L’inquietudine del cuore umano.
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“Inquieto è il viver mio”. Così si esprimeva il celebre poeta romano Ovidio, nel suo poema “Le metamorfosi”. In tal modo l’antico autore altro non faceva se non annotare una caratteristica del cuore umano, tanto personale quanto universale. Nell’inquietudine di Ovidio, infatti, ci ritroviamo anche tutti noi, senza eccezione alcuna.
Ma di quale inquietudine si tratta? Quali sono le ragioni di quel turbamento interiore che accompagna la vita in ogni stagione del suo sviluppo, se pure con diversa intensità e con variegata modalità?
Le ragioni, in realtà, sono molte; e ognuno potrebbe elencarne una grande varietà. Eppure, a ben vedere, al di là di molte possibili cause seconde, nel momento in cui la verità illumina le profondità del cuore e della vita, ci si accorge che c’è una causa prima a dare ragione autentica della nostra inquietudine. Nessuno, forse, come sant’Agostino, ha saputo identificarla con tanta precisione: “Il cuore dell’uomo è inquieto fino a che non trova riposo in Dio”.
E non può che essere così. Il cuore umano è stato pensato e fatto dal Signore: da Lui viene e a Lui tende e anela con tutte le fibre del proprio essere. Solo Dio è capace, pertanto, di risolvere quell’inquietudine radicale che, altrimenti, porta alla ricerca di possibili altri “riposi”, che si rivelano inesorabilmente illusori e, di conseguenza, motivo di sofferte delusioni e di più grandi inquietudini.
L’esperienza dell’inquietudine è la più straordinaria riprova che il cuore umano è fatto per Dio, per l’infinito, per l’eternità, per un amore incondizionato e fedele capace di placare le arsure esistenziali, altrimenti destinate a rendere la vita un deserto assetato e senza orientamento, un labirinto inestricabile e pauroso, una ricerca mai paga e priva di una meta veramente appagante.
Nel testo di una celebre canzone degli anni ’90, intitolata “La solitudine”, si parla dell’inquietudine “di vivere la vita senza te”. Il motivo di quell’inquietudine è il venire meno di un amore umano, la solitudine avvertita drammaticamente per l’assenza inattesa della persona amata. Le parole di quel testo, però, si addicono molto bene a un livello anche più alto di considerazione dell’esperienza umana. Davvero la vita senza Te, senza Dio, è l’inquietudine delle inquietudini, la ragione più vera di ogni turbamento umano. E la momentanea privazione di un amore, anche intenso e sincero, rimanda proprio al grande Amore, quello di Dio, senza il quale tutto è troppo poco, tutto lascia insoddisfatti, tutto sembra destinato al nulla.
Il salmo 94, che abitualmente è chiamato “Invitatorio” per il fatto che introduce alla preghiera della Liturgia delle Ore, invita in modo pressante e coinvolgente ad ascoltare la parola del Signore. In realtà è il Signore stesso che, rivolgendosi al Suo popolo, lo invita ad aprire orecchie e cuore all’ascolto della Sua voce. Durante il lungo pellegrinaggio nel deserto, infatti, il popolo ribelle tante volte non aveva ascoltato e, proprio per questo motivo, non era entrato nel luogo del riposo di Dio. Solo se si metterà in ascolto attento e fiducioso della parola di Dio, quel popolo potrà finalmente fare esperienza del Suo riposo, pace vera del cuore e superamento di ogni inquietudine.
Una riflessione approfondita sull’esperienza dell’inquietudine non può che portare a prendere con grande serietà la preghiera che la Chiesa rivolge a Dio, ogni qualvolta celebra l’Eucaristia. Appena dopo il Padre nostro, ecco la bella invocazione che coinvolge tutta l’assemblea orante: “Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l’aiuto delle tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”. In questo splendido testo l’inquietudine è considerata in relazione al peccato, ovvero alla dimenticanza di Dio e all’allontanamento da Lui. Al contrario, alla libertà dal peccato corrisponde la libertà da ogni inquietudine. Alla libertà dal peccato si accompagna la beata speranza, quella che non delude, perché fondata sull’amore di Dio in Gesù Cristo, nostro Salvatore.
L’inquietudine presente in tutti noi, allora, segno di una salvezza continuamente attesa e invocata, divenga motivo di ritorno al Signore, da cui ci siamo allontanati in tanti modi, e di più intensa preghiera, quale luogo privilegiato per fare esperienza della vera pace, dono del Suo amore per noi.