Celebrazione dei Vespri. Catechesi di Avvento
Abbiamo ascoltato una pagina bella e suggestiva dell’antico profeta. È una pagina che ci aiuta a entrare nel cuore del tempo dell’Avvento, soprattutto è una pagina che ci aiuta a ricordare alcuni aspetti della nostra vita cristiana, che il tempo dell’Avvento fa in modo che divengano sempre più stabili, saldi, scritti nella nostra esistenza quotidiana.
Il profeta parla al futuro, guarda avanti a sé e immagina una realtà bella: quella nella quale finalmente Dio verrà a salvare il suo popolo. Si esprime sempre al futuro. Che cosa ha da dire a noi, questo?
Noi non siamo in quel lontano passato che guardava al domani con speranza. Noi non siamo al tempo di quel profeta che desiderava poter vedere il tempo nel quale Dio finalmente sarebbe venuto a portare salvezza. Noi in quel tempo viviamo, per noi quella speranza è realizzata, quell’attesa è compiuta.
E allora cosa ha da dirci questo futuro, che nella pagina del profeta ritorna con insistenza? Ha da dirci che se c’è un tempo cronologico che è “prima di Cristo” e “dopo Cristo”, c’è anche un tempo del cuore che è “prima di Cristo” e “dopo Cristo”: il tempo del nostro cuore e della nostra vita che conosce un prima e un dopo.
Perché ricordiamo questo fatto? Siamo proprio sicuri che il nostro cuore viva totalmente dopo Cristo? Siamo così certi che la nostra vita sia ispirata totalmente al dopo Cristo? O forse non c’è ancora qualcosa in noi che è prima di Cristo? Quasi che Egli non fosse venuto, perché non ha così riempito la nostra vita e il nostro cuore, non ha così inciso nella nostra mentalità, nelle nostre scelte, nei nostri desideri, nei nostri progetti.
Ecco cosa dice a noi quel “futuro”. Viene a ricordarci che forse c’è un futuro anche dentro di noi, anche nel nostro cuore, anche nella nostra vita; perché il Signore Gesù, che è venuto a visitarci, ancora non ha preso possesso completamente di noi.
Questa realtà la dobbiamo considerare dentro due altri aspetti importanti.
L’Avvento viene a noi proprio perché questo “prima di Cristo”, che ancora è presente nella nostra vita, finalmente possa essere superato.
Perché ogni anno ritorna l’Avvento? Non è una ripetizione sterile, questa. È una grazia nuova che ci è data, un’occasione nuova. È il segno che il Signore, nonostante i nostri ritardi, le nostre inadempienze, a volte i nostri tradimenti, le nostre cadute, non si è stancato di noi. È il segno dell’amore fedele con cui il Signore accompagna la nostra vita. Anche se, in parte, viviamo come se Gesù non fosse venuto, Lui c’è, è con noi, pazientemente ci aspetta, ci attende, ci porge la mano. Lui c’è! E ancora ci ama! Questa è la bellezza dell’inizio di un nuovo anno liturgico: l’annuncio che il Signore non si è stancato di noi, e ci dà una nuova possibilità per operare, finalmente, questo passaggio interiore dal “prima” al “dopo” Cristo, dal “prima” al “dopo” di Lui.
Com’è bello, allora, l’anno liturgico che ogni anno riviviamo! Ogni anno noi veniamo raggiunti da questo annuncio bellissimo, è il Signore che lo porge a ciascuno di noi: “Non mi sono stancato di te, ti amo ancora e sempre, ti dono nuove possibilità: quel ‘prima’ di Cristo che ti porti dentro desidero che tu lo possa superare e io sono qui con te, perché tu possa realizzare questo”.
L’anno liturgico, proprio nella misura in cui noi lo ripercorriamo e lo riviviamo, ogni volta ci aiuta a compiere un passo in più e un passo avanti verso la pienezza della vita in Cristo. È come se ogni anno noi percorressimo un tratto di strada nella nostra appartenenza al Signore. Com’è bello anche questo! Non è una sterile ripetizione di un cammino già fatto, no! È l’ingresso in un cammino nuovo, più approfondito. È come se attraverso l’anno liturgico noi percepissimo la possibilità che quella parola bella che pronuncia l’apostolo Paolo “Per me vivere è Cristo” potesse diventare sempre più vera. Perché in realtà è questo lo scopo, così bello, di ogni anno liturgico: darci la possibilità di poter dire, ogni volta in un modo nuovo, in un modo più vero, in un modo più partecipato “Per me vivere è Cristo”, fino alla pienezza della Sua vita in noi. Ecco, allora, che se questa pagina della Scrittura ci ricorda che qualcosa di noi è ancora “Prima di Cristo”, l’Avvento viene a dirci “Non temere: il Signore ti ama ancora e sempre di più!
Non temere: un nuovo anno liturgico è un’occasione di grazia perché tu possa arrivare a dire con verità ancora di più: “Per me vivere è Cristo”!
Se dovessimo, in sintesi, dire che cosa significa tutto questo per noi, dovremmo affermare che il tempo dell’Avvento è il tempo nel quale camminare in una fede più grande e più intensa, perché la fede è questo: lasciarsi incontrare da Gesù, appartenergli e dargli la vita in noi. Dunque, all’inizio di questo tempo così bello e importante dell’anno liturgico, la nostra preghiera sale al Signore e dice, supplica: «Aumenta la mia fede, aumenta la nostra fede, fai in modo che questo “Prima di Cristo” scompaia e fai in modo che io avverta il tuo amore per me. Fai in modo che la pienezza di te possa essere in me. Aumenta, accresci la mia, la nostra fede».
