Oggi preghiamo con il ritornello del salmo responsoriale: “Nell’angoscia t’invoco: salvami, Signore”. Queste parole fanno sintesi di quanto ascoltiamo nel libro di Geremia, quando il profeta invoca l’aiuto del Signore in un momento di grande prova. In queste stesse parole possiamo riascoltare l’invocazione di Gesù nell’imminenza della Sua passione, di cui ci parla il Vangelo di san Giovanni. Quelle parole le facciamo nostre in questa giornata, nella quale certamente avremo momenti di sofferenza e di fatica. Il Signore è pronto a sostenerci sempre e, soprattutto, nell’ora dell’angoscia. Ripetiamo, dunque, spesso, nel segreto del cuore: “Nell’angoscia t’invoco: salvami, Signore”. E sperimentiamo la consolazione che viene dalla presenza e dall’amore di Dio, balsamo delicato e dolce per il nostro cuore affaticato e appesantito.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre; per quale di esse volete lapidarmi? Gli risposero i Giudei: Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. In questa pagina evangelica, in virtù delle parole dei Giudei, entriamo nel cuore dello scontro tra il Signore e i Giudei. Essi non possono accettare che Gesù sia Dio. La questione riguarda solo i Giudei di allora? In realtà, forse, riguarda anche noi. Perché se Gesù è Dio allora, la nostra vita è Sua. Se Gesù è Dio, allora la Sua parola è luce di verità decisiva per l’esistenza. Se Gesù è Dio, allora tutto ha senso in relazione a Lui, nostra vera gioia. E, pertanto, l’unico nostro atteggiamento ragionevole è adorare e aderire alla Sua persona, dicendo: “Io sono tuo, Gesù mio Signore”. Ora domandiamoci: è davvero così?