Questa Gerusalemme, lo capiamo bene, è il segno della nostra vita, nella quale si alternano momenti nei quali Dio è presente e altri momenti nei quali Dio è assente, non perché Lui lo voglia, ma perché noi lo vogliamo. Momenti nei quali, dunque, siamo nell’afflizione, perché manca il Signore nella nostra quotidianità. Momenti nei quali la speranza si riaccende, perché la grazia di Dio viene ad abitare nuovamente il nostro cuore.
L’Avvento è un tempo bello, non soltanto, e non soprattutto, perché è un tempo di emozioni buone, di dolcezza, di attesa di qualcosa di grande. L’Avvento è un tempo bello anche e soprattutto perché è una nuova occasione che ci è data per passare dall’afflizione alla gioia, dal lutto alla vita, a motivo di cosa? Di una nuova accoglienza di Dio in noi. È proprio tanto bello che si rinnovi ogni anno questa occasione di grazia. Il Signore è fedele, il Signore è buono, il Signore non vuole lasciarci nella tristezza, nell’afflizione, nel lutto, vuole tornare a noi, bussa ancora alle porte della nostra vita, perché lo accogliamo e dunque ritroviamo la gioia, la luce e la pace. Così viviamo l’Avvento. Così viviamo questa seconda domenica dell’Avvento, così viviamo questa giornata della novena dell’Immacolata. Un’occasione importante, preziosa, bella che il Signore ancora una volta ci dona, perché possiamo vivere il passaggio da quella tristezza che si chiama “assenza di Dio”, o “lontananza di Dio”, a quella gioia che si chiama invece “vicinanza con Dio”, “presenza di Dio” nella nostra vita.
Il profeta che guarda avanti a se e vede il giorno in cui di nuovo Gerusalemme sarà abitata dal Signore usa delle espressioni molto belle, e dice anzitutto che Gerusalemme sarà chiamata “pace di giustizia, gloria di pietà”. Che cosa vuol dire questo?
Pace di giustizia. Sarà chiamata “pace” perché vivrà nella pace a motivo della giustizia, non della sua giustizia ma della giustizia che in lei farà il Signore, cioè a motivo della salvezza che Dio le donerà. Pace della giustizia: quella pace sperimentata a motivo della salvezza operata dal Signore. Viene in mente quanto affermava il grande vescovo Agostino: “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Dio”. La pace è frutto della salvezza di Dio, della giustizia di Dio in noi. Gerusalemme sarà chiamata pace di giustizia perché a motivo dell’opera del Signore in lei avrà finalmente in lei la pace, quella vera che niente e nessuno può togliere.
E poi sarà chiamata “gloria di pietà”, perché? Perché la gloria deriverà dalla pietà che Dio ha avuto per lei, dalla misericordia che il Signore ha avuto per lei, e così vale anche per noi. La nostra gloria non sono le nostre opere, la nostra bravura, le nostre capacità. La nostra gloria è la misericordia di Dio. La nostra gloria è il perdono che Dio ci dona senza stancarsi mai. La nostra gloria è la guarigione dalle ferite dell’anima che il nostro medico divino ci dona incessantemente. Questa è la nostra gloria. La grandezza della pietà, della misericordia e dell’amore di Dio per noi. Questi due nomi che il profeta attribuisce a Gerusalemme, “pace della giustizia”, “gloria della pietà”, sono anche i nostri nomi, ed è bene che ce lo ricordiamo, è bello che ce lo ricordiamo. Noi siamo “pace della giustizia”, ovvero viviamo nella pace a motivo della salvezza che Dio ci dona.
Noi siamo “gloria della pietà”, ovvero la nostra gloria, ciò di cui ci gloriamo, è la misericordia fedele di Dio per noi, è il suo amore di perdono che mai viene meno nella nostra vita.
C’è ancora un particolare che in questa pagina del profeta risalta: il profeta afferma che, proprio a motivo di questo, Gerusalemme risplenderà davanti ad ogni creatura, sarà splendente davanti a tutto il mondo. È così: Gerusalemme, divenuta “pace della giustizia” e “gloria della misericordia” a motivo del fatto che il Signore è tornato in lei, risplenderà in tutta la sua bellezza davanti a ogni creatura, e questo è il nostro felice destino. Anche noi, in virtù di questo tempo di grazia che ci è dato, nel momento in cui ri-accogliamo il Signore nella nostra vita diventiamo “pace della giustizia”, “gloria della pietà” e lo splendore si rende visibile davanti ad ogni creatura, davanti ad ogni uomo nel mondo in cui viviamo. Lo capiamo: il percorso che il profeta Baruc vede con gioia possibile per la sua Gerusalemme è il percorso che noi oggi vediamo possibile per noi.
Guardiamo alla Madonna. Stiamo vivendo la novena dell’Immacolata e non ci è difficile scorgere nella Gerusalemme di cui parla il profeta Baruc, e anche nella nostra vita, in Lei l’esempio più bello e già riuscito di questo percorso. Perché Lei ha accolto il Signore in se ed è divenuta come nessun altro pace della giustizia, infatti, La acclamiamo Regina della pace. E nessuno come Lei è diventato “gloria della pietà”, infatti La acclamiamo “Tempio della gloria di Dio”.
Allora guardiamo alla Madonna perché è davanti a noi come l’esempio del tragitto che siamo chiamati a percorrere in questo tempo di Avvento. Lei ci precede in questo passaggio dalla lontananza di Dio alla vicinanza con Dio. Lei ci precede nel divenire “pace della giustizia” e “gloria della pietà”, Lei ci precede perché finalmente passiamo dal lutto alla vita, dalla tristezza alla gioia divenendo splendore davanti ad ogni creatura. Certo, Lei ci è d’esempio, ma non solo; la Madonna anche ci aiuta, ci sostiene con la sua preghiera e con il suo amore materno.
ChiediamoLe il dono di starci vicino e di pregare per noi perché davvero anche per noi possa valere ciò che è valso per Lei e per Gerusalemme: passare dal lutto alla vita. Diventare “pace della giustizia”, “gloria della misericordia”. Essere uno splendore a motivo di Dio in noi, in mezzo al mondo e davanti a ogni creatura.