Il 20 e 21 gennaio si è celebrato ad Andria l’annuale Convegno Liturgico.
Relatore della seconda serata è stato Monsignor Guido Marini, Maestro delle celebrazione pontificie prima con Benedetto XVI e ora con Papa Francesco. Abbiamo rivolto a lui qualche domanda.
La costituzione Sacrosanctum Concilium è stato il primo documento frutto del Concilio Vaticano II. A distanza di più di cinquant’anni dalla riforma, a che punto siamo con la formazione liturgica delle comunità cristiane?
La liturgia è fonte e culmine della vita della Chiesa. Ci è stata certamente un’attenzione particolare alla liturgia; oggi, però, ci rendiamo conto che c’è bisogno di un nuovo impegno, legato alle difficoltà del nostro tempo: la scristianizzazione, la distanza della gente dal linguaggio della fede. Per cui c’è ancora tanta strada da fare.
Il titolo di un bel libro di Papa Benedetto è Davanti al protagonista. Nell liturgia il protagonista è Cristo, che si rivela nei segni sacramentali. A volte, però, sembra che questa realtà sia un po’ dimenticata. Quale è il suo pensiero a riguardo?
La realtà è molto variegata. Va sottolineato però che la liturgia è l’oggi di Dio in atto, la presenza del Risorto nella sua Chiesa, a cui dona il suo amore, la sua potenza salvifica. Se noi perdiamo di vista che il grande protagonista è il Signore Gesù, perdiamo di vista l’essenza e il cuore dell’atto liturgico. Un abate di questa terra, l’Arcivescovo M. Magrassi, amava ricordare che la liturgia non consiste in una serie di cose da fare, ma in una persona da incontrare. Questo significa non perdere di vista il grande protagonista, il primato che Cristo deve avere. Perdere di vista questo significare perdere il cuore della celebrazione liturgica.
Come il sacramento dell’Eucarestia guarisce e cura l’uomo di oggi?
C’è un episodio molto bello che si legge nel Vangelo di Luca. È il racconto dei due discepoli che percorrono la strada inversa al discepolo, quella che va da Gerusalemme a Emmaus. Essi sono tristi, feriti dal loro Messia morto sulla croce e, quindi, anche delusi dalla loro comunità da cui si distaccano. È l’immagine nostra, dell’uomo di oggi. Anche noi ci sentiamo delusi dal Signore, ci allontaniamo da Lui perché incapaci di comprenderlo o perché crediamo che egli non ci faccia sentire la sua voce. E ci allontaniamo anche dalle nostre comunità. L’Eucarestia, che è la presenza del Signore nella Parola e nel Pane, ci riconduce a Gerusalemme, nella Chiesa riunita attorno all’Altare, ci guarisce dalle ferite dei peccato e ci ridona la sua vicinanza venendo ad abitare in noi. nei gesti e nei riti che la liturgia ci fa compiere, noi riviviamo i misteri della salvezza.
Andiamo sulla musica liturgica. C’è tanta buona volontà in giro, ma a volta questa non basta. Quali sono i criteri che rendono liturgica la musica e quindi il canto?
C’è un grande criterio e cioè che in liturgia la musica e il canto sono a servizio della Parola. Essi sono un’esegesi molto particolare della Parola, che si fa armonia. La musica deve tradurre in nota il mistero celebrato. Per cui il grande criterio è il servizio autentico al mistero celebrato. La musica deve aiutare ad entrare nel mistero che si celebra, a capire la Parola che ci è donata, a gustare la presenza salvifica del Signore nei suoi misteri. La Chiesa ci ha offerto il canto gregoriano e la polifonia come modelli storici con cui confrontarsi; ma non ci si deve fermare lì. Il canto, nel suo sviluppo e nella sua contemporaneità, non deve distogliersi da questa caratteristica fondamentale.
Nelle grandi celebrazioni, soprattutto quelle presiedute dal Vescovo diocesano o dal Papa, come conciliare da una parte il rispetto della grande tradizione della musica sacra, e dall’altra la partecipazione dell’assemblea?
Considerando con attenzione l’elemento della partecipazione, un liturgista ebbe a dire che per comprendere questo concetto, si dovrebbe parlare di azione partecipata, prima ancora che di partecipazione attiva. La partecipazione liturgica non è tanto svolgere delle attività (ciascuno ne deve prendere parte nel modo che gli è proprio), quanto entrare in sintonia e armonia col dono che il Signore fa di se stesso. Questo è partecipare all’azione rituale. Considerando questo, credo si possano usare tutte e due i tipi di musica, quella più immediata, di cui capiamo il testo e che è possibile cantare, e quella meno immediata ma che comunque aiuta a partecipare a questa azione.
È una grande grazia quella di assistere il Papa durante le celebrazioni liturgiche. Ha un ricordo particolare legato al Pontificato di Papa Francesco?
Col passare degli anni i ricordi si moltiplicano. Forse uno dei ricordi più belli è legato alla celebrazione conclusiva dell’Anno della fede. In quella circostanza avevamo portato all’esterno della basilica di S. Pietro il reliquario con i resti dell’Apostolo. Durante la processione d’ingresso, dopo aver incensato l’altare, il Papa mi disse che avrebbe voluto tenere in mano il reliquiario durante il Credo. Così il Papa tenne sul cuore le reliquie del Santo mentre professava la fede. Fu un gesto toccante.
Intervista Realizzata da Odysseo.it
(Michele Carretta)