Domeniche – Solennità – Proprio dei Santi
Introduzioni alle celebrazioni di Francesco, Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e Paolo VI
Libreria Editrice Vaticana
Introduzione all’Avvento
San Massimo di Torino, Vescovo nel IV-V secolo, in una delle sue omelie afferma: “Il tempo ci avverte che il Natale di Cristo Signore è vicino. Il mondo con le sue stesse angustie dice l’imminenza di qualche cosa che lo rinnoverà, e desidera con un’attesa impaziente che lo splendore di un sole più fulgido illumini le sue tenebre… Questa attesa della creazione persuade anche noi ad attendere il sorgere di Cristo, nuovo Sole” (Discorso 61a, 1-3).
L’attesa descritta da colui che è considerato il primo Vescovo di Torino è la dimensione spirituale tipica del tempo liturgico dell’Avvento. In noi si rinnova l’attesa dell’antico Israele. In noi si ripropone anche l’attesa mai sopita dell’intera creazione.
Il Verbo si è fatto carne, il Messia sperato ha già portato a compimento l’opera della salvezza, il Figlio di Dio si è fatto uomo per noi ed è entrato nel nostro tempo per assumerlo in Dio. Eppure l’attesa rimane, perché c’è un confine nel cuore di ciascuno di noi che segna un prima e dopo Cristo.
In chi ha avuto la grazia di accogliere il Signore nella propria vita, l’esperienza dell’attesa, che ancora in molteplici modi percorre la storia degli uomini, si trasforma in preghiera e in desiderio di annuncio. Il discepolo di Gesù, infatti, avverte l’esigenza di portare all’incontro con il Salvatore quanti, non conoscendolo o essendosi allontanati da Lui, rimangono cercatori, consapevoli o meno, della Via, della Verità e della Vita. D’altra parte, quello stesso discepolo, è ben consapevole che la sua storia in Cristo deve essere ancora compiuta: sia perché in lui persiste ciò che non appartiene alla volontà di Dio e, dunque, non è propriamente cristiano; sia perché la sua esistenza è protesa nella speranza alla seconda venuta del Salvatore, quella nella quale Egli sarà nella gloria e ricapitolerà in Sé tutte le cose.
Esistono continenti geografici nei quali ancora non è arrivata la buona notizia del Vangelo. In quei continenti si vive l’attesa di un annuncio che non possiamo non desiderare si compia quanto prima. Ma vi sono continenti spirituali, dentro ciascuno di noi, che ancora attendono di accogliere la Parola che illumina e che salva. Avvertiamo la necessità di aprire i confini di questi continenti interiori, perché finalmente il Signore Gesù possa prendervi stabile dimora.
Si addice, pertanto, all’Avvento e al nostro modo di viverlo, l’invito di sant’Ambrogio: “Spalanca allora le tue finestre al Verbo di Dio, affinché tutta la tua casa sia illuminata dallo splendore del vero Sole! Apri bene gli occhi, per mirare il Sole di giustizia che sorge per te” (Sermone 19, 39).
Non è senza significato che il percorso liturgico che accompagna alla celebrazione del santo Natale sia segnato dalla grande solennità dell’Immacolata. In effetti, questa ricorrenza liturgica mariana ci introduce, ogni anno, in una dimensione spirituale che accomuna la Madonna e l’Avvento. Ella, che è senza peccato, per ciò stesso è in stato di completa accoglienza davanti a Dio. In tal modo guardare a Maria diviene l’occasione per guardare a Colei che ci aiuta a disporci in stato di attesa pronta, di disponibilità piena a dire il nostro sì al Signore che viene a visitarci, a quella Parola di grazia che vuole farsi carne anche in noi, a quel Salvatore che desidera prendere possesso della nostra vita.
Una domanda sorge spontanea. Il richiamo dell’Avvento si rinnova ciclicamente ogni anno. Ancora una volta il Signore bussa alle porte del cuore del mondo e alle porte del nostro cuore. E’ forse, questa, una ripetizione che non ha più nulla da dire? O, forse, una stanca abitudine che si rinnova senza ormai attirare la nostra attenzione? O, ancora, un richiamo che puntualmente ogni anno rischia di cadere nel vuoto? In realtà, un nuovo inizio dell’anno liturgico comunica una notizia bellissima, che dovrebbe riempire di gioia e di stupore: Dio non si è stancato di noi! Nonostante i nostri ritardi, le nostre inadempienze, le nostre sordità, il Signore continua a interpellare la nostra vita. Il Suo amore non è venuto meno e non viene mai meno.
Ecco uno dei motivi per cui, avvicinandosi il Natale, la Chiesa fa risuonare sulle nostre labbra le Antifone Maggiori, anche conosciute come Antifone “O”. Si tratta di testi tratti dalle antiche profezie che, soprattutto, nel canto gregoriano, con la “O” iniziale, hanno la capacità di trasmettere lo stupore dell’uomo a motivo della condiscendenza di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi. L’Avvento, con il riproporsi di un anno liturgico e l’appello del Signore ad accoglierlo nella vita e nella storia, è proprio il segno di una tale divina e straordinaria condiscendenza.
Sant’Agostino, in un suo celebre Discorso, afferma: “Ogni nostra speranza è posta in Cristo. E’ lui tutta la nostra salvezza e la vera gloria” (46, 1). Questa consapevolezza si rinnova in noi ogni anno in Avvento. Anche perché questo tempo liturgico, mentre ci dispone ad accogliere il Signore che viene “oggi” a visitarci, ci dispone all’attesa del Suo ritorno glorioso e definitivo alla fine dei tempi. Noi, dunque, speriamo, dal momento che il Signore è venuto a visitarci e a salvarci; noi speriamo, dal momento che il Signore non si stanca di venire a noi; noi speriamo, dal momento che Egli ritornerà e saremo sempre con Lui.