La pagina del profeta, nel suo presentare costantemente il tempo futuro, mette davanti ai nostri occhi anche un’altra dimensione: è la dimensione di ciò che sarà, di ciò che avverrà. È la dimensione di una fiducia con la quale attraversare la vita e la storia.
Il profeta immaginava un tempo storico nuovo, diverso, più bello, un tempo di pace, di giustizia, di amore; ma nel momento in cui pensava a un tempo storico metteva le basi per pensare e sperare un altro tempo: il tempo senza tempo, il giorno senza tramonto.
Noi viviamo l’Avvento considerando che questo futuro è il futuro del tempo senza tempo, del giorno senza tramonto, la vita del mondo che verrà. Perché è così. Se la nostra esistenza cristiana è un’esistenza nella fede, sempre più profonda e più vera, è anche un’esistenza sempre più dentro la speranza. Una speranza che non si limita alle realtà di questo mondo, una speranza che va oltre le realtà di questo mondo e, proprio per questo, è speranza vera, che non delude.
Tutto ciò che è dentro il tempo delude, è condannato alla delusione, perché è condannato a schiantarsi contro il muro della morte, della separazione, del nulla. La nostra vita cristiana, invece, guarda avanti, e in virtù della speranza vede oltre il muro, vede oltre la morte, vede oltre questo tempo limitato e fugace.
San Gregorio di Nissa, un grande Padre della Chiesa d’Oriente, scriveva: “Il cristiano deve ricordarsi di ciò che avverrà”. Questa è la speranza: ricordarsi di ciò che avverrà! Non dentro questo tempo, ma al di là di questo tempo! Il cristiano vive nella pace e nella gioia perché non dimentica, anzi, ricorda ciò che avverrà: l’eternità in Dio, la beatitudine senza fine, la vita vera, oltre la morte e questo tempo che passa.
L’Avvento ci aiuta, lo capiamo bene, con questo futuro che ritorna a non dimenticare ciò che avverrà: la vita del mondo che verrà. Oggi, dunque, all’inizio del cammino dell’Avvento, non soltanto alziamo la nostra preghiera al Signore e supplichiamo una fede più grande, ma alziamo anche la nostra preghiera al Signore e supplichiamo una speranza più grande, una speranza più certa, una speranza più gioiosa e consolante. Che non ci capiti di essere come tutti, come quelli che la fede non ce l’hanno, come quelli che camminano per le strade del mondo senza immaginare che oltre questo mondo ci possa essere altro. No, non ci capiti! Per noi non è così. Per noi, pellegrinare per le strade del mondo significa ricordare ciò che avverrà, ciò che sarà. È questo che cambia tutto. Cambia il mondo in cui viviamo, cambia il motivo per cui operiamo, cambia il significato delle scelte che facciamo, cambia il nostro rapporto col dolore e con la sofferenza, cambia la nostra relazione con il mistero della morte, cambia tutto! Perché abbiamo speranza: ricordiamo ciò che avverrà!
Infine, la pagina del profeta a un certo punto si esprime così: chiede, desidera, auspica che ciò che sarà non sia per alcuni soltanto, ma sia per tutti i popoli! Tutti i popoli possano conoscere questo tempo di salvezza e di grazia. Nel cuore del profeta c’è il grande anelito alla universalità della salvezza. Capisce che la salvezza non può essere solo per sé, deve essere per tutti. Non è limitata ad alcuni, ma è aperta al mondo intero, a tutta la storia e a ogni uomo. Quell’anelito, quel desiderio, in Avvento, deve essere anche il nostro, perché l’Avvento non è solo per noi. L’Avvento è per noi perché possa essere per tutti. La bellezza dell’incontro con il Signore non è solo per noi: è per noi, perché attraverso di noi possa riguardare tutti! Non è soltanto per le nostre vite, non è soltanto per le nostre famiglie. È per tutta la nostra terra! È per tutta la nostra città, è per tutti i nostri paesi, è per tutta la nostra Diocesi. Attraverso di noi a tutti! Capiamo che questo significa una grande passione interiore per l’annuncio, per la missione, per la condivisione di quella gioia che caratterizza la nostra vita a motivo della presenza del Signore con noi.
Sarebbe triste se noi, che abbiamo incontrato il Signore, non provassimo nel cuore una passione ardente, un’audacia grande, una gioia comunicativa di trasmettere la salvezza che abbiamo sperimentato in Gesù, di parlare a tutti che nulla è meglio di Gesù Cristo nella vita, di dire con la parola e con la testimonianza che tutto cambia se si aprono le porte del cuore al Signore che viene. La carità, questa è la prima forma di carità. La carità dell’annuncio, la carità della missione. Certo, la carità si esprime anche nell’attenzione alle necessità, ai bisogni, ai drammi del mondo in cui viviamo, ma porta sempre anche nel cuore una sete inestinguibile di fare in modo che tutto, anche quell’attenzione ai bisogni, ai drammi e ai pianti degli uomini, sia comunicativa della salvezza nel Signore Gesù.
Questa sera, allora, innalziamo al Signore un’altra preghiera. Domandiamo e supplichiamo di avere una carità più grande: ovvero uno slancio più vivo per la missione e per l’annuncio, un cuore infuocato che non riesca a trattenere per sé la bellezza del Signore e del suo Vangelo, ma che avverta l’esigenza insopprimibile di andare e portare, andare e annunciare, andare e condividere, andare e portare a Cristo: l’unico vero salvatore di tutti.
Ecco il nostro Avvento! Possa essere questo: una grande invocazione al Signore perché ci doni una fede più grande, una speranza più grande, una carità più grande. Allora quel “prima” e “dopo” Cristo un pochino, almeno, arrivati a Natale, l’avremo colmato.
Trascrizione da registrazione audio