Santa Famiglia
Alla grande solennità del Santo Natale seguono i giorni cosiddetti dell’Ottava di Natale. Noi li stiamo vivendo. Si tratta di otto giorni nei quali si rinnova la grazia della Natività di Gesù, in virtù della contemplazione prolungata del grande Mistero che ci aiuta ad assimilare il dono della salvezza in Gesù Salvatore.
Rimaniamo, pertanto, davanti alla grotta di Betlemme. E ascoltiamo, lasciando che la grazia del divino Bambini operi in noi.
“Beato chi abita la tua casa, Signore”.
Ripetiamo queste parole con il ritornello del Salmo responsoriale. Sostando nel luogo della Natività del Santo Bambino diviene spontaneo ripeterle perché lo avvertiamo chiaramente: saremo beati se continueremo ad abitare in quella casa benedetta, se la nostra vita non si allontanerà mai da quella dimora, in cui è presente Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo per noi.
Dio è la nostra casa! E la nostra vera beatitudine è rimanere in Lui. La salvezza sta operando in noi se sperimentiamo la gioia per la casa di Dio.
“Carissimi – scrive san Giovanni nella sua prima lettera – noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato”.
L’apostolo ci ricorda la provvisorietà della nostra condizione: siamo salvati e figli, ma ancora non nella stabile pienezza del Paradiso.
A Natale esplode la nostra gioia perché nel Bambino di Betlemme ci ritroviamo tutti sorprendentemente amati da Dio, pensati, custoditi, voluti con tenerezza infinita e impensabile dolcezza.
Ma questa nostra splendida condizione la sperimentiamo ancora nel pellegrinaggio della vita, nell’attesa di un “per sempre” cui tutti aneliamo. La salvezza sta operando in noi se avvertiamo il desiderio dell’eternità in Dio.
“Questo è il comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri”.
È ancora l’apostolo san Giovanni a parlarci. L’incontro con il Bambino della grotta di Betlemme ci cambia il cuore. Conservare un cuore indurito, incapace di amore verso il prossimo, significherebbe non avere incontrato davvero Gesù.
Ascoltiamo, al riguardo, una bella pagina di san Francesco d’Assisi.
“E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore e ami me servo tuo e suo, se farai questo, e cioè che non ci sia alcun frate al mondo che abbia peccato quanto poteva peccare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne torni via senza il tuo perdono misericordioso, se egli lo chiede; e se non chiedesse misericordia, chiedi tu a lui se vuole misericordia. E se in seguito mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo, che tu possa attirarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia di tali fratelli”.
La salvezza sta operando in noi se il cuore si apre alla misura divina dell’amore.