Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano”. In questa descrizione che Gesù fa della propria identità di “buon pastore” si percepisce la cura premurosa che Egli ha nei confronti di coloro che gli sono affidati. Basti ricordare le espressioni usate: “le conosco”, “io do loro la vita eterna”, nessuno le strapperà dalla mia mano”. Bellissime, queste espressioni! Vi si intravvede lo splendore del volto del Signore. Tra quelle espressioni ve ne sono due che riguardano noi, Sue pecore e gregge del Suo pascolo: “ascoltano la mia voce”, “mi seguono”. Non vale la pena ascoltare la voce di un tale pastore? Non vale la pena seguire un tale pastore? Contempliamo, pertanto, la bellezza del pastore che è Gesù. E ritroviamo la gioia grata di poterlo ascoltare e seguire.
Ascoltiamo la parola del Signore dagli Atti degli Apostoli: “Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”. Ci domandiamo: perché? La risposta può forse essere ritrovata ricordando il fervore grande di quella comunità cristiana, nella quale vivevano e operavano Barnaba e Paolo. La loro vita era tale da farsi evidente la loro appartenenza a Cristo. Una domanda per noi: la nostra parola e la nostra vita sono tali da rendere evidente la nostra appartenenza al Signore? Chiediamo la grazia di essere un riflesso fedele di Gesù con la parola e con tutta la nostra vita: che tutto in noi dica “Gesù”!