Lectio Divina – I Tessalonicesi – 1, 2-10 (traccia)

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Lectio Divina – I Tessalonicesi – 1, 2-10 (traccia)

Lectio Divina – I Tessalonicesi – 1, 2-10 (traccia)

La missione di Paolo
Istituto Ravasco

Introduzione alla Lettura
La Prima lettera alla chiesa di Tessalonica è la più antica tra le lettere paoline a noi pervenute, anzi lo scritto più antico del Nuovo Testamento. E’ scritta intorno all’anno 50. Per accostarla è utile conoscere la situazione storica della città, le origini della prima comunità cristiana alla quale la lettera è indirizzata, i rapporti tra essa e l’apostolo.

La situazione storica della città
Città ellenistica affacciata sul mare Egeo, dopo la conquista romana (168 a.C.) Tessalonica diventò capitale della provincia di Macedonia.
La sua importanza era anche dovuta al porto e alla via Egnazia, che da una parte la collegava con il Bosforo e dall’altra con l’Illiria e di qui, grazie alla via Appia, con Roma.

La posizione favorevole per gli scambi commerciali attirava una popolazione eterogenea sia sotto il profilo sociale sia sotto quello religioso. Numerosa era la comunità ebraica, dotata di una sinagoga.

Le origini della prima comunità cristiana
Notizie dettagliate circa le origini della comunità cristiana si leggono nel racconto di Luca in cui si narra del secondo viaggio missionario (At 15, 36 – 18, 22). Partito da Antiochia, l’apostolo visita la Cilicia, la Frigia, la Galazia e la Misia.
Da Troade salpa per la Macedonia e annuncia il vangelo a Filippi, di dove è costretto a fuggire. Accompagnato da Sila e Timoteo, raggiunge Tessalonica e qui nella sinagoga annuncia il Messia Gesù argomentando dalle Scritture; ma in seguito a un tumulto è costretto a lasciare anche questa città. Benché gli Atti parlino “di tre sabati”, è probabile che il soggiorno di Paolo a Tessalonica sia durato assai di più. Lo si arguisce dall’accenno al fatto che Paolo vi esercitava un mestiere “lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno” (1 Ts 2, 9); come pure la dalla diffusione della fede cristiana non solo tra i giudei ma anche tra i gentili (cf. 1 Ts 1, 9-10). Ulteriore conferma viene dalla lettera ai Filippesi, nella quale l’apostolo ringrazia per l’aiuto finanziario che ben due volte gli hanno inviato a Tessalonica (Fil 4, 16).

I rapporti tra la comunità di Tessalonica e l’Apostolo
Mentre gli Atti, in genere, appaiono più interessati al cammino missionario di Paolo, spesso contrastato, e al metodo del suo annuncio (prima ai giudei e poi ai gentili; ai giudei sulla base della Scrittura), dalle lettere emergono di più i rapporti tra l’apostolo e le comunità da lui fondate.
Scrivendo ai Tessalonicesi Paolo rievoca la sua venuta e la sua attività evangelizzatrice, l’accoglienza che l’annuncio cristiano ebbe nell’ambiente macedone, la conversione insieme al fervore della vita cristiana e allo zelo missionario subito dimostrato dai credenti. Anche se la persecuzione o le zelo missionario l’ha allontanato da una comunità, Paolo non l’abbandona a se stessa. La affida alla cura di alcuni presbiteri. Inoltre mantiene i contatti anche per scritto, mandando e ricevendo lettere.
In questa Paolo accenna alla missione di Timoteo, che da Atene egli ha mandato a Tessalonica per confermarli nella fede e che, di ritorno, ha portato il lieto annuncio della loro fede e della loro carità.

La lettera di Paolo ai Tessalonicesi
Avendo dovuto lasciare la città macedone, come già detto, Paolo raggiunge Atene e da lì ha inviato a Tessalonica il suo collaboratore Timoteo. Di là ha proseguito per Corinto, il capoluogo dell’Acaia.
Qui, secondo gli Atti, si fermò per un anno e mezzo e fu trascinato davanti al proconsole Gallione, che ricoprì la carica intorno al 50. E’ lecito pensare che Paolo scrisse ai Tessalonicesi in questo periodo, forse da Atene oppure più probabilmente da Corinto.

Questa lettera si presenta come “pastorale”: attraverso lo scritto l’apostolo coltiva il rapporto con la Chiesa che da poco ha fondato e continua a guidarla, incoraggiarla, anche rispondendo a interrogativi che preoccupano i fedeli. L’aspetto dottrinale è presente, ma è dominante quello parenetico, cioè esortativo.

