Articolo per la Rivista “MissioGenova
Quando, il 14 settembre del 2007, il Cardinale Arcivescovo mi disse ufficialmente che ero stato richiesto in Vaticano per ricoprire l’incarico di Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, la mia immediata reazione interiore fu duplice: di grande sorpresa, perché proprio non mi sarei mai atteso di essere chiamato a svolgere quel servizio; di forte timore e trepidazione, per un compito che mi pareva tanto impegnativo.
Insieme a tutto questo, però, ebbi subito l’impressione che ciò che mi veniva richiesto sarebbe stata una grazia per la mia vita di sacerdote. Sentivo come una grazia del tutto particolare, infatti, la possibilità che mi veniva data di collaborare da vicino, in posizione privilegiata, con il Santo Padre e, tra l’altro, in un ambito tanto bello e importante per la vita della Chiesa, quale quello della Liturgia.
A distanza di un anno devo dire che quell’intuizione del primo momento si è rivelata del tutto fondata. In effetti, l’opportunità di vedere spesso il Papa, di incontrarlo con una certa frequenza, di parlargli con familiarità, di riflettere insieme a lui sulle questioni che riguardano la vita liturgica della Chiesa è una grazia del tutto speciale che accompagna ogni giorno della mia “vita romana”.
Conoscevo il Cardinale Ratzinger per il tramite dei suoi scritti, dei quali fin dal tempo del Seminario ero stato assiduo lettore. Di conseguenza, ne avevo sempre ammirato la straordinaria lucidità dell’argomentare logico e chiaro, la rara capacità speculativa e di sintesi, il dono di saper far scaturire con immediatezza le implicazioni spirituali del dato teologico, il coraggio della verità anche quando poteva significare qualche incomprensione e impopolarità. Ciò che conoscevo per la via mediatc della lettura ha trovato puntualmente conferma nell’anno che è trascorso.
Ma a questo devo ora aggiungere un dato che, ovviamente, prima non mi era possibile scorgere: quello della grande umanità che contraddistingue la persona di Benedetto XVI. Umile e buono, dolce e delicato, semplice e affabile. Così rimango stupito di come sia possibile unire armoniosamente doni appariscenti di natura e di grazia con un tratto umano che a volte induce perfino a tenerezza. Da qualcuno mi è capitato di sentire un singolare apprezzamento rivolto al Papa: “E’ come un bambino!”. Mi pare che non vi possa essere apprezzamento evangelico più bello, ricordando chi sono coloro per i quali è aperto il Regno dei cieli.
In diverse occasioni mi è stato chiesto di descrivere che cosa provo incontrando il Santo Padre. Ogni volta rispondo che, incontrare Benedetto XVI, è per me sempre una grandissima emozione: un’emozione di fede, al pensiero che mi trovo vicino al Vicario di Cristo e Successore di Pietro; un’emozione che non è timore, per la bontà che emana dal volto, dallo sguardo e dalle parole del Sommo Pontefice; un’emozione di ammirazione per la “grandezza” evangelica dell’uomo che ho davanti; un’emozione che mi induce a donarmi con tutto me stesso e nel modo in cui sono capace per servire con fedeltà e umiltà il nostro Papa e, in lui, la Chiesa e il Signore.