Santa Messa nella II Domenica del Tempo Ordinario, anno C
Il profeta Isaia, ispirato da Dio, riesce a intravvedere un tempo che sarà. In questo tempo troverà, finalmente, compimento e realizzazione l’attesa antica di Israele. Proprio Israele, che il profeta definisce terra abbandonata e devastata, non sarà più così: diventerà abitata e sposata. Il popolo che la abita avrà un nome nuovo: sarà chiamato “Mia Gioia”, sarà chiamato “Sposata” e assumerà le fattezze splendide di una corona e di un diadema regale che Dio terrà sul palmo della mano.
Per questo popolo e per questa terra Dio potrà dire: «Tu sei la mia gioia, Io gioisco per te». L’immagine che sintetizza queste splendide parole è l’immagine delle nozze.
Il Profeta, ispirato, vede un tempo nel quale il rapporto del suo popolo e della sua terra con Dio non sarà più soltanto quello tra Creatore e creatura, ma sarà un rapporto tra sposo e sposa; non ci sarà più distanza tra Dio e questo popolo, tra Dio e questa terra. Ci sarà una comunione di amore fedele ed eterna.
I verbi che il Profeta usa sono tutti al futuro: “sarai chiamata, troverà, gioirà per te”. Ogni verbo è al futuro ed esprime un’attesa che è scritta nel cuore d’Israele, che è scritta in quella terra. In verità, però, l’attesa che vive Israele è l’attesa che vive ogni uomo. Non soltanto ogni uomo e ogni popolo del passato, di cui Israele è portavoce, ma ogni uomo che vive in questo mondo, ogni uomo che viene in questo mondo e che non ha ancora incontrato Cristo, perché nel cuore di ogni uomo è scritta un’attesa, una sete insaziabile, è scritta una fame che non può essere soddisfatta se non da Cristo Signore.
Ascoltando oggi la pagina del Vangelo, infatti, ci accorgiamo che quei verbi usati al futuro si sono trasformati in presente, e quello che il Profeta Isaia immaginava, sperava, attendeva ha trovato compimento, si è realizzato. Perché non è più vero che quella terra sarà, che quel popolo diventerà. È vera un’altra cosa: quella terra è, quel popolo è divenuto, perché in Cristo Signore quelle nozze si sono realizzate e sono state celebrate: in Lui il Creatore si è fatto anche Sposo, in Lui la vita di Dio è divenuta una sola cosa con la vita di ogni uomo, in Lui quella terra può dirsi sposata, abitata. In Lui ciascuno di noi può dirsi un diadema regale, una corona nella mano del suo Dio, e ciascuno di noi in Lui può identificarsi con questo nome nuovo: “Mia gioia, sposata”.
Siamo noi quelli, ciò di cui parlava il profeta Isaia. L’attesa del profeta oggi si è compiuta, perché in Cristo si è compiuta. Adesso ciò che si sperava è una realtà, perché in Cristo è divenuto realtà; ciò che era atteso nel futuro si è compiuto nel presente della nostra vita, perché in Gesù quelle nozze, finalmente, sono state celebrate e quella comunione di vita, che niente e nessuno potrà mai spezzare, finalmente si è realizzata.
