Corso di aggiornamento per le Suore Ravasco
Roma, Istituto Ravasco
L’OBBEDIENZA A DIO
Premessa
Vogliamo parlare dell’obbedienza dell’uomo a Dio, nella convinzione che da questa discende ogni altra forma di obbedienza.
SIMBOLOGIA: il filo dall’alto che regge la splendida tela del ragno: scendendo per quel filo l’animale ha costruito tutta la tela. Quel filo non viene toccato alla fine, ma resta come elemento senza del quale la tela si affloscia.
L’obbedienza a Dio è come questo filo, senza del quale tutto si ripiega su se stesso.
Per comprendere questa obbedienza non possiamo fare altro che iniziare contemplando l’obbedienza di Gesù.
L’obbedienza di Cristo
E’ abbastanza semplice scoprire la natura dell’obbedienza cristiana e religiosa: basta vedere in base a quale concezione di obbedienza la Scrittura definisce Cristo “l’obbediente”
Scopriamo che il vero fondamento della nostra obbedienza non è un’idea o un principio, ma un atto, un evento: “Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di Croce” (Fil 2, 8).
Dunque: imitazione dell’obbedienza di Cristo.
Ma non basta. “Per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5, 19): l’obbedienza di Gesù è la fonte immediata della giustificazione. Le due realtà sono tra loro connesse.
Sapendo quale posto ha in San Paolo il tema della giustificazione si può capire quale posto venga ad avere il tema dell’obbedienza.
Gesù, allora, non è solo esempio di obbedienza; ne è anche il fondamento: da quell’obbedienza si è costituito il Regno di Dio
Addentriamoci nella natura dell’obbedienza di Cristo.
1. E’ l’antitesi della disobbedienza di Adamo: “Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza si uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5, 19). All’origine delle disobbedienze c’è la disobbedienza di Adamo, all’origine delle obbedienze c’è l’obbedienza di Gesù.
Dice San Francesco: la disobbedienza di Adamo è consistita nell’appropriarsi della sua volontà; l’obbedienza di Cristo nel disappropriarsi della sua volontà (“non la mia ma la tua volontà”).
2. L’obbedienza ricopre tutta la vita di Gesù.
San Paolo e la lettera agli Ebrei mettono in luce l’obbedienza nella morte; Giovanni e i Sinottici mettono in luce l’obbedienza in vita, nel quotidiano: “mio cibo è fare la volontà del Padre”.
3. Si esercita nell’obbedienza alle parole scritte.
Si pensi all’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto: “Sta scritto…”. Si pensi anche alla concordanza tra la vita di Gesù e le profezie. Si pensi all’adesione alla volontà del Padre così come si evince dalla Scrittura: “bisogna”.
4. La grandezza dell’obbedienza di Gesù si misura oggettivamente dalle cose che patì e soggettivamente dall’amore con cui patì.
San Basilio distingue tra:
– paura del castigo: schiavi
– desiderio del premio: mercenari
– amore: figli
5. La virtù dell’obbedienza così come la vive Gesù è assolutamente teologale, in quanto è adesione a Dio. In questo senso c’è un rapporto strettissimo tra fede e obbedienza: la stessa radice delle due parole permette questo rapporto (prestare ascolto – fidarsi)
6. E’ una virtù positiva più che negativa.
L’elemento positivo del fare la volontà di Dio è più importante dei quello negativo circa il non fare la propria volontà: “Non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (l’accento è posto sulla seconda parte). La salvezza non viene dal non fare la propria volontà, ma dal fare la volontà di Dio. Il sacrificio della propria volontà è strumentale al fare la volontà di Dio.
San Bernardo. “Non fu la morte che gli piacque, ma la volontà di colui che spontaneamente moriva”. Non è tanto la morte di Cristo che ci salva, ma la sua obbedienza di amore.
