“Gesù Risorto, voglio servirti con la letizia nel cuore e il sorriso sul volto”
Alcuni elementi introduttivi
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1 – Un metodo di lettura
E’ importante ricordare alcune caratteristiche, tipiche dell’Apocalisse, che devono essere tenute presenti per una corretta e fruttuosa lettura orante. Queste caratteristiche sono soprattutto tre.
- L’Apocalisse si presenta come una grande lettera, indirizzata a determinate comunità cristiane. Si tratta di alcune Chiese dell’Asia minore, alla fine del I secolo. La lettera intende rispondere a precise sollecitazioni e domande suscitate da un determinato tempo storico. Bisogna, pertanto, tenere conto del periodo e dell’ambiente nei quali la lettera viene scritta.
- L’Apocalisse si inserisce in un’ampia tradizione letteraria e teologica – detta apocalittico/profetica – dalla quale prende il linguaggio e i simboli.
- L’Apocalisse è soprattutto la trascrizione di un’esperienza di fede, attorno alla quale Giovanni ha sviluppato la sua opera letteraria. E’ necessario, pertanto, individuare con attenzione l’esperienza di fede, per poter cogliere in profondità il senso dell’opera. Quell’esperienza di fede è come il principio fondamentale sul quale l’opera ha preso forma.
2 – Il genere apocalittico
Si è già detto della tradizione apocalittico/profetica. Il genere apocalittico è un vasto movimento letterario e spirituale che si è sviluppato verso la fine dell’Antico Testamento. In tempi di crisi, di difficoltà e di persecuzione, il genere apocalittico intende trasmettere un messaggio di consolazione.
In questo senso vi sono due elementi che stanno alla radice del messaggio: da una parte il pessimismo nei confronti del mondo presente e delle possibilità dell’uomo, dall’altra la fiducia assoluta nella presenza e nell’opera di Dio. Nulla avviene a caso nella storia. Tutto è saldamente nelle mani di Dio. Nella storia, pertanto, vi è un disegno di provvidenza che, se sfugge a chi non ha la fede, è invece ben chiaro per chi il dono della fede lo ha ricevuto. L’Apocalisse, dunque, è un messaggio di grande consolazione a motivo di Dio, che tutto conduce secondo il Suo disegno di salvezza e di amore.
3 – Un messaggio tradizionale e nuovo
L’Apocalisse si apre con l’affermazione: “Rivelazione di Gesù Cristo”. Giovanni, pertanto, non intende annunciare nulla di nuovo rispetto al Vangelo e al fatto salvifico che si è realizzato in Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. Semmai, Giovanni intende attualizzare quello stesso annuncio in un preciso contesto storico che diviene, in seconda battuta, il contesto generale della storia della Chiesa. Sotto questo punto di vista si può parlare di antico e nuovo, di tradizione e originalità nell’Apocalisse. Si tratta di vivere il tempo presente nella luce dell’avvenimento salvifico realizzato in Gesù, il Signore.
Così diviene chiaro che, per noi, la lettura orante di questo libro è occasione di grazia per fissare lo sguardo su Gesù risorto, al fine di servirlo con la letizia nel cuore e il sorriso sul volto.
Lectio divina
Apocalisse 1, 1-8
1 Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, 2 il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. 3 Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino. 4 Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, 5 e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, 6 che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
7 Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto.
Sì, Amen!
8 Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!
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L’inizio del libro (1, 1-3) è bene leggerlo insieme alla conclusione (22, 6-10). Le due parti, infatti, si richiamano a vicenda e, considerate insieme, costituiscono una cornice che inquadra l’intero contenuto del testo biblico.
Qui vi troviamo le prime importanti notizie, che ritorneranno spesso e saranno ricorrenti in tutta l’Apocalisse.
- Il messaggio che è contenuto nel libro viene da Dio e non dall’uomo. In questo consiste la sua autorevolezza. La rivelazione di cui si parla ha la sua origine nel Padre (“al quale Dio la consegnò”), come successivi mediatori Gesù Cristo, l’angelo e Giovanni (cf. v. 1-2), e come termine l’assemblea liturgica.
E’ importante annotare il particolare dell’assemblea liturgica, che appare evidente nel fatto che la rivelazione deve essere letta e ascoltata (cf. v. 3): letta ad alta voce da un lettore e ascoltata con fede da un’assemblea. La dimensione liturgica, che sarà presente in tutta l’Apocalisse, è qui già insinuata in modo piuttosto chiaro. - Il contenuto del messaggio è indicato dalla seguente espressione: “Le cose che dovranno accadere tra breve” (v. 1). La stessa espressione la ritroviamo al termine del libro: “Le cose che devono accadere tra breve” (22, 6).
