Il libro dei 7 sigilli e l’agnello
Istituto Ravasco, 5 maggio 2017
Introduzione al libro dell’Apocalisse
Con quale metodo affrontare la lettura
- L’Apocalisse si presenta come una grande lettera indirizzata a determinate comunità (alcune Chiese dell’Asia Minore alla fine del I secolo) per rispondere a precise sollecitazioni. E’ necessario, pertanto, tenere conto del tempo, dell’ambiente: mondo pagano e prime eresie.
- L’Apocalisse si inserisce in un’ampia tradizione letteraria e teologica (la tradizione apocalittico – profetica) dalla quale prende linguaggio e simboli. Anche la conoscenza di questa tradizione è indispensabile per capire il libro.
- L’Apocalisse è soprattutto un libro personale e geniale, la trascrizione di un’esperienza di fede: un’esperienza attorno alla quale Giovanni ha sviluppato un grande artificio letterario. Oltre ad analizzare l’artificio letterario è indispensabile individuare l’intuizione di fede di cui esso è espressione. Questa intuizione centrale possiamo anche chiamarla principio architettonico.
Il genere apocalittico
E’ un vasto movimento letterario e spirituale che si sviluppò sul finire dell’Antico Testamento. E’ una riflessione per un tempo di crisi: sono tempi difficili e di persecuzione e l’apocalittica vuole essere un messaggio di consolazione. Alla fine dei tempi, e questa fine è prossima, l’intervento di Dio capovolgerà la situazione.
L’esperienza spirituale dell’apocalittica è alimentata da due radici:
– un profondo pessimismo nei confronti del mondo presente e delle possibilità dell’uomo.
– l’assoluta fiducia nelle possibilità di Dio.
C’è alle spalle una ben precisa filosofia della storia, legata ai profeti: nessun avvenimento è dovuto al caso, gli eventi della storia sono nelle mani di Dio e sono da lui guidati verso il compimento del suo regno. Nella storia c’è un disegno, che può sfuggire a uno sguardo superficiale ma non a chi crede davvero.
Nell’apocalittica c’è un senso vivo della trascendenza di Dio che ha in mano la storia.
Un messaggio nuovo e tradizionale
L’Apocalisse si apre con una dichiarazione importante: “Rivelazione di Gesù Cristo…al suo servo Giovanni”.
Non intende, dunque, profetizzare nulla di nuovo rispetto al Vangelo. La volontà di Giovanni è di offrire un messaggio evangelico e tradizionale, un’attualizzazione di quanto Gesù ha già detto.
L’Apocalisse è una profezia cristiana che trova il suo fondamento non in una nuova rivelazione ma nel ricordo delle parole del Signore. Il nucleo del suo contenuto è del tutto evangelico. Ma vi è un’originalità: quella verità è espressa in forme nuove e adattata a situazioni nuove.
Lectio divina
La duplice visione
Dopo la grandiosa visione del trono di Dio (4, 1-11), ecco la visione dell’Agnello morto e risorto, una pagina cristologica tra le più importanti del Nuovo Testamento.
Le due visioni sono collegate e complementari.
Il profeta vede un agnello come ucciso (è il Crocifisso) e nel contempo diritto in piedi (è il Risorto), con sette corna che significano la pienezza della forza (più avanti anche i demoni si presenteranno così, a significare la oro capacità di mimetizzarsi con il bene) e sette occhi che si identificano con i sette spiriti di Dio e che significano la divina onniscenza.
La cetra si presta all’accompagnamento dei sentimenti dell’uomo, strumento privilegiato per la salmodia, l’adorazione e la lode liturgica (il contesto liturgico).
Di Dio è celebrata la creazione (4, 11), dell’Agnello si celebra la redenzione.
I quattro viventi e i ventiquattro anziani si prostrano davanti a lui come a Dio. La corte celeste ripete per lui l’inno di gloria già cantato in onore di Dio. E nel canto liturgico finale, che conclude e unisce le due visioni, Dio e l’Agnello sono accomunati: “A colui che siede sul trono e agnello”.
