Carissimi nel Signore,
auguri di serena e santa Domenica.
Rimaniamo in ascolto della parola di Dio, così come ci viene offerta dal Vangelo di san Matteo: “Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non aveva l’abito nuziale. Gli disse: ‘Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?’. Quello ammutolì”.
Il testo citato è la parte conclusiva di una parabola raccontata da Gesù. In questa parabola il Signore paragona il regno dei cieli a una festa di nozze durante la quale si tiene un banchetto. Tra i commensali invitati al banchetto, uno non indossa l’abito nuziale.
È evidente che l’abito di cui si parla rimanda ad altro, a una realtà, di genere spirituale, alla quale il racconto allude.
Se il regno di Dio ha le caratteristiche di una festa di nozze, questo significa che la vita della fede trova la propria più vera identità nell’esprimersi come relazione di amore tra l’uomo e Dio. La mancanza dell’abito adatto alla festa, pertanto, altro non è che l’immagine di una vita segnata dal peccato e, quindi, dal rifiuto dell’amore di Dio.
Senza fatica, ciascuno di noi può, almeno in parte, identificarsi con l’uomo della parabola, che il padrone trova sprovvisto dell’abito nuziale. Ciascuno di noi, infatti, sperimenta la realtà del peccato e lo stato interiore di ribellione all’amore del Signore.
La parabola, però, oltre a ricordare che il regno di Dio consiste nell’ingresso nella relazione di amore con Lui e che il peccato è la rottura di questa relazione, intende anche invitare all’esame di coscienza e al pentimento, esortare a considerare con serietà e dolore il proprio peccato, in vista di un pentimento che sia via alla conversione.
In questo ci aiuta una bella preghiera di San Tommaso Moro:
“O Santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone uguali e coeterne, in un solo Dio Onnipotente, abbi misericordia di questo vile, abietto e miserando peccatore che umile riconosce davanti alla tua sovrana maestà la sua lunga vita peccaminosa, dai giorni della fanciullezza fino a ora.
Signore buono e misericordioso, ora che mi hai concesso la grazia di riconoscere i miei peccati, concedimi la forza di pentirmene, non a parole, ma amaramente, così che, contrito, me ne liberi del tutto.
Perdona inoltre i peccati commessi per mia colpa, per cattivi sentimenti e atteggiamenti, o perché la ragione era così offuscata dai miei sensi che non sono stato in grado di riconoscerli per peccati. Illumina, Signore, il mio cuore.
Concedimi la grazia di riconoscere e ammettere i miei peccati, perdonami quelli dimenticati per negligenza, e richiamali alla mia mente, così che possa confessarli.
Dio glorioso, concedimi da ora in poi la grazia di non attribuire valore al mondo, ma di indirizzare il mio cuore permanentemente a Te.
Dammi la grazia di emendare la mia vita, e di assistere alla mia fine senza paura della morte, che per quelli che muoiono nel Signore è la porta che conduce alla vita beata”.
Un abbraccio e una benedizione con tanto affetto.
don Guido