Questa espressione proviene dal libro di Daniele (2, 28). Lì, il profeta è chiamato a dare spiegazioni di un sogno fatto dal re Nabucodonosor. Nessuno tra gli indovini della corte reale è in grado di capire il significato di quel sogno, ma Daniele sì. Qui, allo stesso modo, quanto viene rivelato non può essere conosciuto dagli uomini in virtù della loro sapienza, ma solo da colui al quale il Signore lo rende manifesto.
Di che cosa si tratta? Certamente del piano salvifico di Dio, che ha trovato pieno compimento nel Figlio fatto uomo, morto e risorto, e ora nella gloria del cielo; piano salvifico che ora si rende presente e operante nella storia. Quanto a ulteriori dettagli, questi saranno oggetto del contenuto del libro.
Qui si aggiunge l’elemento della prossimità di ciò che deve accadere: “tra breve”. Infatti “il tempo è vicino” (v. 3). C’è, dunque, un’urgenza spirituale che anima il testo e anche colui che lo legge. - L’Apocalisse non è solo un annuncio, ma anche un appello: si preoccupa di indicare ciò che è necessario fare. Sia nell’intestazione (cf 1, 3) sia nella conclusione (22, 6-20) è indicato l’atteggiamento che i “servi di Dio” devono avere rispetto all’annuncio contenuto nel libro: leggere, ascoltare, custodire, praticare. In questo consiste la prima beatitudine che viene nominata nell’Apocalisse. E’ la beatitudine della fede, anticipazione in questa vita della visione gloriosa.
Nel corso del libro ne verranno indicate altre, tutte in linea con quelle presenti nel Vangelo. In questa riproposizione delle beatitudini evangeliche si avverte il desiderio di Giovanni di invitare la comunità cristiana a perseverare, senza perdersi d’animo in mezzo alle difficoltà e alla persecuzione. - Giovanni designa il suo scritto con tre appellativi diversi.
Con rivelazione indica l’origine del messaggio e il motivo della sua autorevolezza: viene da Dio e non dall’uomo.
Con profezia indica lo scopo: offrire alla comunità cristiana gli strumenti per capire il significato salvifico di ciò che accade nella storia. In questo senso la profezia non è la previsione del futuro, ma la lettura del presente dal punto di vista di Dio.
Con testimonianza indica il riferimento a Gesù Cristo, in particolare alla Sua morte e risurrezione. E’ questo avvenimento salvifico che permette di leggere tutto ciò che accade secondo un piano di provvidenza. Questa lettura di fede è capace di trasformare la vita della comunità cristiana. Si capisce, allora, che l’Apocalisse è soprattutto un canto alla vittoria di Cristo crocifisso e risorto, una contemplazione di Cristo glorioso in cui è il significato di tutte le cose, di tutta la realtà. - L’Apocalisse ha la forma di una lettera e, come tale, inizia con un mittente, i destinatari e il saluto.
Il mittente è indicato semplicemente con il nome di Giovanni. E’ evidente che si tratta di un personaggio noto alla comunità cristiana. E’ Giovanni l’apostolo? Ci atteniamo a quanto la Chiesa afferma nella lettura liturgica dell’Apocalisse quando, introducendo il testo, dice: “Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo”.
I destinatari sono le sette Chiese dell’Asia che, più avanti, verranno menzionate. Al riguardo è bene fare attenzione a due particolari.
Il primo riguarda il numero sette. Nella letteratura apocalittica sette è il numero della pienezza. Si deve, pertanto, ritenere che la lettera, pur indirizzata alle Chiese dell’Asia, deve anche considerarsi indirizzata a tutta la Chiesa.
Il secondo riguarda la dizione “alle Chiese che sono in”. Non si dice “alle Chiese dell’Asia”. Si pone così in risalto che non vi è ancora perfetta identificazione tra questo mondo e il mondo futuro. La Chiesa non è dell’Asia ma è in Asia; dunque, è ancora pellegrina in un mondo che deve finire. L’Apocalisse è interamente pervasa dalla tensione tra il mondo presente e il mondo futuro. Il mondo di Dio che viene è già presente, ma non si identifica con questo.
Il saluto è tipicamente biblico e cristiano: “Grazia a voi e pace”. I due termini evocano insieme il complesso dei beni messianici e sottolineano che questi beni sono dono di Dio, del Suo amore gratuito. Entrando nel dettaglio, il primo termine rimanda al saluto degli ebrei, mentre il secondo al saluto dei greci. In tal modo nel saluto iniziale sono compresi tutti, i cristiani provenienti dall’ebraismo e quelli provenienti dall’ellenismo. I beni messianici riguardano l’intera Chiesa e l’intera Chiesa trova nei beni messianici l’oggetto della propria attesa. - Nel testo si trova, poi, una presentazione di Dio e del Suo Figlio Gesù.