Ci troviamo davanti a una delle più esplicite affermazioni della divinità di Gesù e della sua sovranità universale e vittoriosa: il mondo è ancora in balia del male, ma la vittoria è già nelle mani di Cristo morto e risorto.
Il libro sigillato
La confessione della divinità di Cristo morto e risorto e della sua signoria universale, se pure in grande rilievo, non è il motivo vero e proprio della visione.
Al centro vi è un altro movimento: un libro chiuso con sette sigilli, lo costatazione che nessuno è in grado di aprirlo e leggerlo, il piano del profeta, l’affermazione che solo Cristo morto e risorto è in grado di aprire e leggere.
Il segreto di questa pagina, come di tutta l’Apocalisse, è racchiuso in questa successione di gesti. Nessuno è in grado di aprire il libro, cioè di cogliere la storia della salvezza (la direzione e il senso ultimo di tutte le cose) nella confusione delle vicende umane. Di qui l’angoscia e lo smarrimento. Ma ora non è più così: la morte e la risurrezione di Cristo ha rotto i sigilli e il libro si è aperto.
Il pensiero non è del tutto nuovo nella letteratura giovannea. Il prologo del quarto vangelo, in effetti, termina con un’affermazione della quale il nostro testo sembra una drammatizzazione: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (1, 18).
Lo sforzo dell’uomo non è in grado di penetrare il mistero di Dio. Solo il Figlio, che viene da Dio, può rivelarlo e sollevare il velo sul mistero.
Qualche differenza con il Prologo però c’è: per l’Apocalisse il libro che solo Cristo può aprire non è direttamente il mistero di Dio, ma il mistero della storia, e la ragione per cui Cristo rompe i sigilli non è precisamente la sua figliazione divina ma la sua vicenda storica di morte e risurrezione.
Comunque, nell’innegabile somiglianza i due testi si presentano insieme come consolazione e come ammonimento. Consolazione, perché l’uomo non è più abbandonato a se stesso; ammonimento di fronte ai movimenti religiosi del tempo che promettevano conoscenza e salvezza (nessuno né in cielo né in terra è capace di aprire il libro).
Il senso della storia
Secondo la concezione apocalittica ebraica e cristiana la storia si svolge su due piani: la cronaca che si vede e il disegno di Dio che sta nascosto nel profondo della cronaca e da essa vinee rivelato. I fatti sono segni e strumenti di una realtà che sta oltre. Per raggiungere la storia vera occorre porsi fuori di essa. Occorre una rivelazione per guardarla dall’Alto. Il vero storico è il profeta.
In questo si colloca anche l’originalità cristiana dell’Apocalisse. La visione afferma che Gesù è il centro della storia. La visione che occorre per leggere la storia e prevederne il corso è la vicenda storica di Gesù. E’ osservando la sua vicenda di morte e risurrezione che si può comprendere davvero la storia. Non occorre dunque una rivelazione nuova ma una memoria.
Facendo memoria della vicenda di Gesù si vede che il disegno di Dio è combattuto, che addirittura c’è un tempo nel quale le forze del male sembrano prevalere, ma l’ultima parola è la risurrezione.
Prima che una consolazione, l’Apocalisse è un criterio di valutazione. Mettersi dalla parte di Cristo significa entrare davvero nella storia, fare storia.
L’Apocalisse intende rispondere a una domanda fondamentale: “Come valutare la storia e come porsi in essa?”.
Il criterio di valutazione della storia è Cristo e il modo di porsi in essa è indicato una volta per tutte dalla via che egli ha percorso.
Attualizzazione
- La divinità di Gesù
- Il mistero della vita e della storia: non la sapienza umana ma quella che viene da Dio
- Gesù morto e risorto, punto di osservazione per capire ogni cosa. Gesù morto e risorto, consolazione della fede