvidenza di Dio.
La seconda scena (vv. 6-11)
Presenta la liberazione di Pietro a opera dell’angelo del Signore.
Essa avviene nell’ultima notte precedente il processo. La notte è il tempo favorevole all’intervento liberatore di Dio.
– Si sottolinea di nuovo la rigida custodia cui è sottoposto Pietro: egli è tra due guardie, è legato con due catene e davanti alla porta del carcere vi sono due sentinelle. Ogni intervento umano è impensabile. E, singolare, in questa situazione Pietro dorme.
– In questa totale passività fa l’ingresso l’angelo di Dio, con la luce sfolgorante, segno della potenza di Dio. La condizione di Pietro però non muta. L’angelo gli colpisce il fianco, lo sveglia, gli ordina di alzarsi, senza che sia annotata alcuna reazione di Pietro. Le catene stesse gli cadono dalle mani, senza nessuno intervento personale. Anche l’esecuzione degli ordini dell’angelo appare automatica e semicosciente.
Si ha come la sensazione che Pietro non si renda bene conto di ciò che sta vivendo, che viva tutto come in una visione. Questo lasca nel lettore la sensazione della irrisoria facilità con cui l’intervento divino supera ogni misura coercitiva messa in atto dagli uomini.
Tutto ciò che è stato presentato al lettore sale alla coscienza di Pietro e viene espresso nella parola solo quando Pietro, rientrato in se stesso, afferma: “Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo di giudei si attendeva” (v. 11).
Un nuovo esodo
Vi sono diverse allusioni che invitano il lettore a leggere questa pagina degli Atti facendo riferimento all’esodo dell’antico popolo dall’Egitto.
– La collocazione dell’episodio nei giorni degli azzimi e della festa di Pasqua. Il riferimento a questa festività echeggia la sua descrizione in Esodo 12, 15-20 e rimanda al racconto dell’Esodo.
– Erode, il persecutore, è qualificato come re, così come l’oppressore di Israele, re d’Egitto (Es 3, 10).
– Il maltrattamento che Erode riserva alla Chiesa richiama, anche nella terminologia, i maltrattamenti subiti da Israele in Egitto (Es 3, 7). Luca ha usato lo stesso termine nel discorso di Stefano per indicare la violenza del faraone contro il popolo eletto (At 7, 6).
– L’uccisione di Giacomo con la spada è l’eco dell’espressione che il cantico degli israeliti mette sulla bocca del nemico persecutore: “Sfodererò la mia spada” (Es 15, 9).
– L’espressione “in quella notte” richiama il motivo della notte nel racconto dell’uscita dall’Egitto (Es 11, 4).
– Il comando dell’angelo di alzarsi in fretta con tutte le disposizioni ri chiama le istruzioni date per il banchetto pasquale in Esodo 12, 11. Anche l’espressione che segnala l’esecuzione dei comandi da parte di Pietro rimanda all’esecuzione delle disposizioni date da Mosè per il banchetto pasquale (Es 12, 28).
– La presa di coscienza da parte di Pietro ricalca da vicino le espressioni che si trovano nell’incontro tra Ietro e Mosè e in particolare nella benedizione di Ietro: “Benedetto il Signore che vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del Faraone” (Es 18, 10).
In tal modo il lettore è invitato a guardare alla liberazione di Pietro come a un nuovo Esodo in cui Dio è intervenuto a favore dei suoi. Si manifesta la continuità della storia della salvezza. Come un tempo … così anche ora. La Chiesa è il nuovo popolo di Dio.
Parallelismo con la morte e risurrezione di Gesù
Riaffiora anche un’altra memoria più vicina la morte e risurrezione di Gesù.
Luca usa spessi il parallelismo per mettere a confronto la sorte dei discepoli con quella del Maestro. Così la vicenda di Pietro è di continuo affiancata alla morte e risurrezione di Gesù. Luca: “Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro” (6, 40); “E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte»” (22, 33).
Ecco gli elementi di parallelismo.
- ambedue gli avvenimenti si compiono a Gerusalemme e nel tempo della Pasqua.
- Erode gioca in entrambi i casi il ruolo del persecutore.
- il protagonista è arrestato, con l’uso dello stesso verbo.
- Pilato convoca capi e popolo dei giudei per presentare l’innocenza di Gesù; Erode tiene in prigione Gesù per farlo comparire davanti al popolo.
- si a la preghiera di Gesù che la preghiera della Chiesa è preghiera incessante.
- gli angeli appaiono sfolgoranti al sepolcro e nella prigione di Pietro.
- entrambi vengono risvegliati e alzati, con gli stessi verbi.
Gli avvenimenti della morte e risurrezione di Gesù hanno reso possibile l’esperienza della liberazione di Pietro. Il riferimento all’Esodo pone in continuità tutto l’agire salvifico di Dio. Come in passato e nel presente, anche domani sarà sempre questo il modo in cui Dio agisce nella vita dell’uomo per salvarlo. Qui si ha l’evento della morte e risurrezione di Pietro.
L’apertura sulla vita
- Dall’Esodo, alla Pasqua di Gesù, fino alla liberazione di Pietro, Dio è presentato come Colui che ha a cuore le sorti dell’uomo ed è per lui presenza liberatrice. Qui si fonda la fiducie a la speranza
- La Chiesa si presenza in profonda comunione e tale comunione di radica e si esprime nella preghiera incessante. La grandezza della liturgia.
- Ciò che succede a Pietro, di rimanere sorpreso dall’iniziativa di Dio, accade e può accadere anche nell’oggi.
Si ha la necessità di rientrare in se stessi, come Pietro, per “vedere” ciò che Dio opera nella vita, a volte silenziosamente e senza che neppure ce ne rendiamo conto. In verità ogni vita è l’insieme delle meraviglie di Dio. C’è un filo rosso nella nostra vita che è storia di salvezza e di grazia. Dio è sempre sorprendente.