VIII domenica T.O. anno C
Ascoltiamo dal vangelo di san Luca: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”.
Consideriamo con attenzione l’insegnamento di Gesù meditandolo con l’aiuto di san Giovanni Crisostomo: “Come si può constatare, Gesù non vieta in senso assoluto di giudicare: ci ordina però di togliere prima la trave dal nostro occhio, e poi di correggere gli sbagli del nostro fratello.
È evidente, infatti, che ognuno di noi conosce meglio le sue condizioni che quelle degli altri; è certo, inoltre, che ognuno di noi vede meglio le cose più grandi che quelle più piccole e ama più se stesso che il prossimo.
Se per sollecitudine tu fai questo, abbi cura dapprima di te stesso, là dove è più visibile e più grande il peccato. Se invece tu trascuri te stesso, è evidente che tu giudichi tuo fratello non tanto perché egli ti stia a cuore, ma perché hai avversione per lui e vuoi disonorarlo.
Non solo non togli la trave che è nel tuo occhio, ma neppure riesci a vederla; mentre non solo vedi la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma l’esamini e pretendi di toglierla. Il Signore ordina insomma, con questo precetto, che chi è carico di colpe non deve ergersi a giudice severo degli altri, soprattutto quando le colpe di costoro sono trascurabili.
Non è che vieti genericamente di giudicare e di correggere, ma ci proibisce di trascurare le nostre colpe e di balzar su ad accusare con rigore gli altri. Agire così non può che aumentare la nostra malvagità, rendendoci doppiamente colpevoli.
Chi per abitudine trascura le proprie colpe, benché siano grandi, e si preoccupa, invece, di ricercare e di sindacare con asprezza quelle degli altri, anche se sono piccole e lievi, si danneggia in due modi: prima perché trascura e minimizza i propri peccati, poi perché attira inimicizia e odio su tutti con i suoi giudizi insolenti, e ogni giorno diventa sempre più disumano e crudele”.