Ascoltiamo oggi la pagina del vangelo di Luca, nella quale è narrata da Gesù la parabola dell’amministratore infedele. La si potrebbe anche chiamare “parabola dell’amministratore astuto”.
In effetti, proprio l’astuzia dell’amministratore viene lodata dal Signore al termine del racconto: “Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza”.
Ci domandiamo in che cosa consista una tale scaltrezza. La risposta ci è data dalle parole conclusive di Gesù: “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”.
L’amministratore del Vangelo si è dimostrato scaltro perché si è servito del denaro per salvarsi.
Questa è esattamente la scaltrezza evangelica alla quale siamo chiamati: divenire padroni della ricchezza per metterla al servizio dell’amore, impedendo alla ricchezza di asservire la nostra vita. Anche in questo Gesù è il nostro vero salvatore, che viene a liberarci da ogni forma di schiavitù, donandoci la grazia di una signoria sulle realtà di mondo, possedute e vissute nella logica della carità.
La ricchezza, che può essere cattiva se diventa nostra padrona dispotica, si converte in buona se ne diventiamo signori, accogliendola dalle mani di Dio e mettendola al sevizio dell’amore.
L’amore, pertanto, sia oggetto della nostra meditazione, con l’aiuto di san Gregorio Magno, pastore e dottore della Chiesa: “Dall’amore di Dio nasce l’amore del prossimo e l’amore del prossimo alimenta l’amore di Dio. Chi trascura di amare Dio, non può amare il prossimo; e invece progrediamo nel più autentico amore di Dio se prima veniamo nutriti nel grembo del suo amore mediante l’amore verso il prossimo.
Poiché l’amore di Dio genera l’amore del prossimo, il Signore che per mezzo della legge avrebbe detto: ‘Ama il tuo prossimo?’ prima disse: ‘Ama il Signore tuo Dio’; e cioè, prima nel terreno del nostro cuore deve mettere radici il suo amore perché questo poi germogli attraverso i rami dell’amore fraterno.
E che a sua volta l’amore di Dio sia alimentato dall’amore del prossimo, lo afferma Giovanni, il quale ammonisce: ‘Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede’. L’amore divino nasce sì per mezzo del timore, ma crescendo si tramuta in affetto”.