7. Il grande scopo dell’obbedienza è fare in modo che la libertà umana torni ad aderire a Dio, cosicché un solo volere torni a regnare nell’universo. Nell’obbedienza avviene già in qualche modo il ritorno delle creature a Dio.
In cima a tutte le motivazioni bibliche dell’obbedienza c’è infatti la carità: l’obbedienza è il sì nuziale della creatura al Creatore nel quale si realizza fin d’ora, se pure in modo imperfetto, l’unione finale delle volontà che sarà tipica della beatitudine eterna.
Diceva un padre del deserto: “Nell’obbedienza si attua la somiglianza con Dio e non solo l’essere a immagine” (Diadoco di Fotica). Somigliamo a Dio perché vogliamole stesse cose che vuole Dio.
ATTENZIONE
San Tommaso d’Aquino e tutta la tradizione affermano che l’obbedienza è il più importante dei tre consigli evangelici. Naturalmente essi costituiscono un tutto organico e non possiamo separarli uno dall’altro, ma… l’obbedienza è al primo posto tra i consigli evangelici perché è l’atteggiamento interiore senza il quale la verginità e la povertà non potrebbero essere autenticamente evangeliche.
“Nel voto di obbedienza l’uomo offre a Dio qualcosa di più grande del resto: la sua volontà, il cui valore supera quello del corpo, che egli offre a Dio con il voto di continenza e quello dei beni esteriori, che egli offre a Dio con il voto di povertà… D’ora in poi la persona consacrata rinuncia volontariamente a essere padrona di se stessa per dipendere da un altro a titolo permanente” (Summa Teologica).
L’obbedienza a Dio nella nostra vita
Una definizione
Un prestare ascolto a Dio che parla nella Chiesa attraverso il suo Spirito, il quale illumina le parole di Gesù e di tutta la Scrittura e conferisce ad esse autorità, facendone canali della vivente e attuale volontà di Dio per noi.
Ciò è possibile se si crede fermamente che Cristo risorto esercita la sua signoria sulla Chiesa (“parla il Signore Dio degli dei e non sta in silenzio” Sal. 50).
Quando San Francesco entra in chiesa e sente proclamare il vangelo che dice: “Non prendete nulla per il viaggio, né bisaccia, né bastone, né pane, né denaro…”. Sente tutto questo rivolto a sé e dice. “questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!”.
Quando il giovane Antonio entra in una chiesa di Alessandria di Egitto e sente proclamare il vangelo: Va’, vendi tutto quello che hai; donalo ai poveri, poi vieni e seguimi”. Prende questa parola del vangelo come rivolta a lui e si fa monaco.
Quando noi siamo stati chiamati abbiamo obbedito a Dio e alla sua parola come rivolta a noi: e non è stato possibile dire di no. Ma questo deve continuare per tutta la vita.
Senza dimenticare il rapporto che la parola di Dio ha con la Chiesa e, dunque, con la parola degli uomini.
E in caso di conflitto?
Che cosa fece Gesù in questo caso? Egli accettò l’obbedienza esterna e si sottomise agli uomini, ma così facendo non rinnegò ma compì la volontà del Padre.
La misura e il criterio dell’obbedienza a Dio è la sofferenza.
Per obbedire a Dio, facendo nostri i suoi pensieri e la sua volontà, bisogna ogni volta un po’ morire.
L’obbedienza richiede sempre conversione: “Se ti convertirai al Signore e obbedirai alla sua voce con tutto il cuore e con tutta l’anima, allora il Signore avrà pietà di te… Tu ti convertirai, obbedirai alla voce del Signore e metterai in pratica questi comandi… Il Signore gioirà per te facendoti felice quando obbedirai alla voce del Signore tuo Dio…quando ti sarai convertito al Signore tuo Dio “ (Dt 30, 2-10).
L’obbedienza a Dio è l’obbedienza che possiamo fare sempre. Più si obbedisce e più si moltiplicano gli ordini di Dio, perché sa che questo è il dono più bello che può fare. Quando Dio trova un’anima decisa a obbedire, allora egli prende in mano la sua vita, così come si prende il timone di una barca. Egli diventa davvero colui che regge e che governa, momento per momento la vita.