Secondo le consuetudini letterarie dell’epistolografia ellenistica, la lettera si apre con un prescritto (intestazione e saluto) e si chiude con un postscritto (saluto conclusivo). Al prescritto segue un’azione di grazie rivolta a Dio, nella quale si intrecciano ricordi e comunicazioni personali. La seconda parte della lettera svolge un’ampia esortazione, che tocca alcuni aspetti della vita cristiana. Vi si inserisce un’istruzione dottrinale riguardo alla sorte dei fratelli defunti e il ritorno del Signore.

Lectio divina

Lettura del testo e silenzio

Il rendimento di grazie e un quadro confortante
Nelle lettere private dell’antichità classica, al saluto segue spesso un’espressione di ringraziamento rivolto alle divinità. Anche Paolo di norma inizia la sua corrispondenza con un’azione di grazie, che in questo caso riguarda quanto Dio ha operato e continua a operare nella giovane comunità di Tessalonica.
Commenta san Giovanni Crisostomo: “Il ringraziare Dio per loro è di uno che testimonia un loro grande progresso, qualora non solo essi vengano lodati, ma anche Dio sia ringraziato, come se egli avesse operato ogni cosa. Insegna loro anche a essere modesti, come se dicesse che tutto è opera della potenza di Dio”.
Nella sua preghiera ricorda spesso la comunità e torna alla mente l’intensità della sua vita cristiana riassunta nelle tre dimensioni fondamentali: fede, speranza e amore.
Più che le virtù in se stesse, Paolo sottolinea le loro manifestazioni: l’impegno, che è frutto della fede, l’instancabile operosità, che scaturisce dall’amore, la pazienza nel sostenere le prove, che trae forza dalla speranza. Di queste tre virtù il centro è il Signore.

La missione di Paolo a Tessalonica
Dal quadro confortante della vita cristiana a Tessalonica l’apostolo risale alla chiamata divina, della quale è segno evidente l’accoglienza che il messaggio evangelico ha avuto a Tessalonica e la sua diffusione per mezzo degli stessi Tessalonicesi.
Prima di tutto c’è un’elezione da parte di Dio. I Tessalonicesi sono amati da Dio. E questa è la più bella definizione possibile.
Da Cristo a Paolo ai Tessalonicesi, diventati a loro volta modello per tutti i credenti della macedonia e dell’Acaia, le due province romane dell’antica Grecia. L’apostolo sottolinea l’irradiarsi della fede cristiana a partire da Tessalonica, sia in forza dell’esempio (“la fama della vostra fede”), sia in forza dell’impegno missionario (“la parola del Signore riecheggia per mezzo vostro”).

 La conversione dei Tessalonicesi
Paolo descrive in modo incisivo il cambiamento che si è verificato nella loro vita. Un cambiamento che si è caratterizzato in duplice direzione.

  • Il primo aspetto della conversione consiste nell’abbandono degli idoli e, conseguentemente, nell’abbandono dello stile di vita proprio dei pagani. Con la conversione si diviene adoratori del Dio vivente e la vita si rinnova alla luce del Vangelo.
  • Il secondo aspetto della conversione riguarda l’oggetto della speranza: la seconda venuta di Cristo. L’ira di cui si parla è la reazione di Dio nei confronti del peccato. Il cristiano è liberato da questa reazione e attende con desiderio e speranza la seconda venuta del Figlio di Dio. Il futuro del cristiano è Cristo. “Sant’Ignazio di Antiochia ai Romani: “E’ bello tramontare al mondo per il Signore e risorgere in lui”.

Attualizzazione

  1. La dimensione eucaristica della vita cristiana: dal dono della vita al dono della redenzione, per continuare a rendere grazie in tutto e per tutto. Ritrovare il linguaggio della gratitudine per non smarrire la gioia della gratuità dell’amore di Dio. La Messa è scuola di ringraziamento. Il nemico fa di tutto per spegnere il desiderio e la gioia del ringraziamento nel nostro cuore.
  2. Amati da Dio si diviene missionari con la vita e con la parola (come i santi). La missione è un fatto di amore: dall’esperienza dell’amore di Dio che rende bella vita consegue la gioia del partecipare a tutti e sempre la bellezza di Dio Amore. Il racconto del “bambino e della luce”. Il nemico non ci vuole missionari.
  3. La preghiera dell’apostolo è la preghiera di un missionario. Anche noi, come lui, non possiamo rivolgere mente e cuore a Dio senza portare con noi quanti in qualche modo ci sono stati affidati. Tanti modi per rendere concreto questo ricordo.
  4. Fede, speranza e carità sono i cardini della vita cristiana. In quelle virtù siamo chiamati a crescere ogni giorno. È una richiesta quotidiana da rivolgere al Signore. Gli atti di fede, speranza e carità.
  5. La conversione a cominciare dall’adorazione di Dio. Questa ci spoglia dai falsi idoli e mette un nuovo ordine nella vita. L’adorazione quotidiana. Il nemico non vuole l’adorazione di Dio.