Dio è descritto con parole che rimandano all’Esodo (3, 14) e alla rivelazione del nome divino: “Colui che è, che era e che viene”. Qui, nell’Apocalisse, il contenuto di quel nome viene esplicitato: Dio è il Signore di tutta la storia, passata, presente e futura. In tal modo si sottolinea che tutte le vicende umane sono nelle mani di Dio. E lo si sottolinea mentre ci si rivolge a cristiani che sono perseguitati e un pò disorientati.
Si noti anche che nel giudaesimo si era soliti dire a proposito di Dio: “Colui che è, che era e che sarà”. Giovanni sostituisce “che sarà” con “che viene”. Così è ancora di più precisato il tema dell’annuncio presente nel testo, ovvero la venuta del Signore nell’oggi della storia.
I sette spiriti sono gli arcangeli che, secondo la tradizione giudaica, stanno davanti al trono di Dio (cf Ap 3, 1; 4, 5; 5, 6).
Gesù è descritto con tre titoli: “il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra”. Sono titoli che sembrano evocare alcune espressioni del salmo 89, un vero e proprio inno alle fedeltà di Dio e alla Sua vittoria sui popoli ribelli. Questi tre titoli ricordano i momenti principali della vita di Gesù: la passione (“il testimone fedele”), la risurrezione (“il primogenito dei morti”), la glorificazione (“il sovrano dei re della terra”). Siamo davanti a una professione di fede cristologica. - Segue una breve dossologia (cf Ap 1, 5-8). Al riguardo, al di là di singoli dettagli, è importante rilevare che Giovanni avverte la necessità di riaffermare il contenuto dell’annuncio, la buona notizia del Vangelo. L’Apocalisse, infatti, è una buona notizia, è un lieto annuncio che, qui, viene espresso con riferimenti al profeta Daniele (7, 13) e al profeta Zaccaria (12, 10.14).
- La conclusione della parte introduttiva è caratterizzata da una rinnovata affermazione relativa alla signoria del Signore sulla storia: “Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!”.
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A sintesi di quanto approfondito, si possono fare tre osservazioni a partire dalle quali tradurre in termini di vita spirituale la Parola di Dio a noi donata.
- La struttura del brano è teocentrica. Sia all’inizio sia alla fine di esso, infatti, Dio è riconosciuto come il Signore della storia. E’ per questo che, anche nelle tribolazioni del tempo presente, si può sperare. Tutto è nelle mani di Dio che conduce ogni avvenimento secondo un disegno di provvidenza. In questo quadro teocentrico è inserito il dramma della salvezza, che si realizza in Gesù e nel fatto della Sua morte e risurrezione. Questo fatto, che porta i segni della passione e della croce, è ricordato per tre volte in poche righe: “il testimone fedele”, “il primogenito dei morti”, “ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue”. Il Vangelo dell’Apocalisse, la sua lieta notizia è proprio questa: la vittoria della croce di Cristo.
In tal modo siamo invitati a rinnovare in Dio ogni nostra speranza e a rimanere ben saldi accanto alla croce del Signore, nella quale è ogni nostra vittoria.
La croce di Gesù, nella quale in modo eminente si manifesta la signoria di Dio sul corso della storia, è la ragione di ogni nostra speranza: “Ave Croce, unica speranza”, canta la Chiesa in ogni tempo del suo pellegrinaggio terreno.
Ci aiuta la parola di san Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31). - Nel brano è ben visibile un duplice movimento: di discesa e di salita, di dono e di risposta. Da Dio scende il dono della grazia e della pace, dall’uomo sale l’inno di ringraziamento e di lode.
La salvezza è dono gratuito dell’amore di Dio e non una conquista dell’uomo. La salvezza è grazia e non frutto del nostro volontarismo. La salvezza è conversione realizzata in noi dalla potenza amante dello Spirito del Risorto e non il frutto delle nostre opere. All’uomo spetta il compito di accoglierla nella gratitudine e nella fede. Tutto è grazia, e in questo è la gioia vera del Vangelo. Nella morte e risurrezione di Gesù Dio ha già fatto tutto per noi. A noi spetta di aprire il cuore, perché la salvezza divenga operante nella nostra vita.
