Articolo per la Rivista della Parrocchia di San Giovanni Battista di Quarto
Il 10 marzo 2009, in una sua Lettera indirizzata ai Vescovi della Chiesa Cattolica, Benedetto XVI scriveva: “Nel nostro tempo, in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr Gv 13, 1) – in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più”.
Quella espressa in queste parole è stata la grande preoccupazione pastorale di Papa Benedetto, che ha sempre individuato nella progressiva assenza di Dio dall’orizzonte del nostro tempo la radice vera dei mali che affliggono l’umanità. L’assenza di Dio è sempre assenza di vera vita.
E’ una preoccupazione condivisa pienamente dall’attuale Pontefice che, peraltro e in modo complementare, indica alla Chiesa una via privilegiata per affermare Dio oggi e, soprattutto, per trasmettere la fede in questa stagione della storia: l’amore misericordioso. Scrive Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia: “La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”.
Il ricco insegnamento degli ultimi due Papi ci offre indicazioni molto chiare di vita cristiana e di impegno apostolico. Siamo chiamati a portare Dio nel nostro mondo, ad annunciare la fede con rinnovato entusiasmo. E questa grande missione è realizzabile nella misura in cui la nostra vita è capace di contagiare con il fascino dell’amore misericordioso.
Un episodio della vita di Madre Teresa di Calcutta può, in questo senso, offrire materia di riflessione e preghiera, in vista dell’impegno nella vita: “Un giorno nella casa di Calcutta portarono una donna raccolta dal marciapiede, che versava in condizioni disperate: aveva il corpo ricoperto di piaghe purulente. Madre Teresa la accolse con tutta la dolcezza di cui era capace, la curò e la lavò. Quella povera creatura, però, nonostante tutte quelle attenzioni continuava a imprecare. La Madre, dal canto suo, continuava ad asciugarle il sudore e a inumidirle le labbra arse.
Finalmente la donna esclamò: «Suora, ma perché fai così? Non tutti fanno come te, chi te lo ha insegnato?».
Madre Teresa, con il candore della sua anima, rispose: «Me l’ha insegnato il mio Dio».
E quella donna chiese: «Fammelo conoscere il tuo Dio».
A questo punto Madre Teresa, abbracciandola, le donò l’ultima incantevole risposta.
«Il mio Dio tu adesso lo conosci. Il mio Dio si chiama Amore»”.
Ciò che vissuto Madre Teresa è quanto siamo chiamati a vivere tutti noi: una fede vivissima che si traduce nell’amore misericordioso. E’ questa la via privilegiata che oggi la Chiesa ci indica perché Dio possa essere accolto e amato, divenendo principio di un modo nuovo e più umano di vivere personale e sociale.