Ascoltiamo un brano dal vangelo di san Matteo. È parte del grande discorso con il quale Gesù, facendo riferimento all’antica Legge, ne annuncia il compimento nella Sua Parola.
Leggendo con attenzione il testo, ci si accorge che l’espressione fondamentale con la quale il Signore presenta la novità evangelica è: “E’ stato detto, ma io vi dico”.
Lasciamo che questo “ma io vi dico” risuoni nel nostro cuore e ci aiuti ad avere con la parola del Signore una relazione più autentica, costante e fedele. Quella Parola, infatti, deve introdursi sempre di più nella nostra intelligenza per divenire il nuovo criterio del nostro pensare. Quella Parola deve riecheggiare sempre di più nella nostra voce in modo tale che il nostro parlare ne sia un’eco coerente. Quella Parola deve entrare sempre più nel nostro cuore così che la nostra vita possa essere un Vangelo vivente.
“Ma io vi dico”. Oggi chiediamo la grazia di ascoltare, sempre con grande serietà, la parola che Dio ci rivolge. Oggi chiediamo il dono di lasciarci convertire da quella Parola, il dono di vivere una sorta di incarnazione del Verbo in noi.
Prolunghiamo la meditazione con l’aiuto di san Giovanni Cristostomo: “Se la legge antica ha cessato di salvare gli uomini, non è perché essa sia stata malvagia, ma perché è venuto il tempo in cui i precetti debbono essere più elevati. Se l’antica è meno perfetta della nuova, ciò non significa che essa sia malvagia: se così fosse, nella sua condanna ricadrebbe ugualmente anche la seconda. E, infatti, se si paragona la conoscenza che noi ora abbiamo della legge nuova con la conoscenza che possederemo nella vita futura, quella attuale risulta parziale e imperfetta e certamente scomparirà quando sopravverrà quella del cielo. Noi diciamo che la legge nuova è grande e sublime; infatti, le ricompense promesse da questa legge sono ben più grandi di quelle promesse dall’antica e in essa la grazia dello Spirito Santo è ben più abbondante. Dio, perciò, giustamente esige da noi frutti e doni maggiori. Egli, ora, non ci promette più una terra in cui scorre latte e miele, né una lunga vecchiaia, o un gran numero di figli o l’abbondanza del pane e del vino, o grandi greggi di pecore e di buoi, ma ci promette il cielo stesso e i beni celesti, la dignità di essere figli adottivi del Padre, fratelli del Figlio unigenito, suoi eredi, partecipi della sua gloria e del regno, e un’infinità di altre ricompense”.