Per non dimenticare il primato della grazia è necessario che la preghiera sia il cuore della nostra vita e di ogni nostra giornata. - Il brano contiene molteplici riferimenti alla Scrittura. In questo senso si presenta fin da subito come una rilettura dell’Antico Testamento. Si tratta di una rilettura fatta alla luce della signoria di Dio sulla storia e alla luce della croce di Cristo. L’intera storia della salvezza, dalla creazione in avanti, trova piena luce nel mistero del Verbo fatto carne e nel dono della Sua vita per noi.
Non si dimentichi quanto afferma sant’Agostino: “Dio dunque, ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro Testamento, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nell’Antico e l’Antico diventasse chiaro nel Nuovo” (Questiones in Heptateucum, 2, 73). Come a dire che “Cristo fosse nascosto nell’Antico e l’Antico diventasse chiaro in Cristo”.
Con sant’Ambrogio possiamo e dobbiamo affermare: “Cristo è tutto per noi!”. E con sant’Ignazio di Antiochia possiamo e dobbiamo ripetere: “Nulla è meglio di Gesù Cristo”.
Da questa rinnovata consapevolezza scaturisce l’impegno per la vita: “Gesù Risorto, voglio servirti con la letizia nel cuore e il sorriso sul volto”.
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Trasformiamo ora in preghiera, con il Salmo 89, quanto abbiamo letto e meditato, e affidiamo al Signore il nostro desiderio di vivere nella fedeltà e nella generosità la Sua Parola.
[1] Maskil. Di Etan, l’Ezraita.
[2] Canterò in eterno l’amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
[3] perché ho detto: «È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
[4] «Ho stretto un’alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo.
[5] Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono».
[6] I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell’assemblea dei santi.
[7] Chi sulle nubi è uguale al Signore, chi è simile al Signore tra i figli degli dèi?
[8] Dio è tremendo nel consiglio dei santi, grande e terribile tra quanti lo circondano.
[9] Chi è come te, Signore, Dio degli eserciti? Potente Signore, la tua fedeltà ti circonda.
[10] Tu domini l’orgoglio del mare, tu plachi le sue onde tempestose.
[11] Tu hai ferito e calpestato Raab, con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
[12] Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
[13] il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati, il Tabor e l’Ermon cantano il tuo nome.
[14] Tu hai un braccio potente, forte è la tua mano, alta la tua destra.
[15] Giustizia e diritto sono la base del tuo trono, amore e fedeltà precedono il tuo volto.
[16] Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
[17] esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia.
[18] Perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
[19] Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re, del Santo d’Israele.
[20] Un tempo parlasti in visione ai tuoi fedeli, dicendo: «Ho portato aiuto a un prode, ho esaltato un eletto tra il mio popolo.
[21] Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l’ho consacrato;
[22] la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza.
[23] Su di lui non trionferà il nemico né l’opprimerà l’uomo perverso.
[24] Annienterò davanti a lui i suoi nemici e colpirò quelli che lo odiano.
[25] La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui e nel mio nome s’innalzerà la sua fronte.
[26] Farò estendere sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra.
[27] Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza”.
[28] Io farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re della terra.
[29] Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele.
[30] Stabilirò per sempre la sua discendenza, il suo trono come i giorni del cielo.
[31] Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non seguiranno i miei decreti,
[32] se violeranno i miei statuti e non osserveranno i miei comandi,
[33] punirò con la verga la loro ribellione e con flagelli la loro colpa.
[34] Ma non annullerò il mio amore e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
[35] Non profanerò la mia alleanza, non muterò la mia promessa.
[36] Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: certo non mentirò a Davide.
[37] In eterno durerà la sua discendenza, il suo trono davanti a me quanto il sole,
[38] sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo».
[39] Ma tu lo hai respinto e disonorato, ti sei adirato contro il tuo consacrato;
[40] hai infranto l’alleanza con il tuo servo, hai profanato nel fango la sua corona.
[41] Hai aperto brecce in tutte le sue mura e ridotto in rovine le sue fortezze;
[42] tutti i passanti lo hanno depredato, è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
[43] Hai esaltato la destra dei suoi rivali, hai fatto esultare tutti i suoi nemici.
[44] Hai smussato il filo della sua spada e non l’hai sostenuto nella battaglia.
[45] Hai posto fine al suo splendore, hai rovesciato a terra il suo trono.
[46] Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza e lo hai coperto di vergogna.
[47] Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre? Arderà come fuoco la tua collera?
[48] Ricorda quanto è breve la mia vita: invano forse hai creato ogni uomo?
[49] Chi è l’uomo che vive e non vede la morte? Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi?
[50] Dov’è, Signore, il tuo amore di un tempo, che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
[51] Ricorda, Signore, l’oltraggio fatto ai tuoi servi: porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
[52] con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano, insultano i passi del tuo consacrato.
[53] Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.