XXIII Domenica T.O. anno A
In questa XXIII Domenica del tempo ordinario, rimaniamo in ascolto della pagina evangelica di san Matteo. Gesù si rivolge ai discepoli e dice: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello” (18, 15-16).
Queste parole il Signore le pronuncia nel contesto di un brano più ampio. Egli vi propone al figura del pastore che va ansiosamente alla ricerca della pecora che si è smarrita. È un testo, pertanto, nel quale si riflette l’ansia missionaria, propria del cuore di Gesù e che deve risplendere sul volto della Chiesa.
“Guadagnare il fratello”.
È un tale guadagno, che è poi la salvezza in Cristo, che detta l’ansia pastorale del nostro cuore. E per la quale non possiamo vivere senza il desiderio quotidiano e ardente di rendere possibile a tutti l’incontro con il Signore Gesù, Via, Verità e Vita, Salvatore dell’uomo e di tutto l’uomo. Questa è la più grande carità della quale siamo debitori al mondo.
Risuoni sempre in noi la parola rivolta da Dio al profeta Ezechiele:
“O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele.
Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia” (33, 7).
Ciascuno di noi ha avuto il dono della fede e, di conseguenza, il compito esaltante di essere sentinella nel mondo.
Chiediamo la grazia di non venire mai meno alla chiamata
a essere veicolo della vera Luce che è Cristo, della vera Vita che è Cristo,
del vero Amore che è Cristo, della vera Speranza che è Cristo.
Prolunghiamo la meditazione con l’aiuto di sant’Agostino
che, nel suo commento al profeta Ezechiele, scrive:
«Se noi andiamo in cerca di loro quando si smarriscono, dicono,
per loro errore e per loro rovina, che non ci appartengono.
Perché ci desiderate, esse dicono, perché venite in cerca di noi?
Come se il motivo per cui le desideriamo e le cerchiamo non sia proprio questo,
proprio il fatto cioè che sono smarrite e si perdono.
Se sono nell’errore, dicono, se sono vicino a morte,
perché mi desideri? Perché mi cerchi?
Rispondo: Perché sei nell’errore, voglio richiamarti […].
Replicano: Voglio smarrirmi così, voglio perdermi così.
Così vuoi smarrirti, così vuoi perderti?
Ma io con tanta maggior forza non voglio questo.
Te lo dico chiaramente: Voglio essere importuno […].
Sono proprio importuno e oso dirtelo:
Tu vuoi smarrirti, tu vuoi perderti, io invece non lo voglio.
Alla fin fine non lo vuole colui che mi incute timore.
Qualora io lo volessi, ecco che cosa mi direbbe,
ecco quale rimprovero mi rivolgerebbe:
“Non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite”.
Devo forse avere più timore di te che di lui? […].
Riporterò quindi la pecora dispersa,
andrò in cerca di quella smarrita;
che tu voglia o no, lo farò.
Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva,
mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi,
percorrerò ogni luogo, finché mi sosterranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde.
Riporterò la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita.
Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti […]».