Eccomi ad augurarvi una bella e serena terza Domenica di Avvento. E’ la Domenica che è conosciuta come Domenica “Laetare”. Ormai prossimi al Natale, infatti, siamo invitati a rallegrarci per il mistero della Natività del Signore.
E’ il mistero che ci conduce al cuore della nostra salvezza. Siamo nella gioia a motivo dell’amore di Dio che si rende visibile nel Bambino Gesù. Siamo nella gioia perché in quel Bambino, che è il Figlio di Dio, contempliamo la tenerezza infinita del Cuore del Signore.
In questo giorno, con la gioia ritorno il tema della vigilanza nell’attesa.
Al riguardo può farci riflettere quanto scrive Simone Weil: “Dio e l’umanità sono come due amanti che hanno sbagliato il luogo dell’appuntamento. Tutti e due arrivano in anticipo sull’ora fissata ma in due luoghi diversi. E aspettano, aspettano, aspettano. Uno è in piedi inchiodato sul posto per l’eternità dei tempi. L’altra è distratta e impaziente. Guai a lei se si stanca e se ne va!”
Non capiti anche a noi così! Con tutto il cuore non vogliamo mancare all’appuntamento con il Signore: né in questo Natale e né in ogni giorno della nostra vita.
Continuiamo a meditare con l’aiuto di Guerrico d’Igny, abate e discepolo di san Bernardo: “È scritto: « La speranza prolungata fa male al cuore»; ma benché sia stanca per la dilazione del desiderio, tuttavia è sicura della promessa. Sperando in essa e ponendo in essa ogni mia attesa, aggiungerò speranza a speranza.
Signore Gesù, ti siano rese grazie. Io, una volta per tutte, ho fatto affidamento alle tue promesse. Tuttavia « vieni in aiuto alla mia incredulità», perché, dimorando là, immobile, io ti attenda sempre, finché veda ciò che credo.
Sì, io credo di « poter contemplare la bontà del Signore nella terra dei vivi». E tu, lo credi? Allora il tuo cuore si fortifichi e attenda con pazienza il Signore. Se egli richiede una lunga pazienza, altrove promette di tornare presto.
Da una parte vuole educarci alla pazienza, dall’altra confortare gli scoraggiati. « Il tempo si è fatto breve», soprattutto per ciascuno di noi, benché sembri lungo a chi si consumi, sia per il dolore, sia per l’amore»”.