È per questo che il primo segno, così lo chiama san Giovanni, che Gesù compie, è un segno che avviene in un banchetto di nozze. Quel miracolo è un segno, il segno di qualcosa che in Gesù si compie e prende forma: le nozze tra Dio e il suo popolo, tra Dio e la nostra terra, tra Dio e ciascuno di noi. Quando Sant’Agostino dice che il nostro cuore è inquieto e non trova pace fin tanto che non riposa nel Signore, vuol dire proprio questo: fotografa l’attesa d’Israele, fotografa l’attesa del mondo e della storia, fotografa l’attesa del cuore di ogni uomo che, sapendolo o no, porta scritto in sé un nome – Gesù Cristo – e fino a quando non lo ha incontrato e non Gli ha aperto le porte, la pace vera non sa che cosa possa essere. Per noi, invece, la pace è arrivata perché lo abbiamo incontrato, Lui, il Dio Sposo; gli abbiamo aperto le porte del cuore e della vita, a Lui, il Dio Sposo. Nella celebrazione eucaristica, anche oggi, noi abbiamo la grazia e il dono di vivere questa verità, perché la Parola che abbiamo ascoltato è una parola sponsale, ovvero è una parola di amore mediante la quale il Signore vuole entrare in comunione intima di vita con ciascuno di noi. Quando ci accosteremo alla Comunione sarà Lui stesso cheverrà in noi con il suo Corpo e il suo Sangue, con il desiderio di divenire in noi una sola vita, un cuore solo, una sola anima e un solo corpo, una sola carne. È proprio Cristo Sposo, che ogni volta nell’Eucaristia incontriamo e accogliamo nel cuore e nella vita.
Come è bello! Forse viviamo alcuni momenti delle nostre celebrazioni con un po’ di superficialità. Non sempre riusciamo a considerare fino in fondo la bellezza dei segni che le caratterizzano. Pensate al momento in cui, quando la celebrazione inizia, i Ministri in processione si dirigono verso l’altare: questo che segno è? È il segno del Signore Gesù che entra in mezzo ai suoi portando la lieta notizia che Egli è lo Sposo e che stiamo vivendo un banchetto nuziale. Si sta rinnovando per noi l’esperienza di quella comunione di vita eterna e bellissima. Quando noi viviamo il momento in cui la celebrazione ha inizio e i ministri si portano all’altare, processionalmente, dovremmo riascoltare la parola del profeta: «Sarai un diadema regale, una corona nelle mani del Signore, sarai chiamata mia gioia e la tua terra sposata, non sarai più abbandonata ma sarai abitata, non sarai più devastata ma ricostruita» (cf. Isaia). Le dovremmo riascoltare, però, non come se fossimo in attesa di tempi lontani ma come descrizione di una realtà che è vita qui, adesso, per noi, che è per noi verità.
Come è bello partecipare alla Messa! Perché la Messa è il rinnovarsi del miracolo di Cana, la Messa è il rinnovarsi delle nozze tra Dio e il suo popolo, è il rinnovarsi dell’incontro d’amore: il Signore si dà a noi con tutta la sua vita mediante la sua Parola, il suo Corpo, la sua presenza e la sua voce. Come possiamo farne a meno? Come possiamo non desiderare che la nostra partecipazione alla Messa diventi una consuetudine quotidiana? Sarà per noi ogni volta rivivere il banchetto di nozze e sentire alle orecchie del cuore quella voce che si rivolge a ciascuno e dice: «Io gioisco per te, tu sei la gioia della mia vita, tu sei la gioia del mio cuore».
Ed è Dio che parla! E dice così a ciascuno di noi. Non vale la pena ascoltare queste parole di amore di Colui che è Sposo della nostra vita? Ascoltarle tante volte, ascoltarle ogni giorno, ascoltarle sempre? Non è forse questo che cambia tutto nella nostra vita?
C’è una frase di S. Ignazio di Antiochia che dice: «Gesù Cristo nostra inseparabile vita». È così. La Parola di Dio ce lo ha ricordato, questa celebrazione ce lo fa vivere. Torniamo alle nostre case cantando, saltando, portando la gioia nel cuore, perché ancora una volta abbiamo sentito dirci da Lui, nostra inseparabile vita: «Io gioisco per te, tu sei la gioia del mio cuore, tu sei tutto davanti a me e per me». Non teniamola solo per noi questa gioia, questo canto e questa danza interiore. Doniamola a tutti!
Tutti attendono questa notizia, lo sappiano o no. Proclamiamola a squarciagola, proclamiamola con la parola e con la vita, perché tutti possano entrare in questo banchetto di nozze che è il senso della vita di tutti e di ciascuno.