Sottoporre le questioni a Dio: imparare a mettere davanti a Dio ogni mia decisione.
Bisogna essere pronti a sospendere tutto per fare la volontà di Dio. Gesù lasciò tutto: insegnamento, attività, gli apostoli… San Basilio Magno parla della “irremovibile e rapida obbedienza dovuta a Dio”, “senza scuse, rapidissima, irremovibile”.
La conclusione più bella della vita: morire per obbedienza. Pensiamo a Mosè che per comando di Dio deve rinunciare alla terra promessa. Quando dobbiamo lasciare un’opera che altri porteranno avanti vedendone i frutti, quando dobbiamo cambiare luogo nel mezzo dell’attività. Il termine greco usato nel Nuovo Testamento per obbedienza significa “ascoltare attentamente”; lo stesso vale per la parola latina. Obbedire, dunque, vuol dire sottomettersi alla parola di Dio. Non si può coltivare la parola di Dio senza coltivare anche l’obbedienza. Diversamente si diventa disobbedienti, perché disobbedire significa ascoltare distrattamente, con distacco, senza sentirsi vincolati.
Ci poniamo il problema della pratica?
L’esempio di Maria.
Origene parla di Maria come di una tavoletta di cera, come si usava al suo tempo per scrivere. Maria è una pagina bianca offerta a Dio perché egli possa scrivervi ciò che vuole.
“Di che cosa ha bisogno Dio?”
– La vita consacrata come dono stupendo dell’amore di Dio, attraverso cui vedere la meraviglia di Dio: la bellezza
– L’adesione conformativa a Cristo dell’intera esistenza, in cui trovano significato i voti di povertà castità e obbedienza. L’amore di Cristo.
– Fra trasparire la verità sull’uomo: l’originaria condizione dell’uomo così come Dio lo ha pensato e voluto. Segno di un’umanità riuscita, messaggio antropologico per il nostro tempo. La vocazione alla santità.
Alcune regole fondamentali
– Non desiderare di essere altro rispetto a quello che si è e che si sta vivendo.
– Conoscere il carisma della vita consacrata, nel pensiero della Chiesa di ieri (i santi) e di oggi (i documenti della Chiesa).
– Conoscere e amare sempre di più il proprio carisma: è la storia e l’identità della propria famiglia in cui ritrovo anche la mia identità. Ricercare i documenti della mia famiglia, le foto di casa.
Il Sacro Cuore: l’amore al Signore come dedizione e come riparazione (“lo sappia tutto il mondo, Dio è vostro sposo”). “Vorrei fare tanti atti di amore quante sono le arene del mare e i momenti dell’eternità”.
Ne deriva l’amore all’Eucaristia, “Amore sacramentato”, e l’amore al Crocifisso sul quale poggia la propria testa il venerdì santo.
L’ansia di consacrazione, come modalità di un’appartenenza totale al Signore per Maria
L’appartenenza attraverso l’obbedienza: “non voglio la mia volontà”, “la garanzia che ciò che si fa è da Dio e non da noi”.
L’amicizia con i santi: San Giuseppe, Santa Caterina da Genova, San Francesco
L’amore ai fratelli come educazione e trasmissione della fede ai giovani
– Formulare un proprio programma di vita: dobbiamo sapere dove vogliamo andare
introduzione
rapporti con Dio, gli altri, me stesso
In ragione di una conoscenza che si ha di sé, grazie al cammino spirituale e al discernimento da fare nella preghiera e con la propria guida spirituale. La conoscenza dei propri talenti e delle proprie difficoltà. Volere riempire fino all’orlo il proprio bicchiere e non quello di un altro. “Il Signore vuole da te quello che non vuole dalle altre, e Lui solo, Lui ti ispiri il da farsi” (Eugenia Ravasco).